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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1.  

     

     

    Caro dralig,

    ho sospettato che ci fosse qualcosa alla Giuliani specialmente nel Rondò o in qualche sezione del 1° movimento, ma sinceramente non ho approfondito: ti sarei grato se mi indicassi l'episodio plagiato!

     

    Grazie

    Saluti

    Piero

     

    Il primo episodio dell'Allegro nella Sonata di Carulli ("La chasse commence") è evidentemente la Variazione XI dell'op. 47 di Giuliani (Variazioni facili su un'aria nazionale austriaca). Per sapere chi, tra i due, ha derubato l'altro, basta valutare la congruenza del passo in questione nei rispettivi contesti. Anni fa, avevo segnalato questo furtarello in altra sede, e l'amico e collega Dell'Ara aveva preso le parti di Carulli. Figuriamoci. Fritz, porti via questo fagiano, è disgustosamente salato.

     

     

    dralig

  2. vorrei trovare delle "sonate per chitarra sola" di Carulli, non ho per niente le idee chiare in proposito se non che dovrebbero chiamarsi più o meno così.

    ringrazio chi potrà aiutarmi

    ciao

     

    Della "Grande Sonata" op.16 di Carulli esiste anche una mia revisione in edizione moderna pubblicata dalle Edizioni Eurarte - Varenna (Lecco).

     

    Saluti

    Piero Viti

     

    Scusami Piero, ignoravo questa tua performance in veste di revisore. Abituato a leggere le tue ponderate recensioni dei lavori altrui, non me l'aspettavo. Come diceva Massimo Mila di un collega, sei passato dalla parte dei critici a quella dei criticabili.

     

    dralig

     

    PS Non avendo ancora letto la tua edizione dell'op. 16 mi domando se tu abbia rilevato il piccolo plagio che, nella Sonata in questione, Carulli ha commesso ai danni di Giuliani. Suppongo che non ti sia sfuggito.

  3. vorrei trovare delle "sonate per chitarra sola" di carulli, non ho per niente le idee chiare in proposito se non che dovrebbero chiamarsi più o meno così.

    ringrazio chi portà aiutarmi

    ciao

     

     

    Nel volume "Oeuvres choisies" pubblicato da Minkoff (ristampa delle edizioni d'epoca) troverà:

     

    Trois Sonatines op. 7

    Grande Sonate op. 16

    Les Amours d'Adonis et Vénus, Sonate sentimentale op. 42

     

    Da Suvini Zerboni troverà:

     

    Tre Sonate op. 21

     

    dralig

  4. Beh, in questo caso si parlerebbe del Gilardino interprete, ma non delle proprie opere, se non ho capito male....

     

    Un ex-concertista che si ritira a 40 anni per fare il compositore (Liszt docet), all'età di 67 anni, se non ha sbagliato la mira, attende - posto che gliene resti il tempo in questo mondo - un primo assetto critico e interpretativo intorno a ciò che ha scelto di fare, e non si cura più di ciò a cui ha rinunciato.

     

    Citando Christopher Marlowe: "Ho fornicato, ma fu in un altro paese, e inoltre la ragazza è morta".

     

    dralig

  5. Premesso che non credo fosse facile avere il sottoscritto quale allievo di composizione....

     

    Perchè dice così?

     

    Suona strano, detto da uno come Lei che ha prodotto un numero impressionante di opere per il ns strumento e che tutt'ora continua a sfornarne (a proposito, complimenti per la Sonatina-Lied nr.3 per fl. e chit. che ho ascoltato e registrato per Angelo Colone)!!

     

    un saluto

     

    Non era facile perché ero, in quegli anni, impaziente e pervaso da un'ansia di imparare tale da mettere in difficoltà qualunque insegnante: le domande erano incalzanti, se le risposte non mi sembravano chiare insistevo fino all'esasperazione, non accettavo una correzione in un compito se non mi veniva offerta una soluzione alternativa che io potessi a mia volta accettare riconoscendo che era migliore della mia, e l'ora di lezione spesso veniva spesa in discussioni che - me ne resi conto più avanti - dovevano essere davvero sfibranti per il docente.

