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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. ricordo con estremo piacere il manoscritto della sonata di Turina, cosi chiara nelle sue articolazioni di frase e altro ma.. ma che fine hanno fatto nell'edizione Schott...? avevano problei con "finale" i copisti...? :)

     

    Turina, musicista insigne, adoperò le legature di frase anche per "illustrare" la natura melodica del secondo tema, mentre le omise nell'area del primo tema per far comprendere la necessità di un fraseggio scandito e picchettante. Gli incisori tedeschi dell'epoca erano i migliori del mondo, e non avevano alcun problema: gli è che a loro non giunse mai il manoscritto che noi oggi conosciamo, ma una copia di pugno di Andrés Segovi, e fu da quella che venne tratta l'edizione.

     

     

     

    Si sono perfettamente d'accordo sul test...

    io oserei di più... far semplicemente cantare anche una semplice partitura corale ad esempio senza l'ausilio dino strumento al max di un solo diapason se proprio...e....

     

    ma stiamo uscendo fuori " tema chitarra" vero? :)

    pardon...

     

     

    m

     

    Già che ne siamo usciti, e per stare nel tema che hai proposto tu, ti racconto un aneddoto: nel 1956, si presentò al Conservatorio di Milano, allora retto dal grifagno Giorgio Federico Ghedini, un ragazzo di campagna, per sostenere in qualità di privatista l'esame di teoria e solfeggio. Era stato a ciò preparato da un vecchio docente, un novantenne che insegnava al paesello con il metodo antico, e ignorava i regolamenti degli esami in conservatorio. Quando il famoso prof. Micheli suonò le otto battute del dettato melodico tutte d'un fiato, riservandosi poi di ridettarle due per volta, il contadinello le scrisse all'istante, e poi si guardava attorno terrorizzato perché aveva scritto solo le altezze, ma non "tutto" il ritmo. Esterrefatto, Micheli richiamò l'attenzione dei colleghi (proff. Gentilucci e Cavanna) sul fatto insolito, e anche quelli ci rimasero. Ma il bello doveva ancora venire. Alla prova orale, i tre magi diedero al candidato il foglio del "solfeggio difficile in chiave di sol", e quello, senza perdere un istante e senza alcun riferimento (diapason, pianoforte) , glielo...cantò nel tono giusto, salti di settima, mordenti e gruppetti compresi,

     

    dralig

  2. ;)

    Chiedo consigli a tutti voi riguardo a questo argomento, in particolare ai chitarristi piu' esperti del forum...

     

    Un mio caro amico chitarrista, mi disse all'inizio della mia carriera chitarristica(3 anni e mezzo fa) che era importante suonare esclusivamente con le dita(polpastrelli) per arrivare a un tocco stupendo e originale, perchè suonando anche con l'unghia avrei raggiunto solo un suono plastico e fastidioso.

    "Solo dopo che ti sarai allenato per molto tempo a suonare con i polpastrelli, potrai usare un pò d'unghia, anzi pochissima unghia",mi disse, "Sono sicuro che se seguirai i miei consigli, raggiungerai un tocco unico, invidiabile e bellissimo"....

    Siete d'accordo anhe voi su cio che mi disse????????

    Ho notato col tempo che suonando solo con i polpastrelli si sono formati dei cali fastidiosi che danno però un tocco migliore al dito, e di conseguenza un suono migliore quando uso il tocco appoggiato.

    Secondo voi è buona abitudine fare questo allenamento? Mi porterà davvero ad un tocco originale e bellissimo, come mi disse questo mio amico chitarrista?

    Lascio a voi delle risposte a questo mio interrogativo.

     

    Se si suona con le unghie, gli unici fattori a determinare la qualità del suono sono quelli specifici delle unghie. Agli effetti del suono, ciò che si fa con il polpastrello prima di attaccare la corda con l'unghia non conta assolutamente niente. Un'unghia lunga e un'unghia corta danno suoni diversi, ma questa diversità non è il alcun modo causata dal polpastrello, che ha solo funzioni tattili e di ammortizzazione della vibrazione precedente il contatto.

     

    Suonare senza unghie è partita persa.

     

    dralig

  3. La "Sonata - Omaggio a Boccherini" non è stata modificata da Andrés Segovia con interventi strutturali, come nel caso del "Capriccio diabolico" e della "Tarantella", ma con una fitta serie di cambiamenti interni.

