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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. le mie "canzoni popolari lucane" (adesso ha deciso anche di dare un nome ad una mia idea compositiva, ottimo...) sono solo un'idea, sono cosciente che non sono in grado di scriverle degnamente, e per questo non mi accingo nemmeno, ma io sto studiando perchè desidero non diventare come Lei.

     

    La esorto caldamente a seguitare questo Suo progetto e mi prendo la libertà di darLe qualche consiglio, osservando quello che ci insegna la storia della musica. In tutte le epoche c'è stata una relazione più o meno intensa tra la musica popolare e la musica colta, tuttavia l'epoca in cui tale relazione fu coltivata, da parte dei musicisti colti, con la massima intensità e con entusiasmo, fu quella romantica. Il romanticismo fu il movimento artistico - non solo musicale - che valorizzò al massimo la cultura popolare. Le scuole nazionali, fondate sulla valorizzazione del patrimonio folclorico, sono una delle espressioni più forti e autentiche del romanticismo..

     

     

    Scuole nazionali che in parte non furono esenti da quelle esecrabili istanze ideologiche che spesso si vanno solo riconoscendo alla "scuola" di Darmstadt (mi è venuta leggendo l'ultima frase della sua recensione della dissertazioni di Olivieri)...

    Ci si dovrebbe intendere su cosa sia stato il "popolare" nell'immaginario collettivo romantico e preromantico (un immaginario appunto spesso mitico, ricordiamoci della farsa dei canti di ossian) e intendere quanto di popolaresco (inteso come poco valore dato alla cultura che si pretende di rappresentare) invece non vi sia nelle pseudocolture abbeveratesi alla fonte di quelle istituzioni musicali che recano ancora nel nome tutte le istanze dei loro micidiali progetti formativi (il "conservatorio" appunto...non che i "riformatori" abbiano una buona fama :lol: )...semplificando; in mano ai compositori un qualsiasi materiale (pseudo popolare, soggetto cavato, combinatoriale ecc ecc) è sempre pre-testo per dire qualcosa che appartiene solo a lui (v.Bartok) o nel peggiore dei casi, come in alcuni nazionalismi, per celebrare qualcosa che appartiene ad un'ambigua e deleteria idea di popolo. Altra cosa è l'etnomusicologia intesa come scienza sociale, la quale indaga tanto i Kaluli di Papua (in semi estinzione), quanto la mitologia delle teste di marmo nei palazzi delle istituzioni musicali occidentali.

    Riguardo poi genericamenrte il topic in oggetto, sarebbe necessario chiedersi che cosa sia il popolare oggi, all'alba del XXI°secolo, soprattutto se esiste, come e in che modo si differenzia dal già citato pop.

     

    Mi sembrerebbe un po' ozioso riferire qui, in forma inevitabilmente depauperata, le relazioni tra l'estetica romantica e la cultura popolare - tema sul quale esiste una bibliografia immensa: io mi sono limitato a segnalare a un bravo studente del conservatorio l'evidenza del rilievo che la musica popolare ha assunto presso gli artisti romantici (non solo i musicisti): da lì in poi, tocca a lui, se gli interessa, avviare una ricerca che comporta, ben al di là dello spunto che può aver trovato qui, molte ore di assidua lettura in biblioteca.

     

    Gli ho poi segnalato la differenza esistente tra l'approccio romantico e quello novecentesco, indicandogli, nell'ambito dei riscontri che può effettuare immediatamente, brani per chitarra in cui le melodie popolari sono oggetto di un trattamento diverso da quello ottocentesco.

     

    Tutto qui. Il Suo messaggio contiene spunti che non intendo raccogliere, perché questa sede è impropria rispetto al tipo di discussione che ne deriverebbe e perché non ne vedo francamente un possibile sbocco utile. Ho dato a Francesco la mia disponibilità a sviluppare il tema in senso strettamente musicale - ove a ciò non gli bastassero le riflessioni che saprà fare da sé e con l'aiuto del suo docente di composizione: tutto qui.

     

    dralig

  2. le mie "canzoni popolari lucane" (adesso ha deciso anche di dare un nome ad una mia idea compositiva, ottimo...) sono solo un'idea, sono cosciente che non sono in grado di scriverle degnamente, e per questo non mi accingo nemmeno, ma io sto studiando perchè desidero non diventare come Lei.

     

    La esorto caldamente a seguitare questo Suo progetto e mi prendo la libertà di darLe qualche consiglio, osservando quello che ci insegna la storia della musica. In tutte le epoche c'è stata una relazione più o meno intensa tra la musica popolare e la musica colta, tuttavia l'epoca in cui tale relazione fu coltivata, da parte dei musicisti colti, con la massima intensità e con entusiasmo, fu quella romantica. Il romanticismo fu il movimento artistico - non solo musicale - che valorizzò al massimo la cultura popolare. Le scuole nazionali, fondate sulla valorizzazione del patrimonio folclorico, sono una delle espressioni più forti e autentiche del romanticismo. La grande lezione del "popolarismo" - con le sue varianti, come l'esotismo, l'alhambrismo, l'orientalismo, etc. - è una lezione romantica.

