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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Che ci posso fare, sono Cuneese (popolo, quello dei Cuneesi, fondato sui marroni e notoriamente "gadan")...

     

    Non era un commento negativo.

    Anche la Sonata op.90 di Beethoven era stata scritta come presa in giro di due sposi, ma e' una delle piu' belle.

     

    Ci puoi fare il necessario per essere te stesso, e non un cuneese da bettola. Tu capisci che un conto è l'ironia di un genio, e un altro conto è il dileggio di un cialtrone: del resto, mi pare che tu ne sappia qualcosa, imparato sulla tua pelle, nella scuola che frequenti, no?

     

    dralig

  2. Io la definirei comunque una presa per i fondelli.

     

    Nulla di male in cio', anzi!

     

    Alla tua età, è facile sembrare volgari anche quando - come nel tuo caso -non lo si è per niente. Definire come tu fai il lavoro di Castaldi è una semplificazione grossolana, una scorciatoia che permette di usare una metafora tipica del gergo della massa, e questo è l'aspetto volgare del tuo comportamento: usare un gergo da stadio per definire un'operazione artistica. Non farlo, non perché non sta bene, ma perché non è da te: tu non sei un cialtrone, sei un ragazzo molto intelligente e dotatissimo per la musica, parla per quello che sei, non renderti simile alla maggioranza che le persone come te, se appena può, le tortura psicologicamente con la propria volgarità. Castaldi è un compositore ironico e dissacrante, certo, ma è un compositore colto, raffinato, originale, non è un centravanti o uno stopper.

     

    dralig

  3. Cio' che ho detto e' stato inutile, ha ragione.

     

    Per quanto riguarda Margola e Chailly, penso che le loro composizioni piu' riuscite siano quelle brevi.

    Avendo letto l'opera completa per chitarra dei due compositori, trovo che il miglior lavoro di Margola sia il Trittico, quello di Chailly l'Invenzione su quattro note.

     

    Le Sonate di Margola non mi hanno mai convinto.

    La Sonata di Chailly non mi dispiaceva, ma chiudevo la chitarra a meta' di ogni tempo.

     

    E che mi dice di Battente di Castaldi?

    Mi hanno sempre incuriosito le prese per i fondelli...

     

    Non direi che sia quello che tu dici. E' una contemplazione nichilista della musica tonale.

     

    dralig

  4. Cristiano, adesso mi perdoni Lei, ma sarebbe stato più giusto riportare anche l'altra parte del discorso del Maestro:
    Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

    come ho fatto io sopra.

    Anche perchè così Lei fa capire che io suono anche quel tipo di brani solo per sentrimi applaudire, mentre, io credevo di essere stato chiaro nello spiegare che la mia è una scelta dettata dalla volontà di parlare a tutti (chitarristi e non)

    Cordialmente,

     

    Mi sembra che, sia pure tangenzialmente, si sia toccato un punto importante, che forse vale la pena di sviluppare, alla ricerca di una maggior comprensione tra i soggetti diversamente interessati al far musica.

     

    Anche i compositori che scrivono musica apparentemente difficile da comunicare tendono a comunicarla a tutti. Se non ci riescono, è a causa una serie di impedimenti culturali che si frappongono tra la loro opera e il pubblico. Tra la musica esistente nei suoi valori da comunicare e il pubblico, stanno gli interpreti. E' giusto che questi cerchino di realizzare il loro progetto di comunicazione e che, per fare questo, selezionino il repertorio che meglio lo asseconda.

     

    Tuttavia, non è male domandarsi se, nel valutare le potenziali risposte del pubblico, e la loro stessa capacità di comunicare al medesimo la musica, i concertisti non commettano talvolta errori di sottostima e non si lascino vincere dal timore di chiedere troppo, a se stessi e ai loro ascoltatori. Questa domanda non ha nulla che vedere con una censura dei cercatori di applauso a buon mercato: non è di loro che si ragiona, ma dei musicisti che possono trovarsi in bilico tra il procedere su sentieri già battuti e garantiti e il rischiare intraprendendo qualche ricerca più avventurosa.

