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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1.  

    può essere di interesse anche per altri capire come si può suonare la chitarra essendo mancini, senza invertirte le corde? Ho osservato attentamente il filmato ma mi piacerebbe capire meglio proprio la tecnica: mi sembra così difficile...

     

     

     

     

     

    Butterfly

     

    La tecnica è la stessa, cambia tutta la diteggiatura. E' difficile per un destrimane.

     

    dralig

  2.  

    Copio fedelmente le note scritte da Mario Dell'Ara su Piero Gosio (nel volume "Pietro Gallinotti - Liutaio di Solero - 2006):

     

     

    dralig

     

    Il numero del prossimo gennaio 2009 della rivista musicale (non chitarristica) "Suonare" pubblicherà un articolo di una pagina intera che ho scritto ieri, dopo i graziosi apprezzamenti rivolti al "totem", su Piero Gosio. Lo scritto riprende e sviluppa le informazioni che in questo forum ho dato in maniera sommaria. Così, la figura del maestro alessandrino verrà rievocata per migliaia (invece che centinaia) di lettori. Dice un proverbio spagnolo: "No hay mal que para bien no venga".

     

    dralig

  3. è indubbio che possieda una tecnica della mano sinistra non indifferente...poi, se vogliamo parlare del suono, è un suono che a me entusiasma, sarà anche merito della chitarra che aveva...proprio stamane, ho avuto modo di provare la chitarra di un amico, una Kohno Sakurai...io non ho mai amato queste chitarre, ma il suono che ha questa chitarra è strepitoso, un suono "antico", bassi profondi, penetranti, cantini dolci come miele ma aspri alla semplice richiesta...ho proposto un cambio, non ha accettato :lol:...infondo anche Segovia ha avuto la sua fortuna anche grazie alla sua prima chitarra (non fraintendetemi, la sua figura di artista prescinde da essa, ovviamente)...ho sentito chitarristi "classici" zappare come dannati e avere un suono inascoltabile pur suonando la Gran sonata Eroica...Ci sono molti chitarristi elettrici con una mano sinistra da paura, e pur non condividendo nella maggior parte dei casi il loro approccio musicale allo strumento, e in parte il loro suono, non posso negare di invidiare non poco la loro velocità nelle scale...Non è tutto bianco o nero...

     

    Copio fedelmente le note scritte da Mario Dell'Ara su Piero Gosio (nel volume "Pietro Gallinotti - Liutaio di Solero - 2006):

     

    "Piero Gosio, chitarrista, violinista e arrangiatore, nacque ad Alessandria nel 1921. Fin da giovanissimo manifestò spiccate attitudini per la musica. Iniziò all'età di sei anni lo studio della chitarra come autodidatta suonando la chitarra del padre, da mancino qual era, e senza invertire le corde. Sviluppò così una tecnica del tutto personale e straordinaria, applicata durante tutta la sua lunga carriera, che destava stupore e ammirazione in chi lo vedeva e ascoltava suonare.

     

    All'età di undici anni iniziò lo studio del violino con il maestro Ercole Giaccone, al Liceo Musicale di Alessandria, dove si diplomò brillantemente. Nel 1944 fu assunto nell'orchestra d'archi di Torino, diretta da Ruggero Maghini, La sua passione principale era però la chitarra e la musica jazz, Django Reinhardt in particolare. Già dall'età di sedici anni, nonostante l'ostracismo della cultura di regime, Gosio faceva parte di un complessino col quale si esibiva in provincia producendosi come chitarrista e arrangiatore di musica jazz. Sempre come chitarrista entrò a far parte delle orchestre di Pippo Barzizza e di Cinico Angelini e poi delle orchestre della Rai di Torino (1952) e di Milano (1957). Molto apprezzato per le sue doti di arrangiatore, elaborò partiture per i direttori che si susseguirono via via alla Rai: Barzizza, Trovajoli, Kramer, Bonocore, e tanti altri. Eclettico e versatile, fu presente in ogni genere di spettacolo, accompagnano la voce recitante di Arnoldo Foà (1953), vincendo il Festival di Sanremo [...] incidendo dischi per le canzoni napoletane interpretate da Giuseppe Di Stefano o ancora, prendendo parte al sestetto "A. Schoenberg" diretto da Bruno Maderna (Milano, 1965) e come arrangiatore per la Gershwiniana al Teatro alla Scala con Carla Fracci. [...]

