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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Grazie infinite Maestro,

     

    Probabilmente, la chiave di lettura sta proprio nel fatto che Segovia gli chiese lo spartito della "Catedral" e lui non gliela diede (questo dovette indisporre Segovia).

     

    Posso solo commentare, forse un po scontatamente, che è un vero peccato...!!!

     

     

    Maurizio

     

    Barrios non era quel che si dice un campione di coerenza. Quanto a Segovia, se anche poteva apprezzare, per alcuni aspetti, "La Catedral", non era certo in quel genere di musica che, nel 1921 - quando era ancora soltanto un giovane concertista in cerca di fortuna nella sua seconda tournée argentina - riponeva le sue speranze di richiamare su di sé e sulla chitarra l'attenzione del mondo musicale colto. A Buenos Aires, lui coltivava le relazioni con personaggi come Julian Aguirre, Lopez Buchardo, forse Gilardo Gilardi - cioè i musicisti che avrebbero potuto fare, in quel paese, la sua fortuna (e così avvenne difatti), e delle musiche di un chitarrista bohemien, che tra l'altro a Buenos Aires non godeva affatto di buona stampa (il padre della Anido scrisse contro Barrios la più distruttiva recensione che io abbia mai letto a carico di un chitarrista), non avrebbe saputo che cosa farsene. Segovia aspettava Ponce e i compositori che poi sarebbero arrivati, e se qualcosa è da rimpiangere, è che non abbia convocato Ravel e Stravinskij, Hindemith e Bartok: Barrios era Barrios anche senza Segovia.

     

    dralig

  2. Non ho mai trovato incisioni di musiche di Barrios da parte di Segovia.

    Esistono?

     

    So che Segovia andò a trovare Barrios quando il compositore sudamericano stava male e rimase piuttosto dispiaciuto di ciò...

    Non so se siano notizie attendibili.

     

     

    Maurizio

     

    Sull'argomento esiste tutta un'agiografia filobarriosiana, secondo la quale il cattivo e potente tiranno Segovia avrebbe ignorato, o addirittura umiliato e denigrato, il buono e povero Barrios, impedendogli di diventare famoso come chitarrista e poi ostacolando la diffusione della sua musica.

    Sono tutte storie senza il minimo fondamento. Segovia conobbe Barrios a Buenos Aires nel 1921. Barrios lo andò a trovare in albergo, suonò per lui, ne ebbe elogi e un trattamento cordiale e amichevole. Si rividero nel 1943 a San Salvador, Barrios era ormai alla fine della sua vita e Segovia lo trattò umanamene. In occasione del loro primo incontro, Barrios suonò a Segovia "La catedral". Segovia gli chiese la musica e Barrios disse che gliel'avrebbe data, ma poi non lo fece. Nella biblioteca musicale di Segovia di Barrios non c'è praticamente nulla, solo una copia manoscritta (non autografa) di "Julia Florida". Questo significa che Segovia non mise mai un pezzo di Barrios sul leggio, se conosceva qualcosa era solo dall'ascolto di qualche esecuzione (ma di chi?). Intervistatori petulanti hanno messo talvolta Segovia di fronte a domande sulla musica di Barrios. Lui rispose svogliatamente, la musica scritta dai chitarristi del Novecente non gli interessava. Tutto qui. Il resto, i mormorii, sono leggende o pettegolezzi.

     

    dralig

  3. Così come affermo che egli stimava certi brani che non poté suonare assai più di altri che, facili da imparare e di buona sonorità, ma musicalmente appena decenti - vedi "English Suite" di Duarte o "Castillos de Espana" di Moreno-Torroba - entrarono nel suo repertorio a motivo della loro "comodità" assai più che per la considerazione in cui egli li teneva.

     

     

    Maestro nello specifico, fu l'amicizia che aveva con Moreno-Torroba (che già dal '19 si mise a scrivere per lui) ad indurlo a suonare i "Castillos de Espana"?

    Se non sbaglio il compositore spagnolo doveva la sua pur limitata fama proprio a Segovia (e non fu il solo ad avere questo genere di debiri come Lei ha affermato).

