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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Nei film western, l'eroe-tipo incarnato tipicamente da John Wayne o da un suo clone, a un certo punto interrompe la discussione e mette mano alla fondina, dove pende la sua Colt 45: "Basta con le chiacchiere!", ammonisce gli astanti - ben consci del fatto che lui è il più veloce nell'estrarre e il più bravo nello sparare. E tutti tacciono, con la coda tra le gambe. L'eroe ha ristabilito il primato dell'azione sulla parola, vile strumento di ciarlatani incapaci e di oziosi perditempo: di tanto in tanto, bisogna ricordare loro qual è la vera forza, e chi la detiene.

     

    Anche nei forum di chitarra - non escluso il presente - non di rado irrompe il pistolero, che getta sul piatto della bilancia (guai ai vinti!) la sua (presunta) bravura nel maneggiare "il nostro strumento" e sospende il vano trastullo della chiacchiera annunciando che "parlare è facile, ma suonare è difficile". Quindi, bando alle ciance, e si passi all'unico fatto che conta: il saper suonare. La parola, rispetto al "nostro strumento", non conta nulla.

     

    Si potrebbe far osservare a John Wayne, nel momento in cui minaccia di metter mano alla Ramirez-Colt 45 che, delle sue parole, i forum di chitarra sono inondati, e che ne spende non meno generosamente dei chiacchieroni ai quali si rivolge con il suo monito; che il parlare sarà anche facile, ma non per lui, dal momento che i suoi messaggi sono infarciti di strafalcioni ortografici e grammaticali, tanti e tali da far dubitare che abbia terminato la scuola dell'obbligo; che minaccia di estrarre "il nostro strumento" non dopo lunghi e meditati silenzi, ma solo quando le sue stesse parole lo hanno esposto in situazioni insostenibili e ridicole; che la sua presunzione, di essere lui quello che sa suonare, mentre gli astanti sono degli inetti tremebondi, è tutta da provare (nel forum ci sono centinaia di maestri che non hanno nulla da imparare da John Wayne, e che, sia con la chitarra che con la parola, non hanno il minimo imbarazzo); che, se il suonare è difficile, il comporre, ad esempio, è ancora più difficile, e che molti egregi compositori non sono stati, e non sono, esecutori provetti, ma che, ciò nonostante, nella scala dei valori musicali non sono certo secondi a nessun virtuoso (specialmente a quelli della cui virtuosità si può opinare con largo margine di dissenso). Si potrebbe, e non sarebbe fuori luogo.

     

    Tuttavia, si può anche spendere qualche considerazione più utile. Alla base di un comportamento del genere, c'è la convinzione intima che il saper suonare conferisca a chi ne è capace il primato in una sorta di gerarchia sociale (o chissà, antropologica) su chi non suona, ma sa "solo parlare". Calma, maestro, calma: nel panorama della storia, e nell'evidenza dell'attualità, il saper suonare la chitarra non insignisce di nessun merito particolare. Nella vita artistica, culturale, sociale, un chitarrista "classico", oggi, per bravo che sia, è figura decisamente comprimaria, conta appena un poco più di niente, e chi non è davvero molto bravo non conta proprio nulla. Ne fanno a meno le società musicali, il pubblico dei concerti di musica "colta" e quelli dei concerti rock, le case discografiche, le istituzioni culturali, le università, i mezzi d'informazione, etc. Se il virtuoso conta qualcosa - ma appena un po' - è principalmente perché, oltre a saper suonare, sa anche parlare in modo misurato e intelligente, perché sa scrivere senza ingiuriare la lingua, e perché ha abbastanza buon gusto da evitare sparate cialtronesche, divertenti solo nei film di John Wayne.

     

    In questi giorni, si svolge a Modena il festival della filosofia. Forse, a qualche chitarrista non farebbe male affacciarvisi: è quasi certo che non capirebbe nulla, ma perlomeno si renderebbe conto del fatto che, dove la parola è assoggettata al pensiero e al sapere, i punti segnati a favore dell'umanità, delle sue prospettive e delle sue speranze, sono incomparabilmente maggiori di quelli che si registrano nei festival di chitarra.