     

    Nel Novecento, la presa di distanza dall'eredità romantica da parte delle varie correnti musicali non ha comportato un abbandono della musica popolare, ma un diverso approccio: alla "collezione" entusiastica di canti e danze del popolo, spesso trasferita nelle sinfonie e nella musica da camera dai maestri romantici, è subentrato lo studio guidato dalle metodologie rigorose, dalle indagini condotte con criteri pressoché scientifici, e ciò ha permesso una comprensione più profonda della musica popolare. Le conoscenze acquisite da studiosi che erano anche compositori - il caso di Bartok eccelle su tutti - hanno influito direttamente sull'atto creativo: si è formata un'area nuova, in cui gli interessi dei ricercatori si identificavano con quelli dei compositori in cerca di nuove possibilità: le scale modali, i ritmi irregolari, i timbri degli strumenti primitivi, hanno offerto non soltanto nuovi materiali di studio, ma anche nuovi suggerimenti compositivi.

     

    Bartok da una parte e Falla dall'altra sono i grandi modelli da studiare, ma ce ne sono tanti altri, bellissimi, in cui i materiali popolari sono trattati con grande pertinenza, cioè con mano da etnomusicologo e con destrezza da compositore. Nel repertorio moderno della chitarra, e per quanto riguarda la tradizione popolare italiana, Le suggerisco di studiare (non importa se annettendole al Suo repertorio di chitarrista o meno) le "Tre canzoni piemontesi" di Carlo Mosso e le "Due canzoni italiane" della moglie di Respighi, Elsa Olivieri Sangiacomo: rappresentano il culmine in questo genere di musica del Novecento. Se lo vorrà, ne potremo discutere anche qui, esaminando gli aspetti propriamente compositivi.

     

    dralig

  3. in effetti alcuni brani perdono quella "grinta" che li contraddistinue nelle versioni originali)

    bè è il minimo, vuoi mettere Mercury a torso nudo con l'asta del microfono in mano che canta we will rock you davanti all'arena di Wembley con 100mila watt alle spalle? difficile che una chitarra classica trasmetta questo spirito. Sul resto non entro in discussione :D

     

    quel concerto a Wembley dei Queen è uno dei più bei dischi live rock di tutti i tempi [smilie=emoticon_227.gif]

     

    Non so nulla di rock, ma l'ascolto di "Show must go on", impostomi dal mio amico e collaboratore Luigi Biscaldi, mi ha toccato. Mercury era bravo.

     

    dralig

  4. Devo suonare la Frescobalda in uno spettacolo...

    Io conosco una versione suonata da Segovia a New York: dove trovo la parte?

     

    Era un suo arrangiamento o ne esiste una versione per liuto?

     

    grazie in anticipo

    g

     

    Originale: Aria detta la Frescobalda, da "Il secondo libro di Toccate, Canzone,.......Intavolatura di Cimbalo et Organo...Roma, 1637.

     

    Niente liuto. Quella di Segovia (Schott, 1939) è una trascrizione, probabilmente derivata non dall'originale, ma da una versione per pianoforte. E' monca di una variarione e contiene un vistoso errore nella prima variazione.

     

    dralig

  5. Mi scuso con il M° Rivelli se "uso" il suo 3d per porre una domanda riguardante, comunque, il compositore oggetto del topic: cosa ne pensate del testo di armonia di Schonberg? Sono propenso per l'acquisto, ma volevo prima sentire il vostro parere circa questo testo.

     

    Ne approfitto per porgervi sentiti auguri per un felice 2009.

     

    E' un libro imprescindibile per chiunque voglia studiare a fondo l'armonia, non per le cose che insegna (che si trovano in altri trattati) ma per come le insegna.

     

    dralig

  6. Visto che si parla di elaborazioni, trascrizioni...oggi rileggevo per puro relax e divertimento le Canzoni Catalane di Llobet. Ecco, trovo che quello è davvero un esempio meraviglioso di diteggiatura al servizio della frase, del portamento, del fraseggio. Ci sono, in ogni brano dei cambi di posizione che in apparenza lasciano stupiti..ma che, studiati, sia musicalmente che, poi, chitarristicamente, schiudono un mondo di sonorità e timbri unici. Mi viene in mente ad es.Lo rossinyol, con quei cambi di dito che permettono tutti i glissatini e nel contempo tengono "alta" la tensione nella costruzione della melodia, ma poi la pulizia e l'essenzialità armonica del Testament, l'elaborazione di El Mestre...ma ogni Canzone acquista un senso suo, grazie al lavoro non solo di elaborazione ma di diteggiatura, fortemente padroneggiato da Llobet. Ecco, un bel testo, sempre attuale, per capire cosa significa veramente diteggiare un brano per dargli un senso preciso, per dire delle cose nel modo migliore sfruttando le potenzialità del nostro strumento

     

    L'uso che Llobet ha fatto delle melodie catalane è tale da indurre a considerare le "Canciones" come brani originali: l'adozione dei canti popolari è solo un espediente che il compositore ha adoperato per aprirsi la via a un lavoro creativo in cui domina l'invenzione armonico-timbrica. Diciamo che era talmente pigro da non volersi sporgere oltre la soglia di casa per avere a disposizione un ductus melodico da mettere poi, alla fine, sullo sfondo: delle "Canciones", infatti, quel che meno importa sono proprio le melodie, no?