     

    Insomma, parafrasando Groucho Marx, devo dire che, diventato a mia volta docente, non avrei mai accettato come allievo un tipo che assomigliasse all'allievo che ero stato io.

     

    Grazie per la registrazione della Sonatina, non l'ho ancora ascoltata per intero ma quel che ho sentito mi è piaciuto molto, perché il flautista è bravissimo (Colone è una delle...colonne della mia musica).

     

    dralig

  6. Per emozioni, intendevo le sue sensazioni in generale, non il panico da pubblico, naturalmente....

    Comunque il programma fu molto impegnativo.

     

     

    Si, ma non fu il più impegnativo tra i miei programmi di quegli anni. In precedenza, avevo affrontato programmi anche molto più pesanti.

     

     

    Noto con piacere la presenza di Rosetta, autore che meriterebbe di essere più considerato e inserito nei programmi da concerto, ma anche di Carlevaro e Barbieri.

     

     

     

    Tra Abel Carlevaro e me c'era un rapporto molto amichevole, anche se non ci incontrammo mai di persona, e ci fu uno scambio di lettere durato qualche anno. Ne ho trasmesso copia al suo biografo, Alfredo Escande, che ne è stato molto sorpreso (piacevolmente).

     

     

    Riguardo alle sue registrazioni, direi invece che sarebbe il caso di ristamparle, sennò del Gilardino esecutore non ci rimarrebbe niente e sarebbe una perdita....grave...

     

    Fin che vivo, non reputo necessario ristamparle. Dopo, sarà quel che ne vorranno fare i posteri. Possono, quelle registrazioni, risultare interessanti per la serie "come suonavano i compositori": abbiamo le registrazioni pianistiche di Bartok, di Shostakovich, di Britten e - toute proportion gardée - ci possono stare anche le mie. Sa, non vorrei assomigliare specularmente a quei chitarristi che sembrano tanto ansiosi di stampare le loro..."composizioni"...

     

    dralig

  7. Ho ascoltato per la prima volta la Sonata di Rosetta nella interpretazione del Duo Caputo-Pompilio nel 1997 e ne rimasi impressionato.

    E' indubbiamente un eccellente brano, tra i migliori per questo organico.

    Che tipo di maestro è stato per Lei?

    Come era nella vita di tutti i giorni??

    Che carattere aveva?

     

    Premesso che non credo fosse facile avere il sottoscritto quale allievo di composizione, devo dire che fu un maestro esemplare, rigoroso - non accettava voli pindarici nei compiti di contrappunto, ma non tollerava tentativi di menare il can per l'aia, ed esigeva sempre il massimo impegno - e molto rispettoso della mia personalità, che non cercò mai di influenzare né di contrastare.

     

    Nella vita di tutti i giorni era schivo fino all'occultamento di sé, una sorta di san Francesco, che evitava accuratamente di apparire, di mettersi in mostra, di emergere. Insegnò tutta la vita canto corale nella scuola magistrale, mentre sapeva benissimo che docenti di composizione del conservatorio non valevano nemmeno una piccola parte di quello che valeva lui, sia per l'ingegno che per il sapere.

     

    Aveva un carattere severo ma un tratto dolce e cortese. Dava rigorosamente del Lei agli allievi e non incoraggiava confidenze personali, ma qualche volta si abbandonava (si fa per dire) a qualche punzecchiatura umoristica, come quando, correggendo un mio compito di composizione, segnò una vistosa croce rossa nella parte di flauto e, alla mia richiesta di spiegazioni, spiegò che si trattava di una chiamata per l'ambulanza in soccorso del flautista che, eseguendo la parte come io l'avevo scritta, avrebbe corso il rischio di morire asfissiato.

