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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Recuerdos, con il suo tremolo elementare, è un classico solo perchè è stato scritto per chitarra.

    Fosse stato scritto per corno inglese non se lo sarebbe filato nessuno...come il secondo tempo del Concierto de Aranjuez...

     

    Non intendo contraddirti, ma l'anno scorso, in periodo di magra compositiva, mi sono divertito a elaborare "Recuerdos" per flauto, viola e chitarra, e a me sembra un buon pezzo, nel suo genere. Nel divertimento, ho incluso una sorta di rompicapo compositivo, non facile da risolvere: la parte di chitarra, oltre a svolgere la sua funzione nel trio, dev'essere eseguibile anche come brano per chitarra sola, intitolato "Recuerdos de recuerdos". Niente tremolo: flauto e viola lo rendono superfluo, e la chitarra può fare altre cose.

     

    dralig

  2. Per quale ragione diverse edizioni includono nei Preludi di Francisco Tarrega il tema della fantasia Op. 7 di Sor?

     

    Grazie

     

    Stendiamo un velo pietoso.

     

    dralig

    Prof. Gilardino,gentilmente si spieghi meglio,avevo notato anch'io tutto cio'...

    Grazie,Giacinto.

     

    C'è poco da spiegare. Un libro che, nella seconda metà (inoltrata) del Novecento, lascia passare il tema della Fantasia op. 7 di Sor, il Trio della Canzonetta di Mendelssohn e un frammento della Fuga in la minore di Bach (per citare solo tre perle) come Preludi originali di Tarrega, si commenta da sé.

     

    Non facciamo la parte di Maramaldo.

     

    dralig

  3. .... Nessun calciatore, pugile, schermitore, lanciatore di giavellotto, scrivano, portinaio (che infila le chiavi nelle serrature), etc etc, viene sottoposto a una siffatta sopraffazione.

    dralig

     

    Dipende dalle necessità: Valery Brummel, forse il più grande saltatore in alto mai esistito, batteva di sinistro come la stragrande maggioranza dei saltatori; ebbe un incidente di moto e la sua gamba sinistra rimase fracassata. I medici si apprestavano già ad amputargliela quando arrivò trafelata un'infermiera e li informò su chi fosse la persona che si preparavano ad operare. Decisero allora di tentare di salvargli la gamba. Gliela salvarono, ma chiaramente non era più utilizzabile come gamba "di battuta". Dopo circa un anno Valery Brummel era di nuovo in gara, battendo con la destra, sulle stesse misure che otteneva prima dell'incidente. E per chi non ha mai fatto salto in alto dirò che non è solo questione di invertire la gamba di battuta, ma tutto il coordinamento del salto nella parte preparatoria e in quella aerea deve essere invertio o sarebbe meglio dire "reinventato".

     

    Quale campione provinciale al Gran Premio dei Giovani 1956 (15 anni non ancora compiuti, ma iscritto nella categoria superiore), nella specialità di salto in alto, stile (allora d'avanguardia) ventrale, con battuta di sinistra e stacco di destra, sono perfettamente in grado di comprendere il calvario attraverso il quale dovette passare Brumel. E trovo significativo - agli effetti dell'argomento qui in discussione - che egli si sia sottoposto a una fatica del genere solo in conseguenza di un incidente.

     

    Propongo quindi di lasciare ai chitarristi mancini la scelta della posizione dei destrimani solo se obbligati da costrizioni patologiche, tra le quali non si dovrebbero annoverare le disposizioni impartite loro dagli insegnanti.

     

    dralig

  4. Per uno strumento come la chitarra, stabilire quale sia la mano più "importante" è semplicemente un discorso folle, oltre che inutile.

    Consiglierei, a chi insegna ad un mancino che non ha mai preso in mano una chitarra, di impostarlo da destro, perché egli non avrà nessun tipo di problema. Ed inoltre non dovrà in futuro inseguire il desolante panorama degli strumenti mancini, siano essi chitarre classiche da concerto (perché lì lo strumento va costruito mancino per ragioni costruttive), acustiche o elettriche.

     

    Se invece un mancino è già abituato a tenere la chitarra "al contrario", e può capitare ad esempio con un ragazzino che per gioco si è limitato "pizzicare" le corde, escludendo totalmente la tastiera, optando dunque per la mano più "pronta", a quel punto invece impostare da destro può essere controproducente. Solo in questo caso opterei per l'impostazione mancina.

