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Angelo Gilardino

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  1. Svolgendo una ricerca sul chitarrista-compositore argentino Pedro Quijano (nessuna rivelazione in arrivo, si tratta di un modesto folclorista), mi imbatto in questa perla, uscita dalla penna - spesso intinta nell'acido, ma stavolta inconsapevolmente umoristica - di Domingo Prat ("Diccionario de guitarristas", 1934): La popularidad de Pedro Quijano como compositor, tal vez se deba en gran parte, al hecho de creérsele muerto, suposiciòn que ha dura- do mas de veinte afios. Sus colegas profesores, en la Argen tina, lo hicieron conocer de Ios alumnos dandoles a tocar sus obras, cosa que dificilmente harian si lo supieran vivo; [La popolarità di Pedro Quijano come compositore si deve in gran parte al fatto che fu creduto morto, supposizione che è durata più di venti anni. I suoi colleghi professori in Argentina lo fecero conoscere dando le sue opere da suonare ai loro allievi, cosa che difficilmente avrebbero fatto se avessero saputo che era vivo]. dralig
  2. Non leggo giornali di partito e non ho legami di alcun genere con esponenti del mondo politico (non sto recitando il "noli me tangere", dico solo quel che è), e se riporto questa testimonianza sui conservatori, scritta da un parlamentare, pubblicata dal quotidiano "L'Unità" dell'8 dicembre, e gentilmente trasmessami da un amico che non legge questo forum, è solo perché la ritengo onesta, equilibrata, verosimile e utile. dralig Da "L'UNITÀ" del 8 dicembre 2008. Non spegniamo la musica Nando Dalla Chiesa Questo è un appello appassionato in difesa delle accademie e dei conservatori d'Italia. È un appello rivolto pubblicamente al governo di cui faccio orgogliosamente parte e alla maggioranza che lo sostiene. Un appello per venti milioni di euro, meno del costo di un chilometro di autostrada. Venti milioni calcolati con precisione chirurgica per consentire al nostro sistema di alta formazione artistica e musicale di non affondare. Si badi: non aggiuntivi rispetto al 2007. Ma reintegrativi dei fondi dell'anno scorso; quelli, cioè, che hanno permesso al sistema di tirare la testa fuori dall'acqua in cui stava affogando dopo la micidiale cura da cavallo subita nell'ultimo anno del governo Berlusconi-Moratti. Si resta a bocca aperta, c'è da non crederci. L'Italia e la sua tradizione artistica. L'Italia e la sua tradizione musicale. Il nostro biglietto da visita all'estero. Il made in Italy di secoli e millenni. Ciò che nessuno ci potrà mai imitare. Il nostro petrolio. I nostri giacimenti. Il nostro futuro è il nostro passato. Non si contano davvero le metafore usate dai leader politici e dagli intellettuali per definire il ruolo che la produzione artistica gioca e può giocare nelle nuove vie di sviluppo del Paese, nella sua competitività internazionale, nella sua crescita civile. La produzione ma, ovviamente, anche la formazione artistica. Perché la musica del passato qualcuno dovrà ben interpretarla e rinnovarla. E gli artisti italiani non dovranno solo riposare nei cimiteri illustri, ma dovranno soffiare il loro talento nella civiltà contemporanea, produrre nuovi capolavori, innervare della loro incessante creatività le nostre città, le nostre gallerie, i nostri stessi prodotti industriali e culturali. Siamo d'accordo su questo? È importante capirlo: siamo d'accordo o no? E allora perché è così difficile, quasi proibitivo, ottenere questi venti milioni in Finanziaria? Attenzione: non venti milioni per questo o quel centro di ricerca o culturale, legato a un potentato politico regionale. Non venti milioni per un'opera clientelare. Ma venti milioni per l'intero sistema pubblico, una trentina di accademie e un'ottantina di conservatori e istituti pareggiati. Contati e ricontati, proprio l'osso e nulla di più. Perché, nella penuria di mezzi trovata, il ministero dell'università in quest'anno e mezzo di governo ha ben cercato (e anche con qualche successo) di trasmettere il messaggio che un euro usato lavorando con intelligenza, entusiasmo, diligenza e fantasia vale dieci euro. Ma l'euro ci deve essere. E invece, incredibilmente, anche quell'euro sfugge, viene lesinato, forse non ci sarà. Così ci sono ormai accademie e conservatori, anche di qualità, che rischiano di chiudere; e che chiuderebbero, sia chiaro, pure se raddoppiassero le tasse agli studenti. Istituti a cui basta poco perché con poco ormai si sono abituati a vivere. Così