     

    Nel repertorio classico rimane di lui un disco (1972) con musiche di Paganini nel quale, con la sua inseparabile Gallinotti del 1946, suona il Quartetto Primo con Alfonso Mosesti, violino, Carlo Pozzi, viola, e Giuseppe Petrini, violoncello, e accompagna Mosesti in Quattro Sonatine per violino e chitarra."

     

    Non occorre ch'io ricordi chi erano Maghini, Maderna e i componenti del Quartetto di Torino: con Maghini in Rai, o era buona la prima, o andavi dritto a casa. Sono lieto di aver ricordato ai lettori di questo forum la figura di Piero Gosio - mi riprometto di farlo anche in altra sede. Chapeau.

     

    dralig

  4. Sono d'accordo con lindina per i contenuti chitarristici mostratitici ma questa è solo una opinione, sia pure lecita.

    Non capisco invece perché il M°Gilardino, cui tutti dobbiamo rispetto, se la prenda tanto per la sua...celebrazione. Questa non scaturisce infatti dal

    modo di sentire a lui proprio, ma da come alcuni (sopratutto un due-tre utenti) fanno a gara - per piaggeria - a proporcelo, lui che non ne ha bisogno. Già in passato simili incidenti si sono verificati impedendo coi personaggi più in vista del forum un sereno dialogo. E' incomprensibile invece perché il Maestro non limiti chi, adulandolo, lo inquadra sotto luce opaca. Alla fine, non c'è dialogo, ma -come è stato rilevato- soltanto dictat zaratustriani.

     

     

     

    Alcuni utenti del forum apprezzano, come me, il singolare approccio chitarristico di Piero Gosio: che male c'è? Dov'è l'adulazione nei miei confronti, dove la piaggeria? Mi sembrano evidenti, agli occhi di chiunque conosca i fondamenti della tecnica chitarristica non tarreghiana, i pregi dell'impostazione della mano sinistra di Gosio: polso semiesteso (e non flesso), angolazione giusta, vibrato "naturale" (di chiara matrice violinistica: Gosio era diplomato in violino), cambio di posizione rapido e leggero. Che cosa c'è di strano che io lo osservi in un chitarrista, che tale impostazione metteva in atto nel 1957, quando i metodi di chitarra e l'insegnamento corrente prescrivevano il polso sinistro flesso e la presentazione della mano con l'asse centrale perpendicolare al piano delle corde? E' una constatazione di fatti evidenti, di natura tecnica, non una beatificazione: l'essere d'accordo non implica nessuna adesione fideistica, nessuna genuflessione. Perché mai io dovrei dire: zitti, non adulatemi? Come posso sentirmi in diritto di intromettere un "io" in un semplicissimo dialogo riguardante un collega quasi sconosciuto? Che c'entro "io", che c'entrano gli utenti che mi vorrebbero adulare? Non sarà che ad alcuni dà fastidio il fatto che esistano delle concordanze, e non solo delle divergenze? Non sarà che qualcuno ha scambiato l'autonomia delle opinioni e dei giudizi con la necessità di essere sempre e comunque in disaccordo?

     

    Negli anni Sessanta, dichiaravo un'intervista rilasciata a "Strumenti e Musica" che, nello studio del suono della chitarra, era utile e opportuno considerare anche le esperienze e i risultati raggiunti dai virtuosi del plettro, e portavo ad esempio il suono creato da Django Reinhardt. Lo ritenevo, e lo ritengo, un musicista geniale, e ho cercato di imparare qualcosa anche dal suo modo di suonare. Ne ritrovo tracce nel suono del maestro torinese - che mi dolgo di non aver conosciuto di persona: lo segnalo ai lettori in questa luce, non dico che sia stato un'alternativa a Segovia, dico che è stato un chitarrista interessante, singolare: che cosa ho fatto, se non quello che qui fanno tutti, quando ritengono di avere qualcosa di utile, o semplicemente di curioso, da dire? No, non va bene: non ha parlato AG, ha parlato il totem, e quelli che sono d'accordo sono adulatori.

     

    Mi spieghi, Mr Gasgas: da un lato Lei non comprende perché io "me la prenda tanto" con le "celebrazioni", e dall'altro non comprende perché io non zittisca i miei "adulatori": forte di una siffatta logica, io credo che Lei debba incominciare con il comprendere sé stesso. Intanto, ho compreso che, ch'io parli o ch'io taccia, per Lei sono in fallo.