     

    dralig

  7. Lutosławski Award 2008

     

    Cavallone2008.png

     

    The results of the International Composers` Competition „Lutoslawski Award 2008”

     

    The jury of the „Lutosławski Award 2008” comprising: Louis Andriessen, Yi Chen, Ivan Fedele, Yuki Morimoto and Zygmunt Krauze (president) decided to award the prizes as follows:

     

    I Prize: Juan de Dios Magdaleno (Mexico) for „Memento Mori” for violin and piano

    II Prize: Satoshi Ohmae (Japan) for „Memories Once More” for two pianos

    III Nagroda: Jimmie LeBlanc (Canada) for „The Breaking of the Circle” for string quartet

     

    Additionally, the jury decided to award 3 honourable mentions:

     

    Wojciech Ziemowit Zych (Poland) for „Retoryka niedo-.../Niedo-...retoryka“ for string quartet

    Fred Lerdahl (USA) for „ Duo“ for violin and piano

    Franco Cavallone (Italy) for String Quartet No. 3 „Following memories“

     

    International Composers’ Competition “Lutosławski Award 2008” has been organized due to the funds of Ministry of Culture and National Heritage as well as the City of Warsaw.

     

    Biografia essenziale di Franco Cavallone

    Franco Cavallone, nato a Chisimano (Somalia) nel 1957, si è diplomato al Conservatorio di Cesena in Chitarra.

    Dal 1994 studia composizione presso il Mo Giovanni Guanti di Alessandria.

    Ha seguito diversi corsi di perfezionamento per la chitarra con i maestri: Alirio Diaz, Leo Brouwer ed Angelo Gilardino.

    Nel 1989 ha vinto il primo premio di composizione per chitarra al "Concours International de Sablé sur Sarthe".

    Nel 1998 gli è stata conferita la "Chitarra d'oro" per la composizione al 3o Convegno Nazionale Chitarristico.

    Svolge attività concertistica come solista e con il trio chitarristico "Sona".

    Collabora come recensore delle musiche alla rivista "Sei Corde". E` insegnante di materie tecniche presso l 'I.T.a. di Pianezza (TO).

     


     

    Apprendo dall'interessato - collega stimato e carissimo amico -, il chitarrista e compositore torinese Franco Cavallone, che la giuria del concorso internazionale di composizione "Lutoslawski Award 2008" ha appena conferito una menzione d'onore al suo quartetto per archi "Following Memories".

     

    Notizia fresca, per me bellissima e confortante: il concorso di composizione intitolato al grande maestro polacco è uno dei più importanti al mondo, e il fatto che a ottenervi una menzione d'onore sia un musicista che è pervenuto alla composizione passando per una formazione chitarristica, mi fa contento e desideroso di informare tutti i molti estimatori di Franco Cavallone e coloro che ancora non conoscono la sua musica.

     

    dralig

  8. L'argomento di Gosio mi interessava, scusate anzi se in mezzo a tanti Principi della musica, più indaffarati a cantarsele di santa ragione che a parlare di musica, riverso ogni tanto qualche modesta curiosità tecnica o storica in merito agli argomenti proposti (solitamente da musicisti "veri").

     

    Butterfly

     

    Alla fine, in qualche modo, tra intoppi e diversioni, l'argomento è stato trattato. Oggi alcune centinaia di chitarristi sanno che è esistito in Italia un egregio chitarrista alessandrino, che aveva buona formazione musicale (un diploma in violino nella classe di Giaccone non era cosa da poco), che suonava da mancino con accordatura dall'acuto al grave, che ha accompagnato Arnoldo Foà nella recitazione di un famoso poema lorchiano registrato in un LP Fonit Cetra, che ha lavorato con Bruno Maderna e con il Quartetto di Torino. Si chiamava Piero Gosio.

     

    dralig

  9. Caro Mod Giulio,

    mi allineo alle regole del forum, mi chiedo però perchè Neuland o Selvafiorita colgano sistematicamente qualsiasi minuzia (anche una esclamazione di gioia, seppur scritta in neretto e a caratteri cubitali) pur di provocare senza ragioni fondate....

    Riguardo a tutta questa e ad altre situazioni non mi resta che citare Albert Einstein:

    "Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi."

     

    Tornando all'argomento in questione, sarei curioso di sapere da Gilardino e Carfagna, cosa stavano facendo in quell'anno in cui Gosio e Gallo si esibivano....

     

    Cordialità

     

    Luigi Picardi

     

    1957...Ero da poco orfano indigente di padre (famiglia ex-agiata). Studiavo chitarra e violoncello e mi arrabattavo con lavoretti per sopravvivere. Tra i vari lavoretti, c'era anche quello di voltapagine per i pianisti che accompagnavano cantanti d'opera (ripasso spartiti) e strumentisti, e Dio sa se ho imparato da quelle, che per me erano lezioni. Assistevo come uditore (di straforo, grazie alla complicità degli inservienti della scuola e del suo direttore, che chiudeva un occhio) alle lezioni di perfezionamento di pianoforte tenute nella mia città da un famoso docente. Nel mese di settembre, sostenni l'esame di teoria e solfeggio come privatista al conservatorio di Milano. Appena giunto, con un'ora e mezza di anticipo, mi sedetti nel chiostro d'ingresso - a quell'ora deserto - e di lì a poco passò - con il suo incedere da sacerdote - lui, quello che io consideravo (e considero tuttora) il più grande musicista italiano dei Novecento, Giorgio Federico Ghedini, allora direttore del conservatorio. Colui del quale sono oggi considerato un erede artistico...