     

    Maestro Gilardino,

    ho avuto la fortuna di ascoltare il Capriccio Diabolico nella "versione reale" durante un concerto del festival di Lagonegro lo scorso 23 Agosto.

    I tagli fatti da Segovia erano più che una correzione di qualche nota...

    All'inizio parevano elementi poco importanti ma poi l'intera parte finale è stata completamente rivoltata.

    Lei come "riscopritore" di questo originale come valuta l'operato di Segovia e perchè ha tagliato tutta quella musica?

    Non si trattava di musichetta da balera... Era MCT!

    Grazie per il tempo che vorrà dedicare alla risposta.

     

    Mi scusi, ma anche prima della sforbiciata nel finale, le modifiche erano molto evidenti: passi interi di triadi ridotti a note singole, modelli ritmico-armonici spezzati, un intero pedale di tonica trasformato in un pedale di dominante (la sezione in note ribattute), non sono cose secondarie, forse a un primo ascolto non risultano evidenti, ma in seguito si.

     

    Io non emetto un giudizio sull'operato di Segovia. Non è mio compito, e sarei sleale se lo facessi: in fondo, è stato lui ad aprirmi la strada al ritrovamento e alla ripubblicazione di questi pezzi, mi conosceva abbastanza bene - anche se non ero uno dei suoi allievi o adepti - da sapere che, se avessi avuto accesso alla sua raccolta di manoscritti, li avrei pubblicati o ripubblicati tutti. Ed è quello che ho fatto. Io non lo devo giudicare, gli devo solo dire grazie. E con me tutti i chitarristi.

     

    dralig

  4. mi aggrego

    leggere leggere leggere

    attenzione alle diteggiature

    spesso sono una trappola e ci si abitua a leggere più quelle che la musica

     

    Cancellare tutti i numeri fuori e dentro i cerchietti e le lettere p, i, m e a dunque fotocopiare e iniziare a leggere.

     

    Un momento. Cancellare i numeri delle diteggiature interpretative, è cosa che una ristretta percentuale di esecutori - secondo una mia valutazione, da considerare ottimistica, un dieci per cento, non di più - ha motivo di fare, per la semplice ragione che delle diteggiature non ha più alcun bisogno. Il rimanente 90% dei chitarristi, senza diteggiatura (mi riferisco sempre alla diteggiatura interpretativa) verrebbe lasciato per strada e, verrebbe data la stura a una serie infernale di errori di fraseggio (quando non di lettura), alla quale conseguirebbe un pesante aggravio di lavoro per i docenti: inon occorre fantasia morbosa per immaginare quale inferno diventerebbe una raccolta didattica non diteggiata. Senza contare i casi - nient'affatto rari, temo - di errori che i "docenti" non sarebbero in grado di cogliere: errori che, in buona parte, possono essere scongiurati di una corretta diteggiatura stampata.

     

    Ci sono poi - non dimentichiamolo - le diteggiature strutturali, cioè quelle scritte dal compositore per specificare gli effetti di suono da lui escogitati: in mancanza di quelle, la musica non avrebbe quasi più senso, e sfido chiunque a sostenere che, senza le indicazioni delle corde scritte da HVL nel suo Studio n. 11, tutti i chitarristi sarebbero riusciti a capire che cosa diavolo intendeva il compositore: facciamo uno su dieci (il Natale si avvicina...)

     

    Io proporrei un piccolo test, dal quale risulterebbe in modo lampante se il chitarrista sia o non sia in grado di diteggiare un pezzo: gli si consegna il testo di una melodia - dico, una semplice melodia -, un'aria, gli si dà una bella penna, e mezz'ora per restituirci il foglio con le legature di frase, le articolazioni, le forcelle, i segni dinamici e d'espressione, proprii. E poi vediamo: se il candidato ha individuato correttamente tutte le unità di frase, se ha scritto dove andavano scritti i segni di appoggiato, portato, tenuto, sforzato, staccato, etc., se ha disitribuito le dinamiche e i relativi movimenti in modo coerente, etc. etc., bene, allora gli faremo credito di saper diteggiare un pezzo per chitarra: la diteggiatura infatti è l'atto che conclude e realizza il progetto interpretativo, non quello da cui questo inizia. Se invece il candidato si sarà smarrito nel tentativo di comprendere una semplice melodia (e, vi ripeto, nove volte su dieci sarà così), ebbene, una buona diteggiatura non risolverà i suoi problemi, ma sicuramente limiterà i danni.