     

    dralig

  2. Sto imparando piu' da questo forum che in anni di lezione... grazie!!!!! :oops:

    dalle ultime discussioni ho capito che la mia preferenza per la musica era superficiale e i posts letti mi fanno pensare che ho molta strada da fare..... :cry:

    io ho capito il punto di vista di porqueddu, gilardino cicciomatera ecc ecc ecc e anche se è difficile trovo che sia la strada giusta da seguire ed è una strada per chi ha molta personalità perchè si tratta di restare soli rifiutando "il sistema" e infischiandosene dell'applauso

    come si fa a non avere paura di ciò? voglio dire........ da dove prendete questo coraggio? mi piacerebbe averlo

     

     

    [smilie=emoticon_178.gif] ciao ciao

     

    Ma l'arte si fa comunque da soli, non è un lavoro di squadra. Certi artisti (un compositore, un autore di teatro o di cinema, etc) hanno bisogno dell'apporto di altri artisti (interpreti, tecnici, etc.) per poter "comunicare" la loro opera al pubblico, ma la creazione è comunque un atto altamente personale. Ed è personale anche la ricerca dell'artista-interprete che lavora su un'opera altrui.

     

    Poiché il realizzare la propria opera non è un atto prometeico, ma il normale compimento della propria aspirazione, fa appello più alla volontà che al coraggio. In fondo, per un artista, l'unico modo di vivere è creare: se lo fa, ha solo il coraggio di vivere.

     

    dralig

  3. Buongiorno a tutti, mi sapreste per cortesia elencare i compositori e i brani orchestrali che prevedono l'uso della chitarra classica ma non in veste solistica?

     

    Grazie

     

    La chitarra è stata impiegata in funzione complementare negli organici di centinaia di composizioni orchestrali e cameristiche del Novecento. Le ha elencate provvidenzialmente Vincenzo Pocci nel suo catalogo, non ha che da consultarlo e, come si dice, si leverà la voglia.

     

    dralig

  4. Come chitarrista amatore libero da impegni scolastici, amo studiare la musica per chitarra classica composta da autori contemporanei. Mi piace cercare di capire come la musica per chitarra si stia evolvendo e soprattutto quale sia l'indirizzo musico-culturale proposto dai nuovi compositori.

    Allora navigo sui siti internet proposti dalle varie Edizioni musicali alla ricerca proprio di "qualcosa di nuovo".

    A questo proposito - ad esempio - il sito delle Edizioni Musicali Sinfonica propone una discreta scelta di compositori contemporanei: Eligio Bratus, Franco Cavallone, Ganesh Del Vescovo, Giorgio Tortora (che credo essere un utente di questo Forum), Giuliano Manzi, Livio Torresan, Marco Gammanossi, Nicola Jappelli, Simone Iannarelli, Stefano Casarini.

    Si pone quindi il problema - nella scelta della partitura da acquistare - di individuare un criterio con il quale selezionare un autore.

    Spesso è molto difficile recuperare il profilo dell'autore (percorso formativo, studi, influenze ecc) e ci si deve basare sull'ascolto o di una demo messa a disposizione dal sito o - al più - dalla lettura di una pagina di partitura in formato PDF estratta dal volume. Troppo poco per capire.

    Nella maggior parte dei casi questi autori non posseggono un proprio sito internet quindi l'operazione di approccio all'autore risulta essere ancor più misteriosa e difficile.

    La domanda che vi propongo è quindi: quali criteri usate nella scelta di una partitura di un autore poco conosciuto ?

     

    Taltomar

     

    Non si può dare una risposta che risolva tutti i dubbi del lettore ma, per quanto riguarda la casa editrice citata e gli autori che essa propone, si può osservare che il curatore delle edizioni, il maestro Bruno Giuffredi (anch'egli membro di questo forum) ha optato esplicitamente per compositori che hanno abbandonato il percorso delle "avanguardie" posteweberniane, o meglio , che (essendo giovani) non l'hanno mai imboccato, e che scrivono musica tonale o comunque assimilabile al linguaggio tonale, con un deliberato proposito espressivo.

     

    La scelta si esercita dunque tra le diverse personalità dei compositori citati: non li conosco tutti, ma sono sicuro che il filtro di Giuffredi non lascia passare musica scritta da dilettanti.

     

    In ogni caso, come si dice, "casca bene".

