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Angelo Gilardino

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  1. La filologia non è mica un piatto di lasagne. Certamente non lo è, ma non è neanche una scienza esatta...non esistono verità assolute... "Il saggio non nega e non afferma, non si esalta e non si abbatte, non crede né all'esistenza di Dio, né alla sua non esistenza. Il saggio non ha certezze, ha solo ipotesi più o meno probabili.." da il dubbio di De crescenzo P.S. Adesso naturalmente qualcuno dirà che De Crescenzo è solamente un filosofo da "botteghino" da "talk schow" e che sarebbe meglio che citassi magari un illstre sconosciutp dal "blasone impeccabile"... Per la verità, io non ho mai letto uno scritto in cui uno studioso di prassi esecutiva affermava di aver raggiunto verità assolute. Lo studio della musica antica condotto sulle fonti permette di comprendere quali erano le relazioni correnti tra la pratica musicale e la notazione (relazione ben diversa di quella stabilitasi dall'epoca classica in poi) e, nella pratica, quali erano gli usi e le convenzioni (diverse, a seconda del paese, dello stile, del compositore): per suonare bene occorre prima capire che cosa vogliono dire i segni scritti, e la filologia, in questo senso, non è né meno utile né meno necessaria del solfeggio. E' una verità come lo è il solfeggio: ignorandola, si suona in modo grossolano e naif, conoscendola non si è affatto certi di suonar bene, però per lo meno ci si assicura un buon punto di partenza (esattamente come avviene con il solfeggio). Nessun studioso degno di attenzione parlerà mai in nome della verità assoluta, ma in nome della conoscenza di ciò che è indispensabile sapere per risultare non dei precettori né tanto meno dei profeti, ma solo degli esecutori competenti. Esiste una categoria di esecutori ignoranti, che avvertono il bisogno di scagliarsi contro immaginari censori-filologi (che non esistono) ostentando la loro rivendicazione di libertà, il loro spirito innovatore, la loro disinvoltura artistica: in realtà, stanno solo nascondendo la loro pochezza intellettuale, la loro pigrizia mentale, la loro paura di essere individuati e additati per quello che sono: dei poveracci. Non s'illudano: nessun filologo si attarderà mai a prendere in considerazione quello che fanno, nemmeno per censurarlo. I filologi sanno che ci si rende ridicoli da soli, non occorre che altri infierisca. dralig
  2. Mi riferivo a pure informazioni altrimenti non disponibili. Se un ascoltatore del disco di Tampalini non conosce villancicos e cosautes, penserà che il canto del secondo tempo della "Sonata del Guadalquivir" sia una mia invenzione, mentre io ho invece adoperato, come soggetto di una polifonia in stile madrigalistico, la canzone "Tres morillas": il farlo sapere agli ascoltatori ignari non è inutile, li induce a cercare di ascoltare l'antico canto eseguito da qualche ensemble di musica antica, e in questo modo li aiuta a espandere le loro conoscenze e li mette anche in grado di capire meglio il tipo di lavoro che io ho fatto su quel soggetto. dralig
  3. Sensibile a questa causa, ho scritto le note del CD di Giulio Tampalini, dedicato interamente a composizioni mie, e per il CD di Alberto Mesirca, contenente anche (ma non soltanto) composizioni mie. Ho evitato, com'era ovvio, qualunque apprezzamento riguardo i miei pezzi e ho fornito il massimo di informazioni atte a far comprendere le musiche (il massimo compatibilmente con lo spazio a disposizione). Mentre i CD sono stati abbondantemente elogiati, non ho letto una sola parola dalla quale risultasse che le mie note erano state, o potevano essere, per gli ascoltatori, di una qualche utilità. dralig
