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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Direi che Brouwer ha meriti immensi sia come compositore che come "stimolatore" del linguaggio musicale, ma i suoi appunti circa la risoluzione degli abbellimenti non li prenderei ad esempio:poi magari vanno anche bene ma preferisco pensare agli abbellimenti, fioriture, come ad una chiave di lettura del periodo in cui sono inseriti: barocco, quindi ornamento, abbelliemnto, fregio, come un'architettura,

     

    ...non puramente ornamentale: l'architettura barocca segue lo spirito della controriforma, che è quello del riscatto, della revanche, della pompa, dimostrativo del potere, della regalità, dell'intatto persistere della supremazia, nonostante lo scossone luterano.

     

    L'abbellimento belliniano-chopiniano è invece canto, nel canto deve integrarsi con perfetta naturalezza, al punto da non potersi percepire come ornamento.

     

    Domanda: prendiamo, per esempio, l'innocua mazurka tarreghiana intitolata "Marieta" (perché no?, probabilmente si trattava di Maria Josefa, consorte del Vate). Contiene ornamenti melodici sia quando la linea procede insieme a un'altra linea, sia quando è da sola (nel basso). Chiedo invano da decenni, a tutti i chitarristi che la eseguono: come mai gli abbellimenti sulla monodia vengono eseguiti (secondo l'estetica romantica) in levare - togliendo valore alla nota precedente - e quelli sulla melodia accompagnata vengono eseguiti in battere, cioè con la prima nota dell'ornamento insieme al basso?

     

    dralig

     

    ps: chi volesse, può consultare il manuale EDT dedicato alla chitarra nel capitolo "la notazione".

  2. Nella battuta 99 del primo tempo c'è un passaggio che ho trovato particolarmente difficile. Avendo pollice e indice impegnati nel suonare i bassi, non riesco a eseguire la sequenza la-sol-fa-mi-re-do a tempo, con i soli anulare e medio. Potete consigliarmi qualche esercizio tecnico specifico o, eventualmente, una diteggiatura alternativa?

     

    Semplifichi il passaggio, eliminando l'ultimo "mi" delle ultime due quartine dell'accompagnamento e trasformando il "la" precedente da semicroma in croma. Armonicamente non cambia nulla, ritmicamente nemmeno, è solo una ridondanza scritturale per la quale non vale la pena di spendere tempo, anche perché, se il passo non riesce dopo dieci minuti di tentativi, non riuscirà mai.

     

    dralig

  3. From: "Joseph Chatillon"

    MUSICAL GREATNESS

    > Musical commentators often use the word ¨great¨

    > to qualify some composers.And I would want to start a

    > reflexion about this use.

     

    I commentatori musicali spesso usano la parola "grande" per qualificare alcuni compositori. Vorrei avviare una riflessione su quest'uso.

     

    Q: If there are Great composers, are there also Small composers ?

    Se ci sono grandi compositori, ci sono anche piccoli compositori?

     

     

    A: Yes. Most of them, 98%.

    Si, la maggioranza, il 98%.

     

    Q: What could be the definition of a Great One?

    Quale potrebbe essere la definizione di grande compositore=

     

    A: Someone who has a high percentage of really memorable music in his output, and a low percentage of kitsch.

    Qualcuno che ha un'alta percentuale di musica realmente memorabile nella sua opera, e una bassa percentuale di kitsch.

     

    Q: Someone who composes great many works?

    Qualcuno che compone molte opere?

     

    A: That is preferable, but is not essential.

    E' preferibile, ma non essenziale.

     

    Q: Someone who composes long works?

    Qualcuno che compone opere lunghe?

     

    A: Preferable, but not essential.

    E' preferibile, ma non essenziale.

     

    Q: Someone who compose loud works?

    Qualcuno che compone opere a forte volume?

     

    A: Decibel levels in classical music are relatively low.

    I livelli di decibel nella musica classica sono relativamente bassi.

     

    Q: Someone who composes music for orchestra?

    Qualcuno che compone musica per orchestra?

     

    A: Preferable, but not essential.

    E' preferibile, ma non essenziale.

     

    Q: Someone who arrives at a real mastery of his art?

    Qualcuno che arriva a una reale maestria nella sua arte?

     

     

    A: Absolutely Essential.

    Assolutamente essenziale.

     

    Q: How can we measure mastery?

     

    Come possiamo misurare la maestria?

     

    A: By the level of envy it elicits in other composers.

    Dal livello di invidia che suscita in altri compositori.

     

    Q: Does the world value quantity or quality? or both together?

    Il mondo valuta la quantità o la qualità? O tutte e due insieme?

     

    A: Initially the first (maybe), but later the second, when the dust settles.

    Inizialmente forse la prima, ma più tardi la seconda, quando il polverone si dissipa.

     

     

    -------------

     

    dralig

  4. Provo tristezza per le persone che traggono il loro piacere esclusivamente dai loro cinque sensi.

     

    La realizzazione di se è l'obiettivo principale dell'esistenza.

     

    Due affermazioni un po' in antitesi.

    La realizzazione di sé è obiettivo limitato per essere il principale di un'esistenza.

     

    Ma si entra in un campo filosofico che porta un po' lontano da Teresa De Rogatis, anche se il brano oggetto del topic si intitola "Meditazione" ;)

     

     

     

    Butterfly

     

    Non intendo smentirLa, e non è per questo che scrivo, ma guardi che la de Rogatis era una pensatrice che infarciva le sue lettere di considerazioni filosofiche, e scrisse pure dei romanzi.

