Vai al contenuto
Novità discografiche:

Angelo Gilardino

Membri
  • Numero contenuti

    2241
  • Iscritto

  • Ultima visita

  • Giorni Vinti

    37

Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. C'è chi prima di andare a letto legge un bel libro, e c'è chi legge bella musica: stasera accennavo sulla chitarra lo studio in oggetto del Maestro Gilardino. Avendo la fortuna di poterlo fare, volevo chiedere al compositore qualche notizia sullo studio in questione, se ha ricordi particolari legati ad esso, cosa lo ha inspirato in questa composizione e se c'è un particolare motivo che giustifica la dedica dello studio al compositore parmigiano Pizzetti.

     

    Grazie.

     

    Si, ho ricordi "speciali" riguardo questo pezzo. Nacque da un'immagine che serbo tuttora nella memoria, nitidissima. Un luogo dove non sono mai stato, e che pure mi è caro e familiare. L'ho anche disegnato, una volta, rispondendo alla stessa domanda che mi rivolge Lei, per uno degli interpreti del pezzo. Non si tratta di una scena, ma di un luogo: dinanzi a me (che non percepisco, di me stesso, altro che lo sguardo), c'è un grande prato verde, deserto, sul cui limitare - a due o trecento metri da me - sorge un filare di cipressi che io vedo di lato (quindi non in fuga). Il cielo è azzurro, senza nuvole e, pur non vedendolo, percepisco - non so come, oltre i cipressi - il mare: so di trovarmi su un altipiano che, dopo gli alberi, cade a strapiombo, con una scogliera, sulle acque calme. Sento - so che alle mie spalle c'è una casa, anche se non la vedo - una voce di donna che canta, ma non sono in grado di percepire un profilo melodico; so però che è morto un giovane, e che il canto lo piange. Dico a me stesso che mi trovo in Grecia ma, al di là del prato e dei cipressi, non c'è altra connotazione visibile che possa definire il luogo.

    Non credo esistano correlazioni dirette e dimostrabili tra le immagini e la musica, e non ho mai tentato di comporre un brano con un proposito descrittivo o narrativo, ma sono sicuro di aver scritto questo pezzo con quell'immagine chiara nella mia mente. Pertanto, l'ho "sentito" come un lamento per la morte di un giovane eroe greco. Da ciò il titolo, e da ciò l'omaggio a Pizzetti, autore della rabbrividente trenodia di Fedra per la morte di Ippolito.

     

    Non ho mai raccontato a nessuno di questa immagine, se non quando, durante una masterclass, un allievo, alla fine dell'esecuzione del pezzo da parte di un altro chitarrista, commentò ad alta voce: "Questa è la musica per la veglia funebre di Patroclo".

     

    dralig

  2.  

    L' Homenaje e de Falla non sono affatto deconstualizzati dal mondo che li circonda ma ciò che affascinava e ispirò de Falla fu tutt'altro che legato alla figura di Segovia. Fu il mondo del cante jondo, che egli studio e approfondi specialmente durante il suo soggiorno Granadino. E' vero, anche Segovia fece parte dell'ambiente culturale Granadino - e Falla riconobbe sempre in lui una grande personalità tanto da affidargli la prima esecuzione della versione chitarristica dell'Homenaje durante il Concurso de cante jondo - ma non fu, a mio avviso, una figura determinante per Falla, fu solo un elemento di un contesto più ampio.

     

     

    Giusto una precisazione: quelle che Segovia diede a Granada nel mese di giugno del 1922 (in occasione del festival di cante jondo organizzato da Falla, Segovia diede ben cinque concerti), non furono le prime esecuzioni chitarristiche dell'Homenaje, che fu invece "estrenado" (eseguito per la prima volta in pubblico) da Miguel Llobet il 13 febbraio 1921 nel Teatro Municipale di Burgos. La prima assoluta era avvenuta a Parigi circa tre settimane prima, il 24 gennaio 1921, per mano dell'arpolirista Marie Louise Henri Casadesus.