     

    dralig

     

    Mangiarane!

     

    Non raccolgo la provocazione, o imberbe Vladimir: lo feci allora, nel 1957, perché allora imberbe ero io, e alla tua età si reagisce. Comunque, dopo la prova di solfeggio "difficile", lo avvisarono del caso, e pare che sia stata una delle poche volte in cui qualcuno lo vide ridere.

     

    dralig

  10. Caro Mod Giulio,

    mi allineo alle regole del forum, mi chiedo però perchè Neuland o Selvafiorita colgano sistematicamente qualsiasi minuzia (anche una esclamazione di gioia, seppur scritta in neretto e a caratteri cubitali) pur di provocare senza ragioni fondate....

    Riguardo a tutta questa e ad altre situazioni non mi resta che citare Albert Einstein:

    "Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi."

     

    Tornando all'argomento in questione, sarei curioso di sapere da Gilardino e Carfagna, cosa stavano facendo in quell'anno in cui Gosio e Gallo si esibivano....

     

    Cordialità

     

    Luigi Picardi

     

    1957...Ero da poco orfano indigente di padre (famiglia ex-agiata). Studiavo chitarra e violoncello e mi arrabattavo con lavoretti per sopravvivere. Tra i vari lavoretti, c'era anche quello di voltapagine per i pianisti che accompagnavano cantanti d'opera (ripasso spartiti) e strumentisti, e Dio sa se ho imparato da quelle, che per me erano lezioni. Assistevo come uditore (di straforo, grazie alla complicità degli inservienti della scuola e del suo direttore, che chiudeva un occhio) alle lezioni di perfezionamento di pianoforte tenute nella mia città da un famoso docente. Nel mese di settembre, sostenni l'esame di teoria e solfeggio come privatista al conservatorio di Milano. Appena giunto, con un'ora e mezza di anticipo, mi sedetti nel chiostro d'ingresso - a quell'ora deserto - e di lì a poco passò - con il suo incedere da sacerdote - lui, quello che io consideravo (e considero tuttora) il più grande musicista italiano dei Novecento, Giorgio Federico Ghedini, allora direttore del conservatorio. Colui del quale sono oggi considerato un erede artistico...

     

    dralig

  11. Questo fondo che è stato donato alla biblioteca del Conservatorio contiene musica che non si trova più in commercio o manoscritti non editi?

     

    Contiene quasi esclusivamente musica stampata e pubblicata, e nessun manoscritto di opere inedite o sconosciute.La raccolta è il frutto della passione bibliografica di una vita: ci sono tutte le prime edizioni della collana Segovia-Schott, della Biblioteca Fortea, della collezione Pujol-Max Eschig, della collezione Scheit-Universal, praticamente l'intero catalogo chitarristico Ricordi Buenos Aires (con le tutte le vidalite, le chacarere e i gatos di tutti i più remoti compositori-chitarristi argentini), le edizioni Romero y Fernandez, Nuñez, Monzino e Garlandini, La chitarra (Modena), insomma tutta la musica per chitarra, conosciuta e ignota, disponibile all'epoca in cui il maestro Mautino era attivo. Ho visto la collezione quand'era ancora nel suo studio. Ero insieme all'allora allievo, oggi brillante concertista, Luigi Attademo, e resistetti alla tentazione - invero forte - di offrire una somma alla gentile erede, e di comperare il lascito in blocco: feci prevalere in me il senso del dovere, che mi spingeva a fare di quel piccolo tesoro una risorsa disponibile a tutti, e consigliai la donazione alla biblioteca del conservatorio di Alessandria.

     

    Non ho mai raggiunto l'intima convinzione di aver fatto la cosa giusta.

     

    dralig

  12.  

     

    Domanda: tu che hai vissuto dal vivo il cambiamento da budello a nailon, che memoria hai di ciò? Come è stato il passaggio all'era moderna?

    (La domanda è naturalmente rivolta a tutti coloro che hanno vissuto l'esperienza).

     

    Ho alcuni cataloghi di negozi musicali del primo '900 in cui sono presenti naturalmente le corde in budello, ma dove non si trova traccia per esempio dei calibri. Ricordi qualcosa al proposito?

     

    Claudio

     

    Oh si che ricordo! Io decisi per il nailon, abbandonando il budello, solamente come conseguenza della mia predilezione per il suono con le unghie che, come certamente sai, funzionano perfettamente e rendono al massimo solo con il nailon. Ma ci fu un periodo in cui tentai di mescolare il nailon e il budello: adoperavo il cantino di budello perché era esente dal clang. Lo squilibrio di suono era però intollerabile. Fu un passaggio lento e travagliato, comunque.

     

    I calibri. Le corde Pirastro avevano (da 1 a 6): 13.5, 17.5, 21.5, 16, 19.5, 24. Ce n'erano anche di più piccole (sempre Pirastro), ma io puntavo sempre a quelle massime - per correggere il mio attacco un po' troppo veloce.