     

    dralig

  5. Quindi, mi par di capire, smentitemi se sbaglio, che inserire, ad esempio, 3 Studi di Regondi, la Grand Ouverture di Giuliani, Fantasia sobre fantasia di Marco, una Courante di Bach e una Passacaglia di Weiss, in un programma da concerto, sarebbe comunque un programma sballato perchè senza alcun nesso?

    E se il nesso sarebbe il solo ed unico repertorio *prediletto* dell'esecutore?

     

    Ancora grazie.

     

    Se il nesso fosse "il solo e unico repertorio prediletto dell'esecutore" avremmo certamente e perlomeno il beneficio della sua convinzione nel proporci quel programma.

     

    Critica costruttiva: non è un programmino un po' breve per un recital? E poi, dopo il pieno Barocco e due aspetti significativi dell'Ottocento chitarristico, che ci sta a fare, isolata, la "Fantasia sobre fantasia" di Tomas Marco, un pezzo breve, che rappresenta al massimo un momento nella produzione del compositore madrileno? Sfido anche il più esperto frequentatore di concerti di chitarra a cavarne qualcosa, senza un minimo di contesto. Perlomeno, le accosti il brano al quale Marco fa riferimento, parafrasandolo, altrimenti è proprio una seggiola in mezzo al deserto...

     

    dralig

  6. Mettiamoci di fronte a un programma per preparare un concerto o per la registrazione di un cd.

    Qual è la logica che dovrebbe legare i vari brani? E poi, esistono più logiche? La scelta, appunto: logica, su cosa deve vertere? Su cosa, il concertitsta deve focalizzare l'insieme?

    Quali sono i parametri per giudicare un programma di un concerto o la lista dei brani presenti in un cd, coerente e logico?

    C'è qualche concertista del forum disposto a fare degli esempi e/o simulazioni di programma?

     

    Grazie anticipatamente.

     

    Le case discografiche di oggi sembrano preferire i programmi monografici: un CD dedicato a un compositore, oppure a un'area culturale ben definita, o a un periodo storico altrettanto chiaramente omogeneo. Sta sempre più declinando il favore nei confronti del recital imperniato sulla figura dell'interprete che spazia attraverso i secoli.

     

    I programmi dei concerti chitarristici sono invece tuttora piuttosto spezzettati: lo stesso esecutore, che magari ha appena pubblicato un CD dedicato a un autore, in un recital ne include cinque o sei, senza preoccuparsi troppo degli sbalzi di qualità e delle incoerenze di linguaggi...Lo possiamo comprendere: chi acquista un CD con un determinato programma lo fa perché gli interessano quell'autore e quelle musiche, mentre chi va ad ascoltare un concerto non ha in genere una predisposizione giù determinata verso il programma, e il rischio di stancare, con un solo autore, una platea eterogenea, è molto alto. Da lì, la tendenza ad accontentare diverse categorie di ascoltatori.

     

    Personalmente, sono a favore di programmi centrati su ambienti culturalmente omogenei, ma con più autori. Ad esempio, a un intero CD dedicato a Giuliani, preferisco un CD dedicato alle musiche composte da Giuliani a Vienna, accostate a quelle coeve di Diabelli, di Matiegka, di Molitor: c'è un clima culturale comune, e vi appaiono chiare le differenze stilistiche tra i vari autori. Mi piace anche l'idea di programmi transepocali con un filo conduttore comune, per esempio quello che incise Attademo adunando compositori che avevano scritto brani ispirati alla Follia...In questo settore, si possono inventare programmi interessantissimi - per esempio un programma dedicato alla forma sonata italiana nel Novecento.

     

    dralig

  7. Capita spessissimo che le composizioni di Barrios abbiano versioni differenti sia per quello che concerne le pubblicazioni, sia per le esecuzioni delle stesse. E' lecito domandarsi: ma io quale devo suonare? Qual è veramente quella di Barrios? Considerando anche le registrazioni di interpreti famosi ci si rende conto di quanto siano dissimili fra loro.

    Cito ad esempio "Una Limosna por el amor de dios": ho 4 versioni, su cartaceo, differenti... :roll:

     

    Giovanni

     

    Il fatto è che i curatori delle principali edizioni di Barrios (Richard Stover, Jesus Benitez) hanno attinto a fonti non accessibili ai lettori, quindi non esiste una possibilità di verifica.

     

    A questo punto, le fonti più sicure sono le registrazioni dello stesso Barrios - che però coprono solo una parte della sua opera conosciuta.