     

    dralig

  5. Il giorno del Download Day di Firefox 3.0 è arrivato, non senza qualche inconveniente scomodo per il conseguimento del record di download: da stamattina in giro per la rete si sta diffondendo l’indirizzo FTP di Mozilla dove scaricare la nuova versione del browser.

     

    Gli stessi sviluppatori si sono preoccupati di inserire proprio nei suddetti server una pagina dove viene chiesto di aspettare il rilascio ufficiale, sia per non appesantire ulteriormente quello che si prevede un già pesante carico di lavoro, sia per permettere a Mozilla di raggiungere il record di software più scaricato dalla rete in 24 ore.

     

    Link: http://www.spreadfirefox.com/en-US/worldrecord

     

    Scusi Giulio, forse non capisco: dieci giorni fa, Mozilla invitava a sottoscrivere l'appello per il record, assicurando che avrebbe informato i sottoscrittori dell'avvenuto rilascio. Ma non lo ha fatto - e siamo alle ore 13 del download day -, mentre i soliti furbi stanno scaricando la nuova versione non ancora ufficialmente rilasciata. Mica male!

     

    dralig

  6. t

    Quando un musicista si dedica alla composizione, si nota davvero la sua formazione strumentale più o meno ampia.

     

     

     

    Butterfly

     

    Si, certo, ma si dovrebbe saper notare soprattutto la sua capacità di costruire un discorso compiuto, la sua padronanza della forma, esattamente come le si nota nella prosa e nella poesia dei bravi scrittori. Invece, la platea chitarristica è capace solo di valutare l'effetto, anzi gli effetti spiccioli, non importa se sono collocati in un discorso musicale organico, ben costruito, o se si susseguono come gesti sonori fini a se stessi, gratuiti, privi di senso. Questa superficialità nella percezione del messaggio musicale, priva di capacità di giudizio critico, causa una serie di equivoci - alcuni persino comici - che fanno mettere sullo stesso piano le opere del compositore che sa qual che fa e quelle del chitarrista che si improvvisa compositore, o addirittura preferire queste a quelle. La de Rogatis non era un genio, ma sapeva scrivere musica ben fatta, oltre che idiomaticamente propria. Purtroppo, fino a che i lettori-chitarristi scambiano gli stracci per seta, sarà ben difficile che la sua musica trovi spazio nei programmi. Lo stesso discorso, d'altra parte, vale per una lunga fila di autori, ugualmente meritevoli e altrettanto negletti. Non c'è nulla di nuovo sotto il sole, beninteso: è sempre accaduto così, in ogni epoca, e non serve dolersene o indignarsi. Prima che la differenza tra la musica di Chopin e quella di Thalberg risultasse chiara, trascorsero decenni, e a non rendersene conto erano fior di pianisti, non chitarristi.

     

    dralig

  7. Sto studiando un brano di Teresa De Rogatis (1893-1979) intitolato "Meditazione". Mi è piaciuto subito molto, nella sua semplice ma ispirata liricità, pur trattandosi di uno studio tecnicamente facile.

    Sono andata a riascoltarmi il CD di Clara Campese "Teresa De Rogatis: works for guitar", allegato al n. 24 (2001) di Guitart, che contiene un inserto speciale di Angelo Gilardino, dedicato alla musicista e compositrice napoletana (tratto dalla pubblicazione della Berbèn "T. De Rogatis: opere scelte per chitarra" di A. Gilardino e S. Aruta) e l'intervista di Clara Campese al marito della De Rogatis, Mario Feninger.

     

    Mi ha incuriosito la parte dove si parla di una sorta di "scuola carulliana" e mi chiedevo se esistono altri testi per documentarsi su questo argomento o su Teresa De Rogatis in particolare.

    Il CD di Clara Campese contiene una serie di brani interessanti e piacevoli all'ascolto; mi pare di intuire che la formazione pianistica della De Rogatis abbia influito non poco sulla sua vena creativa strettamente chitarristica.

     

     

     

    Butterfly

     

    Oltre il mio scritto introduttivo al volume che Lei cita, non esiste al momento alcun studio su Teresa de Rogatis.

    Mario Feninger, pianista di scuola napoletana che vive in California, è il figlio della de Rogatis (uno dei due), non suo marito. Questi, Paolo Feninger, era un uomo d'affari svizzero, che la Teresa conobbe al Cairo dove si era recata per dare un concerto (allora risiedeva a Napoli). Si sposarono quasi subito, e questo segnò la fine della carriera della pianista-chitarrista che - unica nella storia - si esibiva suonando mezzo programma con la chitarra e mezzo programma con il piano.

     

    Al Cairo divenne (ovviamente!) una stimatissima insegnante, e vi rimase, nonostante la vedovanza, fino a che il generale Nasser non conquistò il potere con un colpo di stato. Perdette allora la sua proprietà (una casa), e dovette rientrare, già anziana (70 anni) in Italia, dove fu accolta dal gelo e dal silenzio: erano gli anni in cui si andavano distribuendo le cattedre di chitarra nei conservatori italiani, e da alcuni si temeva la sua candidatura (un diploma di pianoforte e un diploma in composizione avrebbero pesato molto). Fui l'unico chitarrista italiano - lo dichiaro senza enfasi - che, in quegli anni, si sporse pubblicamente in una recensione del suo metodo, pubblicato dall'editore Curci. Si stabilì a Napoli (san Filippo a Chiaia) e visse di lezioni private e della sovvenzione che suo figlio Claude (manager di una grande catena di alberghi) le inviava puntualmente. Era una musicista completa, con una visione e una preparazione di gran lunga superiori a quelle dei chitarristi della sua epoca, e anche dei più giovani. Era inoltre una tipica incarnazione dell'aristocrazia napoletana, una vera dama che, anche nelle ristrettezze della sua vecchiaia, non perdette mai la sua dignità e il suo tratto signorile.