     

    dralig

  3.  

     

    Nella prima metà del Novecento, la novità forte e autentica, nel campo della scrittura, viene da Villa-Lobos, il Villa-Lobos delle "Douze Etudes": lì ci sono le formule innovative, l'espansione inaudita delle formule precedenti e, esteticamente, si introduce nella musica per chitarra - fino allora, tolto Falla, essenzialmente lirica - il dramma, cioè il conflitto che scaturisce da entità opposte: non per nulla Segovia si troverà spiazzato dalle "Etudes" villalobiane, perché nella sua concezione della chitarra come strumento lirico non può entrare il dramma.

     

    dralig

     

    In effetti mi è difficile pensare Segovia a suo agio con l'impeto prismatico-varesiano degli ultimi studi.

     

    Eppure, ci provò. Eseguì qualche volta in concerto lo Studio n. 11, ma non si convinse mai a registrarlo.

     

    dralig

  4. Segovia si troverà spiazzato dalle "Etudes" villalobiane, perché nella sua concezione della chitarra come strumento lirico non può entrare il dramma.

     

    Nonostante ciò, la lettura degli Studi di Heitor Villa-Lobos mi fa più pensare a uno studio in senso pittorico, come un'escursione in un ambiente nuovo ben più oscuro persino di quello raffigurato nella Suite popolare Brasilienne quasi 25 anni prima.

     

    La Suite Populaire Brésilienne è del 1912, con l'aggiunta del successivo Chorinho. Gli Studi sono del 1924-1928/9.

     

    dralig

  5.  

    E' ben scritta anche la Sonata Clàsica del '30 dove il classicismo di Sor incontra lo stile compositivo di Ponce.

     

    Credo che, nella Sonata Classica, l'unico omaggio reso da Ponce a Sor è il sottotitolo: per il resto, il classicismo della sua sonata ricorda parecchi autori della fine del Settecento e del primo Ottocento, ma non certamente Sor.

     

    Perchè?

     

    Perché Ponce, pur obbedendo alla consegna segoviana di comporre un omaggio a Sor, scelse il modello della sonata classica viennese? Evidentemente, perché la forma adoperata da Sor non gli sembrava soddisfacente. Ben diversa è la Sonata Romantica, nella quale egli accetta in pieno il modello schubertiano - inclusa la modulazione per giustapposizione - e, nel medesimo, dimostra di sapersi muovere benissimo.

     

    dralig

  6. ...... non per nulla Segovia si troverà spiazzato dalle "Etudes" villalobiane, perché nella sua concezione della chitarra come strumento lirico non può entrare il dramma.

     

    dralig

     

    permettemi un OT..

    ecco il dilemma della nostra epoca...non solo per Segovia temo che non possa entrare il dramma...

    ma molti credono di risolverlo...amplificando?

    se prima non esiste nel tessuto..interiore?

    e cioè..la musica (il repertorio)

     

    scusate..potete anche cancellare (dopo aver letto ovviamente) :)

     

    con simpatia

    m

     

    La situazione drammatica si può creare in qualunque dimensione, purché si verifichi un contrasto tra gli elementi che vi agiscono. Villa-Lobos rese si più "grande" il suono della chitarra, ma non fu per questo che fu capace di creare situazioni drammatiche nella - comunque piccola - dimensione chitarristica.

     

    Amplificare ciò che non è drammatico (utile o meno che sia, non è questo che intendo discutere) non crea alcun dramma.

     

    dralig

  7. La mia idea è che, al compositore che intende scrivere per chitarra, occorre fornire modelli di scrittura, non modelli di forma musicale (da lasciare interamente alla sua escogitazione). In altre parole: che cosa hanno inventato gli autori segoviani, a parte la buona musica che hanno scritto, in termini di scrittura chitarristica? Io direi: nulla [...]

     

    M° una domanda: chi allora, secondo Lei, nel XX secolo, o, volendo restringere l'orizzonte di veduta, nella prima metà del secolo ha fornito nuovi modelli di scrittura trattando in maniera nuova lo strumento in fase di composizione?

