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Giorni Vinti
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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino
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ma egli si spese nelle Variazioni di Albert Harris...
dralig
terrificanti.
Non direi, a me sembrano un lavoro di scuola, un bel compito. Trovo che Harris abbia fatto di meglio con la Sonatina.
dralig
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Forse la "cosa" più moderna che Segovia suonò è la Suite compostelana di Mompou.
Penso in particolare al "Recitativo".
Ascoltandone la resa, non posso fare a meno di pensare che Segovia avrebbe avuto qualcosa da dire anche in situazioni esteticamente molto più spinte di quelle da lui predilette.
Io credo che, nell'ambito delle sue scelte estetiche, avrebbe potuto trovare pagine ugualmente propizie e però di maggior spessore musicale. Le Danze di Pedrell erano segoviane al massimo, ed erano molto più alte dei lavoretti di Moreno-Torroba; i Caprichos de Goya di Castelnuovo-Tedesco erano ritagliati su misura per lui, ma - per stare a lavori concepiti negli stessi anni - egli preferì la "English Suite" di Duarte; le Mazurke di Tansman erano anche migliori della "Cavatina", ma egli si spese nelle Variazioni di Albert Harris...
dralig
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Certo capiamo benissimo, che la Musica prima di essere inserita nel suo universo veniva filtrata dal suo mondo..ecco perche quindi risulta difficile magari, a livello interperetativo, decifrare una musica da lui suonata. O meglio si discostava da quello che era il risultato finale da parte del compositore (?)
Era - come altri interpreti romantici - un creatore che si serviva della musica altrui per realizzare la propria poetica. Le sue scelte di repertorio non erano quindi operate con un metro critico, ma con una misurazione - in parte istintiva, in parte esperita nello studio - delle affinità tra le opere e il suo mondo sonoriale. Anche se, nell'individuare e nel selezionare i pezzi, non scendeva sotto un certo livello qualitativo, non si tirò indietro di fronte a pagine piuttosto modeste, che però gli offrivano quelle opportunità di suono che egli cercava.
Non si preoccupò mai di scavare a fondo nelle intenzioni del compositore, prova ne sia il fatto che manipolò non soltanto le pagine scritte da musicisti che non sapevano nulla di chitarra e che, nel comporre per le sei corde, andavano a tentoni e avevano bisogno del suo aiuto, ma anche pagine scritte da maestri come Sor, che non avevano certo bisogno di aggiustamenti: eppure, nel farle sue, doveva per forza forgiarle adattandole al suo suono e al suo stile.
La piaga del segovianesimo consistette nel tentativo di adottare quel modo di sentire e di fare musica, da parte di persone che non avevano nulla da dire: Segovia è stato probabilmente, insieme a Picasso, il maestro più caricaturato del Novecento: la fila di scimmie che si allungata dietro le loro orme è stata davvero processionale.
dralig
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Il suo mondo e il suo stile erano molto ben definiti, ed è incredibile l'ingenua supponenza di André Jolivet, che non riusciva a rassegnarsi all'idea che la sua musica no gli piacesse.
dralig
beh in quanto a supponenza il giudizio che spesso i grandi interpreti riservano all'opera dei compositori non è seconda a nessuno...
Si attuano, nei rispettivi giudizi, differenti forme di conoscenza e di sapere. Molto spesso si sono dati e si danno casi di giudizi ottusi e finanche volgari da parte di interpreti riguardo compositori e opere, ma è nota anche l'intansigente durezza di alcuni autori nei confronti di chi suona (non faccio nomi...),
dralig
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Segovia quindi cercava sempre la musica che si rifaceva alla "vecchia" tradizione giusto?
Questo era dovuto per il suo gusto o per un "sicurezza" professionale?
Non credo che filtrasse il repertorio pensando a un legame con la tradizione. Cercava piuttosto musica che, senza scendere di qualità, risultasse propizia per il suo modo di suonare, soprattutto per il suo suono. Poteva quindi accogliere brani essenzialmente melodici, come quelli di Moreno-Torroba, o più scavati e profondi, come quelli di Mompou, o più elaborati formalmente, come le Sonate di Ponce, Castelnuovo-Tedesco e Manen, ma non rinunciava mai a una sonorità corrispondente al suo "mondo". Suonò pochissimi brani scritti, nel Novecento, da chitarristi-compositori: un paio di Canzoni catalane di Llobet, la Nortena di Jorge Gomez Crespo, la English Suite di Duarte, oltre alla mezza dozzina di pezzi di HVL.