     

    dralig

  5.  

    grazie mille per la risposta attenderemo con ansia questo lavoro (che in passato mi ha dato non poche preoccupazioni sulla veridicità di MOLTE note)!!

     

    La "Sonata - Omaggio a Boccherini" non è stata modificata da Andrés Segovia con interventi strutturali, come nel caso del "Capriccio diabolico" e della "Tarantella", ma con una fitta serie di cambiamenti interni. In parte, è possibile ristabilire il dettato originale, senza problemi di eseguibilità; in altri casi, è invece necessario operare delle modifiche, ed essendo già note quelle operate da Segovia, ne verranno proposte delle altre, diverse. Il tutto, ovviamente, in presenza del facsimile del manoscritto autografo.

     

    dralig

  6. A proposito di Castelnuovo-Tedesco, della sua musica da camera, di sindrome da riscoperta e di nuove edizioni....

     

     

    Ho letto che il M° Micheli sta curando l'edizione (sempre per la Berben) di un lavoro inedito di MCT recentemente riscoperto: op. 158, scritta nel 1940 e comprendente 36 pezzi di musica da camera per una formazione insolita: chitarra, fisarmonica, contrabbasso, clarinetto e percussioni ( :shock: ).

     

    Anche questa dovrebbe uscire a breve. Devo dire che mi incuriosisce molto.

     

    Matteo

     

     

    LM ha detto il vero: si tratta di una serie di brani scritti come musiche di scena, e questa è la ragione per la quale nessuno se n'è mai curato, a partire dall'autore, che non parlò mai di questo suo lavoro. La sua valorizzazione è quindi merito di Micheli.

     

    dralig

  7. Sembra infatti che lo "stampo" crato dalla tecnica dei vari Sor, Giuliani etc, sia più difficile da scardinare in seguito, specialmente se ci riferiamo al non-uso o uso approssimativo dell'anulare, con tutte le implicazioni relative all'assetto della destra.

     

    Ho trovato invece che praticare questi esercizi già dai primi anni (a maggior ragione da somministrare con attenzione!) contribuisce molto, anche mentalmente, ad una visione completamente diversa dell'uso delle dita della destra, a prescindere la loro finalizzazione nell'impiego delle scale a tre dita (cito naturalmente l'esito più banale).

     

    Ti ho dato una risposta incompleta. Il mio lavoro di insegnante si è svolto in misura ridottissima nei confronti dei principianti e degli allievi dei primi corsi, e non dispongo, nel settore, di un'esperienza. Capisco però quello che intendi dire. Una concezione della mano destra qual è quella delineata negli esercizi di LB si assorbe meglio a livello fondativo che come integrazione della tecnica tradizionale.

     

     

    E devo dire di non essere tanto d'accordo con te quando paventi una possibile "operazione fine a se stessa".

    Anche se Luigi non ha voluto ancora "materializzare in una serie di studi" gli esiti di questi suoi lavori, cosa che tutti auspichiamo si concretizzi al più presto, credo che le applicazioni dei concetti che essi sottintendono abbiano dato una luce nuova alla interpretazione della tecnica chitarristica anche se applicata al repertorio oramai storicizzato, e mi spingerei a dire persino per quello ottocentesco.

     

     

    ...il che ci riporta alla mia definizione di "tecnica onnivora". In campo pianistico, è data per scontata, tra chitarristi no: Pollini esegue il "Clavicembalo ben temperato", Beethoven, Chopin, Berg e Boulez, e nessun pianista si sogna di contestare l'esistenza di una tecnica omnicomprensiva, né il fatto che, pur essendo diversa da quella dei clavicembalisti, dei pianisti romantici e di quelli d'inizio Novecento, possa servire egregiamente alla copertura di tutto il repertorio. Noi, no: siamo un caso speciale. L'operazione di LB può essere considerata fine a se stessa nel caso di un'osservazione superficiale (ne parlo perché si è verificata) della distanza che si crea tra i portati della tecnica da lui emancipata e le richieste del corrente repertorio - anche il più avanzato. Se si considera che le tecniche sono sempre (salvo che negli ultimissimi tempi) state originate all'interno dei repertori, forgiate su e motivate da quelli, si può capire il disorientamento del chitarrista medio che, in una recensione, ha osservato pudicamente: ma a che serve tutto ciò, visto che la musica non ce lo chiede? Domanda che adombra la scelta di rimanere al tiepido nel proprio nido aguatarresegoviano, e in quello sentirsi protetto dalle diavolerie contemporanee. E' per questo che io auspicavo la creazione di una serie di Studi da concerto, che dessero esito sul terreno musicale a una tecnica altrimenti esistente allo stato puro, anche se perfettamente collegabile al repertorio esistente. L'autore aveva anche dato una prima risposta, componendo il "Ricercare" pubblicato nell'antologia "Fortune", ma poi non ho dato seguito. Speriamo.