    Il mio pensiero va, non so se erroneamente o meno, a Falla; indubbiamente lo spagnolo, con l'Homenaje del '20 ha non solo inaugurato il cosiddetto "tenebrismo" chitarristico, ma ha anche trattato in maniera decisamente nuova la chitarra, non certamente come un semplice strumento da salotto e da intrattenimento, ma quale mezzo per indagare il mistero, per rischiarare -invano- le tenebre: è Falla fautore di un nuovo modo di scrivere musica per la chitarra?

     

    Attento, la novità di Falla si manifesta in senso estetico, non nella scrittura. Egli scrive perfettamente l'Homenaje, a partire dalla sua consultazione del metodo di Aguado e dalle sue rapite audizioni di chitarra flamenca, ma non introduce modelli nuovi: ne adopera alcuni già esistenti e, con quelli, dà il suo colpo d'ala. Guardi che a Falla, della chitarra "classica", non importava niente: lo attraeva il mistero della chitarra nel cante jondo, e da lì si mosse per comporre l'Homenaje, pensando a Debussy, e non a Segovia o a Llobet.

     

    Nella prima metà del Novecento, la novità forte e autentica, nel campo della scrittura, viene da Villa-Lobos, il Villa-Lobos delle "Douze Etudes": lì ci sono le formule innovative, l'espansione inaudita delle formule precedenti e, esteticamente, si introduce nella musica per chitarra - fino allora, tolto Falla, essenzialmente lirica - il dramma, cioè il conflitto che scaturisce da entità opposte: non per nulla Segovia si troverà spiazzato dalle "Etudes" villalobiane, perché nella sua concezione della chitarra come strumento lirico non può entrare il dramma.

     

    dralig

  8.  

    E' ben scritta anche la Sonata Clàsica del '30 dove il classicismo di Sor incontra lo stile compositivo di Ponce.

     

    Credo che, nella Sonata Classica, l'unico omaggio reso da Ponce a Sor è il sottotitolo: per il resto, il classicismo della sua sonata ricorda parecchi autori della fine del Settecento e del primo Ottocento, ma non certamente Sor.

     

    dralig

  9.  

    Grazie.

    Ha ragione. Spesso la polifonia è latente, ma certamente presente, in ambito armonico decisamente preromantico.

    A proposito della formazione armonico-contrappuntistica di Sor e delle differenze con Aguado. Magari mi sbaglio ma quello di Sor mi pare un tipo di scrittura veramente unico nella storia della chitarra preromantica. Leggevo con molto interesse questo articolo di Brian Jeffery riguardo le opere dei due (tra cui appunto il fandango di Aguado) scritte per un mondo parigino piuttosto sensibile alle "spagnolerie"...in Sor in ogni caso, per le opere più alte, mi paiono permanere elementi più vicini ad un certo tormento tutto schumanniano per il trattamento armonico-contrappuntistico mentre in Aguado quelli propri di una certa hausmusik virtuosistica...

    Probabilmente avranno anche influito non poco gli insegnamenti ricevuti nella storica Montserrat?

     

    Certamente, la cantoria di Montserrat diede al fanciullo Sor l'imprinting che rimarrà in lui per il resto dei suoi giorni. Anche quando, uscito dal convento e gettatosi nel mondo, Sor diventerà un currutaco irascibile, un ufficiale distinto, un cavaliere prono al fascino delle nabokoviane ninfette (oggi, verrebbe accusato di pedofilia), la polifonia continuerà a dominare la sua mente musicale filtrando tutti i suoi acquisti successivi: l'opera italiana, il balletto, la seguidilla...Insomma, un personaggio stendhaliano: il rosso della divisa militar-mondana e il nero della mai dismessa tonaca da chierichetto. E questo dualismo è, in lui, conflittuale. Aguado, tutt'altro personaggio: affabile e gentile, generoso, signore munifico dei contadini della sua grande tenuta vicino a Madrid, declina il suo notevole talento compositivo verso finalità didattiche, in un gesto di altruismo del quale Sor non sarebbe mai stato capace. E', nella mitezza d'animo e nella gentilezza del tratto, fratello maggiore di Regondi. Sor, se un'esecuzione non gli veniva bene, era capace di mandare una chitarra nuova in frantumi...

