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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Protagonisti sarebbero l'Orchestra della Magna Grecia e tre solisti(uno per ogni serata): Lorenzo Micheli, per il Concerto in Re di Castelnuovo-Tedesco, Dimitri Illarionov, per il Concerto di Novgorod di AG, Cristiano Porqueddu, per il Concerto di Oliena di AG. La parte di programma non occupata dai concerti con orchestra verrebbe affidata alla chitarra sola, quindi il compito dei tre concertisti, che dovranno eseguire, nella stessa serata, un concerto con orchestra e un mezzo recital, sarà particolarmente severo.

     

    l'orchestra zitta e i solisti suonano?

    ma che senso ha un concerto così lungo? sei ore???

     

    Non è una soluzione infrequente, anzi, Barrueco, per la televsione francese, ha registrato un concerto in cui eseguiva Aranjuez e, nella seconda parte, un recital.

    Dopo tutto, in termini di mera durata, un concerto per chitarra e orchestra non credo che superi i 30-35 minuti, e la seconda parte può comodamente contenere il secondo tempo di un recital solistico di altrettanti 30 minuti.

    Indubbiamente, per i solisti è un'impresa non da poco, tant'è che la commissione è stata affidata a personaggi con una solida preparazione.

     

    Dubito fortemente, e dalle parole del M° Gilardino si evince che non sarà così, che i tre solisti si esibiranno nella stessa serata...

     

    EB

     

    Ho scritto chiaramente che i tre solisti si esibiranno "uno per serata", e del resto è ovvio: se così non fosse, cio' se i tre concerti con orchestra venissero eseguiti nello stesso programma, non vi sarebbe alcun bisogno di aggiunte di brani per chitarra sola.

     

    L'orchestra, ovviamente, si schiera soltanto quando viene eseguito un concerto, non mentre un solista si esibisce da solo.

     

    dralig

  2. ottobre a lagonegro?

    Questa è da non perdere!E il festival con concorso che si tiene ad agosto è ancora attivo?Qualcuno ha un link?Io ho trovato solo quellodel 2006.

     

    Il maestro Pino Racioppi, direttore artistico del festival di Lagonegro, mi ha comunicato - e lo riferisco qui perché non ho vincoli di segretezza, ma si tratta di notizie che egli solo potrà confermare - che, oltre al normale ciclo di concerti allegati al festival di agosto (che avrà luogo regolarmente) - è in programma anche un ciclo di tre concerti per chitarra e orchestra, organizzati per celebrare il 25° anniversario della fondazione del festival. Questi tre concerti avranno luogo - ovviamente in tre serate, agli inizi di ottobre - in diverse sedi: Lagonegro, Potenza, Matera. Protagonisti sarebbero l'Orchestra della Magna Grecia e tre solisti(uno per ogni serata): Lorenzo Micheli, per il Concerto in Re di Castelnuovo-Tedesco, Dimitri Illarionov, per il Concerto di Novgorod di AG, Cristiano Porqueddu, per il Concerto di Oliena di AG. La parte di programma non occupata dai concerti con orchestra verrebbe affidata alla chitarra sola, quindi il compito dei tre concertisti, che dovranno eseguire, nella stessa serata, un concerto con orchestra e un mezzo recital, sarà particolarmente severo.

     

    Sottolineo che si tratta di un'iniziativa in fase di organizzazione, non di un cartellone già pubblicato - quindi prendiamo la notizia con tutte le cautele.

     

    dralig

  3. Il "Preludio" è edito da Curci, in un'antologia di musiche di autori contemporanei.

    "Omaggio a Manuel de Falla" e la "Canzone veneziana" sono editi da Zanibon.

    I Quattro Studi sono inediti.

     

    I diritti della "Canzone veneziana" sono stati riacquisiti dalla moglie del compositore. Il brano - in una versione revisionata e diteggiata da AG, diversa da quella a suo tempo edita da Zanibon - è stato pubblicato da "Seicorde". Se qualcuno vuole la musica, credo di potergli inviare il file PDF. Può inviarmi la richiesta dal mio sito.

     

    dralig

  4. Perdonatemi il titolo del thread, ma non sapevo come intitolarlo :mrgreen:

     

    La mia curiosità verte proprio sulle opere di una certa "lunghezza" di N. Coste, quali ad esempio: Op. 22 : Meulan - Op. 14 : Deuxième Polonaise - Op. 47 : La Source du Lyson, e sim., rispetto a quelle più suonate, e, almeno tra le persone che conosco io, più amate e apprezzate, quali i pezzi brevi.

     

    Ma non capisco il perchè ... Personalmente trovo nelle opere di più ampio respiro di Coste una raffinatezza unica, io non lo trovo così inutilmente prolisso.

     

    Certo, parere mio discutibilissimo, ma mi piacerebbe venire a conoscenza di opinioni più autorevoli di me per quanto concerne proprio le opere più "lunghe" del compositore francese, grazie.