     

     

     

    Non devo certo ricordarti le brillantissime esecuzioni di Luigi dei Capricci di Legnani, che magari facevano storcere il naso ai soliti filologi dell'ultima ora, ma che emanavano una energia straripante e dalle quali io stesso ho tratto notevole spunto per le mie (che non a caso, come sai, hanno anch'esse fatto storcere il naso etc, etc... non vale la pena parlarne...).

     

    LM

     

    Questo dei filologi, Lucio, è uno dei travestimenti macchiettistici più grotteschi e caricaturali della corte di miracoli chiamata chitarra. Ma quali filologi? Ci sono stati - tra chitarristi - alcuni ricercatori (rara avis), il più delle volte guardati con derisione dai chitarristi militanti, quelli che - in caso di discussione - "tirano fuori lo strumento" e suonano (come, è altro discorso).

     

    dralig

  8. Come tutti i farmaci molto potenti, dev'essere somministrato e assunto con grande attenzione.

    dralig

    Ciao Angelo.

    Hai detto bene.

    Non vorrei però che queste tue parole (lo so che non è nelle tue intenzioni, ma vorrei cogliere l'occasione per ribadirlo), facessero pensare agli "Esercizi" di Luigi come una sorta di montagna da "scalare" quando già si è in uno stadio più che avanzato di studi.

    Già anni orsono ti palesai il mio stupore nel constatare che impiegando questi esercizi nei primissimi anni e parallelamente alla tecnica di base sul modello ottocentesco, ho ottenuto risultati migliori che non posticipandoli ad anni successivi.

    Sembra infatti che lo "stampo" crato dalla tecnica dei vari Sor, Giuliani etc, sia più difficile da scardinare in seguito, specialmente se ci riferiamo al non-uso o uso approssimativo dell'anulare, con tutte le implicazioni relative all'assetto della destra.

     

    Ho trovato invece che praticare questi esercizi già dai primi anni (a maggior ragione da somministrare con attenzione!) contribuisce molto, anche mentalmente, ad una visione completamente diversa dell'uso delle dita della destra, a prescindere la loro finalizzazione nell'impiego delle scale a tre dita (cito naturalmente l'esito più banale).

     

    E devo dire di non essere tanto d'accordo con te quando paventi una possibile "operazione fine a se stessa".

    Anche se Luigi non ha voluto ancora "materializzare in una serie di studi" gli esiti di questi suoi lavori, cosa che tutti auspichiamo si concretizzi al più presto, credo che le applicazioni dei concetti che essi sottintendono abbiano dato una luce nuova alla interpretazione della tecnica chitarristica anche se applicata al repertorio oramai storicizzato, e mi spingerei a dire persino per quello ottocentesco.

    Non devo certo ricordarti le brillantissime esecuzioni di Luigi dei Capricci di Legnani, che magari facevano storcere il naso ai soliti filologi dell'ultima ora, ma che emanavano una energia straripante e dalle quali io stesso ho tratto notevole spunto per le mie (che non a caso, come sai, hanno anch'esse fatto storcere il naso etc, etc... non vale la pena parlarne...).

     

    Insomma... detto in soldoni a mio parere gli "Esercizi" di Biscaldi andrebbero studiati da subito!

    LM

     

    D'accordissimo.

     

    dralig

  9.  

     

    eh già, avrà ormai capito che ogni tanto mi scappano queste superficialissime osservazioni...

    8)

    tornando alla tecnica, così intesa come "assoluta" o superiore, non pensa che gli esercizi di Biscaldi, insieme magari ai poliritmici di Bogdanovic gettano nuova luce sulla "tecnica", appunto quella semi astratta (l'esercizio non ancora studio)?