come poco basta ai docenti per il rinnovo dei loro contratti, e che oggi si sentono comunicare senza appello che i soldi che c'erano se ne sono già andati tutti via per il rinnovo dei contratti della scuola. Davvero il Paese vuole umiliare, marginalizzare, cacciare in cantina quel sistema dell'alta formazione artistica e musicale che può esserne uno dei più strepitosi gioielli? Certo, accademie e conservatori, da sempre lasciati a se stessi da un'Italia incolta e senza progetti, hanno i loro difetti e i loro ritardi. Le loro autoreferenzialità, le loro litigiosità e anche le loro mediocrità (come, peraltro, anche il sistema universitario). Ma io le ho girate in lungo e in largo, queste istituzioni. E vi ho trovato tesori indescrivibili di bravura e di passione, geni giovanili purissimi, inventiva e spirito creativo. Pianisti, violoncellisti, grafici, pittori, scenografi d'eccellenza. E non posso accettare l'idea che per questo intero sistema, per farlo sopravvivere, non si possano trovare venti milioni. Non voglio criticare nessuno e niente. Nel mio anno e mezzo di partecipazione al governo nessuno mi ha mai sentito dissentire pubblicamente da un collega, nessuno mi ha mai sentito dire una parola non dico di pessimismo ma neanche di disincanto. Ho recitato con convinzione assoluta e doverosa la parte del soldatino al fronte. Ma risulta difficile vedere stanziare somme ingenti, assai più ingenti, per opere e scelte di ogni tipo (tutte assolutamente legittime, sia chiaro), compresi gli istituti di formazione privati, e assistere all'apnea di un pezzo cruciale del nostro patrimonio formativo pubblico, comprensivo - dobbiamo ricordarlo? - di valori inestimabili in opere d'arte, architetture, biblioteche e archivi storici. E tuttavia, passando dai princìpi di cultura civile alla politica purissima, dirò di più. Davvero il governo, questa maggioranza, vogliono rinunciare a dire davanti al Paese di avere per la prima volta restituito a dignità, di avere dato prospettive di sviluppo a questo settore? Perché il paradosso politico è proprio questo. Che con il governo Prodi viene attuata - dopo otto anni di attesa! - la riforma dell'intero settore, che una legge del '99 portò a pieno titolo ("a costo zero", stava scritto...) nel sistema universitario. Non solo. Mentre viene finalmente attuata la riforma, vengono anche varati i poli di alta formazione artistica e musicale in alcune grandi città (Genova, Milano, Napoli e Verona le prime), sistemi economici-artistici in grado di cambiare radicalmente gli orizzonti, anche internazionali, di queste istituzioni. Ed ecco che mentre si spinge in avanti tutto il sistema, arriva il rigurgito del passato, la vecchia ideologia del mettere l'arte in cantina. Così chi soffia contro il governo ha buon gioco. Da giorni si susseguono le occupazioni di accademie e conservatori. Napoli. Poi Roma. Lunedì Pesaro. E altre se ne annunciano. È vero che gli studenti sono spesso disinformati, che vien fatto loro credere che i loro titoli di studio siano carta straccia e che incontrarli nelle loro assemblee può aiutare a fare chiarezza; ma essi esprimono comunque un disagio autentico che nasce da una sensazione di fondo, quella che per loro (più di sessantacinquemila) ci sarà sempre, alla fine, una condizione di abbandono. E altrettanto esprimono i sindacati; i quali, umiliati nelle loro (modeste) richieste, minacciano il blocco delle attività. Ma ha un senso politico tutto questo? Ha un senso che proprio il governo che potrebbe vantarsi di avere dato al paese una nuova, più avanzata formazione artistica e musicale, diventi l'obiettivo di una protesta che sta dilagando nel paese? Per venti milioni e per pochi altri milioni di rinnovo contrattuale? Dice che l'Unione paga dall'inizio un difetto di comunicazione. Ecco, io sto provando a ovviare a questo difetto dopo avere cercato con il ministro Mussi di sensibilizzare i luoghi di decisione politico-parlamentare della Finanziaria. Mi rivolgo a chi può intervenire nelle sedi istituzionali, ma anche agli intellettuali, a chi ha a cuore il futuro della nostra produzione artistica, affinché questo taglio non si compia. Perché un chilometro di autostrada, magari di qualche opera che rimarrà incompiuta, si converta nella tranquillità minima di più di cento istituzioni di alta formazione artistica e musicale. Al resto penseranno il lavoro, l'intelligenza, la parsimonia, la passione, la fantasia. Perché l'uno si può moltiplicare per dieci. Lo zero no.