     

    Per valutare la correttezza, o meno, dell'impostazione del mancino, converrà - è ovvio - valutare la correttezza dell'impostazione del destrimane. Supponendo il caso - verificabilissimo, e da me personalmente verificato molte volte, fino a costituire una certezza sperimentale - di un destrimane che non abbia ricevuto la benché minima istruzione su come imbracciare la chitarra, osserveremo che, invariabilmente, egli prenderà lo strumento in modo da poter pizzicare le corde con la destra: lo farà ignaro di ogni altra ragione, seguendo il suo istinto, il quale lo guiderà a riconoscere nell'atto del pizzicare le corde, non la funzione più importante, ma la funzione primaria. Il preparare le note sulla tastiera viene poi, nella percezione istintuale: ed è del tutto naturale che la prima cosa da fare, pizzicare le corde a vuoto, la si faccia con la mano primaria, cioè, nel destrimane, la destra.

     

    Si badi bene che, a questo punto, il destrimane farebbe lo stesso (sperimentato da chi scrive) una chitarra con le corde capovolte: egli non sa ancora nulla dello strumento, vede solo un arnese, e il suo accesso primario al medesimo. Cento destrimani su cento pizzicano con la destra.

     

    A questo punto, il neurologo interviene e spiega come, per la stessa, stessissima ragione, il mancino lasciato ignaro farà esattamente le stesse cose del destrimane, ma con la sinistra: non gli passerà nemmeno per la mente di accostare per la prima volta lo strumento pizzicando le corde con la destra. Ho appurato questo con uno stratagemma: mettendo una chitarra su un banco, riposta nell'astuccio aperto, e esortando il candidato a pizzicare le corde senza estrarre lo strumento, si appura all'istante qual è, per l'interessato, la mano primaria. Da lì in poi, trasformare i mancini in destrimani è chiarissimamente una forzatura. Nessun calciatore, pugile, schermitore, lanciatore di giavellotto, scrivano, portinaio (che infila le chiavi nelle serrature), etc etc, viene sottoposto a una siffatta sopraffazione.

     

    Non è vero che i chitarristi mancini sopraffatti e trasformati in destrimani non ne risentono. Infatti, suonano con una concentrazione mentale e visiva sbilanciata a favore della sinistra, perché quella, ancorché deputata ad altra funzione, resta nella loro mente la mano primaria, e hanno quasi sempre notevoli problemi di suono, nonostante impostazioni ineccepibili.

     

    dralig

  5. Chi ha scritto buone fughe per chitarra sola? Ce ne sono? Escludendo Bach, ovviamente....

     

    Ponce, Fuga conclusiva nelle Variazioni sulla Follia:

    Castelnuovo-Tedesco: idem nella Passacaglia (Omaggio a Roncalli)

    Duarte: Variazioni e Fuga su Torre bermeja

    Reichlin: Preludi e Fughe (24)

    Desderi: Toccata e Fuga (IV tempo della Sonata in mi)

     

    dralig

  6. Parliamone.. perchè non avrebbe utilità, oggi, scrivere fughe? a causa della forma un pò "antica"?

     

    Perché il progetto delle ventiquattro fughe (con relativi preludi) vincola troppo strettamente al sistema tonale, la cui utilità diviene a mio modo di sentire dubbia. Posso scrivere un dittico Preludio e Fuga in una determinata tonalità - il che significa riprendere transitoriamente un aspetto del sistema tonale -, ma scriverne 24 implica inevitabilmente una troppo tardiva e anacronistica celebrazione di tale sistema, e io non credo che, oggi, sia il caso. MCT lo fece, ma lui era nato nel 1895...

     

    dralig

  7. belloo l'accostamento con il ludus tonalis....credo che sia il lato più accademico della produzione di entrambi, in particolare di Hindemith...molta retorica, parecchio ludus fine a se stesso...in questo paragone preferisco comunque l'omaggio di Shostakovich che la speculazione modernista hindemitiana...

     

    Come compositore, io sono attratto dalla maestria compositiva, che non è soltanto un fatto tecnico (imprescindibile), ma anche qualcosa di intrinsecamente artistico: la mano del maestro, in Hindemith e in Shostakovich, si riconosce dopo due battute.

     

    Mi domando di continuo se un'impresa del genere - già tentata da un compositore russo, Igor Reichlin - sarebbe possibile con la chitarra, e ovviamente mi domando chi potrebbe provarci. Domanda interessata e - questa si - retorica...