     

    Per "scuola carulliana" s'intende quella descritta nei metodi del maestro napoletano. La de Rogatis suonava con una Guadagnini e usava appoggiare il mignolo alla tavola. Il suono che ricavava era caldo e potente. Clara Campese ha una registrazione di alcune esecuzioni della de Rogatis fatta da Mario Feninger in salotto, mentre conversavano in francese, ed è sbalorditiva.

     

    Il CD con il quale Clara Campese ha fatto rivivere la sua musica è molto bello.

     

     

     

    ag

  8.  

    c'è trascrizione e trascrizione...non conosco i lavori di cui parli ma so che non potrei certo paragonare Webern che reinterpreta Bach a quelle di Abloniz dello stesso autore. E nel genere di queste ultime, i chitarristi si sono particolarmente distinti per la poca fantasia e un piuttosto basso livello, anche e soprattutto nei confronti delle musiche che andavano a trascrivere.

    Penso che già la composizione in realtà sia un lavoro di trascrizione di un pensiero sulla musica...è un modus operandi che ha la sua utilità se supportato da una certa consapevolezza...e non parlo solo delle "trascrizioni" nel senso di riduzioni, o revisioni (o quelle piu impellenti psicoanaliticamente del chitarrista da"rimorchio")...ma in quanto reinterpretazioni...in questo senso mi viene in mente in campo letterario il lavoro magnifico che Sanguineti fece su alcune pagine classiche come il Faust...lui le chiamava Travestimenti queste reinterpretazioni

     

    La composizione può benissimo esistere come operazione ermeneutica, e in questo senso anche la trascrizione può essere considerata interpretazione. L'operazione di Sanguineti su Faust non è fondamentalmente diversa da quella di Britten che "riscrive" il song di Dowland e lo fa rimbalzare in diverse immagini sonore (usando in modo particolare la tecnica della variazione). Picasso l'ha fatto con Velazquez (Las meninas) e così pure Francis Bacon (sempre su Velazquez, il ritratto di Papa Innocenzo X). L'operazione può essere "seria", come in Britten, oppure un divertissement: "riscrivendo" il Gran Solo di Sor, ho immaginato che fosse - secondo la tesi di George Warren - non un pezzo per chitarra sola, ma la parte di chitarra della perduta "Concertante" per violino, viola, violoncello e chitarra, e mi sono divertito a "trascrivere" dal testo per chitarra sola quello che, secondo me, poteva racchiudere in potenza, cioè le parti degli archi. Quindi, in questo caso, non sono state "trascritte" note da note, ma note da spazi virtualmente pieni di musica non scritta. Forgiare le derivazioni secondarie dai temi esistenti - che sembrano delle frecce puntate verso qualcosa che non si vede - è come scrutare un orizzonte dove gli altri non vedono nulla, e scorgervi invece delle presenze. Courbet, di fronte al paesaggio, dipingeva alla perfezione gli oggetti sullo sfondo lontano, poi mandava il suo servitore ad appurare che cosa diavolo fossero...

     

    dralig

  9.  

     

     

    Mi permetto di azzardare che forse la mancata dedica non avrebbe dovuto essere interpretata dalla diretta interessata come un negato riconoscimento alla musa ispiratrice: nulla trattiene di più una persona innamorata che il timore di esprimere (o imporre) un sentimento non corrisposto.

    La chitarrista avrebbe dovuto saperlo bene, visto che proprio Rabindranath Tagore ha intitolato una delle sue raccolte poetiche "L'amore inespresso è sacro".

     

     

    Butterfly

     

    La chitarrista in questione non disse mai una parola al riguardo. Fui io a trovare il manoscritto autografo con la dedica a lei; quello con la dedica a un altro chitarrista - che fu la fonte della pubblicazione - fu redatto da un'altra mano, quella del nuovo dedicatario. Che "La Serra" fosse una composizione originariamente dedicata a lei, e non al "valoroso araldo della chitarra", Eli Tagore lo apprese dalle mie parole la sera della prima esecuzione, e fu solo in quella circostanza che si rese conto di aver subito un torto, ma non protestò contro nessuno.

     

     

     

    dralig

  10. L'interessata era in sala.

     

    dralig

     

    Come ha reagito?

     

    Come una persona mite e gentile, che vede riparato un torto subito anni prima. Senza di lei, quella musica non sarebbe esistita, e questo qualcuno doveva dirlo. Tra l'altro, non mi limitai a dirlo in occasione della "prima". Più avanti nel tempo, scrissi anche un articolo per "Seicorde". Se vuoi, te ne posso mandare il testo privatamente.

     

    dralig

  11. Sto ascoltando, guardando lo spartito, "La serra" (sette preludi) di Mario Barbieri, nell'interpretazione di Luigi Biscaldi.

    Uno dei brani, "Viola del pensiero gigante" è composto per chitarra eptacorde.

    Mi chiedevo se questa scelta ha un qualche significato particolare nell'opera di questo autore.

    Nella presentazione dello stesso Barbieri, che precede la raccolta, edita da Bèrben (rev. di F. Orsolino), il compositore si sofferma su alcune caratteristiche della forma musicale e dei diversi movimento del brano, ma non fa cenno a questa peculiarità.

     

    Trovo questi preludi bellissimi; ognuno è dedicato a un fiore e riesce davvero ad evocarne la misteriosa essenza vitale.