  3. Caro Piero, Segovia è stato un grande maestro della chitarra e un uomo eccezionale, e non ne sminuirà la memoria il fatto di constatare che diceva qualche bugia: non menzogne, ma bugie, intendendo come tali quelle omissioni di parti della verità che, se rivelate, non concorrono alla tesi che la persona vuole sostenere. Che questo sia il caso della musica di Pahissa, è evidente: nella sua autobiografia, Segovia afferma che Pahissa scriveva solo per grande orchestra, e ciò non è vero, scriveva anche per pianoforte - tra l'altro pezzi brevi. dralig
  4. Occorre verificare se la difficoltà paga. Ci sono, nella musica strumentale, e in particolare nella musica per chitarra, due generi di difficoltà: quelle che, richiedendo grande impegno allo strumentista, ripagano lui e i suoi ascoltatori con sonorità piene, caratterizzate, in sé "estetiche"; e quelle che, a fronte dell'impegno richiesto all'esecutore, danno, anche nel migliore dei casi, sonorità povere, stentate, magari antitetiche rispetto al fraseggio implicito nella forma del brano. La musica strumentale può riuscire o fallire sia sul piano puramente formale (musicale) che su quello idiomatico... dralig
  5. Questo è quanto disse Segovia, che omise sempre di dichiarare che aveva, tra le sue carte, il manoscritto della "Cançò en el mar" datata VII-1919, di Jaume Pahissa. Non solo non lo dichiarò mai, ma quando scrisse di Pahissa, nella sua autobiografia, non accennò minimamente al fatto che il maestro catalano aveva scritto per lui ben due lavori per chitarra, e lo presentò come un autore interessato soltanto a comporre per grande orchestra. Poiché non conosciamo la data esatta in cui Moreno-Torroba scrisse la sua Danza, e abbiamo, come prova che fu composta nel 1919, soltanto la dichiarazione di Segovia, che è una testimonianza ma non un documento, dobbiamo concludere che, allo stato delle nostre conoscenze, il primo brano scritto per Segovia fu la Canzone di Pahissa o, se proprio non vogliamo darlo per certo, che i due lavori furono scritti nello stesso anno. Al 1920 risale la Romanza di José Maria Franco, ben precedente la Fantasia Sevillana di Turina. dralig
  6. Non si sa. La stricnica gliela somministrò. Si riprese, ma poi, in due anni, morì. Si era sbagliata, certo. La mia fantasia la impiego in un altro genere di invenzioni. Qui, si tratta solo di supposizioni: non si sa niente di preciso. dralig
  7. Mertz è molto interessante in questo genere di composizione, perché la sua musica era scritta "sul campo": aveva sposato una pianista, e suonavano in duo. L'idiomaticità dei suoi lavori per chitarra sola è quindi estesa anche al duo con pf, che funziona alla perfezione proprio come "suono". Forse, però, Frau Mertz non era del tutto convinta del valore di questo duo, e così decise di troncarlo nel modo più drastico: avvelenando il marito. Attenti, chitarristi, a suonare in duo con la moglie... dralig
  8. Non è un sospetto, è un'evidenza: scriveva per dilettanti, contesse, avvocati, e doveva servire loro la musica che questi potevano comprendere e suonare. Sor, che a questa committenza non guardava in faccia, era isolato nella sua superiorità, dalla quale mandava folgori incineranti, ma intanto si rodeva il fegato. dralig Sinceramente, sono molto legato a Carulli, non solo per campanilismo, ma anche perché mi ha accompagnato all'inizio della mia formazione. I suoi pezzi, sempre molto gradevoli, e - di regola - facili, hanno avvicinato e avvicinano i giovani alla chitarra. E' troppo facile, quando si possiede una tecnica superiore, sparare su chi ha rivestito l'importante ruolo di maestro di base. Ogni artista deve essere letto e apprezzato nel suo tempo e nel suo contesto sociale, politico ed economico. Ci sono opere di Carulli per chitarra sola in grado di mettere alla stanga anche i virtuosi di oggi e, ove questi non siano anche dei buoni musicisti, con adeguata cultura interpretativa, opere carulliane come le variazioni su Paisiello recentemente ristampate da Editions Orphée possono far fare, ai chitarristi- tutti- dita, delle gran brutte figure. dralig