     

    L'opera di Napolén Coste - come quella di ogni altro autore - necessita per prima cosa di essere studiata a fondo. I chitarristi, nei suoi confronti, sono in debito e in grave ritardo, molto più di quanto non lo siano nei riguardi degli altri grandi del repertorio romantico, Mertz e Regondi. Direi che, al momento, la cosa più importante è leggere bene le sue composizioni. Una cosa è certa: gli Studi dell'op. 38 e gli Studi facili che egli ha annesso al metodo di Sor sono tra i lavori più belli di cui la chitarra disponga nel secolo XIX.

     

    dralig

  5. Mi spiego meglio. Mettendo il dito 2 sul Sib (quinta corda) il mezzo barrè in dodicesima posizione non preme a sufficienza il Mi (prima corda), in pratica l'indice della sx si alza dalle corde leggeremente. Insomma la posizione non è tanto agevole, almeno per me. Grazie ancora Maestro Gilardino.

     

    Spesso - e non solo nel caso in questione - conviene adoperare il barré completo invece del barré parziale, anche quando le corde da barrare sono soltanto due o tre.

     

    dralig

  6. Ecco, quello sì che suonava.

     

    Mesirca è senza ombra di dubbio il miglior esecutore delle trascrizioni per chitarra delle Sonate di Scarlatti che io conosca, però anche Vladimir ha ragione, nel clavicembalo suonano diversamente, molto più snelle e vive. Ho notato questa cosa anche in Bach, specialmente nel Preludio Fuga e Allegro 998 suonato da Gustav Leonhardt.. Nella trascrizione per chitarra suonano molto bene, sono tre brani che adoro (fra le altre cose li porto anche al diploma) però ascoltandoli al clavicembalo di Leonhardt sono ipnotici, specialmente l'Allegro. Scusa l'OT ma stavo ragionando su quanto detto da Vladimir... Torno a ragionare con le mie casse... SeeU

     

    La polifonia di Bach è - anche nelle composizioni strumentali, e a maggior ragione in quelle per clavicembalo e per organo - completa, cioè realizzata organicamente in ciascuna delle sue parti. E' ovvio che lo strumento per il quale i Preludi, le Fughe, le Invenzioni, le Partite, etc., furono scritte permetta un'esecuzione piena e scorrevole, rispettando lo sviluppo lineare e continuo di ogni singola voce.

     

    La polifonia di Scarlatti è ben diversa, non di rado abbandona il tracciato lineare di una voce per farne risaltare un'altra, è una polifonia allusiva, "simbolica", e proprio in questa sua irregolarità Kirkpatrick per primo ha individuato un influsso chitarristico. La rimando alla lettura delle note che accompagneranno il CD di Mesirca nel prossimo numero di "Suonare". Con questo, non intendo tentare di convincerLa di ciò di cui io sono convinto, ma proporLe argomenti per una riflessione su aspetti propriamente musicali, riconoscibili a una attenta lettura dei testi.

     

    Mettere sullo stesso piano di accessibilità, da parte della chitarra, Bach e Scarlatti, è possibile soltanto se si ci trova al di qua della conoscenza dello stile dell'uno e dell'altro.

     

    dralig

  7. Grazie per la precisazione. Ne approffitto per chiederle: ma come si fa a realizzare le misura 11 e 12 in dodicesima posizione? Grazie ancora.

     

    Si colloca il dito 1 come barré sul dodicesimo tasto (conviene prendere tutte e sei le corde anche se non è indispensabile, ma la posizione è più salda), si prende il si bemolle fondamentale con il secondo dito in quinta corda, il do diesis con il quarto dito in seconda corda e le altre note (sol in terza corda e mi in prima corda) sono già prese dal barré. La risposta è data in base a quello che ho capito della domanda. Se non ho inteso bene, prego riformulare il quesito.

     

    dralig

  8. Infatti io non metto in discussione l'innovazione che Paganini ha portato al violino, di cui sono perfettamente consapevole, ma la sua effettiva invenzione musicale.

    Scarlatti possiede un'inventiva e una freschezza musicale straordinaria, e mi stupisco sempre di vedere cosa sia riuscito a tirare fuori da un' impostazione armonica semplicissima, quasi banale...

     

    Tuttavia, non sono molto d'accordo con Lei sul fatto che sia più bello sulla chitarra.

    Il clavicembalo, visto anche il notevole "rumore" prodotto dai plettri sulle corde, rende il tutto estremamente più brillante e scandito.

    A me questo suono piace molto, e penso che, per questa musica molto brillante, sia lo strumento perfetto.

    La chitarra viene subito dopo.

     

    Mi era piaciuta molto l'esecuzione di Eliot Fisk: quell'attacco duro, molto "unghioso", dava una vitalità sorprendente a queste pagine meravigliose...