     

    dralig

  5. Non ho la minima intenzione di essere maleducato con chicchessia, egregio Fabio Selvafiorita, ma voglio soltanto sostenere alcuni principi che fanno parte del mio modo di considerare la chitarra.

     

     

    Allora parli e scriva dei Suoi princìpi e del Suo modo di considerare la chitarra senza tentare di appiccicare etichette fasulle alle persone che partecipano a questo forum.

     

    I miei "totem" della chitarra sono piattaforme di ideali (ovviamente legittimi) dalle quali poi nascono considerazioni, stili e quant'altro che - nel tempo - divengono dogmi.

    Giorgio Tortora

     

    Che diventino dogmi, lo ha detto solo Lei. Io sono qui senz'altro scopo che quello di colloquiare serenamente di musica per chitarra, di storia della chitarra, di repertori, di studi, di ricerche: dico quello che so e che mi pare opportuno dire, esattamente come fa, in questo forum, chiunque altro, senza mai arrogarmi precostituzioni di autorità: faccio parlare il mio lavoro e, nelle discussioni, i miei argomenti. Non scrivo per cercare consensi e non mi inquieto per i dissensi - purché manifestati con correttezza.

     

    Come persona, rifiuto nel modo più risoluto ogni etichettatura che tenti di spossessarmi della mia umanità e, in questo senso, trovo la definizione di "totem" gravemente offensiva: lede il mio modo di sentire me stesso, il mio rispetto degli altri, la passione e la sofferenza che ogni giorno mi costa la mia opera di compositore e di studioso: non si permetta mai più di riferirsi a me con apprezzamenti del genere di quello che ha infelicemente speso nel Suo messaggio. Glielo dico una volta sola, e non Glielo ripeterò.

     

    Angelo Gilardino

  6. A me sembra di vivere in un altro mondo. Credevo che da questo forum - pur con tutti i distinguo dei casi - ci fosse un unico modo di considerare la chitarra:

     

     

    Il Suo? E la scoperta che ciascuno coltiva una propria visione artistica, della quale la chitarra non è altro che strumento (per l'appunto), Le procura disappunto? Si rassegni, il Suo modo di sentire, pensare, agire, vale solo per la Sua persona e, in questo forum, come in qualunque altro consesso civile, soltanto la forza delle Sue idee e del modo con cui le professa e le esprime potrà darLe credito. Nient'altro.

     

     

     

    uno strumento consolidato nella forma, nei contenuti, e soprattutto nella propria filosofia.

     

    Consolidato ma in piena evoluzione - grazie all'apporto di chi crea, di chi studia e di chi ricerca. E manifesto il mio interesse nei confronti di un collega - si, considero Piero Gosio un mio collega, anche se io non ho mai accompagnato canzoni e lui non ha mai composto musica da camera: lo rispetto e lo segnalo a coloro che, come me, sanno levarsi il cappello di fronte a ciò che è autentico, anche se è piccolo e modesto.

     

     

    E' bastato però che uno dei più ascoltati "totem" della chitarra italiana segnalasse questa ridicola storia del chitarrista-violinista-dal gran bel suono, che tutti voi, dietro, a far elogi, a stupirvi. Ma dove siamo? Ma non vi sembra che sia l'ora di smetterla?

     

     

    Dove siamo Glielo spiego subito: in un luogo virtuale dove a nessuno è permesso di chiamare "totem" un musicista vivo, vegeto e in piena attività senza infrangere le regole della buona educazione, del rispetto umano della deontologia: qui, prima che musicisti, siamo cittadini, e le opinioni in campo artistico e musicale si manifestano nei termini della convivenza civile. Se a Lei non piace il suono del maestro Gosio e non è d'accordo con chi invece lo apprezza, esprima il Suo dissenso adoperando i termini del lessico musicale e lasci stare le persone, evitando apprezzamenti che non hanno nulla che vedere con la critica e con la discussione. E' certamente ora di smetterla: di ingiuriare il prossimo e di tentare di infangare il lavoro altrui.

     

     

     

     

     

     

    Mi ritorna allora in mente la filosofia, la stessa che muove il mondo, per convincermi che devo muovermi da solo e quindi riposto il mio pensiero:

     

    LA MIA CHITARRA

     

     

    La chitarra è uno strumento strano, straordinario e debole allo stesso tempo come lo sono - del resto - i chitarristi, quei lunatici personaggi che ci mettono sopra le mani, le passioni, l’intera vita.