  4. Concordo. Ho sempre sostenuto che, per il futuro della musica, e della cultura e delle arti, oggi il lavoro dei docenti di materie musicali nelle scuole elementari e medie è più importante delle esibizioni dei divi dell'opera e dei concerti. Non credo che sia questione di mancanza di umiltà, ma di mancanza di occasioni: ben raramente ai compositori è offerta una possibilità di parlare della propria opera. A lamentare l'isolamento culturale e sociale in cui è costretto oggi il compositore di musica non commerciale fu proprio Ligeti, in uno scritto dettato non molto tempo prima della sua scomparsa. Se qualche affermazione di un compositore filtra oggi nella colata di notizie propinate dai mass media, è quasi sempre in relazione a eventi extra-musicali (l'ignobile uscita di Stockhausen riguardo i fatti dell'11 settembre). I telegiornali di stato informano dell'uscita dell'ultimo album di un cantautore, non dell'ultima composizione di un maestro. Del resto, se chiamano in causa un filosofo o uno scrittore, è solo per conoscere il suo pensiero su un fatto di cronaca... dralig
  5. Le persone "non iniziate" non costituiscono un fronte immutabile. Come i compositori si sforzano di scrivere buona musica - e di certo non la trovano pronta sulla loro scrivania -, e come gli interpreti si ingegnano di essere sempre più bravi e intelligenti - e Dio sa se la loro bravura se la devono guadagnare con un lavoro assiduo e instancabile -, anche i signori ascoltatori non possono ergersi come statue di pietra, esigendo di essere serviti di musica pronta per il loro comprendonio: anche a loro è richiesto un impegno, un affinamento, una ricerca umile e paziente. L'alternativa è sotto i nostri occhi: ascoltatori neghittosi e indolenti, attivi solo nello squalificare musica che vada al di là delle pappe e delle melasse condite di effetti gratuiti e spesso triviali; interpreti proni dinanzi alle esigenze di tali consumatori di muzak, terrorizzati dalla prospettiva di essere "tagliati fuori" se si azzardassero a proporre musica migliore; e, non da ultimo, compositori della domenica che confezionano articoli pseudomusicali alla ricerca di un "successo" che li renda soddisfatti e ben remunerati. Si tratta di operare una scelta di campo, che non è esattamente la stessa imposta dai Vangeli - Dio o Mammona - ma che molto le assomiglia. dralig
  6. Stravinsky celebrava magnificamente l'autoreferenzialità della musica e fu nel nome di questa che "espresse" il meglio del suo suono organizzato...poi la "drammaturgia" di cui Alfredo parla è ben evidente in molti compositori "post...così come l'espressione sonora composta a partire da altre esperienze sensoriali come quella visiva...certe la varietà di questa espressione è notevole ma prescinde, per essere apprezzata, da un giudizio sommario sull'integrale delle esperienze compositive postdarmstadt Ha ragione, si tratta soltanto di miei tic, tracce non cancellate di ribellioni giovanili nei riguardi di affermazioni come: "Chi vuol esprimere qualcosa con la musica è un cretino", e similari. Dovrei sentirmi libero da queste reazioni, anche se ormai blande, specialmente considerando il fatto che su di me le proibizioni e i precetti sono passati come acqua sul vetro. dralig
  7. Io penso che la tua musica possieda un forte grado di teatralità, o per dirla meglio, sia fortemente caratterizzata da una presenza di drammaturgia teatrale. Non mi riferisco, ovviamente, al gesto plateale, assolutamente assente, ma al contrario, al fatto che siano percepibili figure, o fantasmi di figure, cha hanno forte presa sull'ascoltatore: quelle evocate nei tuoi Studi, di musicisti, pittori e poeti, sono presenze avvertibili che si palesano all'ascolto e alla lettura. Nei cromatismi credo siano più sfaccettate....come in una sorta di caleidoscopio che le scompone e quindi più "ardue" nel rivelarsi. Credo di capire che cosa intendi. La modalità (o polimodalità) e l'atonalità sono le uniche due "lingue" musicali atte a esprimere quello che ho in mente, e so esattamente che cosa mi serve in ogni momento della composizione. Sono ben conscio del fatto che, dichiarando l'intenzione di "esprimere" qualcosa, sono già in rotta di collisione con i dogmi post-darmstadtiani, ma non me ne importa niente. Si, io credo che la musica esprima qualcosa. Altrimenti, è inutile ascoltarla, e sciocco scriverla. dralig