  9. Il dvd esiste già, e quelli che Giulio ha pubblicato sono dei frammenti del dvd, che è di proprietà dello studio Quality Data di Vercelli. I titolari, Ernesto Villani e Massimo Fonsatti, Non hanno intenzione di metterlo in commercio, per ora, ma stanno registrando, da parecchi anni, tutte le esecuzioni pubbliche con musiche di AG. Le loro ragioni, per spendere fior di quattrini in registrazioni dalle quali non ricavano, al momento, nulla, devono pur averle, dato che si tratta di un'azienda privata, ma io le ignoro. Quello che temo, è che finiscano per andare in giro copie piratate. dralig
  10. Non è un sospetto, è un'evidenza: scriveva per dilettanti, contesse, avvocati, e doveva servire loro la musica che questi potevano comprendere e suonare. Sor, che a questa committenza non guardava in faccia, era isolato nella sua superiorità, dalla quale mandava folgori incineranti, ma intanto si rodeva il fegato. dralig
  11. Sono d'accordo, e propongo di puntare il mirino analitico in una direzione che mi pare promettente. Carulli può essere considerato, nella parte iniziale della sua produzione, come un autore al seguito della scuola settecentesca napoletana, e nello stesso tempo inquadrabile tra gli epigoni dello stile galante. Il mutamento del suo stile compositivo, seguito all'emigrazione in Francia, non lo ha sostanzialmente mai sradicato da questo nucleo originario, e credo che la sua musica debba essere studiata come un'estensione un po' anacronistica della musica di autori come Leonardo Leo e Cimarosa. Attenti all'evidente affinità con le opere di un altro autore italiano, anch'egli emigrato a Parigi: Filippo Gragnani. Molto meno prolifico di Carulli, presenta affinità stilistiche molto marcate con il primo stile carulliano. Erano ottimi musicisti. Carulli lavorò molto, troppo, per diversi tipi di committenza, e sembra che misurasse il suo impegno a seconda della "qualità" delle commissioni che riceveva: meglio mi pagate, meglio scrivo. Ma molte sue pagine sono belle. Richiedono esecuzioni eleganti, giuste, calibrate: non è facile da centrare, pone all'interprete un problema di "sintonizzazione" più arduo da risolvere di quello posto dai diversi stili di Giuliani. Un autore celebre, e nello stesso tempo misconosciuto. dralig
  12. Non sono un giurista, ma credo che si possa configurare diversamente da un sopruso: sembra configurare invece una violazione di diritti costituzionali e, più in là, di diritti civili. Ripeto, è questione da portare in sede europea, per svergognare uno stato mendace e fedifrago. dralig
  13. Ragazzi, protestare con il ministero è come arare il mare. Lo Stato, che ha istituito dei corsi nel proprio ordinamento, e che ora non riconosce valore legale ai titoli che ha rilasciato, è inadempiente nel più grave dei modi, ma se non lo scuotete dall'esterno, fare appello alla sua coscienza è vano: una coscienza, questo stato non ce l'ha. Quindi, unitevi, e fate un ricorso a un'istituzione europea: portate lo stato italiano davanti a giudici che lo possano giudicare e, in un caso come questo, svergognare. E' la sola speranza che avete. dralig