     

    Ciascuno risponde per sé, è naturale, ma io credo che molti abbiano dimenticato di porsi la domanda.

     

    dralig

  5. A questo punto, sarebbe per me importante chiedere il parere del M° Gilardino sul livello artistico delle composizioni di Albeniz, Domeniconi, Lauro.

    Sono veramente di un livello così basso?

    Mi scuso per la richiesta qualora il Maestro ritenga di non rispondere.

    Con stima, Maurizio.

     

    Non ho risposto prima perché non avevo seguito bene il thread e mi era sfuggito il Suo invito. Me ne scuso.

     

    Albéniz è un autore tardo ottocentesco, che ha scritto principalmente musica per il suo strumento, il pianoforte, talvolta evocando atmosfere chitarristiche. La sua musica è bella, ispirata e, nella sua opera conclusiva, il ciclo pianistico "Iberia", dodici pezzi divisi in quattro quaderni, è uno dei capolavori della musica spagnola. Nessuno può mettere oggi seriamente in discussione il valore della sua opera. Le trascrizioni per chitarra di molti dei suoi lavori appartengono ormai al repertorio chitarristico per tradizione: non è più il caso di discutere se sia opportuno o no eseguirle. Piuttosto, è importante scegliere le trascrizioni migliori. Conviene studiare le prime (Tarrega trascrisse quattro pezzi di Albéniz, poi si aggiunsero le trascrizioni di Llobet e, su queste basi, Segovia elaborò le proprie, che si possono considerare come varianti delle trascrizioni dei maestri precedenti), e conviene lasciare da parte tutte le successive, che sono solo degli aggiustamenti individuali, più o meno riusciti, di quelle storiche. E' però importantissimo studiare un nuovo ciclo di trascrizioni da Albéniz realizzate dal chitarrista e musicologo statunitense (di origine britannica) Stanley Yates, che ha svolto una ricognizione completa su tutta l'opera pianistica del compositore catalano, scegliendo ben 26 pezzi. Molti di essi sono quelli già noti nelle trascrizioni storiche, ma ve ne sono altri mai trascritti prima. Yates ha fatto un lavoro molto ingegnoso e originale, diverso dai precedenti e, secondo me, decisamente migliore. Credo che, dal suo libro in poi, le trascrizioni storiche si possano considerare superate, a meno di volerle eseguire sugli strumenti d'epoca, come ha fatto molto bene Stefano Grondona. "Asturias", per esempio, è stata ri-trascritta da Yates in modo molto più efficace e musicale di quanto non risulti nella trascrizione di Segovia (che riprendeva una precedente trascrizione di Garcia Fortea).

     

    Lauro è un chitarrista-compositore con doni melodici rari, capace di scrivere piccoli pezzi molto piacevoli, ispirati e di fattura impeccabile. La sua relazione con la musica popolare venezuelana è autentica, pulita, priva di intellettualismi e di sofisticazioni, e i suoi pezzi fanno parte del repertorio latino-americano per chitarra ai suoi livelli più elevati. Credo che non abbia ottenuto risultati altrettanto validi quando ha tentato la Sonata e il Concerto. Era un caratterista e un miniaturista, e non un compositore di grandi forme.

     

    Non conosco la musica di Domeniconi abbastanza bene da potermene fare un giudizio. Ho solo ascoltato inevitabilmente il suo pezzo più famoso qualche volta nei concorsi, e mi è stata attribuita - da un collega tanto famoso quanto stupido e bugiardo - nei confronti di tale pezzo un'avversione della quale non ho mai dato il minimo segno. E' vero che ho forgiato un acrostico ("Aranbabazzolla") per etichettare il conformismo di molti chitarristi che si avventano sui pezzi alla moda, ma senza alcun disprezzo nei confronti dei titoli in questione, perché non ho nulla contro Aranjuez e contro Piazzolla (delle cui "Cinco Piezas" sono stato l'editor).