     

    Va bene quindi una qualsiasi delle edizioni pubblicate, da mettere a punto derivando dai dischi le modifiche apportate dallo stesso autore.

     

    dralig

  8. Non riesco a capire bene questo passaggio:

     

     

     

    sorvatlzut5.jpg

     

     

    Le note MI e RE hanno il simbolino dello staccato, però spulciando il breve saggio di Gilardino sulla notazione (il libro "La Chitarra" di vari autori) leggo che in Fernando Sor il simbolo ha valenza di "étouffeé".

    Ho provato a suonare le note sulle barrette, tuttavia il risultato della quartina non mi convince...

    Potete aiutarmi a risolvere il dubbio?

     

    Grazie!

     

    E' meglio leggere che "spulciare". Un conto è lo staccato - interruzione deliberata del suono ordinario -, un altro conto è l'etouffé, che fin dall'inizio non è un suono ordinario, ma un suono filtrato, affine al "pizzicato". Nel suo metodo, Sor spiega che preferisce filtrare le note collocando le dita della mano sinistra sulle barrette, e non vicino alle medesime. Che questa tecnica possa risultare efficace sulle chitarre moderne, è ipotesi da verificare caso per caso.

     

    Comunque l'esempio da Lei posto non ha nulla che vedere né con lo staccato né con l'etouffé. Nella notazione dell'epoca, infatti, i segni di staccato posti su una o due note dopo una sequenza di note da eseguire con le legature della mano sinistra, non prescrivono lo staccato vero e proprio, ma solo il ritorno alla normale articolazione senza legature. In sostanza, vogliono dire: "non più legati".

     

    dralig

  9. In rete ho trovato un sito che mette a disposizione per il download un metodo moderno per chitarra della Scuola di Tarrega di un certo Pascual Roch.

     

    Il link è questo: http://creativeguitar.org/blog/pascual-roch-modern-method-guitar-school-tarrega/7156

     

    Chi ha qualche informazione in più a riguardo?

     

    Pascual Roch (1860-1921) era un medico valenciano che abbandonò la sua professione per dedicarsi alla chitarra. Per motivi di salute (pare), emigrò a Cuba, dove creò un'accademia di chitarra e una fabbrica di strumenti. Scrisse anche il Metodo, pubblicato da Schirmer, di cui si tratta. Si professò allievo e seguace di Tarrega e, nel metodo, erede della sua scuola. Nel Diccionario di Domingo Prat si legge una critica abbastanza severa al riguardo, ma ben si sa che Prat usava somministrare pozioni acide abbastanza spesso...

     

    Storicamente, non sembra una figura rilevante, questo non toglie che il suo Metodo possa essere letto con interesse anche oggi.

     

    dralig

  10. Ho da poco finito il montaggio della Sonatina-Lied n.3 di Gilardino per flauto e chitarra nella esecuzione di Angelo Colone e del suo flautista.

     

     

    Non sapevo che il tecnico che ha registrato Colone e il suo flautista e il "Gigi" di questo forum fossero la stessa persona. Ne approfitto per ringraziare per l'ottimo lavoro svolto a favore della mia musica. Credo che Angelo Colone registrerà altri lavori miei, ancora più impegnativi dal punto di vista della presa del suono, e ringrazio in anticipo per l'impegno che dovrà essere profuso nel lavoro.

     

     

    Altra domanda: come mai ha scelto di comporre proprio una Sonatina-Lied??

    Cosa lo ha portato ad optare per questa forma musicale???

     

    cordialmente

     

     

     

    Il titolo "Sonatina-Lied" è impiegato in modo obliquo. Adoperare la forma-sonata quando si compone musica atonale può sembrare un non-senso, ma può anche - come mi auguro di aver dimostrato - funzionare, se la forma è solo "evocata" e non rimessa in gioco come fattore vitale.

     

    L'aggiunta del termine "Lied" si riferisce al modo con cui i temi sono concepiti (sono melodie, ancorché atonali, assai più che temi) e sviluppati, con attenzione quasi esclusiva all'aspetto motivico.

     

    dralig

  11. Grazie, Ermanno!!!

    Ho fatto una figuraccia, non me ne voglia il M° GILARDINO....