    A quell'epoca, non mi potevo permettere corde Pirastro se non di rado, e mi accontentavo delle corde prodotte da "Premiado taller cuerdas de tripa Gato Negro", il cui diametro era at random, e la cui intonazione era da avemaria. Il cantino non era tanto diverso da una lenza per i lucci. C'era un dilettante riccone che mi invitava spesso a casa sua e mi faceva suonare offrendomi poi la cena che - lo sa Iddio - in quei tempi era graditissima. Ebbene costui teneva sul tavolo della sua imponente salle à manger un vassoio stracolmo di Pirastro - esibizione epulonesca che acuiva in modo atroce la mia crisi di astinenza da corde. Quando mi chiedeva come migliorare il suo suono, che era disumano, io gli consigliavo di adoperare le gato negro, corde - gli dicevo - più adatte al suo attacco (ecco come si può ingannare il prossimo dicendogli la verità). E si effettuava il cambio alla pari: che Iddio mi perdoni (credo che l'abbia già fatto, altrimenti sarei già negli inferi). Purtroppo, Epulone abbandonò la chitarra per l'alpinismo, e io ripiombai nel purgatorio delle gato negro.

     

    Un dettaglio: molti anni dopo, quando l'acquisto delle corde non era più un problema (per la verità, mi venivano spesso regalate dai fabbricanti), chiesi alla Rose Augustine se poteva farmi dei cantini un po' più grossi. Mi sorprese il fatto che me ne inviasse un paio di dozzine a giro di posta, senza fiatare. Seppi poi (da Alice Artzt) che le aveva già pronte per un committente che da molto tempo le aveva rivolto la stessa richiesta: Andrés Segovia.

     

    dralig

  13.  

    Budello sintetico o possibilmente budello naturale (di qualità sonora infinitamente superiore).

    Il budello naturale porta con sé però maggiori problemi.

    Quale che sia la tua scelta, basta fare una serie di nodi semplici uno sopra l'altro (almeno 3-4 se la corda è fine), infilarlo nel foro e chiuderlo col piolo. Abbi cura di lasciare circa 3 cm alla destra del nodo.

     

    Migliorerai certamente con l'esperienza: quando le corde salteranno e ti sfregeranno la parte inferiore del viso appena a destra del mento, avrai cura di fare un nodo più grosso; in alternativa potrai farti crescere la barba per nascondere le cicatrici.

     

    Buon divertimento.

     

    Negli anni Cinquanta, esisteva ancora l'alternativa tra corde di nailon e corde di budello: i negozi di musica le vendevano entrambe. Per montare le corde di budello in modo da ridurre il rischio di rottura (che era comunque alto), si usava un accorgimento della cui efficacia reale non ho mai potuto avere prove, ma che era comunque praticato da diversi maestri. Invece di avvolgere la corda oltre il capotasto direttamente sul corrispondente cilindro , la si intrecciava con una porzione di un'altra corda - presa da una corda sacrificale - ed era quest'ultima, non la corda "reale", a essere infilata e avvolta nel cilindro. Un lavoraccio che io non imparai mai a eseguire. Pare che, con questa "composizione", le corde di budello si spezzassero meno frequentemente. Ne hai mai fatto esperienza?

     

    dralig

  14. già

    quattro ottave piene...notevole

    lei l'ha mai ascoltata? in cosa cambia il suono?

     

    Si, ho ascoltato un paio di chitarre-lira Mozzani. Hanno un suono più scuro di quello della chitarra ordinaria, un po' ingolato, qualcosa di simile a un vecchio pianoforte verticale, per intenderci (fatte le debite proporzioni).

     

    dralig

  15. che spettacolo questa chitarra...ma quella estensione particolare sugli acuti aveva una qualche funzionalità? (cioè: esiste nel repertorio musica che arriva a quelle altezze?)

     

    Paganini e Legnani - per fare solo due nomi - usano sovracuti ben oltre il si ordinario.

    Io credo che il concertista che usasse una chitarra lira come questa dovrebbe farsi scrivere dei pezzi ad hoc, e non solo per usare appieno l'estensione dello strumento (quattro ottave), ma anche per centrare le sue peculiarità di suono.

    dralig

  16. Mautino fu un collezionista appassionatissimo di musiche: rincorreva quelli che oggi si chiamano (impropriamente) spartiti in tutto il mondo, e ne adunò alcune migliaia. Quando mi fu chiesto dall'onestissima erede che fare di quella imponente raccolta, suggerii di farne dono alla biblioteca del conservatorio "Antonio Vivaldi" di Alessandria, e feci i passi necessari per stabilire il contatto. La donazione ebbe luogo, e da allora in poi sentii soltanto lamenti per l'ingente lavoro di catalogazione che gli spartiti avrebbero reso necessario. Non ricevetti nemmeno una lettera di ringraziamento dall'istituzione.

     

    Sono liberamente consultabili o occorre essere allievi del conservatorio?

     

    Le musiche custodite nelle biblioteche dei conservatori sono accessibili - previa osservanza di un regolamento stabilito da ogni singola istituzione - a coloro che vengono autorizzati dal direttore o, per lui, dal bibliotecario: e qui si aprono scenari diversi, a volte confortanti, a volte no. L'esperienza insegna che tutto si gioca e si risolve nell'ambito di relazioni fiduciarie. In genere, i bibliotecari dei conservatori italiani hanno ottima preparazione e sono disposti a collaborare (con qualche eccezione), ma occorre guadagnarsi la loro fiducia presentando credenziali ineccepibili e agendo con tatto e diplomazia.