     

    Segovia e Moreno-Torroba furono amici, ma ebbero contatti tutto sommato sporadici e limitati. Tra di loro non ci fu un carteggio paragonabile a quello che Segovia intrattenne con Ponce, con Madariaga (scrittore e diplomatico), con Lopez Poveda (questi si, un amico, ancorché non musicista), o anche con compositori come Tansman, Castelnuovo-Tedesco, Duarte.

     

    Non credo che la decisione di Segovia di eseguire i "Castillos de Espana" sia stata motivata dall'amicizia con il compositore. Credo che, al punto in cui era arrivato con gli impegni, a partire dagli anni Sessanta, gli servissero, per il suo repertorio, musiche dignitose, si, ma anche facilmente comunicabili al pubblico e soprattutto non eccessivamente laboriose nella fase di apprendimento e di memorizzazione. Difatti, suonò i "Castillos" tralasciando - sempre di Moreno-Torroba - la Sonata-Fantasia scritta meno di un decennio prima, che avrebbe richiesto un lavoro ben più impegnativo.

     

     

    dralig

  4.  

    Faccio invece rilevare come la domanda riguardo il repertorio di Segovia, di Bream, etc., venga posta dai chitarristi al fine di stabilire gerarchie di merito sulle composizioni. Questo è unico ed esclusivo del "mondo della chitarra". E mi fermo qui.

     

     

    Consideri Maestro che a volte è la semplice curiosità di conoscere la gerarchia delle composizioni che avevano (ed hanno) i vari Bream, Segovia etc. a spingere i chitarristi, gli studenti a porre tali domande; è importante però che queste gerarchie non influiscano la propria.

    Ad esempio io adoro Segovia e il repertorio da lui inciso nei dischi (e sicuramente avrei amato anche quello -più vasto?- che proponeva nei concerti), ma non vedo l'ora di mettere mani sull' "Andres Segovia Archive".

    Se così non fosse molte composizioni e molti compositori non godrebbero della giusta fama. Mi viene in mente Tansman, del quale purtroppo Segovia suonò e rese famoso solo una piccola parte del repertorio per lui scritto..mi chiedo il perché..senza mettere in secondo piano tuttli gli altri ovviamente.

     

    Segiovia aveva idee molto chiare riguardo il suo repertorio, sapeva quello che voleva e quello che non voleva (suonare). Tuttavia - e questo i suoi famuli non lo sanno e non lo dicono - di quello che avrebbe voluto suonare, poté suonare solo una parte. Molti altri pezzi, che avrebbe voluto includere nel suo repertorio, gli furono preclusi dalla mancanza di tempo: Segovia era uomo da sessanta concerti l'anno (in media, ma in certi periodi superò i 100 concerti l'anno), carico di lavoro che accettava - e lo dichiarò più volte senza veli - perché doveva provvedere al sostentamento di parecchie persone, che senza di lui non avrebbero avuto di che vivere. E' vero che guadagnò molto denaro, ma è altrettanto vero che in parte considerevole tale denaro fu speso per gli altri, e la consapevolezza del fatto che altri dipendevano da lui per sopravvivere lo obbligò ad accettare molti concerti in più di quelli che avrebbe desiderato tenere. Ne fece le spese il tempo che gli rimaneva, tra un viaggio e l'altro, per studiare e per assorbire nuovi pezzi. Il diagramma della sua carriera mostra chiaramente che, crescendo la sua fama e i suoi cachets, diminuì il suo assorbimento di nuovo repertorio. Tutto ciò è umano e comprensibile, e non c'è nulla da obiettare. Ma chi sostiene oggi che i brani scritti per lui, che egli non suonò, sono scadenti, è un bugiardo oppure un imbecille: lo dico senza ritegno. Così come affermo che egli stimava certi brani che non poté suonare assai più di altri che, facili da imparare e di buona sonorità, ma musicalmente appena decenti - vedi "English Suite" di Duarte o "Castillos de Espana" di Moreno-Torroba - entrarono nel suo repertorio a motivo della loro "comodità" assai più che per la considerazione in cui egli li teneva.

     

    dralig

  5.  

    Non è un caso che, tra pianisti, nessuno abbia mai sollevato questioni riguardo il fatto - che so - che Michelangeli non abbia mai eseguito i Concerti di Brahms o la Sonata in si minore di Liszt, mentre tra chitarristi, il fatto che Bream non abbia suonato Castelnuovo-Tedesco costituisce motivo di domande.

