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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Salve, come vi avevo accennato un pò di tempo fa, mi era stato proposto di suonare il Concerto Breve di Margola. Ho avuto modo di esibirmi un due appuntamenti musicali e la "cosa" è piaciuta agli organizzatori. Mi hanno riproposto di scegliere un altro concerto per chitarra. Che faccio? A me piacerebbe tantissimo il Concerto op.99 di Castelnuovo-Tedesco però ho delle limitazioni di strumenti. Ho a disposizione 2 flauti, 4 violini primi, 4 violini secondi, 2 violoncelli, 2 viole, 1 contrabbasso, 1 arpa, 1 pianoforte, 1 corno, 1 trombone (non so come), 1 sax (non so come), 1 tromba e forse 1 percussionista. Questi sono gli iscritti al corso di "professori d'orchestra" a cui sono stato invitato a partecipare, avendo accettato devo far suonare questa chitarra! Mi è stato proposto di cercare qualcosa di Giuliani e io a casa ho solo il concerto 1 e il concerto 2 entrambi in La maggiore. Sono parecchio "virtuosolistici" e forse è meglio aspettare un pò prima di prendere un tir in faccia con una brutta esecuzione in pubblico. Cercando nel catalogo pocci ho notato un Concertino Per Chitarra E Piccola Orchestra di Hans Haug. Dato che mi piace molto Alba volevo sapere se qualcuno ha mai letto od ascoltato quel concerto, se si mi potrebbe dire di cosa si tratta? Dato che ci sono 95 pagine di composizioni nel catalogo pocci chiedevo aiuto a voi nel suggerire qualche concerto non troppo impegnativo dato che i tempi per la preparazione non sono molto favorevoli (si parla di febbraio). Avevo pensato anche al Concerto Elegiaco di Brouwer oppure alla Fantasia dal gran solo di Gilardino (avendola ascoltata potrebbe essere fattibile) oppure il ritratto di Tarrega sempre di Gilardino dato che, se non erro, credo occorra solo l'orchestra d'archi. Insomma, datemi una mano a trovare qualcosa di suonabile da una chitarra ed un'orchestra (a quanto pare d'archi) formata da giovani studenti/esecutori. Aspetto vostre notizie...

     

    Marco

     

     

    p.s: dimenticavo, che ne pensate della Sonatina di Torroba per chitarra ed orchestra? conoscete l'organico? credo di aver letto la parte di chitarra e non mi sembra affatto diversa dalla parte per chitarra sola a parte due si all'unisono che diventano si-do seconda minore nel secondo tempo. Mi chiedevo se quella che ho letto è realmente la parte per chitarra dato che non ho visto dialogo fra orchestra e solista, in pratica credo che la chitarra suoni troppo e non ci sia dialogo fra le due parti. Questo lo dico soltanto avendo visto la parte per chitarra dalla partitura per orchestra, o almeno è quello che mi hanno detto anche se dubito sia quella corretta.

     

    L'organico a disposizione è un po' particolare: oltre agli archi, ci sono gli ottoni, ma dei legni mancano l'oboe, il clarinetto, il fagotto e il corno inglese. Un concerto per chitarra, archi, ottoni e due flauti non esiste. Conviene quindi ripiegare su un concerto per chitarra e archi, senza timpani, e lasciar fuori gli ottoni.

     

    Il catalogo Pocci include tutti i concerti per chitarra e archi del Novecento.

     

    dralig

  2. Caro Angelo,

    vorrei dare il mio contributo sulla questione Pahissa.

    A me risulta che ci fossero rapporti di amicizia fra Pahissa e Segovia, reciproci - deduzione che ho fatto quando trovai i pezzi di Pahissa e verificai che tra i libri di Segovia c'era una biografia di Manuel de Falla, il libro di Pahissa più conosciuto, se non ricordo male o con una dedica a penna o con un bigliettino di accompagnamento. Escludo personalmente che Segovia abbia volutamente evitato di menzionare Pahissa - penso lo abbia fatto per ragioni "cronologiche". Segovia scrisse la biografia intorno alla prima metà degli anni '70 (pubblicata nel '76). I tres temas de recuerdos vengono inviati dalla vedova di Pahissa con una lettera datata 1979: come poteva Segovia citarli, non sapendo molto probabilmente che li aveva quantomeno finiti di scrivere? (ricordiamo che i pezzi fotocopiati dalla vedova sono in brutta copia, o in una versione non definitiva in bella copia).