     

    dralig

     

    Dal mio punto di vista, lo scoglio principale di un lavoro del genere è quello del materiale tematico.

    Problema che non si pone per il preludio, forma libera per eccellenza, ma per la fuga che formalmente chiude ogni dittico e che è legata al preludio...

     

    Prima di risolvere il dilemma della scrittura chitarristica in tonalità "poco agevoli", credo arginabile con una certa facilità se si lavora con un idea di tonalità "allargata", c'è quello molto più infido dell' astrazione tematica puramente musicale e del suo sviluppo.

     

    24(!) fughe...che non siano esercizi di contrappunto...onore e gloria a chi è in grado di scriverle!

     

    Chi ha scritto delle Sonate (che non siano tali solo per il titolo) non ha problema a scrivere delle fughe, quello che osta non è la complessità del problema dal punto di vista tecnico, ma i dubbi sull'utilità di un lavoro del genere oggi.

     

    dralig

  8. Un grosso problema del primo volume, facilmente aggirabile compendiando con altri testi, è che obbliga la mano dell'allievo all'inizio del cammino a lavorare subito in posizioni fisse, accordali. La mano ha bisogno certo di trovare una sua impostazione corretta ma in modo graduale, progressivo, partendo da lavori, possibilmente monodici, che privilegino l'uso di un dito per volta, la ricerca del contatto dito-corda, pìù che l'allargamento della mano ad impostare posizioni accordali.

    Il problema del primo dito che si flette, del quarto che non cade a martello, tutte cose che chi insegna conosce bene, con questo genere di esercizi e studi non viene risolto, e neanche affrontato...comunque, ripeto, si può e si deve compendiare, questi piccoli brani, dopo un paio di mesi e a piccole dosi, pssono sempre servire

    Ciao

     

    Io guardo la cosa dal punto di vista musicale. Mi sta bene la musica tonale con successioni armoniche elementari negli autori dell'Ottocento, ma negli autori di opere didattiche del Novecento dovrebbe essere sviluppata una ricerca un po' più ampia. Gli studi specifici si costruiscono a partire dalle combinazioni di diteggiatura considerate fondamentali, e sulle note risultati e disponibili vanno inventate le melodie, i bicordi, etc.

    Che un'operazione del genere possa dar luogo a piccoli brani modali è del tutto naturale (vista l'accordatura della chitarra). Si sviluppa un linguaggio musicale ampio, sia dal punto di vista armonico che ritmico.

     

    Sostituire un modello di ricerca di questo genere con musica già pronta - come per esempio le melodie popolari - è come tirare un sasso alla cieca, sperando che caschi il piccione. Gli intervalli delle melodie popolari non hanno nulla che vedere con quelli derivanti dalla ricerca delle combinazioni utili tra dita e corde, a livello di principianti.

     

    Sagreras offre una serie di pezzi facili si, ma armonicamente banali e, per la formazione del gusto musicale, deleteri.

     

    dralig

  9. belloo l'accostamento con il ludus tonalis....credo che sia il lato più accademico della produzione di entrambi, in particolare di Hindemith...molta retorica, parecchio ludus fine a se stesso...in questo paragone preferisco comunque l'omaggio di Shostakovich che la speculazione modernista hindemitiana...

     

    Come compositore, io sono attratto dalla maestria compositiva, che non è soltanto un fatto tecnico (imprescindibile), ma anche qualcosa di intrinsecamente artistico: la mano del maestro, in Hindemith e in Shostakovich, si riconosce dopo due battute.

     

    Mi domando di continuo se un'impresa del genere - già tentata da un compositore russo, Igor Reichlin - sarebbe possibile con la chitarra, e ovviamente mi domando chi potrebbe provarci. Domanda interessata e - questa si - retorica...

     

    dralig

  10. Veramente interessante!!!!

     

    Anche io, naturalmente, ritengo che il "primo Sagreras" sia insostituibile per validità ed efficacia. Da sempre lo faccio utlizzare ai miei allievi...

     

    Grazie, Cristiano.

     

    Maurizio.

     

    Andateci piano, giovani maestri, con questa impostazione didattica. Sagreras è un chitarrista argentino che compone pezzetti grondanti musica popolare del suo paese fin dalle "prime lezioni": dominante-tonica e nient'altro. Ricordatevi che i principianti di pianoforte vengono introdotti alla musica con i pezzetti di Bela Bartok.