     

    Non vorrei imbarcarmi - e tentare di imbarcarti - in una discussione estetica, ma trovo che, nella misura in cui è lecitamente eseguibile con la chitarra, la musica di Scarlatti si trovi in uno stato di rivelazione molto più felice di quello che le è offerto dal clavicembalo. Proprio per i valori che tu giustamente sottolinei, e che non sono propriamente valori armonici, ma di pura invenzione lineare (se non vogliamo dire melodica), la dizione della chitarra, che permette di "modulare" le intensità e i modi di attacco molto più sensibilmente del clavicembalo, nonché per gli specifici attributi che alla melodia conferisce il vibrato, la chitarra è in grado di profilare le linee con un'infinità di nuances che al clavicembalo sono precluse: questo risulta evidente fin dal primo ascolto di una qualsiasi sonata nelle due versioni.

     

    Non è, e non sarà mai, in discussione il primato del clavicembalo nei riguardi della musica di Scarlatti, anche perché la chitarra può eseguire al massimo la settima parte del corpus sonatistico scarlattiano. E' però fuori discussione anche il fatto che Scarlatti aveva assorbito un fortissimo influsso chitarristico, e a mettere in rilievo questo aspetto fu proprio l'interprete scarlattiano principe: il clavicembalista Ralph Kirkpatrick. Quindi, non ti resta che aggiungere, alla tua lodevole conoscenza scarlattiana, anche una buona audizione del miglior Scarlatti chitarristico oggi disponibile in CD. C'è una monografia di Luigi Attademo, e la rivista "Suonare" - che è letta da tutti i musicisti, e dai pianisti in particolare - sta per uscire proprio con un CD di Alberto Mesirca interamente dedicato a Scarlatti. Se una rivista musicale - non chitarristica - si prende una responsabilità del genere, non lo fa senza prima aver sottoposto la registrazione al vaglio di pianisti e clavicembalisti. E io mi sono impegnato a scrivere le note che accompagneranno il CD. Te ne propongo un ascolto molto attento, dopodiché, se vuoi, torneremo sul tema.

     

    ag

  9. Azz, Paganini è forse il compositore dell'Ottocento che odio di più in assoluto.

    L'ho sempre ritenuto una rockstar, come Van Halen può esserlo con la chitarra elettrica...

     

    Scarlatti, che usa un armonia semplice quanto quella di Paganini, ha un' invenzione straordinaria, ecco perchè lo reputo, personalmente, uno dei più grandi compositori italiani di sempre...

     

    Ecco, io metterei Scarlatti (che suona bene sulla chitarra) al posto di Paganini.

     

    Non lapidatemi, ma non mi va proprio giù...

     

    Senza contestare l'incontestabile, cioè che il genio di Scarlatti si manifesta pienamente nelle sue Sonate, mentre quello di Paganini viveva soprattutto nel gesto del virtuoso - e nelle sue composizioni ne raccogliamo soltanto una parte - resta il fatto che, in senso strettamente compositivo, i due maestri sono contigui: cioè, sono due grandi strumentalisti (significa: compositori di musica strumentale) che hanno lavorato nella stessa linea "sonatistica" italiana, adoperando mezzi quasi identici.

     

    Anch'io - che non sono un "trascrizionista" nato - amo Scarlatti come risulta nel suono della chitarra. E' più bello che nel clavicembalo.

     

    dralig

  10. Volevo un chiarimento dai Maestri Porqueddu e Gilardino in ordine allo studio n.11 di Virtuosità e di Trascendentia. Tra l'esecuzione nel CD e la partitura vi sono delle difformità: le misure da 41 a 51 (pag.44) non ci sono nell'esecuzione e così pure quelle da 82 a 87 (pag.45). Trattasi di un mero errore di stampa o altro. Grazie e saluti. Simosva.

     

    E' valida la versione incisa nel disco di Cristiano Porqueddu. Si tratta di una modifica apportata dall'autore dopo la pubblicazione del volume. Nell'edizione definitiva degli Studi - che sarà pubblicata fra qualche anno - sarà effettuata la correzione.

     

    dralig

  11. Non segnalo abitualmente notizie di esecuzioni delle mie opere - è compito degli organizzatori dei concerti e, se vogliono, degli interpreti - ma in questo caso faccio un'eccezione, e la faccio volentieri. Non adopero il modulo dei concerti, perché si tratta di un recital trasmesso in diretta dalla radio nazionale olandese : stasera alle ore 20 Alberto Mesirca suonerà dagli studi della Concertgebouw di Amsterdam un programma comprendente la prima esecuzione della Sonata che ho scritto l'anno scorso e che gli ho dedicato:"Cantico di Gubbio".

     

    E' giunto quindi il momento di prendere commiato da questo lavoro e di salutarne l'ingresso nel mondo, come faceva Francesco Petrarca con la sua canzone: "Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia/Poresti arditamente/uscir del bosco e gir infra le gente".