     

    dralig

  10.  

    M° una domanda: chi allora, secondo Lei, nel XX secolo, o, volendo restringere l'orizzonte di veduta, nella prima metà del secolo ha fornito nuovi modelli di scrittura trattando in maniera nuova lo strumento in fase di composizione?

    Il mio pensiero va, non so se erroneamente o meno, a Falla; indubbiamente lo spagnolo, con l'Homenaje del '20 ha non solo inaugurato il cosiddetto "tenebrismo" chitarristico, ma ha anche trattato in maniera decisamente nuova la chitarra, non certamente come un semplice strumento da salotto e da intrattenimento, ma quale mezzo per indagare il mistero, per rischiarare -invano- le tenebre: è Falla fautore di un nuovo modo di scrivere musica per la chitarra?

     

    Falla non ha adoperato modelli di scrittura nuovi, ma ha riconosciuto nel suono della chitarra un potere arcano che, prima di lui, non era stato individuato da nessun altro compositore. Con l'Homenaje, la chitarra è diventata uno strumento capace di profondità: questo è stato l'unico aspetto della poetica chitarristica che ha fatto storia nel Novecento, perché, dopo Falla, è stato raccolto da altri compositori che si sono accostati, come diceva Petrassi, al mistero del timbro chitarristico. Tutto il resto è ricreazione, divertimento (più o meno di classe), lirismo minore o, come diceva Ohana, un grande pastiche neoclassico.

     

    Credo che, nel 2100, sarà più facile per i posteri riconoscere nel repertorio chitarristico i valori non caduchi: dall'Homenaje in poi, la divaricazione tra la chitarra "magica" e la chitarra "alla moda" diviene enorme, e inconfondili i rispettivi tratti. Spesso, si dimentica il fatto che, nell'Ottocento, è stata stampata una montagna immane di musica per chitarra, e che quella sopravvissuta non assomma a meno di un centesimo di quella pubblicata (se avessimo nozione anche di quella scritta e non stampata, la percentuale di musica salvata diminuirebbe di molto). Io penso che, nel Novecento, questa percentuale si assottigli ulterioriormente, e che aumenti invece la differenza di qualità.

     

    dralig

  11. Sì, mi par giusto.

     

    Il discorso sul volume relazionato al contesto storico me lo fece anche il mio insegnante di composizione.

    La sua conclusione fu: "Ecco perché ha molto più senso, oggi, la chitarra elettrica".

     

    Digli di sforzarsi, qualche volta, di pensare. Sulle prime, si troverà a disagio, ma con il tempo capirà che è normale.

     

    dralig

  12.  

     

    Cambierei prospettiva. Non è che non è

     

    Questo è troppo. Nota di biasimo ufficiale.

     

     

    maestro lei non capisce

    è negazionismo secondo prassi sintattiche postmoderne

    non è che non è che non

    tipo

    a rose is a rose is a rose

    minkia

     

    [smilie=emoticon_65.gif] (st'emoticon somiglia un cifro a walter benjamin.)

     

    Io vorrei non capire, ma purtroppo non ci riesco. E ho capito che Lei - pur provveduto di buona formazione universitaria - ama concedersi ad amplessi (lessicali, s'intende) con le portinaie. Che lo sappia o no, sta peccando contro il sesto comandamento.

     

    dralig

  13.  

     

    Cambierei prospettiva. Non è che non è

     

    Questo è troppo. Nota di biasimo ufficiale.

     

     

     

    Cambierei prospettiva. Non è che non è importante l'idea di silenzio assoluto...è grave non avere alcuna idea riguardo alla propria posizione di interprete in uno spazio...