     

     

     

    Butterfly

     

    La raccolta di sette Preludi intitolata "La serra" fu composta da Barbieri per chitarra normale. Nell'edizione, figurano alcune alternative tra chitarra esacorde e chitarra eptacorde perché il chitarrista genovese che curò l'edizione, Federico Orsolino, era eptacordista, ma non ci fu una precisa opzione del compositore per quest'accordatura.

     

    Barbieri scrisse la sua musica per chitarra (oltre a "La serra", ben tre concerti con orchestra) in età matura, ispirato dalla sua passione per una giovane chitarrista genovese, sua allieva di armonia. Non corrisposto - la chitarrista in questione si sposò all'estero -, al momento della pubblicazione cambiò la dedica, e il nome di Orsolino prese, nel frontespizio, il posto di quello di Elisabetta Tagore. Quando diedi a Savona la prima esecuzione pubblica della raccolta (anno 1976), raccontai brevemente in pubblico la storia. L'interessata era in sala.

     

    dralig

  12. Maestro Gilardino volevo solo precisare che sono un lettore anche se il mio nickname, composto dalle iniziali dei miei figli, induce in errore. Ho apprezzato molto il suo ultimo intervento e sono pienamente d'accordo con lei. Infatti pur amando la chitarra da quando ero bambino, per varie vicissitudini personali, iniziavo lo studio e poi dovevo interromperlo. Oggi con una famiglia, certo il tempo a disposizione non è molto, sono molto più sereno ed è mia intenzione migliorare la grammatica e l'ortografia per un buon italiano e non certo per diventare uno scrittore. Infatti non è mia intenzione diventare un concertista. Al signor Musika invece qualche ripezione d'italiano la consiglierei. Saluti e grazie a tutti per i consigli.

     

    Chiedo scusa per averLa trasformata in lettrice. Mi fa piacere che Lei abbia colto il senso del mio intervento e Le auguro di raggiungere i Suoi obiettivi. Non si dolga del fatto di dover coltivare la Sua passione musicale senza grandi progetti concertistici: l'esperienza mi induce a pensare che la condizione ideale per fare musica sia la Sua.

     

    dralig

  13. Io non amo le polemiche. Ma queste questioni, trattate così, sono difficili da mandare giù!

    Ma quando ci libereremo di questo modo di pensare, di questo vecchiume?

     

    Se non vuole polemiche, non le susciti. Qui si sta discorrendo pacificamente di un tema proposto da una lettrice, senza allusioni all'età - anagrafica o mentale - dei partecipanti. Le si potrebbe rispondere che, oltre a liberarci dal vecchiume, sarebbe auspicabile liberarci anche dal giovanilismo tracotante e spaccone, ma così facendo il contenuto della discussione si impoverirebbe senza alcuna utilità per nessuno. Scusi, perché dice "ci libereremo"? Rappresenta qualcun altro, oltre a se stesso? E se è libero, perché non domanda ai vecchi schiavi: "Quando vi libererete?"

     

     

    Mi sembrano questioni di 20-30 anni fa per la chitarra, di 200 per gli altri strumenti.

    Le nuove generazioni dimostrano con i fatti che i limiti non sono più quelli della velocità, della tecnica.

    Cavolo quando sono nato non sapevo camminare, ma poi ho imparato a camminare e a correre. Mica è un miracolo, mica è una cosa che se c'è c'è e punto e basta, come qualcuno a detto.

     

    Infatti, nessuno ha parlato di problemi che affliggono "le nuove generazioni" (la discussione è tecnica, non biblica), ma di uno specifico problema che - in quanto posto da una lettrice reale, non dal personaggio di un romanzo - ha poco da giovarsi nel venire trattato a suon di proclami delle nuove generazioni che tale problema non hanno, o dicono di non avere. Quando Lei non sapeva camminare, aveva - si suppone - dieci mesi, e il Suo non era un problema, era una situazione normale, alla Sua età di allora. Se non avesse saputo camminare in modo soddisfacente a tre anni, e i suoi genitori si fossero rivolti a dei medici per avere aiuto, sarebbe stato intelligente - da parte dei dottori - rispondere loro che ormai quella era una questione vecchia, priva di importanza per "le nuove generazioni"?

     

     

     

    Oggi ha senso parlare non di chi sa fare le scale a 240. Quanti pianisti professionisti sanno farlo? Tutti!

    La differenza non è nelle dita o nel sistema nervoso, siamo più o meno tutti fatti allo stesso modo.

     

     

    Di questo egualitarismo nella tecnica, non vi è attualmente traccia nelle prestazioni dei chitarristi. Alcuni di loro - una buona percentuale - hanno ottima tecnica, altri - una percentuale notevolissima - hanno chiari limiti tecnici, lo si evince facilmente dai dischi che essi hanno inciso e pubblicato, nonché dai loro concerti. Nei più importanti concorsi di chitarra, ai giudici viene richiesto di formulare specifiche valutazioni sulla tecnica. Immagino che quella delle scale a 240 sia una boutade, perché la maggioranza dei chitarristi di oggi non sa farle nemmeno a 180, e non mi riferisco agli studenti, ma a coloro che danno concerti e incidono dischi. Siamo fatti tutti allo stesso modo, ma non con le stesse misure e con le stesse capacità, e comunque la discussione verte sul fatto che una lettrice non era soddisfatta della velocità dei suoi arpeggi, e, nella biblica assemblea dei "più o meno", sul fatto che a lei non piaceva il suo "meno" e cercava consigli: che le sono stati dati, insieme all'esortazione di distinguere tra ciò che era migliorabile e ciò che non lo era. Si può migliorare l'italiano di chi scrive "qualcuno a detto", ma non trasformarlo in uno scrittore: quindi, non siamo tutti uguali e, se alcuni problemi di ortografia e di grammatica sono risolvibili, sarà bene chiarire che l'imparare a mettere le "h" alle voci dell'indicativo presente del verbo avere non ci renderà uguali a chi vince i premi letterari.