  8. Una certa pigrizia nell'ascoltatore medio (fra cui mi pongo anch'io) è sicuramente presente, ma credo che il mancato apprezzamento di alcune opere dipenda in ragionevole misura anche da l'ignoranza delle tecniche e i modi della composizione contemporanea se non addirittura di quella moderna, e non ho scelto il verbo "apprezzare" a caso, chè differisce molto da "piacere" in quanto implica un'interazione di me che devo essere in grado di poter apprezzare una certa opera e avere quindi delle basi abbastanza solide per poterlo fare. Io in questo pecco quasi totalmente per causa, diciamo così, di compositori assai rinomati e "famosi" che ho sempre mal digerito e che mi hanno tenuto lontano da uno studio accurato delle ragioni del comporre attuale. Uno su tutti, Berio. Relativamente alla questione musica tonale/modale versus musica atonale è sicuramente più congeniale al mio gusto la prima che è quella che ha bisogno di meno "dizionari" se non nessuno. Per la chitarra però sono pronto a fare uno sforzo (piacevole indubbiamente) perché ritengo il nostro strumento fra i più adatti per un tipo di composizione non prettamente "classica". Chissà che il cruccio della chitarra di non essere stata mai considerata uno strumento classico "vero" non rappresenti infine la sua salvezza rendendola fertile alle nuove tendenze più dei suoi blasonati colleghi. Nelle composizioni in cui lei ricorre per "bisogno" alla scala armonica trovo che sia molto presente lo strumento come parte integrante il testo musicale, molto di più che non in composizioni più "melodiche" (mi si passi il termine inappropriato) teoricamente universali, cioè non prettamente chitarristiche anche se scritte per la chitarra. Se io definissi le sue composizioni atonali, come "indissolubilmente chitarristiche" le farei in qualche modo un torto? Spero di no, perché è di certo l'ultima delle mie intenzioni. Grazie ancora Andrea Al contrario, io penso che le mie composizioni per e con chitarra siano "indissolubilmente chitarristiche" nella misura in cui io sono riuscito a renderle deliberatamente tali, il che è sempre stato uno dei miei obiettivi primari: non per nulla sono stato un compositore tardivo: i 23 anni di attività strumentistica sono stati l'indispensabile esperienza che mi è servita per forgiare quel lessico chitarristico che è uno dei sigilli del mio lavoro di compositore. Se non avessi consapevolmente esplorato la chitarra come chitarrista, non solo leggendo tutta la musica disponibile, ma anche indagando il suono e la tecnica dello strumento, non avrei mai potuto ri-tracciare nella mia mente il progetto sonoriale-digitale che poi ha formato uno dei pilastri delle mie composizioni. Certo, questo non sarebbe bastato: se non avessi imparato per tempo il mestiere di compositore, indipendentemente dalla chitarra, e fossi pervenuto alla composizione soltanto sulla base della mia esperienza di chitarrista, i miei lavori sarebbero assai probabilmente simili a quelli di molti chitarristi che annotano successioni di gesti, incapaci di costruire brani di musica: e questo è precisamente quello che rivendico di non avere fatto, provando fastidio ogni volta che il mio nome viene elencato accanto a quello di chitarristi-compositori di oggi, famosissimi, ma secondo me compositivamente analfabeti. Io credo e affermo che un brano per chitarra deve suonare sulla chitarra meglio - cioè con maggior proprietà, pienezza e carattere - che su qualunque altro strumento, e considero fallite tutte quelle composizioni per chitarra che, lette da un pianista, danno un risultato più soddisfacente di quello chitarristico. Dirò di più: io considero la maggior parte dei concerti per chitarra e orchestra del Novecento falliti, perché orchestrati come se la chitarra fosse un pianoforte minorato. dralig
  9. Osservo che i miei pezzi più apprezzati sono quelli scritti adoperando le scale diatonico-modali (o polimodali), e che sono invece considerati con minor favore quelli scritti adoperando la scala cromatica, cioè - nel mio caso - quelli atonali. Io sono certo che non esiste, tra le due "categorie" della mia musica, la minima differenza stilistica, e quindi non credo che il diverso grado di apprezzamento dipenda da una valutazione dello stile e della forma dei pezzi - il che condurrebbe alla formazione di giudizi fondati sulla "riuscita" dei diversi lavori -, ma piuttosto dal diverso impegno che è richiesto agli ascoltatori e anche agli interpreti in quanto ascoltatori. Il che, ovviamente, è un motivo tutt'altro che disprezzabile, che io accetto e rispetto. Purtroppo, non sono sempre disposto a usare la scala diatonica, a volte ho proprio bisogno dell'altra, anche se so che mi rende un po' antipatico (musicalmente). dralig