     

    Non credo, francamente, che con questo tipo di repertorio i chitarristi potrano riqualificarsi nella programmazione musicale ai livelli ai quali era pervenuto Segovia, e dopo di lui Bream. Questo non significa che tale repertorio vada scartato, e non dà diritto a nessuno di irridere chi lo suona: occorre solo essere serenamente consapevoli del fatto che la musica di intrattenimento si rivolge a un pubblico che ama essere intrattenuto, divertito, stupito, e non può quindi persuadere e convincere ascoltatori abituati ad autori e musiche di maggior spessore. Allo stesso modo, chi si dedica al repertorio più elevato del Novecento deve essere serenamente consapevole del fatto che non potrà ottenere i favori di un pubblico vasto, e dovrà accontentarsi di farsi apprezzare da chi ha sviluppato le proprie conoscenze musicali e le proprie capacità di ascolto.

     

    Non occorre che le due tendenze si costituiscano in fazione e si avventino l'una contro l'altra armate. Si possono criticare vicendevolmente e utilmente, senza ingiuriarsi.

     

    dralig

  6. Quando ho portato il Nocturnal di Britten al mio insegnante di composizione, mi sono munito di una chitarra, poiche' sul pianoforte, un pezzo cosi', fa schifo.

     

    Scusa Vladimir, nel corso di composizione il pianoforte si adopera come strumento neutrale per leggere intere partiture d'orchestra, dando per scontato che il suono reale è un'altra cosa. Tutta la musica sinfonica che si passa a pianoforte è uno schifo. Però leggerla serve. Come fanno i direttori per presentarsi alle prove con la musica stampata in memoria?

     

    dralig

  7. Anche Segovia diceva che per comporre per chitarra "bisognava" e "bisogna" conoscere bene lo strumento...

     

     

    Per la verità, ad affermare ciò non fu Segovia, ma Hector Berlioz, nel suo Trattato di strumentazione e orchestrazione. Il suo avvertimento ai compositori - non provare a scrivere per chitarra se non si conosceva bene la tecnica dello strumento - agì di certo come deterrente nei riguardi di compositori che, magari, sarebbero stati interessati a provarci. Segovia fece esattamente il contrario: disse ai compositori di non preoccuparsi, e promise loro di riassettare i pezzi che avrebbero scritto, rendendoli idiomatici o perlomeno eseguibili. Spesso lo fece, altre volte condannò lavori di notevole valore, che lui giudicava ineseguibili, e che invece si potevano aggiustare e far funzionare perfettamente (come in effetti è stato fatto). Segovia scrisse a Ponce che un determinato arpeggio era ineseguibile, mentre proprio quell'arpeggio permette un effetto bellissimo. A Castelnuovo-Tedesco, che aveva appena finito di suonargli "Golondrinas" al pianoforte, disse che l'arpeggio era ineseguibile, salvo poi telefonargli un'ora dopo dall'albergo per dirgli che era di effetto splendido...

     

    Che poi nella musica ci siano i misteri l anno visto in molti. La Suite op.47 di Albeniz per pianoforte, secondo me Albeniz in un suo lontano sogno l avra sentita per chitarra, ma al suo riseveglio l ha scritta per pianoforte, perche non ricordava lo strumento del suo sogno.

     

    Oppure la Maja de Goja altro capolavoro per pianoforte, che sembra essere figlio delle sei corde.

     

    .

     

    Non è un pezzo per pianoforte, ma una canzone per voce e pianoforte, e la chitarra ne suona il trenta per cento: la melodia e un pallido lacerto di quello che Granados scrisse nella parte pianistica. I chitarristi che suonano questo pezzo in genere non sanno nemmeno che, in simbiosi con la musica, esiste un testo poetico.

     

    dralig

  8. "Variati amorosi momenti" di Wolfango dalla Vecchia.

    Sconosciuto, non so perche'.

    Ho visto pochi lavori di compositori non chitarristi cosi' ben riusciti.