     

    Riguardo a Canço en el Mar - era uno dei manoscritti che Segovia ebbe in mano (quanti ce ne sono stati? Cassadò, Pahissa, Torroba, Berkeley, Breville, Scott ecc. ecc.) - possiamo onestamente pensare che all'età di più di ottant'anni Segovia potesse ricordare questo manoscritto, probabilmente perso e conservato - come sai meglio di me - in un marasma di carte non ordinato del quale Segovia non aveva alcun controllo?

    Secondo me non si può più sostenere che Segovia abbia omesso nella sua autobiografia delle verità - in quanto autobiografia essa si riferisce a una visione parziale e a un punto di vista, quello di Segovia, su quell'epoca, scritto a distanza di anni. Ed è questo quello che ci interessa. Che abbia parlato di Barrios o meno, penso sia del tutto ininfluente.Quasi tutte le autobiografie sono considerate letteratura secondaria dal punto di vista della ricostruzione storica.

    Siamo noi che abbiamo il dovere di studiare Barrios e tutti gli altri autori - come maldestramente ha detto un collega al convegno di Firenze- "scartati" da Segovia e dobbiamo far studiare agli allievi la musica e i musicisti, anziché perpetuare l' ignoranza facendosi scudo del giudizio di Segovia.

    Spero di essere stato utile, saluti a tutti

    L

     

     

    Vedo due procedimenti diversi, nel tuo discorso: nel caso dei "Tres temas", trai le tue conclusioni affidandoti alla lettura della cronologia degli eventi, e facendo parlare i documenti; nel caso della "Canzone", dove i documenti parlano altrettanto chiaramente, eviti di concludere e formuli delle ipotesi interpretative. I dettagli contenuti nell'autobiografia, riguardanti gli anni giovanili, provano che Segovia aveva una memoria tenacissima, e di Pahissa traccia un ritratto così caratterizzato che - se vogliamo far valere i diritti dell'interpretazione - risulta incompatibile con l'ipotesi di una dimenticanza del pezzo. Non l'ha citato perché non era conforme allo spirito della narrazione, non perché se n'era scordato.

     

    dralig

  3. Salve

    vi annuncio che Fabio Selvafiorita questa mattina è stato trovato morto, investito da un autotreno e poi mangiato dagli avvoltoi.

     

    Scusi, Fabio, ma se è stato "trovato", che cosa hanno mangiato gli avvoltoi?

    I Suoi jeans e i Suoi occhiali?

    Sia serio, qui abbiamo fior di ingegni, come alcuni dibattiti recenti hanno dimostrato, e mentendo così spudoratamente fa delle brutte figure, specialmente da morto.

     

    dralig

  4. Svolgendo una ricerca sul chitarrista-compositore argentino Pedro Quijano (nessuna rivelazione in arrivo, si tratta di un modesto folclorista), mi imbatto in questa perla, uscita dalla penna - spesso intinta nell'acido, ma stavolta inconsapevolmente umoristica - di Domingo Prat ("Diccionario de guitarristas", 1934):

     

    La popularidad de

     

    Pedro Quijano como compositor, tal vez se deba en gran

     

    parte, al hecho de creérsele muerto, suposiciòn que ha dura-

    do mas de veinte afios. Sus colegas profesores, en la Argen

    tina, lo hicieron conocer de Ios alumnos dandoles a tocar

     

    sus obras, cosa que dificilmente harian si lo supieran vivo;

     

    [La popolarità di Pedro Quijano come compositore si deve in gran parte al fatto che fu creduto morto, supposizione che è durata più di venti anni. I suoi colleghi professori in Argentina lo fecero conoscere dando le sue opere da suonare ai loro allievi, cosa che difficilmente avrebbero fatto se avessero saputo che era vivo].

     

    dralig

  5. Non leggo giornali di partito e non ho legami di alcun genere con esponenti del mondo politico (non sto recitando il "noli me tangere", dico solo quel che è), e se riporto questa testimonianza sui conservatori, scritta da un parlamentare, pubblicata dal quotidiano "L'Unità" dell'8 dicembre, e gentilmente trasmessami da un amico che non legge questo forum, è solo perché la ritengo onesta, equilibrata, verosimile e utile.

