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Angelo Gilardino

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  1. Non conosco la "Passione" diretta da Leonhardt, conosco invece bene la sua arte clavicembalistica, e naturalmente il suo Bach. E' un interprete alto e rigoroso, e la sua lettura è coerente in ogni momento. Ovviamente, con un clavicembalo non si può fare alcun "diminuendo", e questo è indubbiamente, per i chitarristi, una risorsa in più, da adoperare con parsimonia. Per quanto riguarda la Sua esecuzione, Le ho inviato alcuni giorni fa un buon modello: un'esecuzione al Lautenwerke, che può, in una prima fase orientativa, copiare, salvo poi modificarla in alcuni dettagli, per motivi puramente strumentali e anche per scelte soggettive, sempre valide, dopo che si è acquisita una consapevolezza. dralig
  2. La prassi esecutiva è un sussidio da incorporare all'operazione della lettura del testo, né più né meno del solfeggio: ignorarla significa suonare in modo naif, pensare che l'adottarla - anche scrupolosamente - risolva il problema interpretativo nella sua totalità è altrettanto ingenuo. Si tratta quindi, per ciascun interprete, a partire dalla propria lettura del testo (che comporta anche una precisa cognizione delle prassi esecutive, altrimenti non è una lettura completa), di mettere a punto un'interpretazione che sia, al tempo stesso, rispettosa e creativa. Come? La risposta può essere soltanto individuale. Ascoltare gli interpreti che ci hanno preceduto è importante, ma non deve diventare un vincolo. Personalmente, preferisco ascoltare Bach da un interprete del profilo di Leonhardt piuttosto che da un interprete come Karajan - che ascolto più convintamente quando dirige il repertorio romantico -, ma questa è una preferenza individuale, e sicuramente il Bach di Karajan è accurato, trasparente e levigato come qualunque altro autore diretto dal maestro tedesco. Se Le piace, non si freni nell'apprezzarlo: era - indipendentemente dall'aura divistica che ne ha circonfuso l'immagine - un ottimo musicista e un direttore sicuro e autorevole. dralig
  3. "Appunti" è un titolo generico, burocratico-studentesco, si riferisce a qualcosa scritto rapidamente e provvisoriamente. E non ha niente di musicale. Altro albero. dralig
  4. Carissimo Magister, a parte il lavoro di Castelnuovo Tedesco, gli appunti, ahimè non completati nell'idea del progetto iniziale, io credo che uno dei problemi che ci affliggono (a noi insegnanti) e "usare" la musica in campo didattico..(e non le le "scuse" musicali camuffate da valori didattici), ora sai meglio di me che le opere didattiche del primo ottocento e oltre traboccano di ottimi studi ma il punto rimane, che ogni volta che si cerca di avvicinare i "giovani" musici al linguaggio musicale più moderno senza essere costretti a utilizzare brani "già" di repertorio con le varie conseguenze che essi comportano di non ancora maturità sia tecnica che musicale..che si prende? ecco io uso appunto Castelnuvo Tedesco e Smith Brindle ma ahimè tranne il primo quaderno degli intervalli (di MCT) che è già "avanzato" per la maggior parte degli allievi del periodo inferiore non ci sono cosi tante opere di valore musicale e didattico cosa che invece, appunto nel secolo precedente abbiamo l'imbarazzo della scelta... si, io onestamente penso che sarebbe decisamente una bellissima cosa avere degli "studi minori" (si fa per dire..tali) perchè non è certo necessariamente più facile scrivere in questo modo ...giusto? in effetti il progetto di castelnuovo era simpatico nella sua globalità... magari una cosa cosi..no? mettici il tuo linguaggio e.... una micro-serie di studi di "virtuosità" musicale m Dato e non concesso che io riesca a scrivere - che so - 36 studi facili, come potrò mai intitolarli? Studi facili? E' un titolo che esorta alì'auto-disistima e predispone all'autocommiserazione. Forse, anche all'emicrania. Le modeste proposte di affinità bartokiane, già largamente frequentate - cioè i titoli che finiscono