     

    Quando, nel 1967, inviai a Castelnuovo-Tedesco i miei lavori scolastici (che egli voleva vedere), la prima cosa che mi disse nella risposta fu:"Hai un ottimo maestro di composizione, le sue correzioni sono eccellenti".

     

    Averlo avuto a maestro nell'epoca cruciale della formazione è stata una delle poche fortune della mia vita di musicista.

     

    dralig

  8. Il M°Gilardino è stato allievo di composizione di Rosetta, compositore che apprezzo da anni.

    Qualcuno potrebbe tratteggiarmi la figura di questo compositore, al quale è intitolato il'omonimo Festival di Vercelli??

     

    grazie in anticipo

     

    gg

     

    Fu un epigono della Generazione dell'Ottanta. Ottimo organista ed eccellente improvvisatore, scriveva principalmente musica sacra e liturgica - sia organistica che corale - e più raramente musica strumentale. Armonista e contrappuntista finissimo, si mantenne sempre in ambito tonale, ma con una spiccata tendenza al cromatismo. Fu estraneo alla musica atonale e seriale, che pure ben conosceva. Incominciò a comporre per chitarra negli ultimi anni Sessanta. In precedenza, essendo suo allievo di composizione, non potevo permettermi di chiederglielo, ma quando nacque, per intercessione di Castelnuovo-Tedesco, la collezione Bèrben-Gilardino, allora si, mi sentii di invitarlo a scrivere per chitarra, e lo fece con piacere, anche con il timore costante di sbagliare nel prendere le misure allo strumento. Scrisse ottimi pezzi e toccò il suo culmine, a mio giudizio, con la Sonata per due chitarre, che fu eseguita dal duo Fragnito-Matarazzo e poi da altri duo.

     

    dralig

  9. Come tutti ben sanno, il M° Gilardino si ritirò dall'attività concertistica 28 anni fa, se non erro....

    Gradirei sapere dal Maestro, se ne ha voglia, le sue impressioni e le emozioni dell'ultima serata, ma soprattutto se la decisione venne presa prima dell'evento o qualche tempo dopo...

    Se poi vi è qualche testimone dell'evento, ben venga il suo racconto!

    Che programma suonò?

    Con che strumento suonò?

    Chi era presente in sala?

     

    Poi, un ultima domanda......esistono incisioni del M°Gilardino??

     

    cordialmente

     

    gg

     

    Il mio ultimo concerto ebbe luogo a Vercelli giovedi 26 maggio 1981 alla Sala Dugentesca per la Società del Quartetto. Questo era il programma:

     

    Giuseppe Rosetta: Preludi per Gilardino (Alba, Meditazione, Recitativo, Serenata, Notturno, Come un Capriccio, Modo dorico)

    Carlo Mosso: Quaderno II per chitarra (Sette pezzi brevi)

    Mario Barbieri: La Serra - 7 Preludi per chitarra (Myosotis alpestris, Viola del pensiero gigante, Ciclamino di Persia, Orchidea, Gelsomino d'India, Rosa di Gerico, Mimosa pudica sensitiva)

    Abel Carlevaro: Preludios americanos (Evocacion, Scherzino, Campo, Ronda, Tamboriles).

     

    Lo stesso programma era stato eseguito il 23 maggio al Teatro Marrucino di Chieti per gli Amici della Musica, il 22 maggio all'Auditorium De Cecco di Pescara per l'Associazione Musicale, l'11 maggio nella Kleine Sall del Castello di Kiel (Germania) e il giorno prima, 10 maggio, alla Musikhalle di Amburgo per società musicali tedesche, e in una dozzina di precedenti concerti (da febbraio 1981 in poi). In tutti quei concerti adoperai una chitarra di Luis Arban, tuttora sulla breccia: passata, dopo la dismissione dei miei strumenti, per varie mani, è ora di proprietà di un facoltoso collezionista, che l'ha prestata a Giulio Tampalini e, più recentemente, ad Alberto Mesirca. E' uno strumento eccezionale, in abete e acero, che io suonai per anni, nonostante un bruttissimo scherzo giocatomi dall'amica che me l'avevo ceduto (aveva introdotto nella cassa armonica, a mia insaputa, la pelle di un serpente sudamericano, che io scoprii nel fare la pulizia dello strumento con il riso, e per un paio di mesi non riuscii più a imbracciare la chitarra a causa di un inspiegabile malessere che mi assaliva ogni volta che aprivo l'astuccio).