     

    So che il mio carattere mi ha guadagnato una reputazione orrenda - credo solo in parte meritata - ma, anche così, mi sorprendo per la suscettibilità - invero mostruosa - che mi viene attribuita: perché mai dovrei volerGliene? Ignorare il numero delle mie Sonatine-Lied non è davvero una lacuna culturale, specialmente in un mondo in cui, tra studenti di conservatorio, ben pochi sanno a memoria - che so - quante sonate per violino e pianoforte ha composto Beethoven, o quante ne ha scritte - per pianoforte e violino - Mozart. Insomma, sono un vecchio ragionevole, e per niente stizzoso.

     

    Comunque....è lecito aspettarsi altre Sonatine-Lied??

    la nr.6 sarà con il violoncello???

     

     

    Non credo. Al violoncello - che fu il mio secondo strumento quando iniziai gli studi musicali - ho dedicato due lavori molto impegnativi, sia per me che li ho scritti, che per gli esecutori:

     

    1) Il Concerto per violoncello, chitarra e orchestra "Star of the Morning";

    2) La versione della "Sonata Romantica" di Ponce che, dall'originale per chitarra sola, ho ampliato e riscritto per violoncello e chitarra.

     

    Credo che, per il momento, possano bastare, ma naturalmente prendo buona nota del suggerimento, e ringrazio.

     

     

    dralig

  12. Salve a tutti, volevo far spendere due parole circa questo brano di Asencio che dopo una prima lettura, pur piacendomi determinate armonie, sento di non averlo compreso...

    Volevo avere qualche infomazioni da chi lo suono o magari lo ha studiato ( o revisionato ;) )

     

    Grazie mille

     

    Il titolo della composizione suggerisce che si tratta di musica a ispirazione regionale. Tuttavia, il compositore non ha fatto ricorso a canzoni o danze esistenti, ma ha creato musica propria, evocando gli aspetti che rendono riconoscibile la musica valenciana. Le melodie del primo e del secondo pezzo e il ritmo del terzo sono quindi simili a quelli delle musiche popolari della regione, ma sono stati inventati di sana pianta.

     

    L'armonia è quella dei compositori francesi del primo Novecento, e dei compositori spagnoli che avevano preso a modello i compositori francesi.

     

    Asencio era pianista, quindi è inevitabile che la sua scrittura presenti aspetti pianistici, però resi perfettamente compatibili con l'idioma della chitarra.

     

    Ascoltando le esecuzioni pianistiche dei brani di Albéniz e di Granados dei pianisti come Alicia de Larrocha, si può forgiare un buon modello generico di gusto e di stile. Poi, naturalmente, occorre comprendere bene i caratteri specifici della Suite ed escogitare le soluzioni di fraseggio, di colore e di dinamica adatte a rendere con chiarezza i valori della composizione: se ci si arriva con le proprie forze, bene, altrimenti occorre farsi aiutare da maestri in grado di analizzare la musica e di spiegarne tutti i dettagli.

     

    dralig

  13. se leggi lo spagnolo, qualche informazione la trovi qui:

     

    http://es.wikipedia.org/wiki/Antonio_Jos%C3%A9

     

    Viceversa può illuminarci il M° Gilardino, che l'ha pubblicata due volte:

    la I edizione è del 1989-90 in collaborazione con Juan José Sàenz Gallego; la II con Ricardo Iznaola, del 1998 se non erro....

     

    Ancora devo vedere l'ultima edizione (posseggo la I) per capire quali differenze ci siano.....

     

    un saluto

     

    gg

     

    Le differenze sono quelle che risultano dal confronto tra i due manoscritti, riprodotti nelle rispettive edizioni.

    Il primo, si può considerare una sorta di minuta, ancorché perfettamente leggibile e musicalmente completo; il secondo, è la bella copia destinata dal compositore a Regino Sainz de la Maza. Com'è naturale, nel ricopiare il lavoro in bella, il compositore modificò alcuni dettagli.

     

    Nella seconda edizione, lo scritto introduttivo è notevolmente ampliato e approfondito.

     

    ag

  14. Grazie, a ogni modo ho già ricevuto l'arretrato e sono entrato in possesso dell'articolo di Angelo Gilardino.

     

    Che triste fine che ha fatto il compositore ... e così giovane!

    E a quanto pare era di una vena musicale non indifferente!

     

    Peccato veramente!