     

    Conscio del fatto che mandare auguri per un concerto a Mesirca è come augurare a un gatto di riuscire ad arrampicarsi su un albero, passo direttamente a ringraziarlo per aver riservato al mio lavoro un posto d'onore in uno dei più importanti concerti della sua giovane carriera.

     

    AG

  12. ps La prossima volta che Le affidano una melodia da arrangiare, esiga che sia un po' meno banale.

     

    Premettendo la mia condivisione alla Sua affermazione, provo ad ampliare l'argomento ponendoLe una domanda che non è in alcun modo polemica: come si può - da un punto di vista tecnico - definire una melodia famosa in tutto il mondo "banale".

     

    E' proprio la sua banalità ad averla resa famosa in tutto il mondo. Per banale, intendo immediatamente assimilabile dalla totalità delle persone (eccettuati i sordi), alle quali è data la possibilità di ricevere e assimilare istantaneamente, senza il minimo impegno, una successione di note che esiste ormai nel patrimonio comune di tutti, perché motivi simili vengono offerti quotidianamente dalla televisione, dalla radio, etc,.

     

    Banale è tutto ciò che viene ripetuto dopo essere stato detto e ascoltato migliaia di volte, tutto ciò che, prima ancora che si sia finito di dirlo, è già previsto e scontato da chi riceve il messaggio, che non porta con sé alcuna rivelazione, ma solo una blanda conferma di quello che si sapeva già, con al massimo qualche variante superficiale.

     

    Se alle stesse persone che decretano il successo di melodie banali viene proposta una melodia originale, fresca, inventata - anche se oggi è inevitabile che qualunque melodia sia in qualche misura riconducibile a modelli preesistenti - si può stare certi che avrà un successo molto minore di una melodia banale. Più elaborato è il messaggio, più si restringe il numero di coloro che sapranno decifrarlo. Nel Novecento, l'elaborazione del messaggio musicale è giunta a un tale livello di elaborazione da collocarsi fuori dalla ricezione della maggior parte degli individui. I compositori hanno esagerato? La gente è troppo pigra e assuefatta al confort, e vuole solo le cose pronte, immediatamente consumabili? Su questi temi, si sono scritte migliaia di pagine...

     

     

     

     

    Lo chiedo a Lei in quanto addetto ai lavori e titolato per poterlo fare. Mi piacerebbe capire con quale chiave di lettura analizzare una melodia di musica leggera famosissima anche per poter dialetticamante controbattere a tutte quelle persone che, altrettanto banalmente, risolvono la questione affermando: "...se è così banale, perchè non l'hai composta tu ?". La ringrazio molto.

    Taltomar

     

    Fossi in Lei, lascerei le persone capaci di rivolgerLe domande così scioccamente banali nel loro paradiso melodico, ed eviterei accuratamente di controbattere le loro affermazioni. Non offra mai il caviale alla ciurma, altrimenti protesterà perché la marmellata di more sapeva di pesce.

     

    dralig

  13. si, non intendevo dire che lo devo scrivere. Ma non so...apparte che la melodia, come Lei dice (apparte una possibile progressione di settime di dominanti che ho individuato) non da molto da giostrare, alle mie conoscenze almeno. Detto ciò, non saprei come procedere...sono nel pallone :?

     

    In tal caso, confessi apertamente la sua situazione... aerostatica al committente dell'arrangiamento, e se ne sfili: inutile, anzi dannoso, tormentarsi in un compito per il quale non si è ancora preparati.

     

    dralig

  14. allora, innanzi tutto ringrazio tutti. Non ho precisato nel mio post precedente che lo devo scrivere in tonalità di Do Maggiore, e devo far in modo che il soprano non superi il sol sopra pentagramma...Ora, il registro chalumeau è caldo e pastoso, mentre il clarino è squillante. Devo far in modo da tenere il clarinetto nel registro chalumeau in modo da non farlo predominare più di quanto già non lo faccia sulla chitarra? Le voci come le devo trattare? Come in un corale? Non so, non ho mai scritto un pezzo così..Vi ringrazio del tempo che mi dedicate.

     

    Francesco.

     

    Da quel che capisco, non si tratta di comporre un pezzo, ma di arrangiare una melodia accompagnata già esistente. Poiché Lei si dichiara principiante di composizione, non credo che sia il caso di avventurarsi in un'elaborazione. Prenda quindi la melodia com'è - sempliciotta - e la ripartisca tra le due voci, a responsorio. Tra le due voci, inserisca dei motivetti ornamentali del clarinetto, e alla chitarra affidi una nutrita scansione ritmica dell'armonia esistente, curandosi di renderla piena e sonora. In alcuni punti, collochi il "tutti".

     

    dralig

     

    ps La prossima volta che Le affidano una melodia da arrangiare, esiga che sia un po' meno banale.