     

    dralig

     

    Non credo sia del tutto vero. Molti pianisti , e non solo, si chiedono perchè Gould non avesse mai suonato Chopin, molti si chiedono perchè, infondo aveva deciso di registrarlo, suonasse a quel modo Mozart.

     

    Detto questo, io credo che un interpete che giudico estremamente intelligente come Bream possa sollevare dei dubbi: è motivo di domande in quanto, nonostante tutto, si trovano le sue registrazioni di Albèniz e Granados, quanto di altre trascr. per duo, ma non abbia mai approcciato Castelnuovo-Tedesco. Lo chiedo, e ne rimango stupito, poichè MCT non è uno qualsiasi, ma , nella mia modesta opinione, uno degli apici della musica per chitarra, tra i più completi e raffinati, e può sembrar strano sacrificarlo o scegliere solo la Sonata.

     

     

    Detto questo, Le assicuro che non avrei mai sollevato la stessa domanda per Williams, Barrueco, Russel ecc.

    Bream è Bream.

     

    Nion mi sono espresso chiaramente, e cerco di farlo ora. Non affermo che sia ozioso porsi domande sul repertorio di questo o di quell'interprete. Ovviamente, esiste una storia dell'interpretazione pianistica, nella quale si è esaminato il repertorio dei grandi interpreti. Ma nessuno - tra gli studiosi che hanno scritto sull'argomento - ha mai pensato di assumere le scelte di un pianista - e le sue ripulse - come metro di giudizio sul valore delle opere suonate (o no). I pianisti suonano Rachmaninoff almeno quanto Bartok (e probabilmente di più), ma questo non ha creato confusione nel giudizio di valore, mettendo i meriti dei due compositori alla pari.

     

    Faccio invece rilevare come la domanda riguardo il repertorio di Segovia, di Bream, etc., venga posta dai chitarristi al fine di stabilire gerarchie di merito sulle composizioni. Questo è unico ed esclusivo del "mondo della chitarra". E mi fermo qui.

     

    dralig

  6.  

    mi sono espresso forse male

    si parlava dei benefici resi alla musica grazie anche alla molteplicità delle esperienze stilistiche (le poetiche) frequentate dai colleghi strumentisti, pianisti, violinisti ecc ecc i quali hanno beneficiato di esperienze contrastanti (Schumann vs Chopin)...al contrario la dichiarazione di Falla, perentoria e legittima come solo può essere una dichiarazione poetica, mi sembrava essere limitante rispetto a ciò che è poi stato in musica (ma quanto è lontano da Stravinsky o da Ligeti? perchè è lontano? perchè de falla aveva visto giusto o perl'ignoranza degli interpreti chitarristi che anche lei rileva?)...io penso quenst'ultima

     

    Falla non ha rilasciato dichiarazioni, e manifestando il suo modo di concepire la chitarra nell'"Homenaje" non ha intenzionalmente creato un contrasto con altri modi di concepire e di trattare lo strumento: ne ha semplicemente divinato e rivelato un lato sconosciuto, molto più profondo.

    Credo che l'apporto originale addotto dalla chitarra alla musica del Novecento sia quello inaugurato dall'"Homenaje": non per nulla, come Falla, anche Britten (Nocturnal) o Petrassi (Suoni notturni) si rifanno a questa concezione della chitarra (Petrassi lo fa esplicitamente, parlando del "mistero" del suono chitarristico).

     

    dralig

     

    rilevavo come il "sistema chitarra" non sia stato (è in parte ancora è così)in grado di interrogare altri compositori (citavo Ligeti o Stravinsky...lista troppo lunga anche per qualsiasi rivelazione, fosse anche importante come quella)

     

    Ligeti fu a suo tempo interpellato, prima da AG e anni dopo da Magnus Andersson (ex-allievo di AG) e declinò cortesemente. Così fecero altri famosi compositori. L'unico "grande" che, in linea di principio, di dichiarò disponibile, fu Dimitri Shostakovic, ma morì prima che il progetto prendesse forma.