     

    Questo è un punto importante, e Lei ha il merito di averlo isolato (sia pure dichiarando guerra al congiuntivo). come si pone il chitarrista nello spazio che lo circonda? Incominciamo con il prendere atto che trattasi di spazio perturbato: grande o piccola che sia, la sala in cui il chitarrista suona non è insidiata soltanto dai rumori presenti ma, anche in loro assenza, dalla sedimentazione cronica di un disturbo acustico e psichico che ogni ascoltatore porta con sé. Se il rumore non c'è, ognuno lo personifica con il suo magazzino incorporato di disturbi da rumore, ognuno introduce nella sala la propria, ormai congenita, sordità, collegata al vizio di essere servito dal suono immediato, pronto, esaustivo, ancillare, il suono che non richiede all'ascoltatore alcuna attività, che lo adagia nella propria passività come in un diritto.

     

    Ecco, il chitarrista che ha idea della propria posizione di interprete in quello spazio, lancia la sfida: non s'ingegna di rendere il proprio suono più forte di quanto lo richieda la poetica del suo strumento, né si arrabatta a escogitare modi invitanti di porgere la musica; suona nel regime di suono proprio dell'arte specifica che professa, e il suo, rivolto al pubblico, è un invito a lavorare, a impegnarsi, a svegliarsi dal torpore, a reimpossessarsi della propria umanità. Ogni concerto di chitarra dovrebbe essere una denuncia dello spossessamento subito da ciascun ascoltatore per vie acustiche. Non capiscono? E allora, che crepino e, alla fine del concerto, se non hanno capito nulla, almeno sospettino che c'era qualcosa da capire.

     

    dralig

  14. ...Francisco Corbera, Ruperto De Viseo..

    (da E. Pujol: Apporto "italiano" alla chitarra classica, nei Quaderni dell'Accademia Chigiana, Ticci, Siena 1953)-

     

    Roba da matti!

     

     

    C.

     

    Meno male che si trattava dell'"apporto italiano": il testo di quella conferenza è un esempio di totale cecità storica - a parte l'ispanizzazione dei nomi. Viene in mente Domingo Prat e la sua confessione: parlando di Tarrega e dei suoi allievi, dichiara senza mezzi termini: "Eravamo ignoranti".

     

    dralig

  15. Maestro Tortora, quali sono queste supposizioni, se lecito? Dove si potrebbero cercare, a Suo (e di chiunque legga) avviso, le tracce di questo manoscritto?

     

    EB

     

    Nella biblioteca del conservatorio di Napoli, città dove Giuliani morì nel 1829, e poi nell'archivio Ricordi. Da lì si dovrebbe incominciare. Dove si finirebbe, è impossibile prevedere.

     

    dralig

  16.  

    Tratto da "Epistolario tra Domenico Artaria e il Sig.Angelo Gilardino, già eccellentissimo chitarrista in Vercelli"

    AD MMVIII

     

    Mai non fia, ch'io pieghi il mio capo e intinga la mia penna nell'inchiostro per scrivere all'ingrato fellone che Ella menziona, mio giovane e valoroso compagno d'arme Claudio. Egli si portò con tal dismisurata sconvenienza nei riguardi dell'amico nostro comune, messer Mauro Giuliano da Napoli, da meritarsi il castigo dell'onnipotente nel giorno del Giudizio, e la nostra riprovazione in questo mondo. Giacché, tolto che fu Messer Mauro dalla capitale dell'impero austro-ungaro a causa di malvagi pretesti contro di lui usati da vilissime e mendaci persone (egli non aveva fatto che accumulare innocenti debiti di giuoco per l'ammontare di meno di mille gulden e, nell'esercizio delle di lui ammirate doti amatorie, ingravidato una dozzina di pulzelle dell'inclita aristocrazia viennese), ebbene l'Artaria gli volse le spalle e restò muto e sordo innanzi le suppliche che da Napoli - donde il misero Giuliano era riparato, a curarsi l'infida mescolanza di mal sottile e di mal francese di che s'era contagiato nella pur anco fastosa società austriaca - gli giungeano, e oppose gelidissimo tratto di silenzio, negandosi alle richieste, non già di obolo, ma di legittimo compenso, secondo il costume previamente invalso nei loro mestieri. Sicché ne restò ferito e umiliato il nostro Giuliano, alla cui sventura doveano aggiungersi le tribolazioni causate dall'agonia del padre, che fu tenuto in ostaggio per anni da tale Emmanuelle, sirocchia empia e malvagissima di don Mauro, che si appropriò delle sovvenzioni da lui elargite per le cure al vecchio genitore, e costui lasciò in gramaglie, profittandosi del ricavato per li trastulli suoi e dei suoi compari. Ecco quali sciaguratezze ci tocca di testimoniare.