     

    Nessuna emozione - non ho mai patito il trac in pubblico e ho sempre suonato tranquillamente. Si, la decisione di abbandonare l'attività concertistica fu presa alla fine del 1980, ma i concerti per i quali era già stato firmato il contratto vennero onorati puntualmente e furono, credo, i migliori della mia carriera. Il 31 maggio comunicai agli operatori che si occupavano della mia attività concertistica il mio ritiro e da allora non ho più suonato in pubblico, e suono pochissimo, solo durante le lezioni per fare qualche esempio (la tecnica si è appannata, ma il suono e le capacità di lettura no). Compongo per chitarra senza adoperare lo strumento.

     

    Ci sono due vecchi LP miei, che non desidero per il momento ristampare, e molte registrazioni nelle varie emittenti europee, inclusa la Rai (Frédéric Zigante ne recuperò alcune per una sua trasmissione qualche anno fa).

     

    Testimonianze? Dovrei inserire dei file di immagine, ma non so come fare. Magari qualcuno me lo spiega e, se ne sono capace, procedo.

     

    dralig

  10.  

    ah ok...però, quello che evidenziavo, è la verità del contrario...cioè che spesso è il chitarrista a non rispettare la vera durata di ciò che è scritto. E questo per me è un problema di tecnica e di aderenza al testo musicale.

     

    Dobbiamo chiarire. C'è una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di tipo deficitario, e una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di esuberanza idiomatica. Nel primo caso - ed è tipico in molti chitarristi dalla cultura polifonica limitata - note che dovrebbero essere tenute dalla mano sinistra per tutto il loro valore scritto, vengono abbandonate in anticipo per disattenzione, sciatteria mentale, insufficiente capacità della mano sinistra, etc. Nel secondo caso, tipico degli arpeggi su accordi da prendere con una "posizione" delle dita della mano sinistra, le note vengono tenute oltre il loro valore scritto, fino a che non è necessario abbandonare la posizione. Mentre nel primo caso l'esecutore è da deplorare, nel secondo caso fa benissimo a tenere i suoni di tutta la posizione e a lasciarli mescolare, perché questa è una delle ricchezze specifiche del lessico sonoro dello strumento, e sarebbe stolto sopprimerlo, e improbo chiedere al compositore di annotare le durate reali dei suoni lasciati vibrare: ne risulterebbe una scrittura illeggibile.

     

    Non ha senso il paragone con il pianista che, eseguendo lo stesso arpeggio, non lascia vibrare le singole note oltre la durata scritta. La tecnica e l'idioma sonoro dei due strumenti sono totalmente diversi, e ciò che risulta naturale per un pianista può risultare assai difficoltoso per un chitarrista(e viceversa). L'aderenza al testo musicale implica comportamenti diversi da parte di diversi strumentisti, non conduce invariabilmente agli stessi esiti sonori.

     

    Il caso di arpeggi con le note in successione sostitutiva è, nel lessico della chitarra, possibile (si veda ad esempio lo Studio n. 2 di HVL), ma minoritario rispetto a quello dell'arpeggio ad accumulo di suoni.

     

    dralig

  11. Una domanda: tali accorgimenti nel controllo delle vibrazioni sono avvertibili in un contesto non isolato?

    Immagino un brano composto da decine e decine di battute che vengono eseguite in veloce successione, lasciando una coda di vibrazioni sonore...Lo staccato di una piccola nota tra mille è avvertibile a livello "psichico" per l'ascoltatore? E se ci mettiamo pure i riverberi della sala da concerto?