     

    dralig

     

    dralig

  7.  

    mi sono espresso forse male

    si parlava dei benefici resi alla musica grazie anche alla molteplicità delle esperienze stilistiche (le poetiche) frequentate dai colleghi strumentisti, pianisti, violinisti ecc ecc i quali hanno beneficiato di esperienze contrastanti (Schumann vs Chopin)...al contrario la dichiarazione di Falla, perentoria e legittima come solo può essere una dichiarazione poetica, mi sembrava essere limitante rispetto a ciò che è poi stato in musica (ma quanto è lontano da Stravinsky o da Ligeti? perchè è lontano? perchè de falla aveva visto giusto o perl'ignoranza degli interpreti chitarristi che anche lei rileva?)...io penso quenst'ultima

     

    Falla non ha rilasciato dichiarazioni, e manifestando il suo modo di concepire la chitarra nell'"Homenaje" non ha intenzionalmente creato un contrasto con altri modi di concepire e di trattare lo strumento: ne ha semplicemente divinato e rivelato un lato sconosciuto, molto più profondo.

    Credo che l'apporto originale addotto dalla chitarra alla musica del Novecento sia quello inaugurato dall'"Homenaje": non per nulla, come Falla, anche Britten (Nocturnal) o Petrassi (Suoni notturni) si rifanno a questa concezione della chitarra (Petrassi lo fa esplicitamente, parlando del "mistero" del suono chitarristico).

     

    dralig

  8. l'estetica segoviana ha (ha avuto? ha ancora oggi?) una solida base culturale nel solipsismo aristocratico della salonmusik tastieristica chopiniana...ma se uno strumento come il pianoforte, e sottolineo, anche dell'arte compositiva, ha potuto beneficiare anche della follia, di una visione e di una coscienza poetica della musica con un compositore come Schumann, questo entusiasmo unito a questa visione lungimirante (Schumann apre indubbiamente al novecento) non ha decisamente travolto il mondo della chitarra...

     

    E' vero, ma nel Novecento Falla indica, con il suono della chitarra, la notte senza paesaggio, il buio, il mistero (non svelabile), l'incognito, "l'eremitaggio del cosmo", e quella è l'anima della chitarra "tenebrista", che non ha simili né uguali - meno che mai nel pianoforte e nella sua musica.

     

    dralig

     

    credo che il compito di un interprete debba essere l'esplorazione incessante delle poetiche non una adesione incondizionata ad una dichiarazione poetica...la conseguenze di questa (oltre ad essere in parte già evidente) può avere conseguenze catastrofiche...

     

    Anche se non colgo il nesso tra il mio intervento e il commento che Lei aggiunge, devo dire che, su quello che Lei scrive, sono d'accordo. In nessun altro ambito strumentistico, come in quello della chitarra, la figura dell'esecutore è posta al centro del fenomeno musicale, al punto che le altre figure (il compositore che ha scritto un pezzo, il musicologo che l'ha recuperato e ne ha reso possibile l'esecuzione, etc.) vengono sminuite quando non rimosse. L'imperativo di esplorare il repertorio e le poetiche, e di mettere le proprie capacità al servizio dei medesimi, non è mai stato avvertito dai chitarristi, né in senso artistico né in senso etico. Assoggettano la musica alla loro verve manieristica, e ne fanno scempio.

    Abbastanza recentemente c'è stato un cambio di direzione e un approfondimento interpretativo da parte di alcuni chitarristi, ma è evidente che costoro giocano una partita assai difficili su una scena dove sono ancora i divi a campeggiare con i loro prodigi.

     

    Non è un caso che, tra pianisti, nessuno abbia mai sollevato questioni riguardo il fatto - che so - che Michelangeli non abbia mai eseguito i Concerti di Brahms o la Sonata in si minore di Liszt, mentre tra chitarristi, il fatto che Bream non abbia suonato Castelnuovo-Tedesco costituisce motivo di domande.

     

    dralig

  9. di Merz non so

    per quello che riguarda la musica ungherese è vero...non sono "effetti" sonori sono parti strutturali di un metodo compositivo...in Bartok è tipico l'accordo maggiore-minore mi-sol-do-mib...triadi maggiori+minori...il musicologo Erno Lendvai in un suo celebre articolo derivò questo accordo dalla rappresentazione della serie di numerica di Fibonacci...inoltre teorizzo un sistema assiale (tipo circolo delle quinte) da cui derivare le relazioni armoniche utilizzate da Bartok...