    Premetto che anche io non penso che questi (BiscaBogda) siano autoreferenziali se si proiettano i risultati sul repertorio (quindi nuova luce anche su questo)...scusi la modalità di scrittura ma fa un caldo che spacca il culetto ai passeri :roll:

     

    Sorvolando sugli effetti secondari del caldo a carico di una sfortunata specie di volatili (speriamo che ai piccioni e alle poiane tocchi una sorte meno ingrata), Le dirò che vedo una netta differenza tra gli studi di Bogdnovic e quelli di Biscaldi. Bogdanovic pone alla base dei suoi studi una nuova concezione del ritmo, quindi svolge un'operazione fondamentalmente musicale: le composizioni, più che ergersi come costruzioni autonome, si formano "raccogliendo" una serie di conseguenze delle fasi ritmiche indipendenti che sono state determinate con un criterio matematico-musicale. La chitarra ne diventa il recipiente e il controllore. Biscaldi si inoltra, nei tre volumi dei suoi esercizi speciali, in una sorta di mistica della tecnica, ossia nella definizione del possibile - o di ciò che sta nella zona di confine tra il possibile e l'impossibile - e nella sua notazione. Si potrebbe dire operazione fine a se stessa, se non se ne intravvedessero poi i possibili esiti musicali, che l'autore avrebbe potuto - e potrebbe, se davvero volesse - materializzare anche in una serie di studi da concerto. Ma questa fase non è realizzata, è potenziale. Sono invece svelati e operanti i portati puramente strumentistici dell'operazione, e i relativi pericoli...

     

    dralig

  10.  

    La diteggiatura più sbrigativa è senz'altro quella con il barré sul terzo tasto (27) e sul secondo tasto (29). Esso copre le note in seconda e quarta corda, il basso in sesta è coperto dal dito 2, la terza corda dal dito 3. La Sua diteggiatura non è sbagliata, ma è più macchinosa, si direbbe fatta apposta per evitare il barré. Povero barré, è così buono, e nessuno lo ama.

     

    dralig

     

    Grazie M°.

    Le sembrerà strano ma non mi era venuto in mente di usare il barré, che è più ovvio certamente. Non ho eccessivi problemi con lo stesso, specie nelle prime posizioni.

     

    Se usa la versione di Segovia, sul primo tempo della battuta 30, nella voce interna, c'è un si bemolle. Lo tolga, non l'ha scritto Sor.

     

    dralig

  11. Questo bello studio è uno dei miei pezzi forti (che gran repertorio che deve avere questo! - penserete giustamente), mi riesce tutto con facilità tranne...

     

    Il mio problema sono i movimenti "complesso-misti" (Gilardino docet) delle battute 27 e 29.

     

    Mi riesce difficoltoso spostare contemporaneamente le 4 dita in posizioni differenti e con movimenti opposti.

     

    Vi dico la mia diteggiatura, magari è lì che sbaglio, ma non penso.

     

    Battuta 27:

    - sol# (3 dito su 4 tasto 6 corda)

    - re (2 dito su 3 tasto 2 corda)

    - si (4 dito su 4 tasto 3 corda)

    - fa (1 dito su 3 tasto 4 corda)

     

    Battuta 29 (diteggiatura di prima solo arretrata di 1 tasto):

    - sol (3 dito su 3 tasto 6 corda)

    - do# (2 dito su 2 tasto 2 corda)

    - si b (4 dito su 3 tasto 3 corda)

    - mi (1 dito su 2 tasto 4 corda)

     

    Se la diteggiatura è giusta - come credo - mi sapete consigliare qualche esercizio per sviluppare questo movimento?

    Perchè mi dispiace bloccarmi sempre sul finire di questo brano per colpa di questa mia incapacità.

     

    Grazie

     

    La diteggiatura più sbrigativa è senz'altro quella con il barré sul terzo tasto (27) e sul secondo tasto (29). Esso copre le note in seconda e quarta corda, il basso in sesta è coperto dal dito 2, la terza corda dal dito 3. La Sua diteggiatura non è sbagliata, ma è più macchinosa, si direbbe fatta apposta per evitare il barré. Povero barré, è così buono, e nessuno lo ama.

     

    dralig

  12. Già... Che c'è di strano? Mi ero un po' perso nella lettura e ho avuto una piccola svista. La stessa situazione si ripete a battuta 8... L'effetto con il pollice è davvero notevole (ho avuto modo di collaudarlo anche se siamo ancora ben lontani dall'animé indicato come andamento).

     

     

    Il punto, in questa sezione dello studio, non è la rapidità (animé vuol dire con anima, non con precipitazione), ma il portamento tra triadi. Mentre fare un portamento udibile ed espressivo tra due note singole è facilissimo, "portare" tra triadi è difficile.