Mentre possiamo immaginare che avrebbe potuto adottare, che so, la "Sonata" di Antonio José - che non conobbe mai -, proprio non riusciamo a immaginarlo alle prese con il Nocturnal. Il suo mondo e il suo stile erano molto ben definiti, ed è incredibile l'ingenua supponenza di André Jolivet, che non riusciva a rassegnarsi all'idea che la sua musica no gli piacesse.
dralig
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Salve amici,
dando uno sguardo alla letteratura chitarristica, presente negli anni vissuti da Segovia, dove arrivò Segovia in termine di Musica moderna o Contemporanea? O meglio quale fu il compositore, per non dire l ultimo, della sua generazione, alla quale Segovia dedicò la sua performance...Certo molti compositori viventi negli anni di Segovia scrivevano e Segovia eseguiva successivamente....ma in termini di musica atonale Segovia dove si Spinse...?
Grazie, scusate la domanda "riaggirata" piu volte.
Salvatore.
Segovia non suonò alcuna composizione atonale. Se vogliamo rifarci alla cronologia, i compositori più giovani, tra quelli le cui opere fecero parte del suo repertorio, furono John w. Duarte e Albert Harris.
dralig
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Ora però non fatemi venire le ansie da copista....ci ho messo un anno a scoprire trucchi e prodigi di Finale e in due post mi riportate ai vecchi tempi...
Caro Giorgio, saper usare Finale non esime dal conoscere a fondo le regole della notazione musicale, anzi presuppone tale conoscenza, altrimenti è come usare Word senza conoscere a fondo l'ortografia e la grammatica.
La notazione è una disciplina che non viene insegnata nel corso di composizione, ma dovrebbe far parte del bagaglio di ogni musicista.
Lo dico perché ho dovuto impararmela da autodidatta, e non sono tuttora sicuro di saperla proprio per bene. Diciamo che me la cavo.
dralig
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Io sono disordinato quando scrivo, le mie travature iniziano in un modo e finiscono in un altro , tanto che a volte sembra che ci sia la doppia linea perchè sono costretto a correggerla
Se le cose che scrive sono destinate a essere lette da altri, sarà bene che impari le regole della notazione così come sta imparando quelle del contrappunto. Altrimenti, La aspettano brutte sorprese.
dralig
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Molto bello. Ma chi ha studiato sul Pedron solfeggi manoscritti? mamma mia che solfeggi duri...ma la scrittura era meravigliosa...
Credo che stiamo parlando di due cose diverse. La calligrafia musicale e la notazione sono intimamente legate, ma non sono la stessa cosa. Il Mertz proposto da Neuland è calligraficamente molto buono, ma la notazione non è impeccabile. La grammatica che regola la scrittura dei simboli musicali è una materia che non si impara nel corso di composizione: bisogna studiarsela da sé. I pochi manuali esistenti sono scritti in inglese.
La scrittura dei solfeggi del Pedron è normale, senza infamia e senza lode. Considera il fatto che si tratta di una scrittura facilissima, limitata a una sola linea. I problemi di notazione sorgono nella scrittura polifonica e nelle partiture orchestrali. La musica per chitarra è quella che presenta i maggiori problemi di notazione.
dralig
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A me piace tanto anche la mano di questo copista di musiche di Mertz. Abbiamo usato una riga di questo brano per un lavoro grafico della nostra brochure. Non è da stampa, ma molto bello è chiaro allo stesso tempo.
Neuland
Bellissimo segno. Negli accordi, qualchevolta sbaglia la disposizione verticale delle alterazioni. A parte questo, summa cum laude.
dralig
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In questi giorni ho a che fare con dei manoscritti di Agustin Barrios ed è sorprendente la cura nella grafia che il compositore paraguayano metteva nella 'bella copia' dei suoi manoscritti.