    E poi (sempre come spunto di discussione)...non è ipotizzabile che alcune risonanze, sebbene indesiderate, diano caratterizzazione al brano interpretato?

    Scusate le domande banali, ma l'argomento mi interessa molto....

     

    Nel decidere che cosa fare delle vibrazioni che si prolungano oltre la durata scritta dei suoni, si prende in considerazione per prima cosa l'aspetto armonico, cioè la compatibilità delle vibrazioni rimanenti rispetto a quello che segue. In secondo luogo, se si constata che il permanere delle vibrazioni non comporta situazioni armonicamente scorrette, si valuta l'aspetto fraseologico, cioè si decide se, anche in presenza di una piena compatibilità, il lasciar vibrare è conveniente rispetto al risultato che si vuol ottenere, per esempio dal punto di vista ritmico (rispetto al quale le vibrazioni rimanente possono risultare controproducenti), etc: i casi sono veramente tali e tanti da rendere molto difficile una loro enunciazione in linea di principio.

     

    Le risonanze sono percettibili come suoni reali, e come tali vanno trattate: possono risultare incompatibili, oppure compatibili e utili (per esempio, per collegare due accordi senza corde a vuoto che si vuole eseguire con effetto di legato), oppure compatibili e inutili (nel caso in cui si voglia creare l'effetto di staccato, è chiaro che le risonanze sono controproducenti).

     

    Per controllare le risonanze, bisogna esserne consapevoli: ogni volta che si suona su una determinata corda una delle note: mi, la, si, re, sulle corde inferiori - se libere - partono delle risonanze: c'è un altro, piccolo chitarrista che suona lo strumento dal di dentro. Ci si può servire di lui, oppure si può esserne intralciati e molestati: è questione, si, di tecnica.

     

    Attenzione: anche l'innocua e generosa sesta corda a vuoto è foriera di un poderoso armonico: sul diesis, in doppia decima sulla fondamentale. E' sconcertante, qualche volta, sentire un interprete creare armonie bitonali senza che il suo orecchio ne venga minimamente avvertito.

     

    dralig

  12. Il poco che so sull'argomento l'ho letto nella prefazione all'edizione stampata (Chanterelle 726)di Ron Purcell.

    Purcell scrive chiaramente che fu lui a suggerire al compositore il cambio di tonalità ed alcuni piccoli cambiamenti riguardo la divisione delle parti tra le due chitarre e la distribuzione delle voci negli accordi. La prima versione è datata 18 ottobre 1967, la seconda 15 novembre dello stesso anno. Il pezzo venne pubblicato inizialmente nel numero 31 (maggio 1969) di "Guitar Review".

     

    Castelnuovo Tedesco, continua Purcell, dopo aver sentito eseguite entrambe le versioni accettò "readily" la seconda.

     

    Da questo si desume che la versione in sol è probabilmente eseguibile; non so se il manoscritto sia ancora reperibile; se il compositore preferiva la versione in la potrebbe anche averlo cestinato.

     

    Il manoscritto esiste, e non c'è alcun motivo per eseguire il brano nella tonalità di la minore, dal momento che è eseguibilissimo nella tonalità originale, scelta dal compositore con ottimi motivi.

     

    MCT non preferiva affatto la versione in la, come in altri casi cedette alle pressioni di un chitarrista, ma per fortuna non tutti i chitarristi soffrono delle stesse malattie.

     

    dralig

  13. Mi scusi per il maiuscolo...! Come posso correggere le parole scritte?

     

    Ghe pensi mi.

     

    G

     

    Anch'io ho qualcosa a cui devo pensare. Alcuni mesi fa, ho consegnato all'editore, che subito l'ha stampata, una nuova versione di "Tenebrae factae sunt": la musica è la stessa, ma la notazione è, in questa ristampa, molto migliore.