con "kosmos" - mi ricordano "La rana e il bove". Un titolo austero, in latino, del tipo "Si parva magnis", con copertina in stile assiro-milanese, sarebbe dignitoso, ma fallimentare dal punto di vista economico. Un titolo esortativo? "Studiate", seguito da un dissuasivo "Non diventate cretini anche voi", potrebbe andare bene? O assomiglierebbe troppo a una sorta di recensione mascherata di altri, celebri lavori dello stesso genere? Sono aperto ai suggerimenti. Bertoldo aveva accettato tranquillamente la condanna al patibolo, ma aveva manifestato, come ultimo desiderio - con la promessa del re di esaudirlo - quello di essere impiccato all'albero che gli fosse piaciuto. Pressapoco, è la stessa situazione, solo che qui l'albero è un titolo. dralig
  5. Non è che io non voglia, è che non so. Cioè, non so come procedere. Io non so niente di insegnamento ai principianti in tenera età. Se avessi le falsarighe, cioè delle indicazioni sulle linee da seguire, gli obiettivi da mettere a fuoco e da trattare negli studietti, e un controllo esterno che mi impedisse di tracimare, credo che potrei scrivere una sorta di Microkosmos per chitarra. Ma poi, servirebbe? dralig
  6. Non è sopravvissuta una copia del programma che Segovia eseguì nel suo primo concerto (data imprecisata alla fine del 1909) al Centro Artistico di Granada, e la recensione - molto elogiativa - apparsa sul "Noticiero Granadino" non ne permette la ricostruzione. Tuttavia, da una serie di dati contestuali elaborati dal biografo di Segovia, Alberto Lopez Poveda, si sa che fu un programma breve e lo stesso Poveda ritiene che fosse il seguente: Tarrega: Capricho arabe, Estudio brillante, Preludio Sor: Studio in si minore Malats: Serenata Chopin: Mazurka Albéniz: Granada Segovia: Tres Preludios, Tonadilla Personalmente, ritengo che Poveda abbia ragione per tutti i pezzi del programma, eccettuate le tre composizioni dello stesso Segovia che, a mio parere, a quell'epoca non aveva ancora composto nulla. I pezzi in questione e la Tonadilla furono scritti, secondo me, non prima del 1915. dralig
  7. Il gettare una luce rivelatrice su pagine che, per essere obbligatoriamente frequentate dagli studenti di chitarra, finiscono con il risultare non meno ignote - nella loro essenza e nei loro valori - di quelle che non vengono suonate mai, è un merito che Lucio Matarazzo ha acquisito con le sue eccellenti registrazioni degli Studi di Giuliani, di Carcassi e dei Capricci di Legnani. Lo invito a estendere il suo lavoro interpretativo, con le fortissime valenze didattiche implicate, anche a un'altra raccolta di Studi che riveste somma importanza nella formazione del chitarrista e che ha anche un valore estetico degno delle esecuzioni in concerto: i 25 Studi op. 38 di Napoléon Coste. Sono splendidi, e un volume che offra insieme il testo musicale e la registrazione, qual è quello dedicato a Carcassi, ne darebbe una testimonianza di grande significato. dralig
  8. Forse la professoressa ha sbagliato edificio e piano, e invece di entrare nella Galleria di Arte Moderna di Torino, in corso Magenta, ha imboccato gli scantinati di uno degli edifici vicini: infatti, la GAM espone, nelle sue numerose sale, una ricca campionatura del tardo Settecento e dell'Ottocento piemontese e italiano (da Massimo d'Azeglio a Pellizza da Volpedo), che nessun essere umano - anche se non istruito nelle arti figurative - dura fatica a comprendere. Detto questo, e senza associarmi in alcun modo alle vedute della tua insegnante, debbo dire che la GAM ha fatto malissimo a togliere dalle sue sale le opere dei maestri piemontesi minori del Novecento - che anni fa erano degnamente rappresentati -, offrendo invece spazio a grandi nomi del Novecento che, in primis con Torino non hanno nulla che vedere, e che, in secondo luogo, sono rappresentati molto meglio in tanti altri musei d'Europa. Una parte dell'esposizione novecentesca della GAM è diventata un modesto campionario di autori certo importanti, ma che non spetta a una galleria regionale di rappresentare. E i bravi pittori della regione, sono invece finiti in cantina...Questo è un tipico esempio di provincialismo culturale. dralig