     

    Non dico di mettere Sagreras al bando, ma insomma, cercate anche, per i vostri allievi, che non sono dei futuri gauchos, della musica didattica un po' meno rurale...

     

    dralig

  11. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo interamente e si tratta di una vera e propria nuova dimensione per le composizioni di Gilardino.

    Ecco, ne discutevo proprio con Gilardino ieri pomeriggio.

     

    Nel Concerto di Novgorod non c'è nulla di nuovo, a parer mio.

    Questo non vuol dire che l'opera possa considerarsi ripetitiva.

    C'è sempre Gilardino dentro al concerto, lo si sente bene. Ma non è certo un altro Gilardino.

     

    Parlo in generale: lo stile rende unico - e riconoscibile fra tutti - l'autore (ovviamente, quello che ha uno stile). All'interno della coerenza stilistica, si danno le varianti, i cambiamenti, le gradazioni, le evoluzioni (e purtroppo anche le involuzioni). Cristiano - non parlo per lui, ma interpreto il suo pensiero - parlando di "nuova dimensione", intendeva riferirsi al tipo di chitarra impiegato (una chitarra a sette corde accordata in sol è cosa ben diversa dalla chitarra ordinaria) e, data l'accordatura (re-sol-si-re-sol-si-re) all' impianto armonico generale del concerto di tipo modale, e non atonale, come è quello dei precedenti concerti. Che poi, adoperando la scala diatonica o la scala cromatica, un compositore riesca comunque a manifestare il proprio mondo poetico, è naturale.

     

    dralig

  12. Certo, quello dei piccoli pezzi, delle miniature, è un mondo ancora tutto da scoprire per i chitarristi.

    L'associazione pezzo piccolo=piccolo valore è dura a morire, ma è vero che questo lato della scrittura di Giuliani (come di Paganini e Sor), raccolto e intimo, riserva piacevolissime sorprese!

     

    E' vero ma io preferisco Giuliani diecimila volte... non pensi che paganini usi la chitarra solo per "gli accordi"??

     

    Fermo restando il Suo sacrosanto diritto di preferire Giuliani, direi che la scrittura di Paganini non è tanto "accordale", quanto melodica: usa la chitarra principalmente per cantare, come se fosse una viola, e si limita ad aggiungere dei bassi. Armonicamente, è molto parsimonioso. A differenza di Giuliani, che armonizza in modo più completo, per non parlare di Sor...

     

    dralig

  13. Però sono pagine interessanti che meritano almeno di essere lette.

     

    Dopo aver espresso il mio giudizio su Luceat, mi sono reso conto di aver sbagliato. Mi piace molto.

    Mi riferivo a Trepidazioni per Thebit.

     

    Lì c'è di mezzo una storia incredibile, che non racconto più neanche a me stesso, da tanto che mi ha impressionato.

     

    dralig

  14. Secondo me la Suite funziona bene.

     

    Per esempio Pace maker 45 e The riders in the sky ricordano alcuni studi (Capriccio Sopra la lontananza, Toccata dello studio 24).

     

    Trovo molto più alieni Araucaria, Abreuana, Luceat, Estrellas para Estarellas e Trepidazioni per Thebit.

     

    Mi permetto di dire che forse il brano meno riuscito è Luceat, non so se lei sia della mia stessa idea...

     

    Non interferisco con i giudizi e le opinioni degli interpreti, ne prendo rispettosamente atto, anche perché non mi considero un buon giudice della mia musica.

     

    Penso di aver iniziato a comporre nel 1981, con il primo libro degli Studi. Quello che ho scritto prima, è solo un preannuncio.

     

    dralig

  15. Sì, è un brano interessante proprio per questo motivo.

     

    E invece Appaloosa è, mi pare, una razza di cavalli americana...

     

    Si, cavalli pezzati, molto usati dagli indiani perché più facili da cavalcare a pelo (senza sella e finimenti). Non mi pento di aver scritto quella piccola Suite, ma sarebbe stato meglio non pubblicarla: è aliena alla ricerca compositiva che - sia pure di là da venire - avrei svolto in seguito, è un lavoro di musica di scena affidata a una chitarra invece che a un insieme, e suonato senza scena non ha molto senso.