    Dimenticato troppo in fretta Segovia, tutti oggi conoscono una nuova “verità”, quella del nascosto arcano, della deduzione, dell’insidioso parallelismo.

    Difficile farsi accettare nei forum che impazzano in rete; essi, da autorevoli totem del distinguo indicano i nomi e le direzioni da intraprendere agli ottusi, e se un ingenuo sedicenne sbalordisce il mondo intero con una qualsivoglia mirabolante esecuzione, questo sì potrà finalmente ambire a qualche lezione totemiaca al cospetto reverente dei soliti noti dottori.

    Ma non è un peccato che la nostra (di tutti) chitarra venga smussata da questi cosiddetti sapienti , che - come proci – detengono quel potere misterioso che si chiama burocrazia?

    Troppo grande la critica? Troppo sibillina?

    La risposta sta nelle sale da concerto, quelle autorevoli, che non ospitano da anni il nostro strumento; nei troppi “Maestri della Chitarra” che – dal supremo pulpito del giudizio burocratico ne affliggono in realtà il fascino, appiattiscono le difficoltà, imponendo - tracotanti - una nuova cifra.

    Ma che piacere un giovane chitarrista maleducato e spavaldo, che riderà di quel sapere concettuale e suonerà solo ciò che gli dirà la sua anima!

     

    GIORGIO TORTORA

     

    Certo che, dopo aver qualificato come "ridicola" l'arte chitarristica del maestro Gosio, chiamare "filosofia" una cosa del genere denota un grande equilibrio e un'ammirevole modestia. E' mia convinzione che molti partecipanti siano muniti di senso del ridicolo, e che la loro presenza sia motivata anche dal fatto che, di occasioni di divertimento, questo forum è davvero prodigo.

     

    dralig

     

    PS Io non ho affatto dimenticato Segovia, e sono colui che egli ha designato per aver cura di una considerevole parte della sua memoria: quella legata al più grande contributo che egli ha dato alla storia della chitarra, il repertorio.

  7. (anche per la bellissima voce del cantante, un baritono-tenore lirico leggero che, invece di quelle scemenze, avrebbe potuto cantare benissimo i lieder di Schubert).

    dralig

     

    ...il noto cantante napoletano, nonché attore, Nunzio Gallo.

    Gran bella voce.

     

    L

     

     

    Immagino che avrà cantato il repertorio classico napoletano, quelle canzoni che non sfigurano davanti alle romanze d'opera e ai lieder. Sai se esiste qualche CD nel circuito commerciale? O è roba solo da napoletani veraci?

     

    dralig

  8. Inizio SuperMOD Edit

    Il thread è stato ripulito da interventi Spam e non inerenti la discussione originale.

    I post non sono stati cancellati ma sono disponibili qui: http://www.cristianoporqueddu.it/forumchitarraclassica/viewtopic.php?t=5272

    Giulio

    Fine SuperMOD Edit

     

    Stimolato dalla lettura di un paragrafo dedicatogli da Mario Dell'Ara nel suo volume commemorativo di Pietro Gallinotti, ho svolto una piccola ricerca sul chitarrista piemontese Piero Gosio. Mancato nel 2004, fu soprattutto un valente arrangiatore di canzoni, ma anche come esecutore fu tutt'altro che comune. Gli ascoltatori del vecchio LP di poesie lorchiane lette da Arnoldo Foà (con il commento musicale di Mario Gangi) ricorderanno soprattutto la superba recitazione del "Llanto": ebbene, il commento chitarristico di quella poesia fu composto ed eseguito da Piero Gosio. Suonava una Gallinotti. Come la suonava, cioè con quale postura e con quale tecnica, è cosa da lasciare stupefatti. Una registrazione televisiva del 1957, accessibile in youtube

     

    http://www.youtube.com/watch?v=zwMTDRcm7kU

     

    lo mostra in azione, e non occorrono commenti (ma notate, vi prego, la proprietà violinistica della sua mano sinistra). Chiedo venia per l'orrenda canzone che dovrete ascoltare - con un testo kitsch fino alla comicità - ma ne vale la pena (anche per la bellissima voce del cantante, un baritono-tenore lirico leggero che, invece di quelle scemenze, avrebbe potuto cantare benissimo i lieder di Schubert).