     

     

    La differenza sta nell'intelligenza, la genialità di un'interpretazione, ma questo viene dopo.

     

     

    Per l'appunto. La lettrice voleva migliorare il suo arpeggio, non diventare un genio. E dell'arpeggio si è parlato.

     

     

    E se uno come Schiff Andràs dice che ogni giorno ricomincia tutto da capo, non è un modo di dire.

    Quando si inizia a studiare un nuovo pezzo di musica, in un certo senso, si torna tutti al primo anno.

    Ci sono bravi insegnanti in giro, cioè quelli che insegnano IL COME FARE UNA COSA. Trovateli!

     

    Risulta che la lettrice si sia rivolta impersonalmente ai docenti che partecipano a questo forum, quindi che stava volonterosamente cercando. Se abbia trovato o meno quel che cercava nelle risposte che ha ottenuto - inclusa la Sua -, sarà bene che sia lei stessa a giudicarlo.

     

     

    Diffidate di quelli che si nascondono dietro.. ognuno ha dei limiti in natura.

     

     

    Chi si nasconde, non scrive pubblicamente le sue opinioni. E invece di esortare alla diffidenza, io esorto ad andare a verificare che cosa ci sia "dietro" le affermazioni che ciascuno fa pubblicamente, anche sulla propria tecnica.

     

    A sentir loro dovremmo tutti andare su una sedia a rotelle perché incapaci di imparare a camminare.

     

    Infelicissima metafora. Infelice sia nei confronti della persona che ha posto un problema di tecnica chitarristica, sia nei confronti di una intera categoria di esseri umani. Lei non ha letto - o non ha capito - quello che è stato scritto: non si è minimamente fatto riferimento a delle menomazioni, ma a dei problemi di efficienza nell'ambito della normalità, alla possibilità di migliorare tale efficienza - e a tal proposito sono stati offerti degli specifici consigli, anche da parte di esponenti delle "nuove generazioni", non solo del "vecchiume" - e all'evidenza del fatto che ciascuno ha, umanamente, dei limiti: anche coloro che fanno le scale a 240, e che magari amerebbero farle a 300.

     

    Qui, si stava conversando, poi è arrivato "qualcuno" a distribuire apprezzamenti sull'età e sulle sedie a rotelle. Se questo è lo stile delle "nuove generazioni", a molti sembrerà opportuno mantenere in uso lo stile del "vecchiume".

     

    dralig

  14. Quindi M° Gilardino essendo un problema di tipo neurologico Lei ritiene che non c'è rimedio alcuno per chi oltre un limite non va?.

     

    Attenzione, io non ho detto - e se l'ho lasciato intendere me ne dolgo - che esista per forza "un problema" neurologico. Ci sono cervelli da virtuosi e cervelli non da virtuosi, e questo non è un problema, si tratta di differenti modi di essere. Un violinista che suonava splendidamente la Sonata a Kreutzer non si azzardò mai a eseguire un Capriccio di Paganini, ciò non di meno fu un grande violinista...

     

     

    Potrebbero anche fattori psicologici imperdire il superamento di certe velocità, come ad esempio un paura intrinseca del tipo: "non ci riuscirò mai; non ne sarò mai capace; non è possibile che io riesca a fare quel pezzo a quella velocità". Potrebbero esserci, quindi, dei blocchi in tal senso?

     

     

    La psiche è un'entità i cui poteri sono immensi.

    In senso inibitorio, come ci hanno dimostrato gli psicoanalisti, da Freud fino ai contemporanei, può fare danni terribili.

     

     

     

    Quello che mi chiedo spesso è: ma un chitarrista, come voi maestri ad esempio, quando si è reso conto che un pezzo poteva farlo velocemente? Qualcuno avrai mai avuto, nella fase di allievo, il problema di non riuscire a portare ad una determinata velocità un particolare brano? Ad esempio lo studio n.5 op. 48 di Giuliani (quello con le sestine) a tutti è riuscito di eseguirlo subito velocemente o qualche problemino l'ha dato anche a voi? E quando e come vi siete resi conto di poterlo fare alla giusta velocità? Dopo settimane o mesi di studio assiduo del pezzo o dopo particolari accorgimenti?

    E' vero non bisogna avere quale fissazione la velocità, come giustamente qualcuno potrebbe sottolineare, perchè suonare la chitarra non significa mitragliare note, ma è pur vero che certi brani sono stati scritti per essere suonati a determinate velocità. Saluti.

     

    Le disposizioni di un chitarrista si manifestano fin dai primi mesi di studio. C'è una fase di formazione di base, durante la quale si imparano i fondamenti della tecnica: se guidata bene, non dura più di un paio d'anni, alla fine dei quali si può già valutare il profilo del futuro chitarrista.

     

    Se un passo che richiede una determinata tecnica non viene risolto in mezz'ora, è inutile insistere con gli stessi mezzi: si può solo peggiorare la situazione. Bisogna esaminare il problema e capire come risolverlo. Questo non è facile, e sia nella diagnosi che nella terapia il maestro è determinante.