     

    Voglia adunque notificarsi dello stato assai migliore di che io godo al presente, favorito dai servizi di editori pronti ad accorrere a ogni mio gesto, e dirsi onorati s'io accorderò loro la preferenza per la stampa di una delle mie opere a venire: ché di quelle presenti nessuna giace silente ne li cassetti del mio scranno scrittorio, a non dire della mia rigorosa astensione dal giuoco e, ancora più proibitoria, della totale abolizione, dal novero de' miei piaceri, di quello del periclitante commercio de' sensi con fanciulle e matrone, pronte a lamentarsene poi e ad esigere costose ammende; il solo peccato che tenti le mie ormai stanche voglie essendo quello della tavola, dalla quale rifuggo come dalla peste bubbonica, non senza però qualche rovinosa ricaduta. Ma, come Ella ben può misurare, non mi sospingerà mai, tale difetto di temperanza, nel debito presso l'usura, e non avrà mai, sul mio cammino, l'ombra di alcun Herr Jakob Scholze a funestare li giorni che mi restano.

     

    Con che, immmaginandoLa assorta ne li traffici digitazionali imposti dallo studio del mio Liederkonzert insieme al suo distintissimo socio Paolo, e non volendoLa più a lungo distorglieLa da tanto offizio, La saluto caramente.

     

    Angelo Gilardino

  17. Complimenti Maestro, sono anch'io ansioso e curioso di ascoltare questa Suo nuovo lavoro.

     

     

    Alessio

     

    Colendissimo, avvegnaché Ella possa coronare il Suo disegno di udire il nuovo Quintetto testé uscito da la mia penna, e bearsene, o inorridirne, secondo che a ciascun de li due opposti effetti l'animo Suo disposto sia, La esorto a rivolgere la Sua attenzione ai propositi del Cavalier Giulio Tampalini, che in quel di Brescia sta cogitando al fine di divisare il tempo e il luogo della comparizione, sua e de la nuova opera, e porgerla con la sua arte al fine orecchio del pubblico della Leonessa d'Italia.

     

    Piacque infatti ad Apollo accordarmi la grazia di poter immaginare nuovi concenti e inaudite armonie, e di saperle ammanierare ne le forme che meglio si confanno alla chitarra e agli istrumenti che le fanno corona ma, nel mentre che mi faceva degno di questa grazia, il divo Apollo mi privava dell'affezione in che si nutre l'assidua pazienza del virtuoso che devesi applicare a la diuturna disciplina di esercizio, che sola concede di governare con maestria l'istrumento già caro a don Mauro Giuliano. Talché, orbato del privilegio di poter rendere onore con la mia mano incerta e desueta a l' opra che la mia mente crea, non mi resta che dimorare nell'attesa che i nobili campioni della chitarra si degnino di applicare la loro virtuosità ai frutti del mio ingegno, a beneficio mio prima che dei distinti uditori che vi si accosteranno.

     

    A tal riguardo, non mi perito a confidarvi che mi giunse voce - non sommessa, bensì squillante e pressocché araldica nel suo dichiararsi - che il Quintetto avrà primieraramente a librarsi nell'etra in un giorno della prossima estate, fausto nel suo merito ancorché probabilmente gravato da opprimente calura; e se Ella vorrà in tal giorno affacciarsi all'audizione, oso addivinare senz'aria di vaticinio che troverà nella musica dovizioso compenso alla stanchezza che l'improvvida stagione potrà insinuare nei Suoi sensi.