  15. Signori, sono alle prese con l'armonizzazione della famosa canzone di Domenico modugno "Volare"...me l'ha assegnata il mio docente su richiesta della classe di canto ( :shock: ), per il saggio. Il maestro mi ha detto che ho a disposizione una chitarra (che suonerà una mia collega), un clarinetto e due voci...ora, sinceramente sono a corto di idee ( :? ), innanzi tutto non so come si scrive per clarinetto. Il mio docente non risponde quando cerco di rintracciarlo, e quando non lo fa vuol dire che è all'estero, e da quel che ho potuto capire in questi mesi non tornerà prima di una settimana, e il pezzo lo devo consegnare lunedì ( :? ). Chiedo aiuto.

     

    Francesco

     

    Il clarinetto in si bemolle suona ordinariamente da re (quattro tagli in testa sotto il pentagramma in chiave di sol) a si (un taglio in collo sopra il pentagramma). Essendo "in si bemolle", suona tale nota quando sul pentagramma è scritto do, quindi traspone un tono sotto. Infatti, in una partitura scritta in do maggiore, la parte di clarinetto in si bemolle si scrive in re maggiore, con due diesis in chiave. Può anche, se preferisce, scrivere senza trasposizione, ma deve avvertire l'esecutore scrivendo nella parte (e nella partitura) "clarinetto in do, suoni reali": i clarinettisti non fanno questioni.

     

    E' uno strumento dal suono penetrante e invasivo, quindi metterlo insieme a una chitarra è difficile. Esistono accorgimenti utili, ma non si possono esporre qui. Nell'organico che ha a disposizione, c'è poco da scialare: affidi alla chitarra una parte ritmico-armonica piena, in una tonalità sonora, e al clarinetto faccia fare motivi secondari di appoggio alle voci.

     

    dralig

  16. Conoscete brani per sola mano sinistra da consigliare ad una povera chitarrista col braccio destro temporaneamente invalido?

     

    Si eserciti nell'esecuzione delle normali scale diatoniche. Le torneranno utilissime. Comunque, le Variazioni di Miguel Llobet su un tema di Sor contengono una variazione molto brillante da eseguire con la sola m.s.

     

     

    dralig

  17. Nella prefazione del ’53 Segovia rese omaggio onestamente alla grande conoscenza della chitarra che certo Villa-Lobos aveva, e non disse - non era certo quello il luogo per farlo - che lui avrebbe preferito fare alcune cose in altro modo. Un gesto da gentiluomo a mio parere, non certo una menzogna.

     

     

    Se così fosse stato, si sarebbe limitato a passare l'argomento sotto silenzio: invece, scrisse esattamente il contrario, là dove dice, chiaro e tondo: "Non ho voluto variare nessuna delle diteggiature che lo stesso Villa-Lobos ha segnalato per l'esecuzione delle sue opere. Egli conosce perfettamente la chitarra e se ha scelto la tal corda e la tale diteggiatura per far risaltare determinate frasi, dobbiamo stretta obbedienza al suo desiderio, anche a costo di sottometterci a maggiori sforzi di ordine tecnico."

     

    Si noti bene che Segovia scriveva queste affermazioni nel gennaio 1953, cioè parecchi anni dopo che aveva iniziato a suonare gli Studi e i Preludi da lui scelti. E' del tutto ammissibile che in seguito possa aver avuto dei ripensamenti su alcuni dettagli - cambiava le diteggiature di continuo, come fanno tutti i grandi interpreti - ma, per quanto riguarda l'edizione, non ci sono mezze misure: scrive "non ho voluto", non scrive "avrei voluto", quindi non c'è via d'uscita. A Ginevra, o si contraddisse frontalmente, nero contro bianco - e non ci credo - o non si spiegò chiaramente (aveva 88 anni), o non fu capito.

     

    dralig

  18. Salve vorrei chiedere il vostro aiuto in merito ad i principali compositori, chitarristi ed opere del Periodo delle Scuole Nazionali e del Decadentismo come materiale e spunti per una tesina.

    Ogni consiglio è ben accetto soprattutto da chi è assai più competente di me in questo ambito.

     

    Le scuole musicali nazionali sono espressione di uno dei versanti del Romanticismo. Infatti, tra le tendenze manifestate in musica dall'estetica romantica nelle sue espressioni "minori", si annovera anche il popolarismo, o folclorismo. La musica per chitarra dell'epoca mostra chiaramente questa tendenza, e rappresenta efficacemente il nazionalismo musicale. Gli autori più rappresentativi sono Johann Kaspar Mertz - che ha scritto musica ispirata al folclore ungherese -, Julian Arcas e Antonio Jiménez Manjon, che hanno scritto composizioni ispirate al folclore spagnolo - Napoléon Coste (in misura minore) e parecchi autori russi, che scrissero opere per chitarra a sette corde.

     

    La musica a ispirazione nazional-popolare nel repertorio ottocentesco della chitarra, è molta, e un'esplorazione del fondo Boije, disponibile on line,Le darà un'idea del materiale esistente.