  14. Come vedi, caro Vladimir, senza alcuna frenesia, e fidando nella sola forza del mio lavoro, assisto al formarsi di una coscienza critica intorno alla mia musica, con la serena consapevolezza che l'intelligenza, la capacità di lettura e di discernimento degli interpreti più dotati e meglio preparati facciano, per le mie composizioni, quello che deve essere fatto, né più né meno. Non mi lusingo, al di là del naturale compiacimento che ogni essere umano prova nel vedere elogiato il proprio lavoro, per le lodi, né mi scompongo per le critiche, sia quelle provenienti dal versante neo-adorniano (mai del tutto sopito, nonostante la sconfitta storica dei suoi padri e la sopravvivenza asfittica dei suoi sopravvissuti ed eredi), che mi imputa la scelta di un linguaggio musicale troppo legato alla tradizione, che quelle manifestate - il più delle volte in forme estemporanee, con linguaggio da portineria o da stadio - dal chitarrume, che mi accusa di scrivere musica troppo difficile, incomprensibile, etc. Mentre gli Studi, terminati 19 anni fa, stanno ottenendo accoglienza nel repertorio di decine di interpreti, incominciano a farsi strada anche le Sonate e le Variazioni, e fanno capolino, nei programi, anche le composizioni da camera e i concerti. Tutto questo con il solo appoggio di un editore che da sempre crede nel mio lavoro - e lo dimostra non a parole, ma investendovi il proprio denaro - e senza alcuna iscrizione, né cartacea né di fatto, ad alcun partito, lobby, club, movimento di opinione, gruppo di interessi, etc. Questo ti dico, perché sei giovanissimo e perché hai talento: se vuoi che il tuo talento si consolidi e si manifesti in un'opera, pensa solo a quella, e non darti pensiero di null'altro. Ieri l'altro, mettendo in piazza l'iniziativa di uno sciagurato che ti mandava messaggi deliranti - e involontariamente comici - per screditare ai tuoi occhi non solo il mio lavoro, ma anche la mia persona, hai fatto, con le sole tue forze, giustizia di una mascalzonata e del suo autore, e hai confermato una verità più forte di tutti gli intrighi e le macchinazioni ordite dalle mezze tacche livorose: alla fine, la verità viene a galla, e le barche fradicie affondano. dralig
  15. Ho metrificato tutto, ma non sono convinto di niente. dralig
  16. Grazie per le osservazioni, ne terrò conto nel lavoro di ristrutturazione che è lì, anch'esso fluttuante... dralig
  17. No, non ce n'era bisogno. Proprio in questi giorni sto cercando di "metrificare" la composizione, cioè di riscriverla con le battute, invece che senza, com'è adesso, ed è un lavoraccio. Al punto che mi sto domandando se valga la pena di andare avanti, o se non sia meglio lasciarla com'è, fluttuante... dralig
  18. "Carino"? A me sembra piuttosto cupo e triste, nel genere della "lamentatio", come lo sono anche gli altri pezzi per chitarra dell'autore ("Tres hojas muertas"). Non è musica felice... Scorre bene perché lo ha sistemato Gabriel Estarellas, con il suo arnese preferito: le forbici. dralig
  19. ...ecco alcune riflessioni del figlio, il filosofo Carlo Andrés: http://www.giornaledellamusica.it/cartaceo/articoli/home.php?a=2007/243/243_05.htm Buona lettura. dralig
  20. D'accordissimo, la critica non è altro che un aspetto del processo di comprensione dell'arte, e ho spesso fatto osservare che nessun giudizio critico ha mai un valore ultimativo: appena formulato, entra nel gioco mobile e diventa esso stesso oggetto di critica. Tutto ciò è fertile, utile, piacevole. dralig
  21. Il "Concierto Juglar" è pubblicato da Bèrben. E' una composizione in stile modale, molto piacevole e assai ben scritta per la chitarra, con una parte concertante sviluppata ma non proibitiva. Il coro è trattato per lo più con scrittura omoritmica delle parti, non in stile polifonico-imitativo. Altra cosa è il "Romancero gitano" di Castelnuovo-Tedesco, assai impegnativo per il coro, che è trattato in stile madrigalistico, e anche per la chitarra, che ha una parte preludiante e di accompagnamento molto complessa, con una scrittura difficile. dralig