     

    Con la Passacaglia di Chiereghin, e' il lavoro dal sapore piu' hindemithiano che io conosca.

     

    Cito, tra quelli che ho letto, la Toccata di Gargiulo , l'Incipit di Elena Barbara Giuranna, la Sonata XI di Prodigo, l'Invenzione di Chailly, la Sonata di Chailly, la Partita di Wissmer, le composizioni di Rosetta, Procaccini, Bettinelli.

     

    Ognuno deve vedere cosa c'e' di buono nelle composizioni sconosciute che ha in mente.

    Io, per esempio, mi baso inizialmente (per poi lavorare in modo piu' approfondito) sul banale "suona bene o suona male".

    Per me questa e' la caratteristica fondamentale: che Bach inverta le entrate dei soggetti e delle risposte, o che metta delle quinte, non mi importa piu' di tanto.

     

    Non è una domanda banale quella che ti poni, è una domanda essenziale. La musica strumentale deve servirsi degli strumenti, e non c'è modo di servirsene bene, se non mettendo in piena evidenza il loro valore, cioè il loro suono. Una composizione che non suona bene - nel senso che non permette allo strumento di manifestare le sue peculiarità di suono - è una composizione fallita. Nel tuo elenco tu includi pezzi che suonano bene, e altri che suonano bene, ma suonano poco, nel senso che non impiegano la chitarra nel pieno delle sue possibilità, e risultano invece soltanto compatibili con lo strumento: non basta. La Sonata di Chailly è un pezzo mancato perché manca di specificità chitarristica, così come è mancata gran parte della musica per chitarra di Margola: adoperano una scrittura polifonicamente troppo magra, superficiale, come se la chitarr fosse uno strumento melodico, con qualche occasionale rinforzo armonico. E' musica scritta alle soglie della chitarra, non "da dentro". Però, nella sua magrezza, è musica scritta con mano sicura dal punto di vista formale.

     

    Al contrario, molta musica scritta da chitarristi suona bene, ma non si tratta di composizioni nel vero senso della parola. Sono soltanto dei gesti strumentali inventati da strumentisti: più o meno ben concatenati, però non giungono a costituirsi in un organismo musicale compiuto, procedono per giustapposizione, per appiccicamento, non si iscrivono in un progetto, non formano nessun edificio, né grande né piccolo, non sono costruzioni.

     

    Quindi, dopo la domanda "suona bene?", se la risposta è si, occorre domandarsi: e suonando bene, che cosa dice?

     

    dralig

  9. Ma di cosa vi lamentate?

    Allora cosa dovrebbe dire un compositore che cerca di far conoscere ciò che ha scritto?

    Può forse fare a gara con il chitarrista di turno che pubblica i suoi lavori rivendendoli ai propri allievi?

     

    Il compositore scriva musica e non la nasconda in un cassetto. La renda accessibile: se ha almeno un editore che crede in lui, bene, altrimenti si avvalga di internet.

     

    Poi, si segga tranquillamente sulla riva del fiume, e mediti sulla prossima composizione: il resto, se e quando s'avrà da fare, lo faranno gli altri.

     

    dralig

  10. però seguo il tuo discorso e aggiungo solo che la responsabilità è più di una...a cominciare dal ben noto problema del reclutamento docenti a quello più delicato della responsabilità di case editrici nel condividere progetti che reiterano quell'immagine di "chitarra classica" che tanto non ci piace (e che mette in moto il circuito dei concerti sakura, dell'immagine chitarra). Sarebbe interessante chiedere a queste case editrici quanti di questi progetti sono esclusivamente finalizzati alla copertura di una nicchia di mercato e quale sia la sostanza (consapevolezza) culturale di tale operazione.