  9. ...incoraggiando così irriguardose speculazioni sull'affinità tra la prosaica cucurbitacea raffigurata dall'artista (una zucca priva di qualunque connotazione di genialità) e la testa del compositore che ha scritto la musica contenuta nel CD. dralig
  10. Un banale refuso, causato da un'eccentricità di Sibelius e sfuggito alle pur attente letture dei correttori di bozze. Come dice Matanya Ophee, non esiste edizione perfetta, e se ne esiste una, è per caso. dralig
  11. Può riferirci tale errore M°? O o anche qui preferisce mantenere irrisolto l'arcano? No, questo è un errore che chiunque può trovare d'acchito. Nella seconda battuta, la voce superiore si interrompe improvvisamente sul terzo tempo, dove una pausa di minima tronca la linea, lasciando in sospeso una precedente figura (croma con punto - semicroma) che invece richiede risoluzione. Nella sostanza, questa figura appartiene invece alla linea che inizia con la terzina di semicrome la-fa-re immediatamente precedente, e prosegue (senza interruzione alcuna) con le note la-si bequadro-do diesis, le quali però non costituiscono l'entrata di un nuovo motivo in una nuova voce, ma la logica continuazione della voce precedente. In realtà, il nuovo motivo non va assegnato alla voce superiore (come appare nel testo) ma, a partire dalla terzina di semicrome, alla voce inferiore, senza quella assurda pausa di minima. Se ne trova conferma nel terzo pentagramma, dove lo stesso motivo è scritto correttamente, ma anche qui c'è un errore: la trasposizione dell'intera voce un'ottava sopra (fatta dal compositore per rinegoziare il tema in un'altra direzione) dovrebbe comprendere anche il soggetto di tre semicrome in levare. Non si capisce perché l'intera voce debba essere trasposta, e il suo inizio no. Insomma, bisognerebbe metterci le mani e riscrivere il brano un po' meglio. Anzi, molto meglio. dralig
  12. Chi era costui? Non un Carneade, in Spagna. Il tipico maestro accademico spagnolo. Nato a Cadice nel 1905, andò a studiare a Madrid, com'era di prammatica, e naturalmente con Conrado del Campo - pontefice massimo della didattica spagnola nella composizione, a quell'epoca. Morì a Madrid nel 1988. Attenzione, però: con una borsa di studio del governo spagnolo, abitò a Roma dal 1934 al 1940, e si perfezionò con Ottorino Respighi (almeno per i primi due anni). Scrisse musica per orchestra e da camera, e fu attivo anche nella musica da film, dove pare che se la cavasse egregiamente. Non so in quale anno abbia composto le "Diferencias sobre un tema" dedicate "Al gran guitarrista, Andrés Segovia", pubblicate da Columbia nel 1975. Si tratta comunque di uno dei pochi lavori ai quali Segovia rivolse la sua attenzione nella parte conclusiva della sua carriera. Non soltanto le revisionò e le diteggiò per la pubblicazione (cosa che, negli ultimi 30 anni della sua vita, fece ben di rado), ma le incise anche per la RCA. Mentre rispondo, sto dando un'occhiata al tema, e nella seconda battuta vedo un vistoso errore di notazione - quindi ritiro subito il fascicolo. Non è affar mio. dralig
  13. La Suite in oggetto fu scritta da Raymond Moulaert per Segovia nel 1926. A quanto mi risulta, è il lavoro più ampio composto per chitarra negli anni 20. Consta di tre movimenti, molto ampi, e risente della formazione del compositore, che era organista. Sviluppa un discorso musicale magiloquente - forse un poco prolisso - , è in stile neoclassico, o neobarocco, e richiede un esecutore potente, dalla tecnica senza limiti e dalla mente musicale formidabile. dralig
  14. Il CD in oggetto, registrato da Giulio Tampalini, comprende opere scritte nel periodo 2002-2004: Sonata del Guadalquivir, Sonata Mediterranea, Colloquio con Andrés Segovia, Catskill Pond (Sonatina), Triptico de las visiones. dralig