     

    Prendo commiato dalla Sua attenzione e La riverisco devotamente.

     

    Angelo Gilardino

     

    Da Villa Isola in quel di Vercelli

  18. Penso sia importante anche questo testo per interpretare il "Tenebrae factae sunt".

    Non vorrei aver datpo un contributo sbagliato alla discussione.

     

    Tenebrae facte sunt, dum crucifixissent Iesum Iudaei; et circa horam nonam exclamavit Iesus voce magna: "Deus meus, ut quid me dereliquisti?" Et inclinato capite, emisit spiritum.

     

    Exclamans Iesus voce magna, ait: "Pater, in manus tuas commendo spiritum meum". Et inclinato capite, emisit spiritum.

     

    "Eloi eloi lamma sabactani".

     

    dralig

  19.  

    Porca miseria.

     

    Errore, la composizione con questo titolo non è di Tarrega, ma di Barrios - altrimenti conosciuta come "Una limosna...".

     

     

    dralig

    Mazza Angelo, questa è bellissima, direi quasi uno studio di virtuosità e trascendenza :oops::oops::oops::oops:

     

    Si riferisce alla somiglianza esistente tra le "limosne" e i diritti d'autore corrisposti dalla Siae ai compositori di musica classica?

     

    dralig

  20. Coloro della nostra generazione che avevano frequentato per qualche anno i conservatori scrissero ( e ancora lo fanno )"diplomato al ...." senza aver sostenuto alcun esame, né di armonia complementare ( materia utile a seconda di chi la insegna e che ci si teneva tanto a definire "cultura musicale generale") né di storia della musica, quando non di solfeggio.... e forse di chitarra.

     

    Carlo

     

    Ecco, poiché hai toccato il tema, sarà bene che i giovani colleghi che ci leggono sappiano la verità. Parecchi docenti di conservatorio della prima leva - cioè quelli che ebbero accesso alle cattedre (ossia, ai corsi straordinari, poi diventati permanenti, e infine trasformati in "scuole") appena istituite - furono nominati sulla base di un titolo conseguito ai corsi estivi dell'Accademia Chigiana di Siena, dove insegnava Andrés Segovia. Attenzione: per essere ammessi ai corsi di perfezionamento di Siena, i pianisti, i violinisti, i cantanti, etc., dovevano essere in possesso di un titolo di studio (diploma di conservatorio). Ebbene, quando i corsi Segovia furono istituiti (1950), ai chitarristi tale titolo non si poteva richiedere, semplicemente perché non esisteva. Che cosa chiedeva Segovia ai candidati perfezionandi del suo corso? Un programma da concerto paragonabile a quello di un esame di diploma? No: gli bastavano le scale, un Preludio di Ponce (della serie da lui edulcorata, e non senza ragione definita "facile") e qualche altro studietto. Quindi, qualcosa di paragonabile a un odierno esame di compimento inferiore - ma assai più breve. E, alla fine del corso, a chi l'aveva frequentato, che cosa veniva rilasciato? Il diploma di un corso di perfezionamento, pari a quello che, nella stessa accademia, conseguivano pianisti che sapevano a memoria il Clavicembalo ben temperato e le Sonate di Beethoven. Parecchi dei chitarristi che uscirono dalla Chigiana con il diploma di perfezionamento non avevano nemmeno conseguito la licenza di solfeggio (il cui esame era accessibile a tutti, anche se non iscritti a una scuola di strumento nel conservatorio), e con il titolo chigiano ottennero le cattedre in conservatorio. Non ci voleva molto a corroborare quel titolo con una ventina di concerti tenuti in provincia - concerti dei quali, tra l'altro, bastava presentare un programma a stampa, senz'alcuna ulteriore verifica. I primi concorsi a cattedra nei quali si impose ai candidati di dar prova delle loro effettive capacità ebbero luogo 40 anni dopo, cioè poco meno di 20 anni fa.