     

    dralig

  9. dal Puccini compositore, non si finisce mai di imparare...

    da totale intollerante che sono nei confronti dell'opera, non posso far comunque altro che rimanere folgorato dalle armonie e dai colori che egli riusciva ad imprimere all'orchestra...insuperato

    altro che Mahler

    un vero manuale d'orchestrazione

    da studiare studiare e studiare...

     

    complimenti a lei Maestro per questa scelta

    attendo di leggere le ulteriori informazioni

     

    Si, era un grandissimo orchestratore. in "Tosca", c'è una pagina miracolosa. All'inizio del terzo atto, prima che Cavaradossi, sulla torre di Castel Sant'Angelo, incominci a cantare "E lucean le stelle", c'è una sorta di preludio orchestrale: l'alba su Roma, con la voce di un pastorello che intona una siciliana. Solo Ravel poteva fare una cosa simile. Normalmente, in teatro, mentre si esegue questa pagina, la gente parlotta in attesa del tenore (secondo me Scarpia non aveva tutti i torti a far fuori un siffatto cretino), quindi per ascoltarla a dovere, meglio un DVD o un CD.

     

    dralig

  10. conosco abbastanza bene questa sonata e direi che il problema un po' esiste! involontariamente si stoppa sempre un po' il la della quinta corda a vuoto.

    credo che la soluzione proposta dal maestro Gilardino non sia male ma suonando tutto come unico arpeggio col pollice oppure tutto indice ci si trova davanti al problema di avere la 4 corda a vuoto!!

     

    Riccardo del prete

     

    Ovviamente, io non ho mai pensato che si debba usare un solo dito della m.d. su tutte le corde: il pollice controlla le corde 6 e 5, e le dita ima le tre corde superiori, escludendo la quarta: perché mai un accordo arpeggiato si dovrebbe trattare con la tecnica della strappata? La soluzione che ho descritto è usata da molti anni da parecchi chitarristi.

     

    dralig

  11. in realtà quel La basso non dovrebbe durare..quello è un accordo che in realtà dovrebbe essere scritto con il segno di staccato.

    Infatti il la dura 1/8. Il problema di salvo è che il la in questione rischia di essere stoppato dall'inclinazione del 3 dito. Proprio per questo gli ho consigliato di flettere la falange del dito 1. :D

     

    PS. OT. Belli i fiocchi di neve che scendono giù :D

     

    Poiché l'accordo non fa parte di una successione armonica con un movimento organico di parti, ma è solo una macchia di colore, e l'unico aspetto caratterizzante è l'intervallo di seconda tra sesta e quinta corda a vuoto, non cambia nulla - anzi migliora il risultato - alzare il mi di un'ottava e suonare l'accordo sol diesis - la - do diesis - mi - la con la diteggiatura 1-0-4-2-3, molto più propizia per non neutralizzare involontariamente la quinta corda. Questo genere di correzioni, nella musica dei compositori non chitarristi, è comune e ovvio, si fa quasi automaticamente.

     

    dralig

  12.  

    Ne aprofitto per chiedere alcune cose, dato che sto studiando la Sonata da lei citata, ha qualche considerazione da fare a proposito?

    Come "stile" mi sembra un pò diversa rispetto alle precedenti, come se fosse influenzata dall'aria spagnola che respirò durante il suo lavoro con l'archivio di Segovia.

     

    Caro Fernando, se un pezzo non è un po' diverso dai precedenti, non si ha motivo di scriverlo. I compositori, al contrario dei liutai (e dei cuochi), devono cercare di non ripetersi.

     

     

    Forse mi sbaglio, ma quel pedale all'inizio sembra evocare il suono delle campane provenienti dal fondo della via mentre un anziano (che in questo caso suona sulla terza corda) narra le sue memorie..

     

     

    Perché no, è una bella immagine. Scrivi poesie? Se non l'hai già fatto, pensaci...

     

     

     

    Volevo chiederle un altra cosa, non essendo in ambito tonale, come è possibile che nella riesposizione sembra trasposto alla relativa maggiore anche se non lo è?!? La trovo una scrittura affascinante, però non ancora comprensibile del tutto...

     

    Non occorre sapere che cosa stai componendo, se sai come comporla.

     

    dralig

  13. ma io sta cosa del play non la capisco

     

    Si riferisce a ciò che, nel suonare, vi è di ludico, e a ciò che il suonare ludicamente condivide con altre discipline: non per nulla i virtuosi sono invariabilmente ottimi giocatori anche di qualcos'altro (dal calcio agli scacchi, dal ping pong al bridge).