  15. Ho voluto recuperare il testo (trovato nella biblioteca musicale dell'università South California) per ripubblicarlo nella "Biblioteca del Chitarrista" della rivista "Seicorde", che lo includerà nel numero del secondo trimestre 2008. La ragione del recupero, oltre alla gustosa naiveté del brano, è autobiografica: fu infatti questo il primo pezzo per chitarra che imparai, all'inizio del 1954. Studiavo contemporaneamente violoncello e chitarra, il primo sotto la tutela di un austero didatta tradizionalista, la seconda - ignota nelle scuole di musica della mia città e, allora, in quasi tutte le scuole pubbliche musicali italiane - con i chitarristi delle orchestre mandolinistiche. Uno di loro, che si chiamava Carlo Fornasino, mi avviò allo studio del metodo di Ferdinando Carulli e, dopo tre mesi, mi diede da studiare una composizione per chitarra di un maestro locale, Isidoro Angelo Figliolini, intitolata "Capriccio - Il maggiolino", e la famosa "Zingaresca" di Giovanni Navone di Domenico. Dopo che ebbi imparato i due pezzi, fui tradotto al cospetto del maestro Figliolini, direttore della mandolinistica locale, per eseguirli, e ne ebbi il vaticinio di un destino da musicista. Ahimé, aveva ragione! Quelle anime candide - Figliolini e Fornasino - di certo non si immaginavano che non avrei suonato, né tanto meno composto, nessun Valzer fantastico, e che sarebbe finita invece con "Leçons de Ténèbres", altrimenti mi avrebbero portato dal vescovo per farmi esorcizzare. Li ricordo con affetto e rimpiango di non aver potuto appartenere al loro mondo. dralig
  16. Era un gran buon musicista. Solido, dottrinale, legato alla tradizione, ma anche estroso e ricco di umori contrastanti. Coltivò con grande successo l'opera, e non trascurò la musica strumentale. Per chitarra scrisse una bella Fantasia, una Suite Variata, la Sonata e alcuni pezzi sciolti (questi per la verità non molto felici). Tutto sommato, credo che la Fantasia sia il suo pezzo migliore, tra quanti ne scrisse per chitarra. Scrisse anche per due e tre chitarre. Se dovessi riassumere il suo carattere di musicista in una sola parola, direi: sanguigno. E, potendo aggiungere un avverbio, direi: magistralmente. dralig
  17. Io credo che si potrebbe incominciare anche da prima di Schumann. Questa idea della forma pre-esistente all'atto compositivo, che lo guida e lo sorveglia in tutti i passaggi della scrittura, è secondo me un mito. Non credo che nemmeno Mozart avesse in mente una forma esatta prima di incominciare un lavoro. Una nozione subconscia di un progetto latente, si, è quella che permette al compositore di valutare passo per passo se quello che sta facendo è giusto o no, ma tra questa pre-cognizione e una visione "letterale" della forma compiuta c'è un abisso. L'idea stessa di una forma rivelabile alla mente del compositore prima dell'inizio del lavoro non sta in piedi: comporre sarebbe solo, in tal caso, la compilazione di una serie di moduli, il riempimento di un recipiente. No, tutto questo è irreale. In realtà, si parte da un progetto di massima - certo, se si decide di scrivere un pezzo per chitarra sola ci si orienterà in modo molto diverso da quello che verrebbe richiesto dal progetto di una partitura per orchestra - e, molto distanti dalla cognizione di che cosa debba alla fine risultare, si incomincia ad abbozzare qualche schizzo. Da lì in poi si procede domandandosi continuamente "come" fare, e la domanda "che cosa fare" viene sospinta sullo sfondo. Se si è in grado di rispondere in modo soddisfacente alla domanda "come fare", si procede scoprendo un poco alla volta "che cosa" si sta facendo. E scoprendolo si rivela a se stessi l'esistenza di un progetto virtuale che, all'inizio, è tutt'altro che cognito al compositore (sarebbe troppo comodo...). dralig
  18. Chitarra e quartetto d'archi (2 violini, viola, violoncello). dralig