     

     

    Già che ci sono avrei un altro dubbio: nello studio 9 ho ritenuto opportuno, nella fase più concitata con le quartine di trentaduesimi alternate all'ottavo, legare solo l'ultima biscroma con l'ottavo... E' forse più efficace legare anche la biscroma precedente ai fini di una più fluida esecuzione? Ringrazio sentitamente per la correzione tempestiva, un errore simile protratto oltre la sede di lettura sarebbe diventato davvero un problema non da poco...

     

    Intanto, nessuna concitazione. E' una nenia melanconica, anzi triste, e la variazione ornamentale dell'arpeggio che ne accompagna la seconda esposizione deve essere dolce, non concitata. Poiché le prime tre note dell'ornamento sono su corde diverse, l'impronta che si dà inevitabilmente è quella di un arpeggio: ed è una bella impronta. Come realizzare le note restanti sulla prima corda? E' semplice: tra le varie soluzioni che ogni esecutore ha a disposizione, scelga quella che meglio si allega all'arpeggio, come una continuazione omogenea, ed eviti quelle che invece introducono un altro suono.

     

    dralig

  13. Un piccolo dubbio: il fa bequadro contenuto nell'ultimo accordo della prima battuta è in realtà un mi? Credo di sì, ma andando avanti a leggere il brano ho visto che ogni volta è riportato così e mi sembra strano che si tratti di due errori di stampa.. Questo però scombinerebbe la posizione trasportata che è oggetto dello studio. Ringrazio anticipatamente chiunque mi chiarisca questo piccolo e fastidioso dilemma...

     

    Confermato, è fa bequadro, e non c'è nessun bisogno di scombinare la posizione, che rimane fissa (2-3-1 sulle corde 4-3-2). Semplicemente, sull'ultima triade si aggiunge il dito 4 per il fa naturale, e poi lo si toglie subito. Che c'è di strano, Andrea?

     

    Anzi, non solo c'è il fa, ma bisogna pure risaltarlo. Quindi, mentre tutte le triadi precedente le suoni con la diteggiatura della m.d i-m-a, quell'ultima triade la suonerai con la diteggiatura p-i-m, dando rilievo alla quarta corda. Così, ritornando subito dopo sulla quinta corda a vuoto, il pollice darà luogo a un'enfasi ritmico-armonica resa opportuna (anche se non richiesta esplicitamente) dalla malefica inserzione del fa naturale.

     

    dralig

  14. Le case editrici interessate hanno stabilito l'accordo che permetterà la ri-pubblicazione di due composizioni per chitarra di Mario Castelnuovo-Tedesco: "Variazioni attraverso i secoli" (1932) e "Sonata-Omaggio a Boccherini" (1934). In particolare, le Edizioni Bèrben pubblicheranno, in due volumi separati, le due composizioni, nella collezione "The Andrés Segovia Archive", con il consueto stile editoriale: introduzione, testo musicale a stampa pronto per l'esecuzione, facsimile del manoscritto.

    La preparazione della nuova edizione è stata affidata a un team di tre persone, che collaboreranno in modo da ottenere, se non l'edizione perfetta (utopia), qualcosa che molto le assomigli.

    dralig

  15. Non tocca agli esecutori risolverlo. Noi abbiamo già le nostre gatte da pelare...

     

     

    dralig

     

     

    Noi esecutori?!? Maestro, si include tra gli esecutori? E' un lapsus o va a finire che, niente niente, la troveremo presto a calcare le scene?...

     

     

    Touché. Ha ragione. Quanto a una mia rentrée, non tema: ho innato il senso del ridicolo.

     

    dralig

     

     

     

     

    Anche quello dell'umorismo.

     

    Comunque, scherzi a parte, non sa quanto farebbe piacere a me e, sono sicuro, anche agli altri membri del forum, poter ascoltare le registrazioni di quando era in attività. Sarà possibile, prima o poi?

     

     

    Le ho nascoste sotto il letto. E siccome, con la mia crescita non soltanto culturale, c'è modo che il letto ceda e, rovinando disastrosamente sul pavimento, distrugga le masserizie sottostanti, nutro ferma fiducia sul futuro del mio buon nome.