     

    dralig

    Si ho capito, ma non capisco la diatriba linguistica. mi sembra inutile.

     

    Un esercizio sulla lingua in un forum di chitarra, dove si consuma ogni giorno un immane olocausto della grammatica e dell'ortografia (non parliamo nemmeno della sintassi...)? Può darsi che sia inutile, ma è certamente sublime.

     

    dralig

  14. Quanto prima..Avevo intenzione di portare una sua composizione all'esame di diploma, chissà se il mio maestro me lo concederà...

     

    Non è in facoltà di un docente concedere o negare a un allievo la scelta del programma dell'esame di diploma, purché corrisponda ai dettami del programma ministeriale. Quindi l'allievo deve semplicemente notificare al docente il programma, e se il docente ritiene di contestarne alcuni punti, dovrà spiegarne le ragioni: al direttore del conservatorio, s'intende, al quale l'allievo rimetterà ogni decisione, non senza far mettere per iscritto le ragioni del rifiuto.

     

    dralig

  15. Adesso è tutto più chiaro, mi era sfuggito il passaggio del pedale di più note, ecco perchè non mi era chiaro: evidentemente anche il mio professore si era spiegato, ero io che non capivo. Grazie infinite per la disponibilità Sua e di Ermanno (ottimo il paragone :)).

     

    Cordialmente, Francesco.

     

    Ora che il concetto Le è chiaro, se Le interessa vedere un esempio di enunciato tematico con pedale triadico e il relativo sviluppo, legga il primo tempo della "Sonata del Guadalquivir" (2004) dello scrivente.

     

    dralig

  16. ... preziosi consigli del Maestro Biscaldi:

     

    persona e musicista di incredibile competenza, senso etico e gentilezza.

     

    confermo pienamente

     

    Poiché è noto il mio rapporto di amicizia e di collaborazione (nella collana "The Andrés Segovia Archive") con Luigi Biscaldi, è opportuno che io eviti di spendere in pubblico parole a suo favore (vedo peraltro, e non me ne sorprendo, che non ce n'è bisogno). Posso però - anzi, credo di doverlo fare - riferire un episodio del quale sono stato testimone diretto. Quando, nel 2004, "Seicorde" recuperò il disco LP che Biscaldi aveva inciso nel 1981 (a 19 anni), lo convertì in CD e lo pubblicò nella collana "I maestri della chitarra", una copia del CD fu inviata dalla rivista alla signora Emilia Segovia, vedova di Andrés Segovia, a Ginevra. Emilia Segovia, prima di diventare la moglie del maestro, era stata sua allieva all'Accademia Chigiana negli anni '50 e, anche se poi ha rinunciato alla sua carriera per dedicarsi alla famiglia, ha continuato a studiare e ad ascoltare: in pratica, conosce tutti, o quasi, i chitarristi in attività.

     

    Mi telefonò chiedendomi informazioni sul chitarrista che aveva ascoltato in quel CD e, saputo che la sua attività concertistica era stata interrotta a causa della distonia focale, volle il suo numero di telefono perché - mi disse testualmente - "è l'unico chitarrista vivente il cui suono si possa paragonare a quello di Segovia, e voglio dirgli che deve assolutamente trovare il modo di tornare ai concerti". La telefonata fu fatta nello stesso giorno.

     

    dralig

  17. In realtà è proprio questo che non capisco, mi spiego: posso capire e anche appoggiare l'idea che quel pedale sia alla base di tutta (o quasi) la composizione, e che sia indipendente (come daltr'onde è un pedale, in quanto, per definizione, libero da qualsiasi vincolo con quello che avviene sopra o sotto di esso), ma non riesco a concepirlo come "tema", anche perchè un pedale di per sè, come entità, non può avere sviluppo, quello che ha infiniti sviluppi è quello che io ci metto sopra e/o sotto il pedale, perchè su un pedale posso farci quello che voglio...ma non posso sviluppare il "pedale", cioè non mi è chiaro il suo sviluppo quale sia. Scusi se approfitto della Sua pazienza, ma nonostante le spiegazioni (Sua e del mio maestro) continuo a scervellarmi da ieri.