Ho avuto la fortuna di visionare quelli di Mario Castelnuovo Tedesco, di Manuel Maria Ponce, di Heitor Villa Lobos e molti altri ma nessuno raggiunge questi livelli di eleganza nella scrittura.
Aveva studiato calligrafia a scuola, anzi era lui stesso un calligrafo - le sue lettere sono dei piccoli capolavori.
dralig
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L'ediz Chanterelle riporta le diteggiature di Llobet come l'ed Union Musical Espanola? Perchè quelle diteggiature sono parte inscindibile dell'interpretazione dei brani. Grazie di tutte le prezione informazioni
Si, le diteggiature sono riportate fedelmente.
dralig
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dralig
Nell'edizione che posseggo della Chanterelle delle opere di M. Llobet sono riportate "16 Folksong Setting", oltre a quelle citatre da AG ci sono
-Leonesa
-Estilo Popular n.1
-Estilo Popular n.2 ma.. immagino non siano Catalane ma solo "popolari"...quindi le Catalane" restano.. 13.. appunto.
mr
Leonesa procede de Leon! y los Estilos populares son argentinos...y ademas, bastante feos!
dralig
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Una curiosità: nell'edizione dell'Union Musica Espanola che uso ci sono 10 canzoni, ma in un'altra che ho trovato (ed. Intra's arr Gerlin) sono comprese anche La preco de Lleida e Los estudiantes de Tolosa (che in rete vedo attribuita a Segovia)...qualcuno ha informazioni in proposito? Grazie mille
Plany 1899
La filla del marxant 1899
El testament d'Amelia 1900
Canco del lladre 1900
Lo rossinyol 1900
Lo fill del rey 1900
L'hereu riera 1900
El mestre 1910
La nit de Nadal (El desembre congelat) 1918
La filadora (1918)
La pastoreta (1918 circa)
La preso de Lleida (1920 circa)
El noi de la mare (non datata, autorship in dubbio).
dralig
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Sono alle prese con la trascrizione del Concierto juglar di Bernardo Julià, e pensavo di includere, nella stampa che consegnerò al coro che lo eseguirà con me, una pagina contenente il testo e la traduzione a fronte ma... in che lingua è scritto il testo? Indubbiamente non è spagnolo, ma a quanto mi risulta non è neppure catalano...
Qualcuno mi può aiutare?
Grazie
EB
Il testo è nella lingua di Mallorca, al 99% uguale al catalano. Io non la so, ma la parlo e la leggo (non scrivo).
dralig
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Dai su, siamo in due ammalati allora.
Auguri!
Anche te Fernando? Ma mamma mia: ho la febbre costantemente a 39, porca miseria...
E' vero Alessio, perlomeno riposo e... dimagrisco
Esimio King, per il giorno del tuo compleanno, ti faccio beneaugurante omaggio del mio generosissimo dono, consistente nella proroga dell'esecuzione. Tua. Cioè, avendo deciso - ne sono certo, con il consenso di una vasta cerchia di amici e conoscenti, tuoi e miei - di ammazzarti, ed essendo io il tipo di persona che non mette mai tempo in mezzo, tra il decidere e il fare, ebbene, defletto dalla mia norma, e ti ammazzerò il mese prossimo.
dralig
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Qualcuno può gentilmente fornirmi informazioni sul pezzo in oggetto? La diteggiatura, nelle edizioni Max Eschig, è curata da Emilio Pujol; è il chitarrista e compositore spagnolo anche il dedicatario del brano?
Grazie.
Il titolo originale della composizione è in spagnolo: "Zarabanda lejana". Fu composta nel 1926, ed è la prima delle opere per chitarra di Rodrigo. E' dedicata "A la vihuela de Luis de Milan". Ne fu il primo esecutore Regino Sainz de la Maza, nel 1928 (data non precisata). Nello stesso 1926, Rodrigo ne realizzò una versione per pianoforte e l'anno seguente, 1927, ne fece una versione per orchestra d'archi, incorporata nel dittico "Zarabanda lejana y villancico".
dralig
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Questa strofa mi ha particolarmente colpito... "ma resta indietro, immobile, quel canto. Si ripete uguale. Nelle sere non più torce ma globi di luce". Dio mio, è proprio vero, il popolo non ha più coscienza di se.