  19. Tabula rasa, certo che no, ma tra il dire: voglio scrivere un concerto, e il sapere esattamente, prima di incominciare, come questo concerto dev'essere, per filo e per segno (come Schoenberg sembra sostenere), il salto è enorme. Si fissa un'idea e poi si prende una strada: le scoperte del come fare riveleranno anche che cosa si sta facendo. Pretendere di saperlo prima è un'utopia, anche un po' sciocca, se vogliamo: se così fosse, comporre equivarrebbe a un puro lavoro di notazione di idee musicali già cognite. E allora, perché mai si faticherebbe tanto, si accumulerebbero appunti, redazioni provvisorie, correzioni, etc. ? dralig
  20. Non deve per forza essere l'unica verità, ovvio, ci mancherebbe ma mi piace l'idea metaforica che questa possa avvenire davvero, quasi come "seguire" un qualcosa che sia già implicito in partenza, nella sua totalità. Un pò come nell'interpretazione, una "libertà" creativa che si muove entro quei binari stilistici e che con la musica (arte del tempo) si creano attimo per attimo non potendo poi più modificare...nell'esecuzione) era solo una lettura "ritrovata".. e comunque a me piace Hindemith stavo speculando sulla "Grundgestalt" di Schonberg e ho ri-trovato queste pagine...(nel testo d David Epstein Al di là di Orfeo).. e poi io sono un idealista-sognatore (anche se non è di moda) quindi mi piace l'idea... con simpatia m Credo che in sostanza stiate dicendo la stessa cosa. Bisogna prendere quello che dice Schoenberg con le pinze. Ossia, egli non afferma - almeno, non mi pare - che l'unità dev'essere già "rivelata" nel momento in cui il compositore si mette all'opera (anche perché, se così fosse, quello del compositore sarebbe tutto sommato un mestiere molto...allegro), ma che deve esistere in una dimensione virtuale che il compositore scopre poco a poco, procedendo nel lavoro. E mi pare che abbia ragione se, come è dato di sperimentare ogni giorno da parte di chi compone, ogni passo che si compie è valutato come positivo o negativo, confermato o cancellato: in riferimento a che cosa? Se non esistesse, sia pure allo stato latente e, per quanto riguarda la mente del compositore, inconscio, un totale virtuale dell'opera, non si potrebbe mai determinare che cosa funzioni e che cosa non funzioni. Comporre assomiglia molto di più allo scoprire che all'inventare, al trovare (qualcosa che dunque c'è già) che al fare dal nulla. L'atto dell'invenzione consiste molto meno nel proseguire lungo una strada che nell'intuire che essa esiste, e che è percorribile. Anche se il proseguire può essere - come nel caso di Beethoven - molto laborioso. Riassumendo, direi: intuire dove dirigersi è atto creativo, arrivare alla meta è atto di scoperta. Andare per strade già battute è meno creativo che imboccarne delle nuove. Anche se il rischio di perdersi per strada è molto elevato. Comunque, chi ha definito "carino" il lavoro del compositore, si merita una flagellazione in pubblico. dralig
  21. "miaulement" non è onomatopeico per "miagolare", vero? Neuland poliglotta Suppongo che sia così, ma non ne ho la certezza. dralig Ho controllato (dizionario online): pare che "miaulement" significhi davvero "miagolio". Mi verebbe da chiedere se un'effetto sonoro, se chiamato così, era indesiderato, e quindi un termine di un'imprecisione piuttosto che in nome di una tecnica di abbellimento: la "musica dei gatti" in tedesco, per esempio, significa cacofonia. Mi può togliere questo dubbio? La chitarra barocca era uno strumento ipersensibile, molto vezzeggiato nelle corti reali, dove le suggestioni esotiche erano di gran moda: la via delle Indie si manifestava in molti aspetti del costume, perché non anche nella musica per chitarra? Io escluderei che a un virtuoso della forza di Corbetta "crescessero" le note senza che lui lo volesse... dralig
  22. "miaulement" non è onomatopeico per "miagolare", vero? Neuland poliglotta Suppongo che sia così, ma non ne ho la certezza. dralig
  23. Grazie Matanya per la tua spiegazione. In effetti, la mia conoscenza dello strumento e del suo repertorio è molto limitata, ed è verosimile che io mi sia imbattuto negli autori e nelle musiche armonicamente meno ricche. dralig
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