  10. Un compositore dipende necessariamente dai suoi interpreti per comunicare - cioè per far ascoltare e per far comprendere - al pubblico la sua musica. Tale tipo di dipendenza non è patologica: nel mio caso, gli interpreti del calibro degli Estarellas, dei de Santi, dei Biscaldi (per citare alcuni chitarristi della precedente generazione, purtroppo non tutti in atti vità tuttora), o dei Tampalini, dei Mesirca, dei Porqueddu (e tanti, tanti altri) oggi, sono una benedizione, intanto perché sono molto più bravi, come strumentisti, di quanto io fui nei miei momenti migliori (oggi, a paragone con loro, farei ridere), e poi perché sentono, leggono, eseguono la mia musica in modo molto diverso da come io l'ho immaginata, pur rispettandone il testo, e ne rivelano aspetti dei quali io stesso non sono ben conscio. Questo accade a tutti i compositori che hanno la fortuna di trovare interpreti validi: ciascuno di loro getta sulle pagine eseguite una luce diversa, e il primo a giovarsi di queste rivelazioni è proprio il compositore. La musica è un fenomeno complesso, che giunge al suo stato di piena realizzazione con il concorso di tre figure essenziali: il compositore, l'interprete, l'ascoltatore. In mancanza di uno di essi, il cerchio non si chiude, e la musica non si manifesta. Ciascuno dei tre "attori" vive in una sorta di "dipendenza" dagli altri due, ed è una dipendenza necessaria, che giova a tutti e non fa danno a nessuno. Sempre che il compositore sia forte, l'interprete bravo e l'ascoltatore sensibile. dralig
  11. Il fatto che Lei non apprezzi alcune delle mie opere non mi induce - per nessuna ragione - a volerGliene, al contrario Le sono grato per averle lette o ascoltate, e sono io ad apprezzare, invece, la Sua onestà del dichiarare il Suo pensiero. Se pensiamo che il giudizio sull'opera di compositori già santamente defunti, e quindi nati ben prima di me, e di me assai più famosi, è tuttora assai dibattuto, dobbiamo constatare come sia del tutto normale che le produzioni ancora in corso d'opera siano oggetto di valutazioni discordi. Anzi, è proprio questo un segno della vitalità del lavoro di un autore: il fatto che accenda un dibattito. Cordialità. dralig
  12. Verranno ripubblicati separatamente, sostituendo le edizioni attualmente in commercio. dralig
  13. Ho deciso di ripubblicare - con una riscrittura più accurata - tre lavori: "Canzone notturna", "Ocram", "Tenebrae factae sunt". Li sto preparando. Gli altri pezzi giovanili, li lascio come sono: il tentativo di metrificare musica così irregolare è troppo dispendioso e di esito incerto. dralig
  14. Chiedo scusa per la notazione un po' sibillina, che ho poi subito modificato. La nota in questione è un sol, da prendere un terza corda, sulla quinta barretta, dove normalmente si suonerebbe il do che figura nella notazione. Ho già provveduto alla correzione per la prossima ristampa del pezzo, che ho comunque riscritto anche dal punto di vista metrico: da giovane ero attratto dalla scrittura "elegante", oggi preferisco scrivere in modo più chiaro. Per farmi perdonare, posso inviare il file pdf della prossima edizione, se mi verrà fornito un indirizzo email a cui spedirlo. dralig
  15. Caro Antonio, io ho risposto, non al vaniloquio o alle fantasie oniriche di un ragazzino che non ha ancora stabilito (o che ha perso) i contatti con la realtà, ma al proposito di un giovane dall'intelletto molto vivo e dall'animo tutt'altro che velleitario: evidentemente, nel formare e nell'esprimere il suo progetto di vita, egli ha preso in considerazione tutti gli aspetti connessi alla sua sopravvivenza e alla sua realizzazione di se stesso, e non tocca certo a me insinuargli il sospetto che tali valutazioni siano prive di fondamento: gli devo rispetto, e devo riconoscergli, in linea di principio, che egli sappia molto bene