     

    dralig

  17. Per quanto restìo ormai ad esprimermi in questa sede, che tende a fraintendimenti e che ama troppo la bagarre, non posso che rispondere all'invito di più d'uno ed in particolare a quello di Angelo Gilardino che, essendo mio amico di vecchia data e (come già ho avuto occasione di ricordare) tra i pochi che hanno vissuto un'epoca, recente si ma fondamentale all'istituzione della maggior parte dei fondamenti attuali.

    Assecondando una sua legittima richiesta, ho parlato poco fa con Mario Gangi (che sta benone) e gli ho ricordato Piero Gosio che fu -come scrivemmo- artefice di molte registrazioni discografiche. Gosio era stato violinista nell'orchestra di musica leggera Rai di Milano; ogni qualvolta veniva a Roma si trovava a contattare Gangi, che a sua volta lo stimava moltissimo. I violinisti "sinistri" passati alla chitarra furono due: lui ed il bolognese Enzo Grillini (che era laureato in chimica), coetaneo di Gangi; l'avvento della televisione aveva sancito queste scelte in quanto era scomodo (o se volete "buffo") il loro apparente andare "contrarco" in una orchestra di destrorsi. Grillini lo conobbi anch'io, Gosio no.

    La frequentazione professionale con il Gosio spiega perché questi si fosse avvalso delle musiche di Gangi con Foà (ho telefonato anche a lui -persona di estrema cordialità-ma, non vedendolo da un paio d'anni, il suo numero di cellulare non è più quello) che "duettava" abitualmente con Gangi.

    Tra le altre cose, Gangi mi ha confermato la sua profonda amicizia con Nunzio Gallo, allora sulla cresta del'onda, non soltanto come cantante napoletano.

    Ho appreso da questo thread che sta per uscire un libro di Dell'Ara su Pietro Gallinotti: ne ho piacere; la prima chitarra 'buona' che mi fu mostrata dal Maestro quando Giuseppe Ferreri (suo amico della 'Sinfonica') era proprio una di quelle. Fu una decina d'anni dopo (forse più) che un appassionato torinese a nome Alberto Mautino me ne fece ordinare una; seguì poi un'altra per Gangi (magnifica) ed un duo per Pasqualino Garzia e me, talmente buone e simili che noi stessi le confondevamo. Credo che mai nessuna Gallinotti abbia girato il mondo come quella coppia di chitarre, compresa quella di Gangi che alternava il suo strumento più di noi.

    Altra curiosità: alcuni concerti solistici li feci con la chitarra Gallinotti dedicata a Benvenuto Terzi; lui l'aveva ceduta al suo allievo Alberto Caprani, cui piaceva ascoltarla da me pubblicamente.

     

    Ringrazio per l'attenzione chi avrà voluto leggere e saluto ancora Angelo senza la cui sollecitazione questo

    post non esisterebbe.

     

    Carlo Carfagna

     

    Grazie Carlo. Il tuo messaggio reca - tra le pieghe, ma è il caso di esplicitarla - la precisazione che, nel disco di Arnoldo Foa contenente le liriche di Federico Garcia Lorca, anche il commento musicale eseguito da Piero Gosio ( "Lamento per la morte di Ignacio Sanchez Mejias") è stato composto da Mario Gangi: questo non risultava chiaro dal vecchio LP, e si poteva supporre che, oltre a essere l'egregio esecutore, Gosio fosse anche l'autore della musica.

     

    Non mi sorprende che Gangi tenesse in grande stima Gosio. E sono sicuro di non essere il secondo, dopo Gangi, a stimare il maestro alessandrino.

     

    Alberto Mautino ha lasciato tre chitarre Gallinotti ai suoi eredi. Le ho provate di persona, e ne ho constatata l'ottima qualità. Una in particolare è eccellente. Mautino fu un collezionista appassionatissimo di musiche: rincorreva quelli che oggi si chiamano (impropriamente) spartiti in tutto il mondo, e ne adunò alcune migliaia. Quando mi fu chiesto dall'onestissima erede che fare di quella imponente raccolta, suggerii di farne dono alla biblioteca del conservatorio "Antonio Vivaldi" di Alessandria, e feci i passi necessari per stabilire il contatto. La donazione ebbe luogo, e da allora in poi sentii soltanto lamenti per l'ingente lavoro di catalogazione che gli spartiti avrebbero reso necessario. Non ricevetti nemmeno una lettera di ringraziamento dall'istituzione.

     

    Cordialità.

     

    dralig

  18. Non sono ancora il proprietario di quella chitarra... spero un giorno di diventarlo.

     

    Auspico che tutte le chitarre della terra abbiano come proprietari chitarristi che le amano e che le suonano bene.

    Dimenticavo: per datare uno strumento che non abbia una datazione in cartiglio o in marchio, bisogna far riferimento a strumenti già certamente datati, che presentino forti somiglianze di lavorazione e di materiali. A spanne, daterei la chitarra lyra in fotografia agli ultimi anni Venti - non sto a spiegare il perché, per non risultare prolisso -, ma per essere più coerente dovrei esaminare lo strumento di persona. Per certo, è molto bello.

     

    dralig

  19. Il ponticello della Mozzani è come quello di una chitarra acustica, perciò non posso applicare le corde in nylon facendo il nodo.

     

    Le corde della chitarra acustica hanno all'estremità quella piccola sfera che permette di applicarle su quel ponte.

     

    Come devo fare per montarci su le corde di nylon?