     

    La prefazione alla seconda edizione (quella tuttora in commercio) è utile per approfondire e ampliare la conoscenza acquisita con la lettura del precedente articolo. La storia di Antonio José Martinez Palacios non è purtroppo diversa da quelle di tanti altri cittadini spagnoli che, durante la guerra civile, furono eliminati per dar sfogo a rancori personali, con pretestuose motivazioni politiche: in altre parole, come disse un intellettuale spagnolo, Federico Garcia Lorca fu assassinato da cattivi poeti e Antonio José da cattivi musicisti. Date a questa categoria di livorosi frustrati le circostanze che permettano loro di agire impunemente, e oggi come allora vedrete finire al muro artisti colpevoli soltanto di avere manifestato il loro talento.

     

    ag

  15. Io le trovo utili per chi vuole impararsi un pezzo velocemente, più che altro parlando di brani per chitarra elettrica. È vero però che, abituandosi a leggere le tablature, poi non ci si esercita nella lettura del pentagramma.

    E' vero che nell'antichità si faceva largo uso delle intavolature, ma perchè? Perchè nessuno sapeva leggere la musica.

    Appoggio Akaros, tu dici che serve ad imparare un brano velocemente, io aggiungo a imparare un brano senza sapere che stai facendo.

    Il metodo è più rapido perchè non ci si deve preoccupare di nulla tranne del tale dito in tale tasto quasi come se si dovessero leggere delle coordinate, sembra quasi una partita a battaglia navale.

     

    Tra la musica e la sua notazione originale c'è una relazione profonda. L'intavolatura fu per due secoli e mezzo almeno il sistema di notazione della musica per liuto e per chitarra, e la musica di quell'epoca va quindi imparata leggendo dall'intavolatura: non è, in relazione a quel tipo di musica, un sistema di notazione adoperato da compositori dilettanti per lettori semianalfabeti, ma un modo di scrivere la musica coerente con la sua essenza e in certi casi persino raffinato.

     

    Altro discorso è quello di trasformare in intavolatura la musica scritta in notazione mensurale dalla seconda metà del secolo XVIII, al solo scopo di facilitare la decrifrazione da parte di chi non sa la musica. Questo è un espediente per esecutori della domenica, e non ha nulla che vedere con l'intavolatura e il modo con cui liutisti e chitarristi "istruiti" ne fanno uso. Le trascrizioni in notazione mensurale delle intavolature di liuto, vihuela, chitarra barocca, etc., sono state concepite, dai primi musicologi che se ne occuparono, al fine di permettere una agevole lettura ai musicisti che non suonavano gli strumenti a corde pizzicate - e furono redatte giustamente in un sistema a due pentagrammi (quindi leggibile a pianoforte). Solo più tardi invalse l'uso di trascrivere le intavolature in notazione mensurale con un solo rigo e con trasposizione all'ottava - per intenderci, le trascrizioni a uso dei chitarristi. Se questi vogliono essere onesti, debbono ammettere che "facilitata" in questo caso è la loro lettura, non quella di chi legge l'intavolatura.

     

     

     

    dralig

  16. interprete decisamente controverso nella storia della chitarra

    ha un impeto invidiabile e la foga di un Rubinstein

    c'è molto del Giappone nelle sue scelte interpretative (dalle trascrizioni agli eccessi retorici)

    indipendentemente dalla filologia (difficile valutarne l'impatto nell'oriente estremo)

    a me piace

    di sicuro lo preferisco a certe macchinette e certi tangueros

     

    p.s.

    e quando l'ho visto manovrare nell'aria la chitarra mi sono detto: "si si, ho capito come ti senti e sono d'accordo, lo sento anch'io"

     

    La gestualità di un interprete è da commisurare agli esiti sonori che riesce a ottenere. Cambiare espressione facciale quando il suono rimane invariato non serve a nulla; compiere gesti più ampi con le braccia quando la dinamica del suono risulta piatta è ridicolo. Non è questo il caso del chitarrista in questione: la sua gamma timbrica è notevole e l'ampiezza della sua dinamica altrettanto, quindi non è un retore vuoto, ma un interprete che va dritto all'espressione con tutta la sua persona. Che lo stesso risultato sonoro si possa ottenere rimanendo impassibili è un fatto indubbio, che la sua "recitazione" possa risultare caricata e finanche sgradevole è pur vero, ma non gli si può negare di essere sincero e autentico in tutto quel che fa.