     

    Sono un po' perplesso: non riesco a capire come Lei concepisca l'esistenza di un pedale "di per sé, come entità". Il pedale è una funzione, ed è quindi in funzione di qualcos'altro. Di per sé, non significa nulla, e non esiste uno sviluppo del nulla (Brignolo direbbe dello zero): infatti, è il qualcos'altro che si sviluppa. Nella fattispecie, la fisionomia (e la sostanza) del tema si delineano con l'apporto del pedale, che ha una sua precisa funzione (ritmico-armonica). Il compositore voleva scrivere una romanza e non una sonata, e quindi ha esaurito la potenzialità degli enunciati nella loro esposizione, rinunciando a riprenderli. Se avesse voluto, avrebbe potuto benissimo svilupparli (ottimo terreno per un esercizio di composizione: costruire un tempo di Sonata ampliando una Romanza), e allora avrebbe trascinato con sé anche il pedale, aumentandone l'impiego in sezioni più ampie, ed eventualmente rinforzandolo (un pedale si può dare anche in bicordi e in accordi).

     

    Nell'ambito della musica per chitarra immediatamente consultabile, legga il primo tempo della Sonata Classica di Ponce, e vedrà come il primo tema sia enunciato sul pedale di tonica e di dominante, e ne constati poi la ricorrenza ampliata nello sviluppo. Inutile a dirsi, Ponce riprende lo stile classico, che è ricco di esempi: il Suo insegnante, se Lei glielo chiede, Gliene fornirà parecchi.

     

    dralig

  18. <... con un programma così, io non verrei neppure ad ascoltarti!!!>

     

    Risposta ideale: "Me lo voglio proprio augurare" E cambio di insegnante.

     

    il mio insegnante è il maestro Biscaldi, non questa persona qua!!! :twisted:

     

    Sarà bene, allora, precisare che il Suo insegnante, il maestro Biscaldi, e l'"insegnante" che ha rilasciato la singolare dichiarazione, sono due persone diverse, e ben diverse!

     

    dralig

  19. <... con un programma così, io non verrei neppure ad ascoltarti!!!>

     

    un'insegnate di chitarra di conservatorio mi ha rivolto questa frase, quando ha letto quello che potrebbe essere il programma di un mio ipotetico concerto.

     

    il programma è questo:

     

     

    Weiss: passacaglia

    Bach: preludio e fuga dalla 997

    Giuliani: rossiniana 1

     

    Falla: tombeau

    Haug: alba

    José: sonata

     

     

    Anche secondo voi è un programma tanto ripugnante da non meritare neppure l'ascolto? qualche consiglio?

     

     

    ciao e grazie a tutti

     

    Solo la misericordia di Dio può essere pià grande di tanta ignoranza.

     

    dralig

  20. Ecco in allegato la romanza in questione: quella cui accennavo nel topic "Presentare il repertorio".

    Volevo discuterne con voi perchè ne sono rimasto sconvolto, e ora vi spiego perchè:

     

    Il giorno in cui scrissi quel post, cui rispose Marcello, a lezione ci lasciammo due giorni di tempo per pensarci; oggi ci saremmo rivisti per discuterne e per svelare finalmente la forma che c'è dietro questo pezzo. La prima obiezione che il Maestro ha posto alla nostra (quasi unanime) convinzione della presenza di due temi è stata "cos'è un tema?" e qui noi abbiamo buttato giù delle considerazioni da manuale: maschile, femminile ecc..e lui: "prima ancora di questo, è un materiale che è soggetto a sviluppo: dove una linea melodica o un motivo persistente non è soggetto a sviluppo, è sbagliato parlare di tema (fin qui tutto pacifico); allora un tema deve necessariamente essere cantabile? essere esposto alla linea del soprano?", alchè, dopo la batosta precedente, ci guardiamo bene dal rispondere...e così inizia a parlare della sua visione del pezzo: identifica sì due temi, ma il secondo diverso da quello che tutti noi avevamo identificato, non un tema come siamo abituati a pensarlo, ma un pedale..e qui tutti rimaniamo spiazzati..come può mai un pedale diventare un tema?!...e lui continua facendoci vedere come secondo lui il pedale sia utilizzato come tema sottostante e variato da battuta 14 in poi, fino alla ripresa...quindi in definitiva una forma sonata in miniatura...ma io questa variazione del pedale proprio non la vedo, se non in un ampliamento del pedale che all'inizio occupa delle semifrasi, e che occupano nella seconda parte delle frasi intere. Non riesco ancora a comprendere, ci ho pensato su un bel pò oggi pomeriggio...Secondo voi è giusta l'interpretazione formale? e se si, mi aiutereste a capire? Ve ne sarei veramente grato.