     

    Considerando che il romanticismo sopravvisse nelle sue espressioni più tarde e, se vogliamo, anacronistiche, nelle scuole nazionali latino-americane, autori come Agustin Barrios e Julio Sagreras, che erano genuinamente romantici, possono benissimo far parte di una ricerca sull'argomento, e io no escluderei nemmeno quei compositori del Novecento storico che consapevolmente e dichiaratamente lavorarono per la creazione di una scuola nazionale, anche se, rispetto all'Europa, in ritardo di mezzo secolo: Ponce e Villa-Lobos in primis.

     

    dralig

  19. Qualcuno dovrebbe inoltre convincersi che esiste una differenza tra fac-simile e "manoscritto"!

     

    Agli effetti dell'uso che ne fa un lettore, tra manoscritto e facsimile non esiste nessuna differenza. Il facsimile è infatti (Zingarelli) "la riproduzione esatta, nella forma della scrittura e in ogni particolare, di scritto, stampa, incisione, firma". Le edizioni in facsimile che io ho curato riproducono i manoscritti originali con un normale procedimento fotografico. Quindi, nell'uso del lettore, nessuna differenza. E' chiaro che, patrimonialmente, il possedere il manoscritto originale è altra cosa dal possedere un facsimile - ma questo genere di differenza non ha rilievo in questa discussione.

     

     

    Sono sconcertato vista anche la quantità di fac-simile che dovrò procurarmi quanto prima per indottrinare

    i miei studenti!

     

    E' normale obbligo professionale , per un insegnante, studiare a fondo quello che dovrà insegnare. Sconcertante è che insegni chi non lo fa. Le riproduzioni in facsimile di almeno due edizioni d'epoca del Metodo di Aguado sono disponibili gratuitamente nel sito della collezione Boije e della biblioteca nazionale danese. Esorto gli allievi (i maestri non dovrebbero aver bisogno di esortazioni) a scaricarle e a leggerle attentamente. Se non sanno lo spagnolo, si aiutino con un dizionario (la costruzione è la stessa dell'italiano=, o meglio ancora imparino la lingua.

     

    dralig

  20. Così, non posso che confermare di aver sentito Segovia dire a Ginevra quello che gli ho sentito dire, e cioè che avrebbe desiderato fare cambiamenti agli Etudes, ma il compositore era contrario. Questo fatto - il desiderio di fare cambiamenti - è del resto confermato dai cambiamenti che Segovia in pratica effettuò nelle sue esecuzioni.

    Se Villa-Lobos ha chiesto semplicemente una diteggiatura a Segovia e non una revisione, i conti tornano e Segovia ha scritto nella sua prefazione che non aveva voluto fare la diteggiatura dato che il compositore conosceva "perfettamente la chitarra"; ma credo che ascoltando quello che Segovia fece quando suonò gli Etudes di Villa-lobos sia evidente che egli sottopose anche quelli al filtro della sua revisione strumentale. Circa trent'anni dopo l'edizione del 1953 - nel 1982- a Ginevra Segovia disse che avrebbe desiderato fare cambiamenti - in vista evidentemente della edizione. Non potendolo fare, rinunciò anche a pubblicare una diteggiatura.

     

     

    Segovia era una persona intelligente, e non può aver detto qualcosa che, oltre che mendace, sarebbe anche ridicolo: nel momento in cui egli accredita in una prefazione HVL di essere capacissimo di diteggiare compiutamente la propria musica, è ovvio che gli riconosce anche, implicitamente, la capacità di saperla scrivere in modo da non aver bisogno di revisione strumentale: infatti, prima di diteggiare le note bisogna scriverle, e se si possono diteggiare in modo da ottenere il rispetto di un Segovia, è ovvio che siano state scritte bene, com'è evidente che furono scritte quelle dei brani di HVL.

     

    Che HVL abbia preso atto senza protestare delle modifiche apportate da Segovia allo Studio n. 7 (arpeggi invece che trilli) è verità storica. La frase di HVL al riguardo fu molto divertente, e non la riporto qui perché non ne ho il diritto legale. Suppongo che lo farà Frédéric Zigante nella sua edizione delle Douze Etudes, ma un conto è sentirsi in diritto di cambiare un passaggio di un pezzo nel limite delle proprie esecuzioni, altro conto è pretendere di imporre a un compositore che conosce la tecnica della chitarra al punto in cui la conosceva HVL tali cambiamenti nell'edizione delle proprie opere. Segovia non fece mai questo con HVL: lo fece con Ponce, con Castelnuovo-Tedesco, con Tansman, con Turina, lo fece anche con se stesso (ci sono pezzi che pubblicò in un modo e suonò in un altro), ma non con HVL, e non perché questi glielo proibì ma, semplicemente, perché sarebbe stato fuori luogo. Segovia, del resto, suonò solo due Preludi, quattro Studi e rarissimamente il Choros n. 1: degli altri pezzi di HVL si disinteressò totalmente, perché mai avrebbe voluto correggerli?