quello che fa. Altrimenti, perché dialogare con lui? La situazione che Lei mi descrive per sé e per il Suo futuro è affatto diversa da quella di Francesco, e diverso, mi pare, è anche l'animus con il quale Lei la affronta. Spero che la Sua domanda, se io la esorterei a rimanere là dove non Le viene offerto altro che il morire, sia retorica: è ovvio che no, così come è evidente che a ciascuno, ogni giorno, viene profferta la possibilità di rovinarsi: ma, mi creda, chi intende farlo, non chiede ad altri di rinforzare la sua scelta autodistruttiva, la attua a basta. Quindi, io credo che Lei sappia benissimo che cosa vuole fare e che cosa deve fare: e Le auguro di riuscirci. dralig
  16. Saggio proposito. Francesco, giovane studente di chitarra del Conservatorio di Matera, i cui messaggi manifestano un carattere ardente e un'intelligenza non comune, nonché un nerbo etico molto raro nei ragazzi di oggi - non è certo un seguace della "dittatura del relativismo", per dirla con Benedetto XVI - esce con un'affermazione programmatica che a me, compositore e quasi-ex-didatta sessantaseienne (potrei quindi essere suo nonno) sembra di grande rilievo: afferma di non voler seguitare la via dell'emigrazione dalla sua città, che ama, e dichiara di volervi rimanere per operare da dentro il tessuto socio-culturale materano. Vorrei che questa dichiarazione d'intenti non venisse passata sotto silenzio: significa che, alla sua giovane età, ha già optato per una scelta più alta di quella della ricerca del successo personale come virtuoso, e che intende impegnarsi, affrontando le prevedibili difficoltà, per contribuire alla trasformazione della condizione socio-culturale della terra che ama, e alla quale si sente di appartenere. Ho la sensazione che non sia stato capito, e che il valore del suo proposito sia stato sommerso da un polverone di discussioni davvero futili, rispetto al nocciolo della questione: il punto non è se si viva meglio, o si faccia miglior carriera professionale, al nord, al sud o all'estero; se la gente del nord sia migliore o peggiore nei sentimenti e nel tratto di quella del sud, o viceversa; se siano più inquinate le città padane o Napoli. Il punto non è quello che ciascuno di voi ha fatto per il suo bene e per il suo meglio (è chiaro e noto che vi state disimpegnando egregiamente come e dove avete scelto di stabilirvi), ma che Francesco ha dichiarato di voler spendere la sua vita per rendere migliore la sua terra per mezzo della musica che farà. Che gli convenga o meno, che sia più o meno vantaggioso per lui, è cosa che passa in second'ordine rispetto alla bellezza e alla nobiltà del suo proposito, e io lo incoraggio a proseguire, costi quello che costi, senza soffermarsi a valutare quello che gli renderà. E glielo dico perché io, 50 anni fa, ho fatto la stessa scelta, ho seguitato la stessa stella, contro i pareri di tutti i saggi e gli esperti della vita, e non mi sono affatto pentito: anche Vercelli era una Matera, rispetto a Parigi o a Londra o a New York... dralig
  17. Caro Fabio, non mi faccia dire cose che non ho mai né detto né pensato. Partendo dai propositi manifestati dal nostro giovane collega di Matera - in mancanza dei quali non avrei detto assolutamente nulla - l'ho incoraggiato a mantenere la sua residenza e il suo centro di attività nel luogo dov'è nato e che egli ama. Non gli ho detto di non viaggiare e di non stabilire contatti con il prossimo in tutto il mondo: Le pare che una simile, sciocca esortazione possa venire da chi conosce tutte le capitali europee, le loro sale da concerto e i loro musei, da Lisbona a Varsavia? Gli ho detto che tentare di modificare la realtà della vita musicale del luogo dove abita è progetto nobilissimo e, io credo, attuabile, assai più forte di quello di trasferirsi altrove in cerca di migliori fortune. Questo, e non altro, gli ho detto: non ho aggiunto il consiglio di imparare, come ho fatto io, il francese, l'inglese e lo spagnolo (almeno), perché penso di avere che fare con un giovane intelligente, che non abbisogna di questi suggerimenti, e però, sottintendendo ciò, ho implicato anche la convinzione che le lingue non si imparino per i proprii monologhi. Io abito da sempre in una città di provincia, dalla quale non ho mai voluto trasferirmi, con ottime ragioni. Questo non mi ha impedito di andare al Prado una quarantina di volte a vedermi Rubens, Velazquez e Goya. dralig