     

    Questo comporta il preciso dovere, da parte mia, di inviare senza spese la musica a coloro che avessero acquistato in tempi recenti la vecchia edizìone. Per evitare confusioni: la vecchia edizione ha la copertina rossa, quella nuova ha la copertina azzurra.

     

    E' sufficiente richiedermela con un messaggio privato.

     

    AG

  14. viceversa penso che sia sottovalutatissima la possibilità di smorzare le risonanze (qwuindi se vogliamo, di staccare anche) con la mano destra...credo sarà una delle sfide più interessanti del futuro virtuoso (con conseguenze inevitabili sul repertorio antico e contemporaneo)...

     

    Non è una sfida del futuro, ma un preciso impegno del presente, che ogni chitarrista capace di far musica deve saper affrontare, e per il quale esiste già da tempo una ben definita tecnica, o serie di tecniche.

     

    Ho trattato abbastanza a fondo l'argomento in uno scritto che fu pubblicato 30 anni fa da "Il Fronimo". Ponevo allora la questione principalmente in termini di incompatibilità armonica tra le vibrazioni, sia dei suoni prodotti dall'esecutore, sia delle risonanza per simpatia e, tracciando un quadro abbastanza ricco di casi, ne suggerivo la soluzione con diversi tipi di tecnica, sia della mano destra che della mano sinistra. Insistevo - e insisterei oggi se riscrivessi il saggio - sul fatto che le musiche dell'Ottocento, scritte con e per strumenti dalle vibrazioni molto meno durevoli di quelle degli strumenti moderni, pongono una serie di problemi tali da rendere molto più ingente il lavoro di controllo delle vibrazioni passive da parte di chi suona su strumenti nuovi.

     

    E' chiaro che le stesse tecniche si applicano non solo per evitare mescolanze conflittuali di armonie, ma anche dove, non esistendo incompatibilità armonica, l'articolazione e il fraseggio fanno preferire i suoni in successione sostitutiva all'effetto di pedale o laissez vibrer.

     

    Per esempio, anche dove il testo espone nel basso note lunghe non separate da pause, è spesso opportuno introdurre una breve pausa sull'ultima parte della nota precedente, per rendere più efficace l'entrata del nuovo basso.

    Queste non sono evenienze, né prossime né remote: fanno parte delle lezioni di ogni buon didatta.

     

    dralig

     

    Per pura curiosità, chi volesse trovare, in una diteggiatura pubblicata, traccia di uso controllato delle vibrazioni per simpatia, veda "Volo d'angeli" di Mario Castelnuovo-Tedesco (edizioni Bèrben, 1967), e troverà, vicino a un "la" sovracuto, l'indicazione "risonanza" (allora come oggi ritenuta enigmatica).

  15. un-milione-di-volte-ascoltata ennesima Fantasia di Sor

     

     

     

    e quale sarebbe?

    io sto ancora aspettando un chitarrista che si prenda la briga di inciderle tutte dandone una lettura convincente.

     

    E' molto difficile tenersi al corrente di tutte le registrazioni discografiche dei chitarristi. Ogni giorno vengono prodotti nuovi CD che, non potendosi avvalere della distribuzione delle etichette multinazionali, non di meno esistono e sono anche, non di rado, pregevoli. Internet rende molto più facili le ricerche, e queste, se condotte con pazienza, rivelano delle sorprese.

     

    dralig

  16. grazie anche ad Angelo e Alfredo .....

     

    maaaa ... nei propri concerti, chi ha il coraggio di togliere la "solita" Rossiniana o la un-milione-di-volte-ascoltata ennesima Fantasia di Sor con, ad esempio, il Concertino di Mertz, o il Rondeau de Concert op12 di Coste?

     

    Non prendetela come provocazione, però, dai, c'è da scegliere nel nostro Repertorio ... coraggio!

     

    :)

     

    Parliamo di 2 chitarristi compositori stratosferici :!:

     

    Io non ho notizie di una programmazione insistente delle Fantasie di Sor. Al contrario, credo che alcune di esse siano del tutto ignorate.