    La scuola permette a ciascuno di adoperare al meglio e di sviluppare al massimo i proprii mezzi, ma non può trasformare una persona in un'altra.

     

    dralig

  15.  

    In atletica esiste l'allenamento della corsa a scatti: da fermi o in movimento si praticano degli scatti brevi ed intensi (misurati nel tempo e mai portati troppo a lungo o continuativi; beninteso questi scatti sono praticati quando si è è perfettamente riscaldati ed allenati a farlo!). Ciò fa sì che l'apparato muscolare e quello scheletrico possano "sperimentare" i propri limiti senza per questo implicare uno sforzo eccessivo all'intero sistema.

    In questo senso, fermo restando lo studio lentissimo e misurato in tutte le componenti di movimento bene illustrato da Gilardino, che abitui ad una gestione corretta del rapporto tensione rilassamento, l'ausilio di uno studio a "scatti" della dita della mano (che altro non è che un sistema osteo-muscolare al pari di altri) mantenendo inalterata la modalità di gestione dei movimenti può indurre nel nostro cervello la "sperimentazione" e la successiva acquisizione di un'immagine e di una sensazione di moto altrimenti non sempre così raggiungibili (lo studio lento con il metronomo aumentando gradatamente le tacche porta a qualcosa di simile anche se i limiti restano comunque a lungo abbastanza bassi - questo per la maggioranza delle persone non per i più dotati! -).

    Questo tipo studio non è certo la panacea, ma credo che possa rappresentare in fasi già avanzate dell'apprendimento un mezzo per "conoscersi" meglio e per meglio arrivare a gestire, con più consapevolezza, i propri limiti (i quali sono "prestampati" e contro i quali nulla si può fare!).

    Saluti

    Piero Viti

     

    Carissimo Piero, qual è la differenza - dal punto di vista strettamente fisico - tra la performance di un atleta e quella di uno strumentista? La domanda, rivolta a te, è del tutto retorica, ma non sarà male, credo, chiarire il concetto per chi ci legge. Perché un velocista che corre i 100 metri in meno di dieci secondi non prosegue, dopo il traguardo, alla stessa velocità, per altri 9900 metri, polverizzando così il record dei 10mila metri? Lo sappiamo tutti: non può farlo a causa dell'accumulo di acido lattico nei suoi muscoli, con conseguenze respiratorie, cardiache, etc. Se un miracolo lo liberasse dall'acido lattico, nessuno lo fermerebbe, e lui sarebbe ben felice di andare avanti per altri 1000 secondi a quell'andatura. Un chitarrista che fa 7 note consecutive in mezzo secondo accumula acido lattico? Le sue pulsazioni cardiache accelerano? Il suo respiro si fa affannoso? No. Ma allora perché non prosegue alla stessa velocità per dieci minuti? Se il suo apparato osteo-muscolare (che tu giustamente chiami in causa) gli permette di suonare sette note in mezzo secondo - essendo chiaro a tutti che ciò richiede uno sforzo fisico insignificante -, nulla gli impedirebbe di continuare, e smetterebbe solo perché stremato dalla noia, ma non dalla fatica. In altre parole, a impedirgli di continuare non è un fattore fisico. Se lo fa per mezzo secondo, in senso strettamente fisico lo può fare per mezza giornata. Il problema è quindi neurologico. Il cervello del chitarrista in questione non riesce a impartire gli impulsi a qualunque velocità, ma solo fino a un certo limite, oltre il quale i suoi circuiti non funzionano più.

     

    Il lavoro che suggeriamo - da diversi punti di vista - non ha influenza su questo quadro. Funziona solo per economizzare e controllare l'esecuzione degli impulsi evitando blocchi e dispersioni: questo si, in senso strettamente fisico, cioè nel movimento. Ma la mente resta quel che è.

     

    Ciao.

     

    Il tuo vecchio maestro, dralig.

  16. Grazie mille. Volevo ancora chiedervi, e poi chiudo con questo argomento, cosa ne pensate dell'articolo di Antonio Ripollés Mansilla relativo alla tecnica del tremolo pubblicato su un numero della rivista Il Fronimo e se lo stesso ha qualche attinenza con quello che si è detto sinora. Grazie, grazie, grazie, queste disquisizioni tecniche sono piacevolissime, meglio di chi ti propone "usa questo libro" senza però dirti il motivo o analizzare l'aspetto tecnico.

     

    Non ho letto l'articolo in questione, ma non mi interessa. Non esiste una tecnica specifica del tremolo, degli arpeggi, degli accordi, delle note singole, etc. Queste sono tutte applicazioni della medesima tecnica fondamentale.

     

    dralig

  17. Se ho ben inteso, per essere più veloci bisogna che le dita, a parità d'intensità di suono, facciano meno fatica (cioè siano meno in tensione) e non articolino troppo (cioè non devono allontanarsi molto in fase di svincolo), fermo restando il principio di tensione seguito dal rilassamento delle stesse. In definitiva stiamo parlando di dita molto forti che con un minimo sforzo riescono a vincere la restistenza delle corde? Pertanto, l'esercizio consigliato dal M° Gilardino è finalizzato ad irrobustirle?

    Mi è capitato di osservare, sempre nel tentativo di aumentare la velocità in qualche arpeggio, che mentre cercavo di mantenere costante l'intesità del suono la mano si irrigidiva, viceversa non irrigidendo, il movimento era più fluido ma l'intensità del suono calava e le dita sfioravano le corde come se nelle stesse non ci fosse più peso. M° Gilardino se ho mal interpretato il suo concetto la prego cortesemente di rispiegarmelo indicando passo passo le fasi dell'esercizio. Grazie per le risposte dei maestri Porqueddu e Gilardino. :(

     

    La forza necessaria per eseguire un arpeggio chitarristico è quella di un bimbo di cinque anni: basta e avanza.