     

    Comunque, ecco le spiegazioni dei titoli dei singoli brani:

     

    Longhorn ghosts: sono i fantasmi delle mandrie che venivano governate dai cowboys;

     

    Peace-maker 45: era il nickname della Colt 45, il paciere per eccellenza, che metteva fine alle discussioni e alle contese;

     

    Boot hill: la collina degli stivali, dove venivano sepolti coloro che erano morti con gli stivali ai piedi (essendo mancato loro il tempo di levarseli, per sopravvenuta sparatoria);

     

    Saguaro: il nome messicano del grande cactus, l'albero della solitudine e del pianto;

     

    The riders in the sky: titolo della leggenda dei cavalieri del cielo, che apparivano in una cavalcata sulle nubi al cowboy agonizzante (se si era comportato bene) per portarlo con sé nei pascoli del cielo.

     

    Avevo scritto questa suite per un giovane lettore di fumetti western. Nel suo genere, funziona benissimo, e tuttora la ritengo valida, ma senza le immagini e le vicende, non serve a nulla.

     

    dralig

     

     

     

    dralig

  16. La ringrazio.

    Non avevo lo spartito davanti, e non è do diesis, ma re diesis.

     

    L'indicazione "una del pulgar muy cerca del puente" cosa significa precisamente?

     

    Reputo Araucaria una delle più belle pagine da Lei scritte prima degli Studi.

     

    La ringrazio nuovamente.

     

    Uña del pulgar muy cerca del puente significa unghia del pollice molto vicina al ponte. Un suono di oboe udito dalla lontananza.

     

    Bitetti era uno dei pochi chitarristi di allora interessati alla ricerca timbrica, e con "Araucaria" gli diedi pane per i suoi denti. Quando suonò "Araucaria" a Città del Capo, il critico del quotidiano locale mi paragonò al poeta britannico Gerald Hopkins. Con poco sollievo del mio editore, i cui impiegati faticavano moltissimo a scrivere quel titolo nella contabilità: Aruacaria, Aucararia, Auacraria, etc.

     

     

    dralig

  17. Sto studiando il brano in questione, e volevo avere dei consigli riguardo all'esecuzione.

    I due armonici ottavati sulla quarta corda "legati" io li eseguo così (vorrei esserne sicuro): eseguo il primo armonico (Sol) e il secondo (Sol diesis) lo realizzo spostando la mano sinistra e nel frattempo l'indice destro (quello che fa l'armonico) senza pizzicare.

     

    Precisamente - si fa un portamento sia con la sinistra che con la destra.

    Era l'epoca in cui mi piaceva inventare "effetti speciali". Mi sforzavo, tuttavia, di fare in modo che avessero una causa.

     

     

    La settimina di crome in un tempo così lento, dev'essere solfeggiata rigorosamente o della settimina dev'esserci solo un' idea?.

     

    Deve creare un senso di irregolarità, spezzando la scansione ordinaria.

    Non c'è nulla di male nel solfeggiarla rigorosamente, ma la sua ragion d'essere è l'increspatura che porta nel ritmo: può essere ottenuta anche senza solfeggio rigoroso.

     

    La seconda volta in cui si presenta la parte ritmica, Bitetti posiziona il sol diesis sulla prima corda, ma io preferisco di gran lunga suonarlo sulla seconda, tanto nel bicordo successivo c'è sempre il sol a vuoto. Così diventa tutto più facile (anche prendere il do diesis successivo).

    E' lecita la diteggiatura?

     

    Si, è una buona diteggiatura.

     

     

    L'Araucaria non c'entra con le conifere? Perchè questo titolo?

     

    Bitetti - come Castelnuovo-Tedesco - credeva nelle capacità compositive di AG, lo esortava a scrivere (cosa che allora AG non faceva) e una sua lettera, dove l'esortazione era più forte e sentita che mai, giunse ad AG mentre questi aveva sul leggio, insieme alla musica di tutti i giorni, un libro di poesie di Ungaretti ("Il dolore"), e stava leggendo:

     

    "...E la recline, che s'apriva all'unico

    Raccogliersi dell'ombra nella valle,

    Araucaria, anelando ingìgantita,

    Volta nell'ardua selce d'erme fibre

    Più delle altre dannate refrattaria,

    Fresca la bocca di farfalle e d'erbe

    Dove dalle radici si tagliava,

    - Non la rammenti delirante muta

    Sopra tre palmi d'un rotondo ciottolo

    In un perfetto bilico

    Magicamente apparsa?"

     

    Tutto chiaro, Vladimir?