     

    dralig

  17. Cari Neuland e monch grazie delle vostre risposte.

     

    Hlozman ha inciso 19 pezzi del Bardenklange per la Naxos (ho il cd) e le opere complete per duo di Mertz sono state già incise (ho anche un cd, comprato da GuitArt).

     

    Il problema è il "resto" ... le opere meno suonate ma assolutamente convincenti.

    Leggere per credere, specie per quanto riguarda Coste.

     

    Io non sono convinto, ma è una mia opinione, che il Coste *prolisso* sia noioso e da prendere poco in considerazione!!!

     

    La chitarrista austriaca Brigitte Zaczek, nipote di Luise Walker, ha inciso due CD dedicati a Mertz e a Coste. Sono pubblicati da Extraplatte

     

    www.extraplatte.at

     

    e nel cd dedicato interamente alle opere di Coste, la chitarrista viennese ha adoperato una delle chitarre appartenute al maestro francese.

     

    Ottime esecuzioni di Coste si trovano anche nel catalogo Naxos.

     

    dralig

  18.  

     

    scrittura impeccabile

    quanta altra musica non scritta lascia intra-sentire

    volevo chiederle...come mai secondo lei differenziò lo staccato tra quelle crocette e il punto? o le crocette indicano più un..."trattenere"...?

     

    Al di là dell'indicazione scritta nel testo - di per sé chiara -, credo che Falla non volesse impartire speciali istruzioni sul modo di suonare quelle note, ma piuttosto riflettere con la maggior aderenza possibile nella notazione quello che avviene "di per sé" nell'esecuzione chitarristica, che non è mai realmente legata, se non quando due o più note vengono date su corde diverse lasciate in vibrazione. Chi suona una normalissima successione di note singole sulla stessa corda, che lo sappia e che lo voglia o no, fa comunque un lieve e non intenzionale staccato. Falla ha voluto darne conto nella notazione. Era perfezionista fino alla paranoia.

     

    dralig

  19. Non c'è da sorprendersi che Segovia abbia pensato di far proprio anche l'apporto compositivo che de Falla diede alla chitarra.

     

    Mi pare che nello stesso documentario faccia anche una sparata epocale sulla musica ottocentesca, affermando perentoriamente che -a parte Sor- e qualcosina di Giuliani e Carulli, non esiste nientaltro di qualitativamente apprezzabile.

     

    Non è importante che dicesse una cosa giusta o sbagliata, è importante che credesse in quello che diceva.

     

    dralig

  20. Non esattamente dedicatario; nella edizione Chester del 1926, contenente la diteggiatura ed alcune differenze rispetto a quella pubblicata nella "Revue Musicale" c'è scritto "Nouvelle Edition revue et doigtèe par Miguel Llobet".

     

    Ricordo anch'io di aver visto una intervista nella quale Segovia dichiarava anche che il compositore aveva approvato alcune modifiche da lui suggerite.

    Certamente De Falla e Segovia si frequentarono in diverse occasioni, e fecero anche insieme un lungo viaggio in auto fino in Italia.

    Non ho documenti che provino incontrovertibilmente l'apporto di Segovia alla genesi del pezzo, ma mi pare decisamente improbabile che Segovia abbia inventato una sua collaborazione con il compositore, collaborazione che certo credo non possa riferirsi che all'Homenaje.

     

    Forse Angelo Gilardino ha già scritto su questo argomento, ma credo che se gli va potrebbe ridire le conclusioni alle quali è giunto.

     

    Il manoscritto autografo dell'"Homenaje", datato 20 agosto 1920, è conservato all'Archivio Falla di Granada. La musica non richiede alcuna modifica ed è perfettamente eseguibile come Falla la scrisse. Se qualcuno, per motivi di studio, ha interesse a esaminarlo, non ha che da chiedermelo con un messaggio privato indicandomi un indirizzo di posta elettronica.