     

    Quindi, alla storia di Segovia che scrive una cosa e ne dice un'altra, frontalmente opposta, io non ci credo. Sarà stato udito male, o frainteso. Nella corrispondenza tra i due maestri non vi è traccia - nemmeno minima - di una discussione di questo tipo. Gli aneddoti stanno bene al loro posto, la storia è un'altra cosa.

     

    dralig

  21. Caro Dralig

    vedo che sei preparato sull'argomento VilaLobos - Segovia. Ovviamente ognuno conosce una storia, la più sicura, chi diteggiò quei lavori per primo, Carlevaro, la leggenda di suo fratello Augustin, l'idiosincrasia subliminale tra Villa Lobos e Segovia stesso. Tutto, di più, ancora, ... del concerto che doveva nascere per chitarra e orchestra di percussioni ecc. Ma vedo che ho toccato nervi scoperti! Gli stessi che creano infinite sere di scuole, di dogmi, di verità, nel gioco perverso di colui che sa! Chi ha ragione oggettiva?, Chi avrà ragione filtrando i pensiero con la filosofia dei punti di vista? Eri forse con Segovia quando egli "rifiutò cortesemente" di diteggiare? Sai chi ha ragione? Colui che fa le cose con i due soli possibili dogmi dell'arte: ETICA & ESTETICA! Ci rimarranno altrimenti infinite discussioni su chi sa di più (e ci sarà sempre nel mondo uno in testa)o di meno. Comunque sono pronto finchè non mi stufo e ti lascio il dogma del sapere.

     

    I miei nervi sono saldissimi. Colui che sa non si abbandona a giochi perversi, parla quando sa, altrimenti tace. La filosofia, qui, non c'entra niente: ci sono soltanto dei fatti, chi li conosce e chi li ignora. Eticamente, scrivere di ciò di cui non si sa nulla è scorretto. Se quello che ha da dire è esemplificato in quello che ha detto finora, si stufi pure, sta arando il mare.

     

    dralig

  22.  

    A parte il fatto che l'edizione di Gangi e Carfagna su cui il sottoscritto e un interminabile stuolo di chitarristi si sono formati sia nel passato che nel presente, la ritengo assolutamente valida (ma sia il mio che naturalmente tutti i giudizi presenti in un forum sono sempre personali e naturalmente non hanno valore assoluto), credo che ad uno studente di V anno sia eccessivo richiedere la visione di tutti gli originali da confrontare prima di affrontare lo studio di questo autore.

     

    Questo in virtù del fatto che uno studente di quel livello non possiede ancora le capacità critiche per poter operare le eventuali correzioni ed aggiustamenti inevitabili in un originale, caso mai questo lavoro lo dovrebbe fare congiuntamente al suo insegnante di conservatorio che gli fornirebbe il supporto tecnico-musicale.

     

    Credo che uno studente che debba preparare il quinto anno faccia bene a prendere una valida revisione attuale e studiarla interamente (e non solamente il brano che poi porterà all'esame) questo già richiederà molto del suo tempo, d'atro canto se ogni volta che questi dovesse studiare un nuovo brano, fosse costretto ad andare a ricercare tutti gli originali prima di affrontarne lo studio, sarebbe come se per accendere un fuoco iniziassimo a strofinare due pezzettini di legno invece di usare un semplice fiammifero! Se così non fosse in effetti a che servirebbero le aggiornatissime edizioni critiche e revisioni di metodi che continuano ad uscire? Sarebbe da considerare tutto lavoro inutile?

     

    Non fraintendetemi, e naturalmente con tutto il rispetto per il maestro Gilardino che non mi sognerei mai di offendere e spero che interpreti nel giusto verso queste mie parole, credo che la ricerca musicologica sia assolutamente una parte fondamentale della crescita e dell'istruzione di un musicista, ma credo che questa abbia anche dei tempi, la vedo più a ridosso magari di un esame di diploma, magari prima di affrontare una rossiniana di Giuliani. Mi si potrebbe obiettare che prima di affronare comparazioni su brani così importanti bisognerebbe partire da situazioni più circoscritte, giustissimo però sempre nei tempi giusti, ossia nel periodo superiore del conservatorio o magari nel famigerato biennio.

     

    Roberto Fabbri

     

    Caro Maestro Fabbri, non tema, da parte mia, fraintendimenti di quello che scrive: non sono né ottuso né permaloso, e la franchezza che adopero nei confronti delle persone con cui discuto (e a volte dibatto) è sempre pienamente rispettosa.

     

    Io non ho risposto a un candidato a un esame di corso inferiore (quinto anno), ho invece risposto a un lettore, il signor Rossi, che domandava, testualmente:

     

    "sto cercando il metodo di aguado, ne ho trovato uno in rete che si chiama "25 pezzi per la chitarra estratto del metodo di aguado" vorrei sapere se ne esiste uno completo....."