     

    Più che di una sovrapposizione di modo maggiore e modo minore omologo, si dovrebbe pensare a una situazione bi-modale (modo ionio-modo eolio a partire dalla stessa nota). Dico questo come parte direttamente interessata: ho fatto largo uso di questa area bi-modale nella mia Sonata n. 1 (1985), all'epoca in cui Bartok era il mio modello primario.

     

    ag

  10. l'estetica segoviana ha (ha avuto? ha ancora oggi?) una solida base culturale nel solipsismo aristocratico della salonmusik tastieristica chopiniana...ma se uno strumento come il pianoforte, e sottolineo, anche dell'arte compositiva, ha potuto beneficiare anche della follia, di una visione e di una coscienza poetica della musica con un compositore come Schumann, questo entusiasmo unito a questa visione lungimirante (Schumann apre indubbiamente al novecento) non ha decisamente travolto il mondo della chitarra...

     

    E' vero, ma nel Novecento Falla indica, con il suono della chitarra, la notte senza paesaggio, il buio, il mistero (non svelabile), l'incognito, "l'eremitaggio del cosmo", e quella è l'anima della chitarra "tenebrista", che non ha simili né uguali - meno che mai nel pianoforte e nella sua musica.

     

    dralig

  11.  

    Non conosco incisioni del Gran Solo degne di nota, artisticamente, dopo quella storica di Segovia.

     

     

    Maesto scusi, sa dirmi in quale CD è contenuta la registrazione di Segovia del Gran Solo?

    Non sapevo che il chitarrista spagnolo l'avesse inciso, e mi incuriosisce non poco..

     

    Segovia incise un LP dedicato a musiche di Sor e di Tarrega (una facciata ciascuno). In Italia, negli anni Cinquanta, fu pubblicato da Fonit Cetra. Il "Gran Solo" di Sor si chiamava, nel disco di Segovia, "Introduzione e Allegro". Io conservo ancora una copia di quel disco, non più utilizzabile perché le centinaia di ascolti lo hanno - come dire - fresato, Può trovare il riversamento in CD di quel disco nel cofanetto (contenente ben 5 CD) Deja Vu (Recording Arts), intitolato semplicemente "Andrés Segovia": il primo CD della serie contiene tutto il vecchio LP Fonit Cetra più alcuni brani di Moreno-Torroba.

     

    Non so quale testo avesse adoperato Segovia - probabilmente se l'era fabbricato lui prendendo da varie fonti - ma l'esecuzione era straordinaria.

     

    dralig

  12. Luis Gasser, Estudios sobre Fernando Sor, Publicaciones del Instituto Complutense de Ciencias Musicales, Madrid 2003.

     

    Grazie mille Maestro; è possibile procurasi questo testo in Italia?

     

     

     

    Un'altra richiesta: quali sono le incisioni del brano che vi sentireste di consigliare? Volevo inserire anche una breve discografia..

     

    Non saprei se è possibile trovare il libro in Italia. Eventualmente, scrivimi al mio indirizzo privato e ti darò gli estremi per ordinarlo alla casa editrice in Spagna.

     

    Non conosco incisioni del Gran Solo degne di nota, artisticamente, dopo quella storica di Segovia.

     

    dralig

  13. La revisione di Ruggero Chiesa (ed. Curci) è completa o manca qualcosa?

    Ascoltando la versione di Julian Bream, infatti, si sentono diverse note in più!

     

     

    Maurizio.

     

    L'edizione di Chiesa è basata sull'edizione Simrock, che arricchisce l'introduzione di alcuni ornamenti ma sopprime una parte importante nella sezione centrale. Preferisco l'edizione Meissonnier. E' più interessante dal punto di vista armonico e formale.

     

    dralig

  14. Salve a tutti! Sto scrivendo una tesina sul Grand Solo op. 14 di Sor per un esame del triennio accademico . Pensavo di inserire un capitolo in cui presento il brano, in particolare spiegando il dibattito tra le varie edizioni e contestualizzandolo all'interno della produzione del compositore. Avrei bisogno però di qualche piccolo suggerimento, come ad esempio dove trovare le informazioni e se esistono saggi pubblicati riguardanti il compositore. Ringrazio anticipatamente!