     

    Falla accettò alcune "ornamentazioni" apportate da Llobet per l'edizione, e quindi è del tutto credibile che avesse accettato anche modifiche suggerite da Segovia, ma non nel processo compositivo, che sviluppò in modo autonomo. Se si consultò con qualche chitarrista, questi potè essere soltanto Angel Barrios: era l'unico che Falla aveva a mano, tra Madrid e Granada, e fu proprio nell'anno dell'Homenaje che Falla traslocò dalla capitale castigliana alla città andalusa, aiutato e assistito, in ciò, da Barrios. Quindi, se avesse avuto dei dubbi, il chitarrista-compositore granadino era lì pronto a scioglierli. Per imparare a scrivere per chitarra, Falla si servì comunque del Metodo di Aguado e consultò anche un metodo di chitarra flamenca.

     

    I rapporti fra Falla e Segovia non furono sempre idilliaci. La Fondazione Segovia conserva una lettera di Falla scritta a Segovia nel 1925: una bella lavata di capo. Tra i due erano sorti degli equivoci causati da una malalingua, che aveva riferito a Falla cose orrende che sarebbero state dette da Segovia riguardo il pupillo del maestro, il giovane compositore Ernesto Halffter. Ma Segovia non aveva mai detto quelle nefandezze. Credeva anche di sapere il nome del colpevole, e lo scrisse chiaro e tondo in una delle lettere indirizzate a Ponce. Comunque, dopo qualche anno riuscì a spiegarsi con Falla e a sanare il dissidio.

     

    dralig

  21. ...non puramente ornamentale: l'architettura barocca segue lo spirito della controriforma, che è quello del riscatto, della revanche, della pompa, dimostrativo del potere, della regalità, dell'intatto persistere della supremazia, nonostante lo scossone luterano.

     

    Cioè, tutta roba atta a distogliere l'attenzione dall'essenza.

     

    Ma caro Alfredo, quella che tu chiama "tutta roba" - l'architettura nella fattispecie, ma allo stesso modo la poesia, il teatro, la pittura, la musica - è lei stessa l'essenza. L'essenza di un mondo sopravvive al potere che lo ha creato e dominato: le parrucche di Luigi XIV sono ricordate solo perché qualcuno le ha dipinte, e l'essenza di Versailles è nella "Marche pour la céremonie turque" di Jean Baptiste Lully, il compositore e direttore della prima orchestra della storia della musica europea, la Musique du Roi: del monarca che la volle e la sostenne non rimane nulla. Dei buffoni che si agitano sotto i riflettori, oggi, rimarrà ancora meno, perché, a differenza del Re Sole, i potenti di oggi non sono abbastanza intelligenti da pagare un'orchestra che li celebri e li diletti.

     

    dralig

  22.  

     

    ......Domanda: prendiamo, per esempio, l'innocua mazurka tarreghiana intitolata "Marieta" (perché no?, probabilmente si trattava di Maria Josefa, consorte del Vate). Contiene ornamenti melodici sia quando la linea procede insieme a un'altra linea, sia quando è da sola (nel basso). Chiedo invano da decenni, a tutti i chitarristi che la eseguono: come mai gli abbellimenti sulla monodia vengono eseguiti (secondo l'estetica romantica) in levare - togliendo valore alla nota precedente - e quelli sulla melodia accompagnata vengono eseguiti in battere, cioè con la prima nota dell'ornamento insieme al basso?

     

    dralig

     

    ps: chi volesse, può consultare il manuale EDT dedicato alla chitarra nel capitolo "la notazione".

     

     

    perchè trattano la "melodia-polifonia" come un'armonia verticale..e quindi ne perdono il "controllo"..in situazioni "melodiche" sovrapposte....

     

    mr :)

     

    Mi pare che tu lasci trapelare la convinzione che, in fondo, sono "quelli che suonano gli accordi". Di contrappunto, ne masticano pochino. Ed ecco un altro dei filtri con i quali si seleziona il repertorio.

     

    dralig

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