  22. Non credo di dover essere acquisito alla causa del comporre quale operazione primaria della creatività, ma questo non mi impedisce di cogliere aspetti creativi - cioè di natura artistica - anche nel tentativo di espandere il lessico di uno strumento al di là dei suoi limiti conosciuti. Il fatto che, per esplicare tale tentativo, un "genio"-strumentista (e non compositore) si rivolga a partiture d'orchestra famose, servendosene anziché servirle, è certamente un limite, e non sarò io di sicuro a difenderlo a oltranza. Ho voluto invece sostenere che è necessario comprendere l'intenzione dell'artista prima di criticarlo, e che non è giusto criticarlo senza averlo compreso. Comprenderlo non significa approvarlo ed elogiare tutto quello che fa, ma disapprovarlo senza averlo capito è certo un rischio da evitare. dralig
  23. La "B" sta per Bernardo. Si tratta di Bernardo Julia, compositore di Mallorca, nato nel 1922, vivente, ex-direttore del conservatorio di Palma e della "Capilla Mallorquina", un coro con il quale ha dato concerti in tutto il mondo. Ama la chitarra (ha scritto parecchi lavori per chitarra sola, oltre al Concierto Juglar), ed è stato anche il fondatore del concorso Segovia di Palma de Mallorca, ora estinto. E' anche un mio amico, con il quale ho condiviso spesso la mensa del locale "Sa Premsa", una infernale taverna di Palma nella quale ho mangiato la miglior paella della mia vita. Bei tempi. Adesso lui è vecchio, e non esce più di casa, io quasi vecchio e non vado più a Mallorca. dralig
  24. Come sempre, occorre prima comprendere che cosa l'artista voleva fare, qual è stato il suo progetto. Poi, si può esprimere un giudizio su come l'ha realizzato. Yamashita (sulle prime l'avevo frainteso anch'io, molti anni fa, poi riflettendoci un po' credo di aver capito) non si pone l'obiettivo di interpretare quelle composizioni per quello che sono, ma di servirsene come base per una creazione propria, che ha nella chitarra la sua pagina bianca e insieme il suo crogiuolo. Non lo si deve ascoltare per avere da lui la rivelazione di che cosa sia la Sinfonia di Dvorak - che tra l'altro è conosciuta da tutti - ma per apprezzare la sua impresa di impiegare la chitarra in uno spazio di suono (dinamico-timbrico-virtuosistico) inesplorato: la sinfonia è solo un terreno di sperimentazione, l'arte non è nell'interpretazione del capolavoro di Dvorak, ma nella creazione di una nuova fenomenologia sonora della chitarra. Dobbiamo quindi rispondere - soggettivamente e criticamente - se questa "nuova dimensione" del "nostro strumento" proposta dal maestro nipponico ci avvince, o ci persuade, o ci lascia indifferente, o ci infastidisce, o ci ripugna, di per se stessa, non in relazione alle pagine suonate "come dovrebbero essere" se le ascoltassimo dall'orchestra. La mia sensazione è sempre stata quella di trovarmi di fronte a un talento colossale con dei problemi di focalizzazione del gesto strumentale in un risultato propriamente artistico: è artista, talvolta va a segno con delle intuizioni-realizzazioni folgoranti, altre volte manca il bersaglio e scade nell'effetto gratuito. dralig
  25. Cominciamo da prima, da Aaron Copland e da Samuel Barber, per esempio, autori che da noi hanno avuto scarsa attenzione a causa dei veti filo-adorniani. Ascoltati la Sonata per pianoforte (eseguita nientemeno che da Horowitz) e il Concerto per violoncello di Barber, oltre naturalmente alle opere sinfoniche di Copland. dralig
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