     

    Intanto, complimenti vivissimi per essere il proprietario di uno strumento come quello che ci mostra la fotografia. Eviti di montare corde da chitarra acustica e si faccia istruire da un liutaio su come montare corde di budello sintetico con fissaggio a strozzatura.

     

    dralig

  20. Tornando in topic, sarebbe interessante approfondire ancora, invece, sia la figura del chitarrista che ha originato le considerazioni di partenza, che le riflessioni sulla particolare tecnica utilizzata.

    Scusate, anche io sono andata un po' ot.

     

     

     

    Butterfly

     

    Ecco, per cercare di ridare una qualche utilità (agli occhi sconsolati dei lettori di questo thread), credo che la cosa più opportuna da fare sia il cercare, su Piero Gosio, informazioni di prima mano, provenienti da testimonianze di persone che ebbero che fare con lui negli anni della sua militanza professionale.

     

    Nessuno potrebbe, al riguardo, essere più autorevole e attendibile di Mario Gangi, il maggior chitarrista italiano dell'epoca, che spaziava dal repertorio classico alla musica leggera, e che era il riferimento principale dei chitarristi italiani. Sicuramente egli conobbe Gosio.

     

    Carlo Carfagna, che ha tuttora contatti con il maestro Gangi - ora ritiratosi dall'attività - potrebbe consultarlo e riceverne una preziosa testimonianza, tale da arricchire il thread (indipendentemente da Zoroastro, Platone, Erasmo da Rotterdam, Papa Ratzinger, vescovi, parroci e chierichetti, tutti convocati a proposito di un chitarrista che suonava da mancino a corde invertite) con qualcosa di sostanziale.

     

    Carlo, se mi leggi, procedi, per favore!

     

    dralig

  21. 1

    fondamentale, se no non ci si capisce:

    dimentica, nel parapiglia, l'intervento del parroco che, ferito/i nell'onore del suo/loro credo su polemica offtopic rovente ratzingeriana, va da allora digitando raffiche di zoroastri a destra e manca...scambiando un forum di musica per una parrocchia dove mortificare continuamente il pensiero critico (e come un robottino gli hanno insegnato a troncare sul nascere qualsiasi dibattito dando subito del marxista a chiunque non aderisce ai dogmi di sua maestà nosferatu)...e che palle...

    2

    sull'uso della lingua in comune: la loro è assai diversa dalla mia che è differente dalla sua.

    Ci terrei alla precisazione, e molto.

     

    cordialità

    Il marchese Zarathustra, in carrozza, trainata da mandria di nudisti (di ogni ceto sociale)

     

    Caro Fabio, ha ragione, ho semplificato nel riassumere eventi e protagonisti. Quanto alla lingua, non è dalla Sua che intendevo prendere le distanze: rileggendo ora il mio messaggio, mi rendo conto che la mia conclusione può suggerire questa non voluta pretesa, e me ne scuso. Non arriviamo sempre alle stesse conclusioni, ma il criterio con cui adoperiamo l'italiano è certamente lo stesso. Riconosco, inoltre, la mia inidoneità nel somministrare alle classi in lotta il trattamento da Lei comminato: sinceramente, temo di non potermelo permettere.

     

    dralig

  22.  

    Signori, per favore, vogliamo rientrare in-topic?

     

    Certo. Facciamo però correre uno sguardo sul panorama offertoci da questo thread. Riassumo:

    1) Segnalo un video con il chitarrista Gosio, sconosciuto ai più - come a me - che suona da mancino con accordatura capovolta e ne elogio la prestazione;

    2) alcuni lettori si uniscono all'apprezzamento;

    3) arriva uno che, per il mio messaggio, definisce me "totem", famuli adulatori gli intervenuti e ridicola la performance di Gosio, allegando al tutto un corposo estratto delle sua "filosofia" in cui se la prende oscuramente con non identificati burocrati della chitarra, lamenta l'oblio di Segovia e auspica l'avvento di un giovane che liberi il mondo oppresso dal complotto chitarristico dei burocrati; lo vorrebbe maleducato e, per non lasciarlo senza esempio, provvede di persona;

    4) arriva un altro che: a) dice che a suonare la chitarra da mancino e con accordatura capovolta sono in molti (ma, alla domanda di fare dei nomi, ne indica solo uno); B) accusa Selvafiorita di non sapere quel che dice;

    5) arriva un altro ancora al quale non sta bene che io elogi, biasimi, parli, taccia; ha evidentemente in gran dispitto il fatto che io esista, ma non intende dichiararlo esplicitamente;

    6) segue un parapiglia in cui, tra altre delizie, Fabio Selvafiorita minaccia di sottoporre le classi sociali a un trattamento riprovevole e, oltretutto, di problematica attuazione, anche per un giovane gagliardo qual egli è.

     

    "Il nostro strumento"? Non è più "nostro" della lingua che crediamo di avere in comune: la vostra, signori, è assai diversa dalla mia.

     

    dralig

  23. Non credo che sia un tuo limite: io comprendo che lo si possa fare... ma da lì al saperlo mettere in atto, pur essendo per natura mancino, è tutt'un altro paio di maniche, e confesso che nutrivo (e in parte nutro ancora) una certa invidia per chi ha già acquisito una tale confidenza con la tastiera della chitarra...