     

    dralig

  16. Comunque stiamo al gioco: certo è verissimo che i poeti non parlano di grammatica, ma se proprio vogliamo fare il paragone con musicisti potremmo dire che nemmeno i musicisti discorrono del valore di una croma. La grammatica è immota, una croma è e sempre avrà lo stesso valore, la tecnica può essere in continuo movimento,

     

    Il punto non è stabilire più o meno improbabili relazioni tra le parti del discorso grammaticale e gli elementi del discorso musicale. La similitudine che io ho adoperato ha - più semplicemente e sensatamente - un altro scopo. quello di rilevare che, mentre negli altri campi della creazione artistica lo scambio di idee si sviluppa su alcuni assiomi (si dà per scontato che ciascuno disponga di una preparazione di base, ad esempio in campo letterario un perfetto dominio della lingua), tra chitarristi questo assioma non esiste, e continua ad affiorare, nei loro discorsi, la tecnica strumentale (che dovrebbe essere risolta dai tempi del primo apprendistato), sia come ossessione di fondo che come mezzo di distinzione. Tutto ciò è, dal punto di vista culturale, anomalo e, se posso dirlo, un po' ridicolo. Sottolineando questa anomalia, io non ho affatto postulato che il discorso in atto debba interrompersi (non ho il mandato, né l'animus, del censore) e tanto meno ho negato l'importanza del dibattito su aspetti formativi o evolutivi della tecnica: a questo riguardo, spero, mi si farà credito di non essermi speso soltanto in quattro chiacchiere su un forum.

     

    Quindi, non si scambi, per favore, una mia osservazione di carattere culturale - la tendenza dei chitarristi a feticizzare la tecnica e a farsene, da una parte una coda di paglia e dall'altra un trofeo da neo-ricchi - con una mia esortazione a smetterla di parlare di tecnica: forse, di parlarne in un certo modo, questo si.

     

    dralig

  17. Non tocca agli esecutori risolverlo. Noi abbiamo già le nostre gatte da pelare...

     

     

    dralig

     

     

    Noi esecutori?!? Maestro, si include tra gli esecutori? E' un lapsus o va a finire che, niente niente, la troveremo presto a calcare le scene?...

     

     

    Touché. Ha ragione. Quanto a una mia rentrée, non tema: ho innato il senso del ridicolo.

     

    dralig

  18. Non capisco (riferimento ai post di Dralig) questa consuetudine di prendere esempi dai più disparati settori ed applicarli al mondo chitarristico, sicuramente serve a visualizzare il proprio concetto con maggiore chiarezza ma non credo sia così realmente applicabilea a livello reale, o perlomeno non sempre.

     

    Lei ammette che il ricorrere ad esempi allogeni può servire a chiarire concetti relativi all'arte della chitarra, e ritiene che talvolta ("non sempre") essi siano applicabili. Il che vuol dire che ne capisce la funzione.

    Ma premette il contrario ("Non capisco"). Ci pensi sopra. Nel frattempo, sarà meglio che ciascuno seguiti ad argomentare i proprii discorsi con i mezzi di cui dispone, e non cerchi di mettere fuori gioco quelli altrui.

     

     

     

     

    Riferito al post del M° Diodovich.

    Io credo che occorre differenziare tra uno Yamashita e un Micheli, e scindere anche da chi si vuole imporre principalmenter per il proprio virtuosismo e viceversa chi vuole proporsi con altre doti più musicali e spostare l'attenzione in chi vede in un Micheli il virtuosismo come punto principale e non coglie invece il suo bellissimo fraseggio, l'aiuto della riscoperta di pezzi originali e tanto altro. Rispetto tutti i pareri per carità

     

    Rispetti, oltre ai pareri, anche gli artisti. Siamo tutti d'accordo nell'ammirare l'arte di Lorenzo Micheli, e io al riguardo non arrivo qui a professarmi adesso. Per fare questo, tuttavia, non abbiamo alcuna necessità di restringere i meriti di un musicista - Yamashita - che ha dimostrato di voler ben altro che imporsi principalmente per il proprio virtuosismo. Gli dobbiamo rispetto, anche se non ci piace il suo modo di suonare: disconoscergli di essere un interprete sensibile e intelligente, oltre che di una enorme generosità nel suo impegno riguardo il repertorio, è cosa ingiusta.

     

    dralig

  19. mi ritiro dal dibattimento, sinceramente un pochino delusa, ma piu' per l'aspetto umano che non per la questione in sè.

     

     

    Butterfly

     

    Davvero non capisco che cosa c'entri l'aspetto umano. Qui, si sono confrontate delle idee e delle concezioni. Ci può essere accordo, convergenza, disaccordo, dissenso: è ovvio, naturale, salutare. Come tutto ciò possa implicare l'aspetto umano, personale, è del tutto incomprensibile, visto che nessuno ha fatto il benché minimo riferimento alle persone che partecipavano alla discussione al di là della loro veste di partecipanti alla discussione.