     

    dralig

  18. Fabio Selvafiorita ha scritto:

     

    i tratti del genio italico...mi ricorda però Barry Lyndon

     

     

     

    dralig ha scritto:

     

    In un articolo pubblicato anni fa, avevo fatto notare la somiglianza tra le parabole esistenziali di Mauro Giuliani e di Barry Lindon, entrambi parvenu nell'aristocrazia, per un certo tempo vezzeggiati e poi tristemente reietti.

     

    Improvvisamente sento l'irresistibile impulso di ascoltare l'Andante con moto del trio in mib di Schubert... alle due del pomeriggio può essere fatale... disgraziati, vi citerò per incitamento alla decadenza

     

    Chi decade non prova impulsi irresistibili, ma stanche voglie, insufficienti a motivare un ascolto così impegnativo. Quindi, invece di citarci, mandaci un messaggio di ringraziamento per averti fatto venire in mente un'ottima idea.

     

    Comunque, ho in mente il castello di Schoenbrunn, inverno del 1816. Una nobildonna sale il grande scalone che conduce alla sala delle udienze per chiedere grazia alla granduchessa a favore di un giovane ufficiale ingiustamente accusato di tradimento e perciò condannato alla fucilazione.

    Sono le cinque del pomeriggio, le prime tenebre stanno avvolgendo il palazzo e le fiamme delle torce appese ai muri vacillano al soffio del vento.

     

    In lontananza, da una sala non visibile nella scena, giunge una voce di tenore lirico-leggero, donizettiano, che canta l'aria "Alle mie tante lagrime", accompagnata da una chitarra che arpeggia in sestine...Un famoso cantante del teatro imperiale sta intrattenendo la granduchessa, accompagnato da un chitarrista dai capelli bruni e dall'aspetto gentile ma pensoso, affilato.

     

    Herr Mauro Giuliani è stanco - la notte precedente non ha dormito, preso com'era dal gioco, con le carte sfavorevoli e un pensiero fisso che non lo lasciava: e se un giorno tutto questo dovesse aver fine?

     

    dralig

  19.  

     

     

    :lol:

    i tratti del genio italico...mi ricorda però Barry Lyndon

    :lol:

     

    In un articolo pubblicato anni fa, avevo fatto notare la somiglianza tra le parabole esistenziali di Mauro Giuliani e di Barry Lindon, entrambi parvenu nell'aristocrazia, per un certo tempo vezzeggiati e poi tristemente reietti.

     

    Se Stanley Kubrick avesse realizzato un film su Mauro Giuliani, oggi il Concerto op. 30 o la romanza "Alle mie tante lacrime" sarebbero famosi come il Concierto de Aranjuez.

     

    dralig

  20.  

     

    per quello che rigurada i compositori francesi beh...sono i francesi ad aver inventato la musica colta

    8) 8) 8)

     

    Signore, se le contrarietà salutatoriali non me ne faciessero impedimento, io Le domanderei sodisfazione di questa ingiuria nei rispetti dei compositori italiani, e specialmente dico del eminente autore dei ghiribizzi per chitarra e della sonata per l'amandolino, che letterato fu in tutte le sue prove, come si denota nelle sue lettere all'amico Germi. Mia sorella Emmanuelle, mostro infernale, che io la informo dell'offesa recata a tutta la nazzione, Le manderà un maleficcio di sfortuna che Lei avrà da rimpiangere di non trovarsi a Pariggi con i Suoi amici della musica colta, intanto sappia che io La disdegno e La indico al publico ludibrio e indignazione.

     

    Suo

     

    Mauro Giuliani

  21. Una domanda per il Maestro Gilardino, o per chi altro sappia rispondermi ovviamente: quando intorno al '35 Barrios fu portato da coloro che lo avevano ripulito del dio Tupa in Europa, ci fu qualcuno che gli mise i bastoni fra le ruote, impedendogli di conquistarsi un posto nell'ambiente; Maestro, in altra sede, tempo fa, disse che Segovia direttamente non ebbe parte nella faccenda, ma non poteva riferire con chiarezza come si erano svolti i fatti. E' cambiato qualcosa? :)

     

    No, non è cambiato niente. Non fu Segovia a ostacolare Barrios in Europa - primo, Barrios non ebbe, dove suonò, che un blando successo; secondo, andare in Germania nel 1935 a cercare fortuna in campo artistico, da parte di un mezzo sangue che fino a pochi mesi prima ostentava la sua discendenza dalla stirpe guarani e si chiamava con il nome di un cacicco indio, Mangoré, era comunque una causa persa.

     

    dralig

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