    Non occorre quindi irrobustire le dita in senso fisico, ma imparare a controllarne il movimento sulle corde e ad adoperare "direzionalmente" la forza che ciascuno di noi ha in abbondanza (rispetto allo sforzo richiesto). Suonare lento e forte è il modo migliore per acquisire direzionalità e controllo. In questo senso le dita devono "irrobustirsi": diventando più precise ed efficaci nel "condurre" la forza che abbiamo già, non nell'aggiungerne (non occorre). Ricordi che il cervello mappa i movimenti esattamente come li compiamo: se noi eseguiamo un arpeggio, il cervello mappa "tutto" ciò che fa parte dell'azione, compresa la sensazione tattile del contatto con le corde. Per questo non serve a nulla esercitare i movimenti senza chitarra (il cervello mappa inb tal caso un'altra categoria di movimenti, e non la associa, come noi crediamo, all'azione del suonare). Bisogna focalizzare l'azione delle dita sul loro obiettivo (le corde). Forte e lento. Così facendo, lo sforzo diminuisce progressivamente, fino a ridursi allo stretto necessario, e di conseguenza l'azione facilitata diventa anche più veloce. Con il limite determinato dai neuroni di ciascuna persona.

     

    Naturalmente, studiare lentamente serve solo se si mantengono inalterati i movimenti. Se, rallentando, si cambia tipo di movimento rispetto a quando si suona a tempo, studiare lentamente non serve a nulla.

     

    dralig

  18. Grazie per avermi risposto, ma la tecnica di cui parlo mi è sembrato di capire che non è con l'attacco preparato. Se ho capito bene si imposta il metronomo ad una velocità (es. 120=semiminima) superiore a quella del limite personale (es. 100=semiminima) cercando di suonare un gruppo di note (tipo una quartina di semicrome) con una breve pausa e ricominciare. Poi riportare il metronomo giù di qualche tacca, ma sempre superiore al limite personale, (es. 110=semiminima) e ripetere il gruppo di note. Pare che così ci si possa impadronire di questa quest'ultimavelocità(110).

    No so se sono stato chiaro, spero di si.

     

    Quello che descrive è solo un espediente. Per acquisire velocità, occorre ridurre lo sforzo che ogni dito deve compiere per spostare la corda. Perché una corsa a ostacoli è meno veloce di una corsa piana sulla stessa distanza? Ovviamente, perché gli ostacoli obbligano l'atleta a uno sforzo supplementare. Quindi, non potendo diminuire la resistenza delle corde, occorre aumentare la potenza della leva che le aziona: riducendo lo sforzo, l'azione risulta più facile e fluida, quindi più veloce. L'esercizio migliore è quello che richiede il maggior impegno energetico alle dita: quindi suonare ogni nota forte, curando che le dita non si estendano passivamente durante la pressione sulle corde e non si flettano senza controllo dopo lo svincolo, e non curarsi, in questa fase, della velocità.

     

    Qualcuno prescrive ai proprii allievi anche esercizi per rinforzare le dita indipendentemente dalle corde. Non credo che ciò sia molto utile, però nemmeno dannoso.

     

    Va da sé che il migliore degli esercizi conduce ognuno di noi a colmare il proprio limite di velocità. Questo limite non è determinato soltanto da fattori fisici, ma anche da particolari facoltà cerebrali.

     

    dralig

  19. Sono anni che studio i 120 arpeggi di Giuliani; con il cuaderno 2 di Carlevaro ho raggiunto un'ottima indipendenza della dita nonché un eccezionale articolazione di sola falange; con la tecnica di Gilardino ho un ottimo suono corposo e forte. Quello di cui ho bisogno sono degli esercizi di tecnica che mi consentano di aumentare la velocità negli arpeggi anche in quelli più comuni come p-i-m/p-m-i/p-i-m-a/ecc.. Degli esercizi che con il tempo mi possano fare aumentare la mia velocità attuale. Nelle quartine p-i-m-a al massimo arrivo a 100 = semiminima. Ho sentito parlare che c'è una tecnica a proposito che è detta a scatti, ma non so di che si tratta. Se qualche M° può indicarmi degli esercizi, gli chiedo la cortesia se può anche dirmi come eseguirli. Simosva.

     

    Probabilmente si riferisce alla tecnica dell'attacco preparato o, in inglese, planting. Consiste - per quanto riguarda l'arpeggio che Lei indica - nel collocare in anticipo tutte le quattro le dita della m.d. a contatto con le corde (come se dovesse poi eseguire un accordo perfettamente placcato), e nell'estrarle a una a una. Questo procedimento offre, alla maggioranza degli esecutori, una maggior scorrevolezza (velocità), anche se dà problemi nel controllo dell'intensità delle note singole e, qualche volta, del ritmo.

     

    dralig

  20. Ho suonato e registrato con l'Assieme chitarristico italiano Misteri e Baccanale di Sergio Chiereghin, bella musica apprezzata anche da un pubblico "normale"-nel senso non strettamente educato alla contemporanea- Ricordo anche la sua personalità, semplice e colta, un compositore vero insomma. Non so neanche se il lavoro per il nostro Assieme sia stato poi edito (forse Zanibon essendo lui veneto, padovano credo). Ma come lui abbiamo suonato tanta bella musica che non penso abbia trovato spazio in seguito, Calì, Elos, Mario Cesa, e tanti altri, magari Gilardino ha notizie in merito...