Ragazzo del popolo che canti,
qui a Rebibbia sulla misera riva
dell'Aniene la nuova canzonetta, vanti
è vero, cantando, l'antica, la festiva
leggerezza dei semplici. Ma quale
dura certezza tu sollevi insieme
d'imminente riscossa, in mezzo a ignari
tuguri e grattacieli, allegro seme
in cuore al triste mondo popolare.
Nella tua incoscienza è la coscienza
che in te la storia vuole, questa storia
il cui Uomo non ha più che la violenza
delle memorie, non la libera memoria...
E ormai, forse, altra scelta non ha
che dare alla sua ansia di giustizia
la forza della tua felicità,
e alla luce di un tempo che inizia
la luce di chi è ciò che non sa.
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Come vede, caro Francesco, i poeti sanno ciò che i politici ignorano. E nessun politico legge poesie.
dralig
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http://it.youtube.com/watch?v=1U75X2NwTrs
Questo è un video storico del chitarrista portoghese Duarte Costa morto nel 2004.
Ho letto sul forum guitarra.artelinkado che è autore di un concerto per chitarra e orchestra ma anche con l'aiuto di Google non sono riuscito a trovare informazioni decenti.
Chi ha qualche informazione in più?
Una nota importante: fate caso l'attacco delle dita della mano destra sulle corde.
Deve trattarsi di una trasmissione come "Dilettanti allo sbaraglio".
dralig
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Concordo.
Si potrebbe semplificare dicendo che le culture popolari originarie prescindevano dai mezzi di comunicazione massa tipici della nostra epoca e si basavano principalmente, ma non esclusivamente, sulla diffusione e la trasmissione della cultura per via orale.
Ah, noi che viviamo in una sola
generazione ogni generazione
vissuta qui, in queste terre ora
umiliate, non abbiamo nozione
vera di chi è partecipe alla storia
solo per orale, magica esperienza;
Il canto e la musica in queste culture "popolari" era parte integrante della vita sociale facendo spesso della musica un vero e proprio termometro di una cultura. Ad esempio alcuni canti, presenti ancora oggi presso certe culture al sud (per esempio nel paese di mia mamma in calabria) esistono solo grazie ad una sorta di catarsi che, come disse una celebre antropologa della musica, sono in grado di "risolvere un problema drammatico per la collettività come quello di dare un nome all'ansia e, insieme, di fornire gli strumenti per comunicarla, trasmettendone la vibrazione al di fuori di sé "(Tullia Magrini in Canti d'amore e di sdegno ed Franco Angeli). Evidentemente questo potrebbe appartenerci ancora nel profondo della nostra psiche. La mia generazione, probabilmente, ha ancora un piede in quel tipo di cultura. La comprende, probabilmente l'ha assimilata e, non so quanto, ne ha sviluppato i relativi anticorpi.
Nella vita che è vita perché assunta
nella nostra ragione e costruita
per il nostro passaggio - e ora giunta
a essere altra, oltre il nostro accanito
difenderla - aspetta - cantando supino,
accampato nei nostri quartieri
a lui sconosciuti, e pronto fino
dalle più fresche e inanimate ère -
il popolo: muta in lui l'uomo il destino.
E se ci rivolgiamo a quel passato
ch'è nostro privilegio, altre fiumane
di popolo ecco cantare: recuperato
è il nostro moto fin dalle cristiane
origini, ma resta indietro, immobile,
quel canto. Si ripete uguale.
Nelle sere non più torce ma globi
di luce, e la periferia non pare
altra, non altri i ragazzi nuovi...
dralig
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si è persa la tradizione (almeno noi europei occidentali) del canto popolare, e si è fatto spazio nella visione delle persone il tipo di musica che tutti sentiamo per radio o televisione. E' un'amara realtà ma è così, almeno questo è quello che penso.
Francesco
Pur tenendo nel debito conto la saggezza dell'esortazione proverbiale "Ne sutor ultra crepidam", mi avventurerei nel suggerire che non esiste più il canto popolare perché non esiste più il popolo, se non nelle improbabili - e ridicole - allocuzioni dei politici ("il popolo italiano"), perché è stato sostituito dalla massa, che è tutt'altra cosa. Il popolo aveva una cultura, la massa non ce l'ha.