     

    dralig

     

    Da "L'UNITÀ" del 8 dicembre 2008.

     

    Non spegniamo la musica

    Nando Dalla Chiesa

     

    Questo è un appello appassionato in difesa delle accademie e dei

    conservatori d'Italia. È un appello rivolto pubblicamente al governo di cui

    faccio orgogliosamente parte e alla maggioranza che lo sostiene. Un appello

    per venti milioni di euro, meno del costo di un chilometro di autostrada.

    Venti milioni calcolati con precisione chirurgica per consentire al nostro

    sistema di alta formazione artistica e musicale di non affondare. Si badi:

    non aggiuntivi rispetto al 2007. Ma reintegrativi dei fondi dell'anno

    scorso; quelli, cioè, che hanno permesso al sistema di tirare la testa fuori

    dall'acqua in cui stava affogando dopo la micidiale cura da cavallo subita

    nell'ultimo anno del governo Berlusconi-Moratti.

     

    Si resta a bocca aperta, c'è da non crederci. L'Italia e la sua tradizione

    artistica. L'Italia e la sua tradizione musicale. Il nostro biglietto da

    visita all'estero. Il made in Italy di secoli e millenni. Ciò che nessuno ci

    potrà mai imitare. Il nostro petrolio. I nostri giacimenti. Il nostro futuro

    è il nostro passato. Non si contano davvero le metafore usate dai leader

    politici e dagli intellettuali per definire il ruolo che la produzione

    artistica gioca e può giocare nelle nuove vie di sviluppo del Paese, nella

    sua competitività internazionale, nella sua crescita civile. La produzione

    ma, ovviamente, anche la formazione artistica. Perché la musica del passato

    qualcuno dovrà ben interpretarla e rinnovarla. E gli artisti italiani non

    dovranno solo riposare nei cimiteri illustri, ma dovranno soffiare il loro

    talento nella civiltà contemporanea, produrre nuovi capolavori, innervare

    della loro incessante creatività le nostre città, le nostre gallerie, i

    nostri stessi prodotti industriali e culturali. Siamo d'accordo su questo? È

    importante capirlo: siamo d'accordo o no? E allora perché è così difficile,

    quasi proibitivo, ottenere questi venti milioni in Finanziaria? Attenzione:

    non venti milioni per questo o quel centro di ricerca o culturale, legato a

    un potentato politico regionale. Non venti milioni per un'opera clientelare.

    Ma venti milioni per l'intero sistema pubblico, una trentina di accademie e

    un'ottantina di conservatori e istituti pareggiati. Contati e ricontati,

    proprio l'osso e nulla di più. Perché, nella penuria di mezzi trovata, il

    ministero dell'università in quest'anno e mezzo di governo ha ben cercato (e

    anche con qualche successo) di trasmettere il messaggio che un euro usato

    lavorando con intelligenza, entusiasmo, diligenza e fantasia vale dieci

    euro. Ma l'euro ci deve essere. E invece, incredibilmente, anche quell'euro

    sfugge, viene lesinato, forse non ci sarà. Così ci sono ormai accademie e

    conservatori, anche di qualità, che rischiano di chiudere; e che

    chiuderebbero, sia chiaro, pure se raddoppiassero le tasse agli studenti.

    Istituti a cui basta poco perché con poco ormai si sono abituati a vivere.

    Così come poco basta ai docenti per il rinnovo dei loro contratti, e che

    oggi si sentono comunicare senza appello che i soldi che c'erano se ne sono

    già andati tutti via per il rinnovo dei contratti della scuola.

     