     

    Le case editrici - come racconta magistralmente Umberto Eco ne "Il pendolo di Foucault - sono erme bifronti. Da un ingresso, fanno entrare quelli che ritengono compositori, delle cui opere si occupano: le stampano, le diffondono (come possono), cercano di dar loro evidenza e buona esposizione, nella speranza di ricavare almeno la copertura delle spese che sostengono (speranza spesso frustrata). Dall'altro ingresso, fanno entrare il capostazione, il commendatore, il dentista, il vigile urbano, il chitarrista-che-compone, etc etc, e mettono a loro disposizione l'apparato e il marchio per appagare il loro desiderio di "lanciare" la loro musica. Si fanno pagare profumatamente, non solo le spese, ma anche degli onorari, con i quali finanziano le operazioni in cui credono con "consapevolezza culturale", e così sostengono alcuni compositori ed evitano di portare i libri contabili in tribunale.

     

    dralig

  11. Ringrazio l'Autore per l'attestato.

     

    Colgo l'occasione per complimentarmi per la qualità della Sua presenza in rete auguraldoLe di riuscire presto a realizzare il progetto di digitalizzazione di tutti i suoi prodotti, per come oggi è nello stile dell'avanguardia dell'editoria internazionale, e la contestuale distribuzione su scala planetaria.

     

    La ringrazio. Conscio della mia totale inettidudine, ho volentieri lasciato al mio editore e a Sardinia.net - che hanno concordato un progetto sinergico - il compito di rendere gradualmente disponibile on line tutte le mie composizioni. Sono stato informato che, presto, i 60 Studi di virtuosità e di trascendenza saranno disponibili in formato elettronico separatamente, dando agli interessati la possibilità di scaricarli uno alla volta.

     

    Credo anch'io che questa sia la forma di pubblicazione del futuro.

     

    dralig

  12. Credo che siano importanti entrambi, perchè l uno forma alcuni aspetti l altro altri ancora. Personalmente preferisco gli studi di Fernando Sor, per la loro completezza da qualsiasi punto di vista. In Sor si trova il gusto ed il rigore dell epoca, genialità compositiva in tutte le tonalità.

    .

     

    A meno che mi sia sfuggita una raccolta di Studi di Sor, non ho mai visto questa sua escursione in tutte le tonalità.

     

     

    In Villa Lobos ho riscontrato alcuni punti di ripetitivismo nel fraseggio, solo qualche studio secondo me potrebbe sviluppare il discorso tecnico, indubbiamnete sono studi di effetto sonoro molto particolare.

     

    Persino il feroce Adorno, nemico giurato di tutto ciò che non era seriale, e quindi delle ripetizioni, a non dire delle riprese, ammise che, nel genere dello studio, è necessario ripetere. Occorre quindi valutare quale sia, nella forma complessiva di un pezzo, la motivazione intrinseca della ripetizione, a quale necessità risponda. Per quanto riguarda gli Studi, a me pare proprio che Villa-Lobos abbia fatto le cose a puntino: quando ripete, la tensione musicale si accumula - o viene rilasciata - e la ripetizione non è mai inerziale né, tanto meno, gratuita.

     

    dralig

  13. Credo proprio che la chitarra classica stia vivendo un momento, quanto mai, di anonimato a livello popolare.

     

    Maurizio, mi perdoni, è proprio sicuro che la chitarra classica (intendendo quindi scuola, repertorio, attività) stia attraversando un momento di anonimato?

    mi permetto di risp anch'io,SI .

    Siamo mediocri(senza offesa per nessuno).I soliti strumentisono nettamente superiori.

     

    Nella chitarra, come in qualunque altro strumento, ci sono artisti e didatti di grande valore, bravi professionisti, dilettanti, mediocrità e nullità. Riunirli tutti in un solo giudizio è senz'altro ingiusto e sommario.

     

    dralig

  14. Fabio Selvafiotita ha scritto:

    ...probabilmente non è a conoscenza nemmeno della musica di chi si pose ben altri problemi e questioni, come quella e cito a caso di Britten, Ghedini o di Castelnuovo Tedesco...

    Quali questioni si pose Castelnuovo-tedesco?Chiedo in primis a Fabio e poi a chiunque voglia intervenire di spiegarmi quali sono le questioni che si pose CT.