     

    La migliore (cioè più ricca e approfondita) collezione di studi su Fernando Sor è questa:

     

    Luis Gasser, Estudios sobre Fernando Sor, Publicaciones del Instituto Complutense de Ciencias Musicales, Madrid 2003.

     

    Contiene saggi di diversi studiosi su tutti gli aspetti dell'opera di Sor, incluse le Sonate (e dunque il Gran Solo).

     

    Sommariamente, si può dire che si tratta di una composizione giovanile (poi riscritta con varianti altre due volte), nella quale l'autore manifesta gli influssi dello stile italiano, con il quale, durante gli anni barcellonesi, familiarizzava grazie alle rappresentazioni delle opere di Cimarosa, Sarti, Paisiello. Il suo stile prenderà successivamente strade diverse.

     

    E' stata avanzata - mi pare dal musicologo americano George Warren - l'ipotesi secondo cui il Gran Solo non sarebbe stato, originariamente, un pezzo per chitarra sola, bensì la parte di chitarra della perduta "Concertante" per violino, viola, violoncello e chitarra. Documentalmente priva di sostegno, l'ipotesi è tuttavia molto seducente considerando le peculiarità formali del Gran Solo. Alcuni anni fa, in una discussione su un forum americano di chitarra, Matanya Ophee mi sfidò (cavallerescamente) a corroborare la mia adesione alla tesi di Warren, riscrivendo il Gran Solo come quartetto per chitarra e archi. Se il lavoro gli fosse piaciuto, l'avrebbe pubblicato con la sua casa editrice. Lo ha pubblicato.

     

    dralig

  15.  

    certo...mi chiedevo se ci fossero motivi politici essendo se non ricordo male il saccheggio opera di anarchici e/o comunisti...

     

    Motivazioni politiche autentiche no, non ce n'erano, perché Segovia non era, prima della guerra civile, politicamente schierato. Le squadracce barcellonesi, in quanto tali, non erano né anarchiche né comuniste, erano dei criminali che coprivano le loro scorrerie con motivazioni politiche fasulle, e con quelle giustificavano vendette personali.

     

    dralig

  16. Se mi risulta coprensibile la menzogna di Segovia, mi domando, invece, perché gli autori non conservassero una copia dei manoscritti...

     

    Alcuni autori lo fecero, ma ciò nonostante rispettarono il silenzio di Segovia e non pubblicarono i loro brani per chitarra nella loro forma originale, ma in versione pianistica (Donostia, Martelli, Fornerod e altri).

     

    dralig

  17. MCT d'altronde, in ambito chitarristico, era già veicolato a piene mani da Segovia...almeno fino ad un certo periodo.

     

    Prendo spunto da questa affermazione di Alfredo per chiedervi, a titolo di curiosità, se effettivamente c'è stato un momento in cui questa collaborazione (i cui frutti non potevano essere migliori) è cessata..Segovia -anche se lo reputo molto improbabile- non mostrò ad un certo punto più interesse per la musica del compositore fiorentino? O - come se non mi sbaglio fu per i Caprichos de Goya del '61- non aveva modo, tempo per rinnovare il suo repertorio?

     

    Ci furono soltanto due momenti di tensione. Nel 1959, Segovia scrisse a MCT una lettera in cui gli comunicava che non avrebbe più suonato la sua musica perché gli erano giunte voci del malcontento del compositore riguardo le sue esecuzioni. Lungi dall'intimidirsi, MCT rispose a Segovia che si trattava di frottole, mentre frottole non erano, ma verità, le promesse mancate dello stesso Segovia riguardo l'esecuzione e la pubblicazione di brani che aveva richiesto e poi lasciato da parte, dopo averli commentati favorevolmente. Segovia la prese bene, ammettendo (del resto, non poteva non farlo) le sue manchevolezze e giustificandole con i suoi impegni (che erano infatti oberanti).