    In effetti tutti gli assiemi che ho ascoltato generalmente lavorano su Brouwer o trascrizioni, se si riuscisse a pubblicare questa musica sarebbe bellissimo

     

    Bellissimo ma inutile, purtroppo. L'inadeguatezza, la neghittosità e l'indolenza del chitarrista medio nei riguardi del repertorio e dei suoi valori si moltiplicano esponenzialmente nei gruppi di chitarristi. I compositori che scrivono per chitarra sola (e i loro eventuali editori) non hanno molte possibilità di vedere la loro musica sui leggii dei chitarristi, e quando ci arriva, è ben raro che venga compresa per quello che è: non è la lettura, ma sono altri fattori a determinare il "successo" o meno di una composizione e del suo autore. Scrivendo per gruppi di chitarre, la situazione peggiora, e molto, al punto che - nella misura in cui un compositore può scegliere di scrivere per chitarra sola o per gruppi di chitarre senza tradire il proprio pensiero musicale e le proprie esigenze - è consigliabile evitare la scelta multichitarristica, che risulta perdente da tutti i punti di vista. Ci si può arrischiare a scrivere per più chitarre a seguito della commissione o della richiesta di un gruppo con il quale si ha un rapporto diretto e personale, e quindi la certezza che la propria opera non verrà coperta dal silenzio: a parte questi casi, in linea generale, e se non ci sono esigenze proprie, meglio astenersi.

     

    Chiereghin è uno dei tanti, bravi compositori la cui opera è da molti anni bloccata nell'ascensore al primo piano.

    La lista degli autori che, come lui, hanno scritto buona musica per chitarra, rimasta poi nell'ombra, è assai lunga. Il dato che meno fedelmente rivela e misura il valore delle loro composizioni chitarristiche è quello riflesso nella quantità e nella frequenza delle esecuzioni da parte dei chitarristi. Non c'è da lamentarsi: fanno quello che possono e che sanno fare. L'unico atteggiamento positivo nei confronti di tale realtà è quello di incoraggiare e di sostenere i pochi che hanno l'intelletto e il coraggio di fare diversamente, esplorando il repertorio. Si consideri però che la lista dei brani da leggere è sterminata, e che un singolo esecutore, anche se bravo e volonteroso, nella sua intera carriera, riesce a venire a capo di duecento pezzi...

     

    dralig

  21.  

    per Gangi e Gazzelloni parlano le loro carriere, le loro interpretazioni e collaborazioni con i piu importanti compositori (le si conoscono?)...è interessante il fatto che a suscitare l'interesse in questo contesto sia piu la collaborazione con il mondo dell'avanspettacolo che quello con i compositori...la dice lunga sullo stato di salute dello strumento

     

    Lo stato di salute di uno strumento si misura unicamente nella qualità e nell'ampiezza del suo repertorio e, da questo (essenziale) punto di vista, la chitarra gode di ottima salute. Il Novecento è stato davvero il suo secolo d'oro, assai più dell'Ottocento.

     

    Altro discorso è quello che si deve fare sullo stato di salute dei chitarristi: questo dipende dalla loro padronanza del repertorio, ed è quindi un fatto individuale. Ci sono chitarristi colti e chitarristi ignoranti, con una grande varietà di gradi di conoscenza e di ignoranza, fino al paradosso dei chitarristi colti che lottano quotidianamente per ridurre il loro grado di ignoranza e di chitarristi talmente ignoranti che ignorano persino di essere tali.

     

    dralig

     

    sono idealmente d'accordo

    ma la musica va dove la portano i musicisti e io, fossi chitarrista, pretenderei qualcosa in piu dalla categoria

     

    La botte dà il vino che ha. A me piacerebbe che la si smettesse di ascrivere i comportamenti - meriti e demeriti - dei chitarristi al bilancio del loro strumento. La chitarra - intendendo con ciò la musica scritta per chitarra - è ricca, e se i chitarristi non lo sanno, o non sanno trarne vantaggio per sé, peggio per loro.

     

    Del resto, va così en peu partout. Un collega ha svolto in conservatorio una piccola inchiesta su un campione di quindici studenti, domandando loro qual è il nome di battesimo di un famoso artista del Novecento che di cognome fa Morandi: solo quattro hanno risposto "Giorgio". Non perciò ne concluderemo che la pittura naviga in cattive acque.

     

    dralig

  22.  

    per Gangi e Gazzelloni parlano le loro carriere, le loro interpretazioni e collaborazioni con i piu importanti compositori (le si conoscono?)...è interessante il fatto che a suscitare l'interesse in questo contesto sia piu la collaborazione con il mondo dell'avanspettacolo che quello con i compositori...la dice lunga sullo stato di salute dello strumento

     

    Lo stato di salute di uno strumento si misura unicamente nella qualità e nell'ampiezza del suo repertorio e, da questo (essenziale) punto di vista, la chitarra gode di ottima salute. Il Novecento è stato davvero il suo secolo d'oro, assai più dell'Ottocento.

     

    Altro discorso è quello che si deve fare sullo stato di salute dei chitarristi: questo dipende dalla loro padronanza del repertorio, ed è quindi un fatto individuale. Ci sono chitarristi colti e chitarristi ignoranti, con una grande varietà di gradi di conoscenza e di ignoranza, fino al paradosso dei chitarristi colti che lottano quotidianamente per ridurre il loro grado di ignoranza e di chitarristi talmente ignoranti che ignorano persino di essere tali.

     

    dralig

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