     

    Questioni di importanza vitale per la musica che avrebbe dovuto scrivere. La sua giovinezza coincise con il momento più forte della secessione viennese, e lui scelse di rimanere fedele alla tonalità e alle forme classiche, con particolare riferimento alla tradizione italiana, da Boccherini a Puccini, esponendosi semmai all'influenza francese (Debussy) e spagnola (Albéniz e Falla). Questa fu una scelta categorica, cruciale.

     

    dralig

  15. Ma sulla partitura di Quiet Song c'è scritto Copyright 2005 Edizioni Musicali Berbèn.... :oops:

     

    :oops::oops::oops: ...sta a vedere che ne ho combinata una delle mie.

    Anche io posseggo lo spartito edito da Berbèn, però ricordo di aver letto, su un altro sito (mi pare Artelinkado), che in omaggio alla figura di John W. Duarte (al quale è dedicata), l'Autore aveva autorizzato il download dello spartito di "A quiet song" da internet, gratuitamente.

    Per carità confermatemi questa cosa oppure modifico all'istante il topic. :roll:

     

    Butterfly

    Niente panico. La mia musica è pubblicata dalle Edizioni Bèrben (salvo pochissimi lavori pubblicati altrove), ma per "A Quiet Song" ho potuto disporre, con il consenso dell'editore, di una libertà di diffusione gratuita della musica in Internet: da ciò l'edizione con Artelinkado e con la Fondazione Araniti, che hanno dato impulso alla conoscenza di quello che è probabilmente il più accessibile dei miei brani. E di ciò siamo tutti contenti, compreso l'editore cartaceo che, in quanto proprietario del copyright, vorrebbe che tutti i miei pezzi fossero altrettanto "popolari".

     

    dralig

  16. Quiet Song è stato inserito in un settore specifico del nostro portale dietro volontaria concessione dell'Autore.

     

    La disponibilità dell'opera si è protratta sino alla prima decade di questo mese.

     

    Purtroppo una ristrutturazione generale dello script che governa il nostro portale, modificato ed aggiornato per motivi di sicurezza, ci ha impedito il mantenimento di quel modulo, e di molti altri, per un conflitto di codice che non siamo riusciti ancora a sanare.

     

    E' improbabile che il nostro portale sia o divenga vettore di abusi essendo lo strumento principe di un'associazione no-profit che ha tra i suoi scopi societari principalmente quelli di valorizzare, incentivare e pubblicizzare il prodotto dell'intelligenza, della cultura e dell'arte di quanti lo richiedono senza nulla pretendere in cambio.

     

    Ringrazio Butterfly per aver voluto così ben presentare le principali sezioni del portale con l'augurio di ricevere spesso altre sue visite.

     

    Cordialmente.

     

     

    Filippo Eduardo Araniti

     

     

    Confermo quanto dichiarato dal maestro Araniti, che saluto cordialmente e con il quale mi congratulo per la sua instancabile opera di sostegno e di diffusione della musica per chitarra del secolo XIX.

     

    dralig

  17. Se Sor e Giuliani non si sono mai incontrati, la rivalità dei due è da considerarsi a distanza, e sembra davero verosimile, che Sor invidiasse il sucesso di Giuliani, che forse come l'unico era un famoso chitarrista in europa, l'indiscusso primo.

     

    Considerando, però, che Sor aveva un discreto sucesso come compositore non chitarrista, almeno con un balletto scritto per la moglie, che sembra aver girato i teatri del vecchio continente, avrebbe potuto essere un pò più"self confident".

     

    Forse a Sor non andava l'aperto virtuosismo di Giuliani, che lo rendeva lo star dello strumento, la leggerezza (in senso più positivo) della sua musica e forse anche del suo carattere. Sor, non per caso paragonato a Beethoven (di cui conosciamo tutti i busti con lo sguardo serio che potrebbero quasi fare da doccioni su una cattedrale gotica), forse mancava questa italianità, anzi, forse era tutto pieno della serietà e coscienziosità imparata nel monastero, dove era cresciuto come musicista.