     

    e ho risposto di conseguenza, innanzitutto informando che "Metodo di Aguado" è praticamente una locuzione che si riferisce a un "work in progress" iniziato nel 1820 e terminato nel 1849 (con una mezza dozzina di edizioni differenti), e poi suggerendo di consultare le ristampe in facsimile delle edizioni d'epoca. Non conoscendo il profilo della formazione del lettore, non vedo perché avrei dovuto decidere che si trattava di un candidato all'esame di quinto anno e somministrargli le informazioni sul metodo aguadiano seguendo una posologia da pediatra.

    Lei si è formato sull'edizione Gangi-Carfagna? Benissimo. In Spagna, è tuttora in auge l'edizione di Regino Sainz de la Maza, in Argentina quella di Antonio Sinopoli, etc etc., e io, oltre a studiare le edizioni originali, ho letto accuratamente anche tutte quelle moderne e tradotte. Al lettore che vuole conoscere Aguado, ho suggerito di leggere Aguado. Se il lettore avesse domandato quali erano le revisioni moderne del metodo di Aguado, avrei risposto elencando tutte quelle che conosco e, tra di esse, anche quella che Lei ha adoperato.

     

    Quanto alla Sua metafora dei bastoncini e dei fiammiferi, potrei risponderLe che chi voglia andare a Napoli partendo da Roma non ha bisogno di passare per Milano o per Budapest. Ma forse, è più efficace ricordare quello che dice il sommo poeta:

     

    "...Che il perder tempo a chi più sa, più spiace".

     

    dralig

  23. Il volume con l'edizione critica degli Etudes deve ancora uscire, come è noto; per quello che so di questo lavoro, grazie alle informazioni cortesemente fornitemi in anteprima dallo stesso Zigante, si tratta di una edizione realizzata mettendo a confronto almeno sei diverse fonti, le cui discrepanze sono minutamente analizzate nelle note che seguono il testo musicale.

    Negli Studi che suonò (ad esempio nel N°8), Segovia introdusse qualche modifica; quanto di questo fosse concordato con l'autore (come raccontava Diaz citando Segovia) è difficile dimostrare oggi. A livello di aneddoti, ricordo che al corso di Ginevra Segovia disse che in realtà lui avrebbe voluto fare molti cambiamenti, ma siccome Villa-lobos non voleva allora scrisse nella prefazione che bisognava lasciare tutto come scritto dal compositore.

    Alla fine del lavoro di confronto rimane sempre un margine di rischio nelle scelte interpretative - tra le discrepanze che cita Zigante ce n'è una curiosa: una nota che compare in alcune versioni e non in altre, e che è dovuta forse alla errata interpretazione da parte di un copista di una macchia d'inchiostro caduta sul pentagramma...

    io stesso mi sono permesso di segnalare a Zigante alcuni dettagli di cui terrà conto se crede.

    Non dico altro per non togliere la sorpresa a chi leggerà il volume quando uscirà.

     

    Caro Piero, un conto sono gli aneddoti, un altro conto sono i documenti. Segovia apportò delle modifiche in alcuni punti dello Studio n. 7 nelle sue, personali esecuzioni e nella sua incisione, ma non volle modificare l'edizione, e lo dichiarò esplicitamente. Non abbiamo, quindi, versioni segoviane dei pezzi di HVL così come le abbiamo invece dei brani di Ponce, Moreno-Torroba, Turina, Tansman, Castelnuovo-Tedesco, Mompou, etc.

     

    Non credo che Segovia abbia, da un lato, scritto che intendeva lasciare la musica di HVL così come il compositore l'aveva scritta e, dall'altro lato, abbia dichiarato il contrario, affermando che l'avrebbe voluta cambiare, ma che HVL non lo permise. Non lo credo perché ho letto con i miei occhi le lettere - anzi, le ho pubblicate per primo - in cui HVL gli chiedeva di scrivere le diteggiature.

     

    Stiamo ai fatti, per favore.

     

    dralig

  24. Il più evidente riguarda l'opera di Villa Lobos: tra le versioni Segovia e quello odierne che le sostituiscono di Zigante chi ha ragione? E' un argomento che mi rode da anni perchè ogni volta che è affrontato in maniera scientifica o filosofica, (stile Matanya, per capirci...)

     

    Prima di far ricorso alla scienza e alla filosofia, è bene attenerci alla semplice regola di non scrivere di cose di cui non si sa niente: non esistono "versioni Segovia" dei testi delle musiche per chitarra di Villa-Lobos. Segovia non solo non intervenne nella loro stesura e nella loro pubblicazione ma, espressamente richiesto dal compositore di scrivere le diteggiature delle "Douze Etudes", rifiutò cortesemente, e insistette perché fossero pubblicate quelle dell'autore.

     

     

    dralig

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