  18. Rimanga dov'è e, soprattutto, rimanga com'è adesso: non cambi, non diventi, non si evolva, non cresca (se non nelle competenze musicali, il cui affinamento non ha mai fine), resti esattamente quello che è ora, e a chi le suggerisce di diventare qualcos'altro, o qualcun altro, spari, senza esitazione e senza sbagliare la mira. dralig
  19. Si, ho presente, mi ricordo benissimo. Era una domenica mattina, e la piazza era inondata di luce. Ero andato, con il maestro Racioppi di Lagonegro e con un giovane amico, in un baretto prospiciente la piazza a prendere un caffé, e mi ero messo a chiacchierare con dei materani. Ci portarono a vedere degli angoli della città che, da soli, non avremmo mai scovato. Ero venuto anche con il proposito di telefonare al pittore Guerricchio per chiedergli se potevo fargli visita nel suo studio, ma il tempo che avevo se ne andò tutto nella visita alla città. Penso che questo atteggiamento nuovo, che Lei manifesta e che vedo anche in altri giovani del Sud, sia molto importante e di grande portata socio-culturale: finché i talenti - in ogni campo - emigrano, non ci sarà mai un vero cambiamento. Bisogna rimanere lì, operare sul posto, e convincere i poteri forti (istituzioni pubbliche, fondazioni, banche, etc) a investire in cultura, creando strutture e organizzazioni capaci di inventare e di realizzare eventi di alta qualità e di legarli alle incredibili bellezze dei luoghi. Dovete smetterla di venire a Milano, dovete obbligare i milanesi a venire da voi, e non solo per le vacanze. Io a questo ho sempre creduto, e non sono state parole: per un quarto di secolo, ogni estate sono andato a Lagonegro a far fare musica ai ragazzi della zona e a portare sul posto i giovani talenti italiani e stranieri per creare contatti e relazioni che poi si sono rivelati molto fecondi. Conservo la cittadinanza onoraria di Lagonegro come emblema di qualcosa in cui ho sempre avuto fede. dralig
  20. Splendido, sembra un presepio. Anni fa, ho guardato Matera proprio dalla terrazza antistante il Conservatorio, cioè, credo, più o meno da dove questa foto è stata scattata. Ero venuto lì da Lagonegro, una domenica mattina, solamente per regalarmi quella vista, e fu una gita spesa bene. Con la neve e i lumi accesi, è ancora più bella. dralig
  21. L'organico a disposizione è un po' particolare: oltre agli archi, ci sono gli ottoni, ma dei legni mancano l'oboe, il clarinetto, il fagotto e il corno inglese. Un concerto per chitarra, archi, ottoni e due flauti non esiste. Conviene quindi ripiegare su un concerto per chitarra e archi, senza timpani, e lasciar fuori gli ottoni. Il catalogo Pocci include tutti i concerti per chitarra e archi del Novecento. dralig
  22. Non farlo. Avevo a disposizione un certo numero di copie, e ti ho incluso nella lista dei destinatari. Regalo di Natale. dralig
  23. Vedo due procedimenti diversi, nel tuo discorso: nel caso dei "Tres temas", trai le tue conclusioni affidandoti alla lettura della cronologia degli eventi, e facendo parlare i documenti; nel caso della "Canzone", dove i documenti parlano altrettanto chiaramente, eviti di concludere e formuli delle ipotesi interpretative. I dettagli contenuti nell'autobiografia, riguardanti gli anni giovanili, provano che Segovia aveva una memoria tenacissima, e di Pahissa traccia un ritratto così caratterizzato che - se vogliamo far valere i diritti dell'interpretazione - risulta incompatibile con l'ipotesi di una dimenticanza del pezzo. Non l'ha citato perché non era conforme allo spirito della narrazione, non perché se n'era scordato. dralig
  24. Scusi, Fabio, ma se è stato "trovato", che cosa hanno mangiato gli avvoltoi? I Suoi jeans e i Suoi occhiali? Sia serio, qui abbiamo fior di ingegni, come alcuni dibattiti recenti hanno dimostrato, e mentendo così spudoratamente fa delle brutte figure, specialmente da morto. dralig
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