     

    Credo che questa sia una pista valida da seguire per gli studiosi. E' vero che Sor era stato formato nel culto della polifonia - e se ne vedono chiaramente gli effetti nella sua musica -, ma è anche vero che, appena uscito dal convento, si gettò nella musica italiana, con la sua prima opera e anche con il "Gran Solo" che, fra tutte le sue composizioni per chitarra, è quella che manifesta più apertamente l'influenza dei maestri italiani le cui opere Sor vedeva rappresentate a Barcellona: Paisiello, Cimarosa, Sarti. Egli ammirava molto questo stile, era anche un cantante che amava lo stile di Crescentini, ma tutto ciò per lui non era facile da conciliare con la sua formazione monserratina, anzi, io credo che in lui si sia aperto un conflitto che, prendendo a prestito un titolo di Stendhal, potremmo definire "il rosso e il nero", intendendo per rosso la vita mondana, militare, il teatro, e per "nero" il convento, l'austerità, la penitenza. E' chiaro che un uomo interiormente lacerato da questo conflitto non poteva guardare con simpatia all'arte di un rivale italiano del tutto privo di conflitti, qual era Giuliani, che incarnava compattamente un modo solo di essere e di fare musica.

     

    dralig

  18. Così su due piedi mi viene in mente il rapporto tra Segovia e Villa-Lobos ma di sicuro era una diatriba di altra natura dato il carattere dei due personaggi in questione.

     

    Non vorrei dire sciocchezze...il rapporto fra i due non fu buono solo in un primo momento, fino a quando di preciso non so..sta di fatto che Segovia cambio il suò parere su Villa-Lobos, ed incluse alcune musiche del brasiliano nel suo repertorio - studi 1, 7, 8, 11; Preludi 1, 3; il Choro ed eseguì in prima mondiale in Texas il concerto per chitarra e orchestra nel '51 (?) - non so se in seguito a qualcosa di particolare.

     

    ...in seguito al fatto che Villa-Lobos l'aveva scritto a richiesta di Segovia. Peraltro, lo suonò una volta soltanto, e poi lo lasciò da parte. Da un lato, l'orchestrazione era troppo pesante, dall'altro lato Segovia non voleva saperne di amplificare la chitarra. Credo che, in quella prima, tutto quello che gli ascoltatori udirono fu la cadenza.

     

    dralig

  19. Ci sono state altre due figure, due simboli di un epoca chitarristica, così in rivalità?

     

    Non credo che Carulli , quando nelle strade di Parigi incontrava Molino, lo salutasse :D ..il mio avatar, una delle sei litografie di Charles de Marescot (incluse nel suo Guitaromanie), rappresenta la querelle fra carullisti e molinisti. E' un esempio di ciò il concerto per chitarra e orchestra op.56 di Molino e quello di Carulli op.140..un po' il discorso che si faceva prima circa le opere di Giuliani e Sor ;) .

     

    Le querelles tra chitarristi potrebbero costituire il soggetto di parecchie opere buffe, o di film nel genere della commedia all'italiana.

     

    dralig

  20. Salve Maestro, secondo lei il "Gran Solo" è stato scritto per confronto? banalmente potrei pensare la stessa cosa della variazioni sul tema del flauto magico.

     

    Non ne abbiamo prova ma, se così è stato, la rivalità ha dato buoni frutti: il "Gran Solo" e la "Grande Ouverture", le due Sonate op. 15 (entrambe in do maggiore...guardacaso), le Variazioni op. 3 e op. 12 (Sor) e le Variazioni op. 112 (Giuliani), insomma, un bel gruzzoletto radunato a favore del repertorio grazie a un sentimento di competizione molto positivo.