     

    dralig

  21. Credo a priori che Domenico abbia immaginato bene, anche se dovrei fare una ricerca tra le mie carte sia per gli estensori del "programma dell'albergo" che per i componenti della spedizione ministeriale.

    Dralig sa che avevamo nemici (più che avversari) non soltanto per mercimonio ma anche per posizioni che se fossero state serie si sarebbero potute definire... "ideologiche". C.

     

    Non abbandonarti a svenamenti di generosità, caro maestro Carfagna: nel "mondo musicale" italiano le ideologie circolavano solo nelle classi di composizione, mentre, tra chitarristi, circolavano chiacchiere, fanfaluche e, non di rado, immondi pettegolezzi. Non era difficile procurarsi dei nemici, nel chitarrume: bastava essere musicisti normali e, anche senza far nulla a nessuno, ci si ritrovava segnati a dito e guardati in tralice da "maestri" ai quali, con il solo fatto di esistere, si stava "rovinando la piazza" (testuale, udita in un'assemblea dell'associazione chitarristica italiana nel 1966).

     

    dralig.

  22. Io mi sono sempre chiesto se sia giusto che gli studenti arrivino a fine corso, per la maggioranza delle volte, senza conoscere un solo concerto per chitarra e orchesta

     

    ...salvo poi prescrivere, come prova d'esame dei concorsi a cattedra, l'analisi e l'esecuzione di un concerto per chitarra e orchestra. In quale istituzione scolastica pubblica i candidati si saranno istruiti all'analisi musicale richiesta dal bando di concorso, non si sa, dal momento che, nella formazione degli strumentisti, l'unico accenno all'analisi musicale è quello che si fa nel biennio di armonia complementare (glissons...). Come dire: vi esamineremo su una materia che non vi abbiamo mai insegnato, e nella quale le competenze di chi vi giudicherà saranno del tutto ipotetiche. Ho letto un volume su Castelnuovo-Tedesco con un'analisi della Sonata nella quale l'autore non era nemmeno riuscito a individuare correttamente il secondo tema (volume pubblicato).

     

    dralig

  23. Tu non intervenisti... come anche io non intevenni alla seconda riunione, perché questa si tenne ufficialmente al Ministero con rappresentanti "di tutta Italia" (quattro gatti) ed io fui escluso perché c'era Gangi.

     

    Carlo

     

     

    Non intervenni perché non fui invitato. Se avessi ricevuto un invito, e l'avessi declinato, non avrei il diritto, oggi, di scrivere quello che ho appena scritto: non si commenta una battaglia dopo averla disertata.

     

    Certo, in mia presenza, non si sarebbe potuta ridurre l'opera didattica di Sor ai 20 Studi della selezione Segovia, non sarebbe stato possibile imballare l'intero secolo XIX in un'indistinta categoria, il secolo XX non sarebbe stato improntato obbligatoriamente al repertorio segoviano e i miei colleghi avrebbero dovuto rispondere alla seguente domanda: a quale criterio di serietà risponde l'obbligo di trascrivere in notazione mensurale le intavolature antiche quando: a) i candidati a tale trascrizione hanno acquisito, come preparazione, il solo contenuto del corso biennale di "cultura musicale generale" (come se il trascrivere non comportasse invece precise nozioni di composizione); B) i liutisti e gli interpreti di musica antica in genere preferiscono, con ottime ragioni, leggere dall'intavolatura e non dalle trascrizioni in notazione mensurale.

     

    Ecco quindi la fioritura delle trascrizioni maccheroniche, premiate con voti altissimi agli esami di diploma, ancorché zeppe di errori di elementare grammatica musicale. Sarebbe divertente sottoporne una campionatura ad Arthur Ness...

     

    dralig

×
×
  • Aggiungi...

Informazioni importanti

Usando il Forum dichiari di essere d'accordo con i nostri Terms of Use.