     

    dralig

  20. Quindi, alla base c'è la tecnica, e ai vertici ci sono le tecniche, una serie di tecniche per ogni esecutore. La prima, si impara dai maestri e dai manuali, le seconde si imparano da se stessi.

     

    Egregio Maestro... io imparo molto dalle sue parole.

    I suoi allievi sono un esempio lampante di quello che dice e tutti (parlo di quelli che ho sentito in concerto) hanno impostazioni tecniche di altissimo livello: senza fronzoli o sbuffi e perdite di energia.

    Dovremo far riferimento a loro per lezioni di tecnica o lei ne fa ancora durante i suoi corsi o master?

     

    Consiglio vivamente di rivolgersi, per la propria formazione tecnica, ai maestri giovani. Hanno sviluppato cognizioni e capacità molto più avanzate di quelle di cui disponevo io come chitarrista, e nell'insegnamento - attività che tendo a ridurre a misura della crescita degli anni e del mio lavoro di compositore - ora mi occupo soltanto di interpretazione, e solo per esecutori dalla preparazione tecnica completa.

     

    dralig

  21. Collaborando ormai da diversi anni con Mario Garrone,

    notammo in fase di esperimento, che queste note "difettose" sulla quarta e quinta corda migliorano se viene premuto con molta più forza il tasto.

     

    La lunghezza della fondamentale aumenta e la nota incriminata suona bene come le altre.

     

     

    CS

     

    Da ciò, l'aggiunta alla notazione chitarristica del simbolo ssssssffffffzzzzzzz, che non si riferisce alla modalità d'attacco della nota, ma all'impegno da spendere perché suoni in modo normale. Variante, da prendere in seria considerazione: snsdfnstrch (apposta sotto una nota lunga nel registro medio-grave, significa: se non suona, defenestrate la chitarra).

     

    dralig

     

     

    . . . . . ottima idea!

    A parte gli scherzi, cosa cosa ne pensi ?

     

    CS

     

    Che bisogna esigere dai liutai una soluzione a questo problema. Non tocca agli esecutori risolverlo. Noi abbiamo già le nostre gatte da pelare...

     

     

    dralig

  22.  

    Sinceramente dopo il quinto anno non ho dedicato molto tempo delle mie giornate agli esercizi di tecnica, preferendo affrontare con spirito rigoroso le composizioni da suonare.

     

    In vista del diploma però, sento l'esigenza di migliorare le mie capacità tecniche e la padronanza dello strumento, per giungere nell'aula dell'esame con la massima rilassatezza fisica.

     

    Dunque, oltre ad uno studio particolarmente analitico del repertorio, ho deciso di dedicare circa un'ora e mezza della mia giornata ai noti esercizi tecnici (anche a mo' di riscaldamento), sperando in qualche effetto benefico (che già sto avvertendo).

     

    ...però con la televisione spenta... :P

     

    Andrea

     

    Benissimo, non c'è niente di utile, quanto quello che facciamo perché ne avvertiamo l'esigenza. Ciò premesso, tra la tecnica di fondazione che si impara nei primissimi anni di studio e quella che si impara a rinforzo o a complemento, successivamente, c'è una differenza. La prima, si esercita impersonalmente sui vari aspetti della nomenclatura dello strumento: scale, arpeggi, note ribattute, accordi, legature, etc., è una sorta di scuola elementare uguale per tutti. La seconda, sorge dalle specifiche, personali e ben individuate necessità: poiché tutti gli esecutori hanno tecniche favorite e tecniche ostiche, non servirà loro esercitarsi sui capitoli che non presentano problemi, e dovranno invece, non soltanto esercitarsi su quelli che oppongono resistenze, ma farlo in modo molto acuminato, cioè dopo aver diagnosticato la radice della difficoltà e aver escogitato i rimedi giusti. Se un esecutore ha problemi in un tipo di arpeggio, non gli basterà studiare quella formula: dovrà capire qual è l'origine del problema e, sulle conclusioni, escogitare degli esercizi risolutivi molto più forti, che serviranno a lui e non ad altri.

     

    Quindi, alla base c'è la tecnica, e ai vertici ci sono le tecniche, una serie di tecniche per ogni esecutore. La prima, si impara dai maestri e dai manuali, le seconde si imparano da se stessi.

     

    dralig

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