     

    Grazie, Francesco

     

    Premesso che nell'analisi musicale non esistono certezze matematiche, ma solo (e non meno di) gradi di plausibilità - commisurati alla forza degli argomenti che ogni analista adduce a favore delle proprie tesi; premesso che il termine "tema" può essere adoperato per definire elementi poi realmente sviluppati, o anche solo elementi che presentano possibilità latenti di uno sviluppo poi non effettuato (e in questo senso bisogna distinguere il tema, che è tale perché è assoggettabile a sviluppo, dalla melodia, compiuta in sé e non trattabile se non per iterazione o semplice decorazione); la tesi sostenuta dal Suo insegnante è plausibile, perché quello che Lei correttamente definisce pedale ha funzione di sostegno di un enunciato che ha profilo e carattere proprio, ben distinto da quello del "tema primario" e schierato armonicamente, rispetto al medesimo, in funzione di mobilità e di tensione. Riferendosi a questa autonomia dell'elemento secondario, il Suo professore ha ritenuto di definirlo tema, e ne ha individuato il ruolo dialettico: in effetti, questa romanza (come altre) è la radice quadrata di una sonata.

     

    dralig

  21. quindi abolire l'ordine, la deontologia professionale, e rinviare l'analisi del procedimento, caso per caso, al giudizio. Se il reato sussiste sarebbe a questo punto auspicabile la certezza della pena, indipendentemente dall'essere affiliato al mezzo stampa o meno.

     

    Giusto. Nessun ordine può risparmiare a un cretino o a un mascalzone (che inspiegabilmente di un qualsiasi ordine giunga a far parte) la pena irrogata dalla legge dello stato: e a certi tipi, il fatto che le regole esistano può divenire evidente solo nel momento in cui realizzano quanto costa caro l'infrangerle.

     

    dralig

  22. Il reato di diffamazione, indipendentemente dai blog, è già sancito dal codice penale.

     

    Premessa: mi sto appassionando al thread con l'unico scopo di capire, senza preconcetti e senza alcuna vena polemica.

     

    La differenza sta esclusivamente nel mezzo con il quale una persona viene diffamata? La diffamazione a mezzo stampa comporta pene maggiori in quanto fatta mediante atto pubblico: perché è errato considerare un sito internet un atto pubblico?

     

    Grazie,

    ciao.

     

    Certo che no! Diffamare una persona o un'istituzione in Internet (nei blog, nei newgroups, etc.) configura lo stesso reato, e la stessa perseguibilità, del diffamarla a mezzo stampa. Ho appurato questo punto perché qualche tempo fa, in un newsgroup, e più recentemente su youtube, erano apparsi alcuni "apprezzamenti" che, nei miei riguardi, sconfinavano dal diritto di critica sull'opera (diritto che rispetto e sostengo) all'ingiuria personale e, per l'appunto, alla diffamazione personale (cose che non sono disposto a tollerare). Lo studio legale al quale ho sottoposto il caso mi ha prontamente informato che, negli scritti in questione, erano presenti gli estremi di una querela per diffamazione, con richiesta di danni morali (commisurabili alla notorietà del danneggiato), e si è dichiarato pronto a procedere. Ho informato gli interessati, che hanno provveduto a scusarsi pubblicamente, nella stessa sede in cui mi avevano ingiuriato e, per il momento, ho deciso di soprassedere, anche se mi riservo di ripensarci: per la causa penale ci sono due anni di tempo, per la causa civile cinque anni.

     

    Resto del parere che chi pubblica la propria opera (compositore, interprete, etc.) deve essere disposto ad accettare tutte le critiche di merito rivolte alla medesima sulla base di argomentazioni o a semplice titolo di opinione, e che non deve adontarsi se alcune di queste critiche sono negative: se si altera, vuol dire che non è sicuro del fatto suo e che è comunque fragile. Nel contempo, penso che occorra sbarrare il passo ai mascalzoni e ai falliti che, travestendosi da recensori, si vendicano degli artisti che invidiano, manifestandosi in termini che nulla hanno che vedere con la critica: questi figuri vanno chiamati davanti al giudice, senza remissione.

     

     

    dralig

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