     

    dralig

  21. Mi chiedevo - dopo aver suonato l'op. 31 di Sor (le cui leçons per la loro bellezza a mio parere andrebbero studiate tutte, indipendentemente dalle selezioni che altri hanno fatto per noi....ma questo è un altro discorso :D ) - quale fosse il rapporto fra i due più grandi chitarristi compositori del secolo d'oro chitarristico: Sor e Giuliani, pur frequentando ambienti diversi (il biscegliese Vienna, poi negli ultimi anni Roma e Napoli; lo spagnolo Londra, la corte dello zar, e ovviamente Parigi), ebbero modo di incontrarsi e confrontarsi (cosa che -se non sbaglio- accadde fra Sor e Aguado, quando quest'ultimo giunse nel '25 a Parigi) ? E che tipo di rapporto fu, d'invidia (Vienna accolse Giuliani molto meglio di come Parigi accolse Sor, anche se la proposta musicale dei due musicisti era all'inizio differente) o di amicizia?

     

    Grazie :)

     

    Non risulta che si siano mai incontrati di persona. Da ciò che hanno lasciato - musiche e scritti - si può arguire che Sor ebbe modo di conoscere qualcosa di Giuliani, e sembra inverosimile supporre che Giuliani ignorasse la musica di Sor, viste le molte edizioni francesi e tedesche che circolavano. L'ultima pagina del Metodo di Sor contiene l'infelicissimo frutto del confronto che il maestro catalano, a quell'epoca ristabilitosi a Parigi, sua ultima residenza, volle stabilire tra la sua musica e quella di Giuliani: una variazione sul tema de "La sentinella", inserita in un brano di Hummel da Giuliani, che Sor volle riscrivere a dimostrazione della sua superiorità. Dimostrazione fallita, che lascia intravvedere soltanto l'ansia di Sor di essere il primo della classe.

     

    dralig

  22. Sono entrato in questo vecchio Thread per riascoltarmi questa parte di concerto, mi piace davvero tanto, è tenebroso, agitato, quasi cattivo, ma dolce e calmo allo stesso tempo. Bello davvero! Bravo Brower!

    Volevo chiedere a voi quale significato ha la parola elegia/elegiaco riferito ad una composizione musicale. Dalle prime note della chitarra mi viene subito in mente lo studio "elegia di marzo" di AG. Di sicuro c'è analogia nel titolo e nell'emotività delle due composizioni, ma cosa si intende in musica per elegia? In letteratura, antichità, era un determinato genere letterario che seguiva una specifica forma metrica, in musica credo assuma di più il suo secondo significato, ovvero quello di "lamento funebre". Almeno questo è quello che mi è sembrato di capire, qualcuno può spiegarmi qualcosa in più? Ci sono analogie fra l'elegia in musica e l'elegia in letteratura? si segue un determinato metro di scrittura musicale per creare un'elegia?

     

    Ringrazio,

     

    MR.

     

    Mentre nella poesia greca e latina l'elegia era una forma metrica definita (distici formati da un esametro e da un pentametro), e dal carattere improntato a temi amoroso o mitologico o etico, nella musica l'elegia non indica una forma definita e intitola composizioni dal carattere mesto, pensoso, melanconico o addirittura trenodico.

     

    dralig

  23. ci vorrebbe....GilardinO!

     

    Obbedisco. Secondo Edward Neill - il più qualificato studioso di Paganini - , la melodia fu composta intorno alla metà del secolo XVIII (1746 dice Neill) da un musicista italiano, totalmente sconosciuto per ogni altro verso: si chiamava Giovanni Cifolelli. Costui incluse il motivo in una Contradanza in 6/8, che ebbe diffusione popolare, e che fu conosciuta, in onore al suo creatore, come "La Cifolella". Arrivò anche in Germania, dove si diffuse con il titolo "Mein Hut hat drei Ecken" (traduco a spanne: il mio cappello ha tre punte). Il titolo "Carnevale di Venezia" è successivo, e il titolo "O mamma mamma cara" è desunto dal primo verso.

     

    Per quanto riguarda Tarrega, prese probabilmente ispirazione da Johann Kaspar Mertz (op. 6).

     

    dralig

     

     

    AG

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