     

    Un secondo momento di tensione si ebbe nel 1967, quando MCT annnciò a Segovia che avrebbe affidato ad AG (allora 25enne) la revisione e la diteggiatura dei "24 Caprichos de Goya" in vista della loro pubblicazione (che il compositore non era disposto a rimandare ulteriormente). Segovia la prese abbastanza male, poi si calmò. MCT fece un po' di diplomazia e suggerì ad AG di andare, l'anno seguente (1968) ai corsi di Segovia di Santiago de Compostela: sapeva benissimo che AG era "troppo indipendente" per andar d'accordo con Segovia, ma il gesto di andarlo a ossequiare a Santiago sarebbe stato comunque saggio e opportuno. Informato, Segovia ne fu contento e fece assegnare ad AG (che allora era povero in canna) una borsa di studio degli organizzatore di Santiago. Poi, purtroppo MCT in marzo morì improvvisamente. Gli organizzatori di Santiago incominciarono subito a fare questioni per la borsa già concessa, e AG ne approfittò per mandarli a quel paese, rinunciando - con vero sollievo - ai corsi di Santiago. Segovia non ne seppe nulla: tutta la manovra si era svolta a sua insaputa. Vista però l'edizione dei "Caprichos" nel 1971, ne prese buona nota, e questo (insieme ad altre cose) spiega come mai, nel 2001, ad occuparsi della musica inedita e sconosciuta dell'archivio Segovia fu chiamato AG, il "dissidente".

     

    dralig

  18.  

    "accozzaglia", "pseudo composizioni", "musica che fa .....pieta'!" "ca**ate filosofiche e fonetiche"...questi solo alcuni dei commenti recenti orgogliosamente rivendicati a voce alta da amatori di musica (ben poche le risposte dei musicisti presenti)...e siamo in forum di musica, anno 2007...e mi parla di emarginazione culturale? se questo è il livello oggi, da parte di ragazzi, immagino quale può essere stato allora la sistematica e chirurgica operazione di derisione (da parte dei coltissimi e seri compositori e musicologi figli di Gentile, di Croce e del ventennio) del lavoro a cui si stavano dedicano Nono, Berio, Maderna ...anzi, non lo immagino, lo documento (già postai)... e il verso di Montale ben si presta subito a cambiar di sponda...

    ciò giustifica l'emarginazione culturale? ...oggi certamente no...ma in quegli anni, visto che si discuteva spranghe alla mano, credo che sia stata una reazione inevitabile...tu mi deridi, io ti emargino...ma ora ci mettiamo a pesare chi è più stupido tra chi emargina e chi diffama? magra consolazione per una (impossibile credo, ancora) riflessione su quegli anni...

    ma come vede la contrapposizione, da parte di chi non desidera andare oltre la dialettica stile anni di piombo, continua...il dogmatismo antirelativista ha preso il posto di quello marxista mentre dall'altra parte vi sono nicchie economiche culturali che campano su estetiche budget oriented e businness plan accuratissimi...

    credo sia necessario fare il possibile per andare oltre quella che appare, almeno alla mia generazione, un prezzo troppo alto da pagare anche solo per la preziosità delle esperienze estetiche accumulatesi negli ultimi cinquant'anni...

     

    Sulla conclusione - che è quel che importa - siamo d'accordo: bisogna andare oltre. E io ci sono da una quarantina d'anni, oltre. Non intendo, ovviamente, incoraggiare estremismi adolescenziali - peraltro facilmente comprensibili: è tipico dell'età - se non per cogliere, in essi, quel fervore che in seguito, maturando senno e senso critico, può diventare energia positiva: quindi, evito - di massima e con qualche eccezione - di censurare le sparate ideologiche. Anche perché è evidente, in esse, la traccia della predicazione che, nelle classi di composizione dei conservatori, si seguita a fare, talvolta a scapito dell'insegnamento della materia principale.

     

    Ritengo tuttavia giusto (e, nel caso di un anziano, doveroso) riferire puntualmente e rigorosamente i fatti, in modo che nulla di ciò che è stato rimanga celato. E ovviamente riferisco i fatti di cui sono stato testimone diretto e talvolta, ahime, protagonista.

     

    Penso che la testimonianza sia un dovere civile, prima che di merito specificamente artistico.

     

    Ho piena contezza delle ingiurie che si sono levate contro i protagonisti della nuova musica da parte di esponenti del regime, dissolto politicamente ma ancora radicato nelle frange sottoculturali della neonata repubblica. Il fatto è che, al riguardo, non ho nulla da addurre a ciò che si sa da tempo.