     

    Non sono molto d'accordo con il Suo paragone con Rubinstein. Questi, aveva una grande facilità pianistica, ma non una tecnica così sviluppata qual è - in campo chitarristico - quella del maestro giapponese. Rubinstein truccava i passi più complicati per limitare i rischi, questo chitarrista li affronta con un coraggio temerario, e non ha paura di niente. Vedrei piuttosto calzare il paragone con certi pianisti russi della stessa generazione: mi viene in mente Gravrilov, un diavolo scatenato...

     

    dralig

  17. Scusate, mi permetto di dire che l'esecutore sembra schizofrenico.

     

    Non è scusabile. Può non piacerLe, può criticare la Sua esecuzione - se ne ha i motivi e gli argomenti - ma non può ingiuriarlo sul piano personale, attribuendogli una patologia mentale. Si scusi immediatamente per questa scorrettezza ed eviti in futuro di esprimere apprezzamenti che riguardano la sfera privata delle persone: è inammissibile.

     

    dralig

  18. 2) circa i tombeau in generale: qual'è la traduzione italiana per il nome di questo genere? Composizioni sepolcrali??

     

    No, per l'amor di Dio. Abbiamo già le traduzioni italiane che recitano brutalmente "per la tomba di Debussy". "Tombeau", in quest'accezione, significa epicedio, e questa è la parola italiana che meglio rende il concetto di composizione poetica o musicale scritta per un illustre scomparso.

     

    dralig

  19. Ho potuto visionare la versione in Sol minore e vi dirò che il COLORE che assume il brano è totalmente diverso da quello della versione in La minore.

    Non capisco quale difficoltà (tecnica, forse?') incontrata da Purcell nella versione originale lo ha spinto a chedere a MCT una versione 'più eseguibile' in La minore.

    Ma forse dralig, o chi per lui, sarà in grado di svelarci l'arcano....

     

    Ahime, temo che non ce ne sia bisogno, e mi pare evidente il sillogismo: io non lo posso suonare, dunque è ineseguibile.

     

    Dopo Mussolini, Castelnuovo-Tedesco dovette sopportare i chitarristi. Bisognerebbe almeno beatificarlo.

     

    dralig

  20.  

    ...temo che stiamo parlando di due brani differenti.

     

     

    Allora, anziché temerne, dobbiamo rallegrarcene!

     

    Angelo, credo che tu ti riferisca alla Sonata op.16 [a] (secondo la classificazione di Mario Torta, anche se sulla copertina originale è segnata come op.42!), Sonate Sentimentale (Gli Amori d'Adone e Venus), mentre la Sonata che io ho revisionato è la Grande Sonate op.16 .

    Quest'ultima ha una struttura più classica ed equilibrata, scritta con buon mestiere ed un'inventiva 'abbastanza "fresca" (bello il secondo movimento in perfetto stile "napoletano"), anche se non mancano alcuni luoghi comuni strumentali che a tratti (ed erano quelli a cui mi riferivo) suonano "alla Giuliani".

    Nella Sonate Sentimentale, il passaggio da te indicato rappresenta, invece, uno schiacciante caso di plagio, ed hai perfettamente ragione nell'averlo riconosciuto!

    Io propendo per il furto da parte di Carulli (la variazione di Giuliani calza bene con il tema, anche se il contesto armonico è alquanto banale e sovrapponibile a tante altre situazioni!).

     

    Saluti

    Piero

     

    Prima di andare a Parigi, Carulli fece una capatina esplorativa a Vienna, nel 1806, giusto in tempo, io credo, per constatare che la piazza era appena stata occupata da un giovane "napoletano", non verace, qual era lui, Carulli, bensì arioso, cioè proveniente da una delle provincie del Regno. E questi, oltre a comporre e a suonare da dio, passava pure, agli occhi della critica, per una sorta di Antinoo - a quell'epoca la Germania e l'Austria andavano matte per tutto ciò che proveniva dai luoghi scavati da Winckelmann. Questa fu, a mio giudizio, l'ottima ragione che indusse don Ferdinando - che a quell'epoca aveva già una ventina di chili di troppo rispetto a un Antinoo - a far vela per Parigi, dove tirava un'aria più respirabile.

     

    dralig

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