Poiché penso che non abbia tempo per studi filosofici e sociologici (io non l'ho trovato, nella mia vita di musicista, e tendo a pensare che gli altri patiscano i miei stessi limiti), Le suggerisco di leggere un magnifico saggio storico in versi: non Le prenderà più di mezz'ora, e Le farà capire molte cose. La poesia s'intitola "Il canto popolare". Ne è autore Pier Paolo Pasolini.
dralig
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Con che scopo?
Segovia si comportava molto liberamente nelle trascrizioni, non meno che nelle revisioni di musiche scritte per chitarra.
Nella sua attività di trascrittore, possiamo distinguere chiaramente due periodi: quello iniziale, che giunge fino al 1935, e quello evolutivo, che inizia dal 1936. Nel primo periodo, Segovia, più che trascrivere, elaborò trascrizioni altrui - soprattutto quelle di Tarrega e di Llobet (da Albéniz, Granados e Malats). L'autore che egli esplorò più a fondo in questo periodo, indipendentemente dalle trascrizioni altrui, fu Bach. Questa prima epoca culmina con la trascrizione e la presentazione in pubblico (1935) della Ciaccona. Credo che Segovia ignorasse l'esistenza delle trascrizioni precedenti di Jiménez Manjón, di Antonio Sinopoli e di Regino Sainz de la Maza.
Nel secondo periodo, le scelte di Segovia nella trascrizione furono influenzate soprattutto dal fatto che egli aveva sposato la pianista Paquita Madriguera, e viveva con lei a Montevideo nella casa di calle Massini. La Madriguera era una seguace di Granados, del quale era stata allieva, quindi suonava le musiche dei clavicembalisti attingendo alle antologie (a quell'epoca, le edizioni integrali con urtext erano di là da venire). I due coniugi suonavano anche in duo - molte esecuzioni pubbliche dei concerti di Castelnuovo-Tedesco e di Ponce ebbero luogo nei paesi latino-americani con la Madriguera al pianoforte invece che con un'orchestra. Nella biblioteca pianistica della moglie Segovia trovò le fonti della maggior parte delle sue trascrizioni effettuate dopo il 1936.
dralig
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A questo punto non converrebbe attenersi a "quella di Llobet"?
Tra le edizioni disponibili, quella di Chanterelle è la migliore, perché offre anche il facsimile delle pagine della Revue Musicale con il testo conforme alla volontà di Falla. Il manoscritto è una conferma dell'attendibilità del testo della Revue.
dralig
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Qualcuno sa se esiste stampato il manoscritto dell'homenaje? Se si da quali edizioni?
No, il manoscritto non è riprodotto in nessuna edizione. Le edizioni Chester non intendono pubblicare un'altra edizione dell'Homenaje dopo quella curata da John Duarte, che si proponeva di mettere la parola fine all'argomento, e che invece non ha affatto risolto i piccoli dubbi.
dralig
Dove arrivò Segovia?
in Quattro chiacchiere e voci di corridoio.
Inviato
Credo, Marcello, che lo scrivere pezzi come quelli di Harris, nei primi anni Settanta, avesse, negli USA, un significato diverso da quello che poteva avere lo scrivere in modo simile in Europa. Là, non c'era il funzionario di partito che, all'indomani di un'esecuzione del "Nocturnal" di Britten, avrebbe scritto che si trattava di "musica da dimenticare", delle "Canzoni piemontesi" di Mosso che era "musica inconsistente", e della "Sonatina" di Rosetta che era "morta prima ancora di essere oggetto di parto". Quindi, la "Suite" di Harris, in California, non rappresentava - consciamente o inconsciamente - un atto di sfida al regime. Là, un concertista non avrebbe mai ricevuto una telefonata di un direttore artistico, che gli ingiungeva di togliere dal programma di una sua annunciata serie di recitals, il Ricercare di Franco Margola (compositore definito "fascista"), e di sostituirlo con una composizione "suggerita", pena la cancellazione dei concerti. Poi cancellati, naturalmente: a resistere a Stalin, non fu solo Bulgakov.
dralig