     

    Una sola nota discorde: i versi di Montale - rivolti a Pier Paolo Pasolini - non sono interpretabili con un salto di sponda: sono quel che sono, si riferiscono a un preciso momento storico-culturale e a situazioni che non erano, e non sono, velate. Se così non fosse, non li avrei citati: le citazioni si fano a proposito, e non per barare.

     

    dralig

  19. caspita

    non è quel pianista che insieme a quell'altro collega, tal Abbado, suonano sempre Nono?

    degenerati comunisti

     

    Degenerati no, ma dogmatici si. La formula gramsciana è ben nota: se non la si pensa come loro, non si finisce in un gulag, ma si viene emarginati culturalmente (Montale: "...e su tutti gli altri, derisione e silenzio"), non si partecipa alle manifestazioni (Festival di Venezia e affini), a Radio Tre si passa per un minuto ogni tre anni, se va bene, non si viene menzionati nei libri di storia della musica, etc. etc.

     

    Sa, mi ha fatto una certa impressione leggere, in un Suo recente messaggio, "Nono fu vittima". Ove occorressero informazioni al riguardo, rivolgersi ad Hans Werner Henze.

     

    dralig

  20. Grazie infinite!

     

    Avevo sempre sentito paralare di lui nell'ambiante chitarristico catanese ed in particolare dal liutaio ed amico che ha costruito la chitarra con cui suono da qualche anno: Mario Filetto (liutaio ed ex chitarrista che studiò proprio con Beccuti). Tuttavia, so ben poco di Beccuti, se non, che aveva una grandissima musicalità ma non altrettanta tecnica.

     

     

    Maurizio

     

    Quel che si sa di lui oggi - salvo le ricerche che si possono condurre nella sua città natale, dove risiedette e operò - è scritto nel Dizionario dei chitarristi e liutai italiani del 1937. Per gli standard di allora, la sua tecnica era considerata "sicura e completa", ed è rilevante il fatto che si mosse di Catania per prendere lezioni dai due massimi chitarristi italiani del tempo: Luigi Mozzani e Benvenuto Terzi.

     

    Io non so come suonasse. Ho letto due o tre pezzi suoi, e mi sono reso conto che aveva talento, e che cercava di tirarsi fuori dalla provincia: tentativo probabilmente frustrato dalle circostanze avverse.

     

    Una ricerca su di lui e sulla sua musica potrebbe essere l'argomento di una tesi di laurea: tocca ai figli della Sicilia.

     

    dralig

  21. Mi piacerebbe avere qualche informazione su un chitarrista compositore catanese del passato: Beccuti.

     

    Qualcuno mi piuò aiutare?

     

     

    Maurizio

     

    Ho letto alcuni suoi brani per chitarra sola. Considerando la situazione in cui visse, fece miracoli. Aveva talento autentico, ma non potè svilupparlo. Si diceva del potere impedente delle circostanze, ieri...

     

    dralig

  22. Poi il termine "capolavori" (plurale) non dovrebbe esistere.

    Nell'opera di qualcuno, il lavoro migliore è definito capolavoro.

     

    Hai ragione, Vladimir, niente capolavori. Il capolavoro, poi, viene sempre sciupato dalle circostanze: vedi il fagiano alla Mitridate di Fritz Brenner...

     

    dralig

     

    Aaaaaaaaaaaaaaahhhh noooooooooooooo! Ancora sto fagiano alla Mitridate, Maestro???????????????? :shock::lol:

     

    magic guitar

     

    Si discorreva di capolavori, ed essendo il mio interlocutore nientemeno che Vladimir, quindicenne notoriamente straordinario nel dominare sia la chitarra che la forchetta, mi è sembrato naturale evocare il capolavoro di Fritz Brenner. Quanto a Lei, deploro che, riferendosi all'opera insigne - sebbene sfortunata - ricetta del maestro svizzero, non trovi espressione più devota che quella di "sto fagiano": Vladimir sarà d'accordo con me nel depennarLa senza remissione dall'elenco degli invitati alla cena in cui un cuoco di nostra fiducia tenterà di replicare il prodigio di Brenner. Così impara.

     

    dralig

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