     

    EB

     

    Non essendoci alcun apprezzabile vantaggio tecnico-musicale nel saper suonare da mancino con corde al rovescio, non trovo, caro Ermanno, un motivo concreto che spieghi tua invidia (alla quale comunque non credo). Deve trattarsi di un puro vezzo estetizzante, del genere di quello che spingeva un chitarrista tosco (noto mangione iscritto a questo forum) a rivendicare a tavola il possesso del "gusto assoluto", per contrapporlo alle gesta di un chitarrista del quale si diceva che fosse capace di trascrivere dai dischi, non soltanto le note di un brano, ma anche le diteggiature della mano sinistra. Alla domanda: ma a che serve?, dal momento che le musiche si trovano già bell'e pronte in commercio, la risposta non poteva essere che: non serve a nulla, ma è bello poterlo fare.

     

    dralig

  24. Però poi non si lamenti se è single, se oltre ai Lied non si applica almeno un pochino anche alle serenate di Salvatore Di Giacomo [smilie=emoticon_187.gif]

     

    Ehm...(nei fumetti della mia epoca infantile l'interiezione con cui si manifesta imbarazzo si scriveva così, e non mi sono aggiornato), a voler dir lo vero, io a Salvatore Di Giacomo, e precisamente alla sua lirica "Nu pianeforte 'e notte", avrei reso devoto ed esplicito (nel titolo, con un passo della lirica in epigrafe) omaggio, con il secondo movimento della mia "Sonata mediterranea" per chitarra sola. Questa composizione ha attratto l'interesse di eccellenti interpreti (tra gli altri, l'ha incisa in CD il prode Giulio Tampalini), ma il suo autore è rimasto single.

     

     

    P.S.: mi permetto di scherzare un po', perchè Lei è il maestro del mio maestro e per entrambi nutro stima e simpatia. Spero che non si offenda, mi raccomando!

     

    Io fui il maestro del Suo maestro - oggi è lui che pulisce le bucce alle mie composizioni, dall'alto della sua dottrina di armonista, segnando spietatamente tutte le scandalose violazioni delle regole in cui - ormai dimentico de lo bello stile - incorro: quelli che la vulgata dei miei allievi, una quindicina d'anni fa, definiva "cazziatoni", mi vengono elargiti senza risparmio, e se non mi offendo per quelli, si figuri se mi offendo per i Suoi buffetti...

     

    dralig

  25.  

     

    Posso dire una cosa un po' irriverente? (ma cortese, sia chiaro): mi ha stupito che il M.° Gilardino conoscesse poco Nunzio Gallo, pensavo che la canzone classica napoletana (anche se in questo caso si tratta di una più generica canzone "moderna") fosse studiata, come genere, anche da chi si occupa di ben più vasto repertorio di musica classica.

     

     

     

    Butterfly

     

    Io sono un ex-concertista di chitarra con studi di composizione che, da 29 anni, ha barattato il concertismo con la composizione; accanto a questo fulcro primario, ho svolto (e svolgo, sia pure a rilento, da qualche anno) attività didattica e di ricerca musicologica. In questo quadro - di per sé già abbastanza personale - non è né obbligatorio né proibito occuparsi di altri generi di musica. Si dà però il caso che le passioni e le incombenze proprie di ciò che ho scelto di fare riempiano la giornata e gli spazi mentali a tal punto che ben poco resta per ogni altra cosa: non soltanto lamento deplorevoli lacune nel campo della canzone napoletana, ma anche dell'opera, del gregoriano e della musica medioevale, della musica rinascimentale e barocca, del jazz, della musica popolare, della musica rock, del flamenco e, a dire il vero, fuori dai miei interessi artistico-professionali di ex-strumentista, ora compositore strumentalista con focalizzazione chitarristica, mi appassiono pià facilmente alla pittura (come osservatore, beninteso) e alla letteratura (come lettore, sempre beninteso) che ad altri generi di musica; e le mie lacune sono ben più vistose e lamentevoli: sono single (nessuno mi vuole), non so cucinare (ultimamente, però, mi sono comperato una macchina per fare il caffé espresso), non so guidare e non ho un'automobile prestigiosa (lacuna, questa, particolarmente grave tra chitarristi, sembra), non sono iscritto a nessuna associazione di nessun genere (politico, sociale, religioso, sportivo, etc: niente), non so sciare, nuotare, giocare a tennis, a poker, a biliardo, non ho una console per i videogiochi, e non vado mai da nessuna parte, salvo una modesta vacanza annuale che mi concedo in un agriturismo umbro. Come vede, le cose di cui non mi occupo sono molte, quasi tutte quelle in cui eccelle un vero chitarrista al passo con i tempi. E, anche nel mio campo, sono poco affidabile: ho una lista di promesse incompiute nei confronti di interpreti che mi hanno chiesto un pezzo, da farmi vergognare. Gli editori per i quali lavoro mi stanno alle calcagna per scuotermi un po' (io li chiamo "i miei cr-editori"), ma con scarso successo.

     

    Tutto ciò Le scrivo non per fare dell'autobiografia, ma per rendere chiaro - con un'esemplificazione personale che mi auguro risulti efficace - che chi si occupa di "ben più vasto repertorio di musica classica" non ha confini tracciati per la sua ricerca: si traccia da sé la propria area, e ci lavora per una vita, con ovvi e naturali spostamenti di interessi, ed esercitando - specie nella terza età - una benevola tolleranza nei confronti delle proprie lacune, ormai definitive e irrimediabili.

     

    dralig

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