    Davvero il Paese vuole umiliare, marginalizzare, cacciare in cantina quel

    sistema dell'alta formazione artistica e musicale che può esserne uno dei

    più strepitosi gioielli? Certo, accademie e conservatori, da sempre lasciati

    a se stessi da un'Italia incolta e senza progetti, hanno i loro difetti e i

    loro ritardi. Le loro autoreferenzialità, le loro litigiosità e anche le

    loro mediocrità (come, peraltro, anche il sistema universitario). Ma io le

    ho girate in lungo e in largo, queste istituzioni. E vi ho trovato tesori

    indescrivibili di bravura e di passione, geni giovanili purissimi, inventiva

    e spirito creativo. Pianisti, violoncellisti, grafici, pittori, scenografi

    d'eccellenza. E non posso accettare l'idea che per questo intero sistema,

    per farlo sopravvivere, non si possano trovare venti milioni. Non voglio

    criticare nessuno e niente. Nel mio anno e mezzo di partecipazione al

    governo nessuno mi ha mai sentito dissentire pubblicamente da un collega,

    nessuno mi ha mai sentito dire una parola non dico di pessimismo ma neanche

    di disincanto. Ho recitato con convinzione assoluta e doverosa la parte del

    soldatino al fronte. Ma risulta difficile vedere stanziare somme ingenti,

    assai più ingenti, per opere e scelte di ogni tipo (tutte assolutamente

    legittime, sia chiaro), compresi gli istituti di formazione privati, e

    assistere all'apnea di un pezzo cruciale del nostro patrimonio formativo

    pubblico, comprensivo - dobbiamo ricordarlo? - di valori inestimabili in

    opere d'arte, architetture, biblioteche e archivi storici.

     

    E tuttavia, passando dai princìpi di cultura civile alla politica purissima,

    dirò di più. Davvero il governo, questa maggioranza, vogliono rinunciare a

    dire davanti al Paese di avere per la prima volta restituito a dignità, di

    avere dato prospettive di sviluppo a questo settore? Perché il paradosso

    politico è proprio questo. Che con il governo Prodi viene attuata - dopo

    otto anni di attesa! - la riforma dell'intero settore, che una legge del '99

    portò a pieno titolo ("a costo zero", stava scritto...) nel sistema

    universitario. Non solo. Mentre viene finalmente attuata la riforma, vengono

    anche varati i poli di alta formazione artistica e musicale in alcune grandi

    città (Genova, Milano, Napoli e Verona le prime), sistemi

    economici-artistici in grado di cambiare radicalmente gli orizzonti, anche

    internazionali, di queste istituzioni. Ed ecco che mentre si spinge in

    avanti tutto il sistema, arriva il rigurgito del passato, la vecchia

    ideologia del mettere l'arte in cantina. Così chi soffia contro il governo

    ha buon gioco. Da giorni si susseguono le occupazioni di accademie e

    conservatori. Napoli. Poi Roma. Lunedì Pesaro. E altre se ne annunciano. È

    vero che gli studenti sono spesso disinformati, che vien fatto loro credere

    che i loro titoli di studio siano carta straccia e che incontrarli nelle

    loro assemblee può aiutare a fare chiarezza; ma essi esprimono comunque un

    disagio autentico che nasce da una sensazione di fondo, quella che per loro

    (più di sessantacinquemila) ci sarà sempre, alla fine, una condizione di

    abbandono. E altrettanto esprimono i sindacati; i quali, umiliati nelle loro

    (modeste) richieste, minacciano il blocco delle attività. Ma ha un senso

    politico tutto questo? Ha un senso che proprio il governo che potrebbe

    vantarsi di avere dato al paese una nuova, più avanzata formazione artistica

    e musicale, diventi l'obiettivo di una protesta che sta dilagando nel paese?

    Per venti milioni e per pochi altri milioni di rinnovo contrattuale? Dice

    che l'Unione paga dall'inizio un difetto di comunicazione. Ecco, io sto

    provando a ovviare a questo difetto dopo avere cercato con il ministro Mussi

    di sensibilizzare i luoghi di decisione politico-parlamentare della

    Finanziaria.

     

    Mi rivolgo a chi può intervenire nelle sedi istituzionali, ma anche agli

    intellettuali, a chi ha a cuore il futuro della nostra produzione artistica,

    affinché questo taglio non si compia. Perché un chilometro di autostrada,

    magari di qualche opera che rimarrà incompiuta, si converta nella

    tranquillità minima di più di cento istituzioni di alta formazione artistica

    e musicale. Al resto penseranno il lavoro, l'intelligenza, la parsimonia, la

    passione, la fantasia. Perché l'uno si può moltiplicare per dieci. Lo zero

    no.

  6. E' certamente bello che vengano alla luce tutti questi fatti.

     

    Credo che le dichiarazioni di Segovia in merito al "primo pezzo" vadano inquadrate e comprese nel loro contesto;nelle sue brevi e un po' aforistiche interviste Segovia si riferiva evidentemente ai pezzi facenti parte del suo repertorio e probabilmente in quel contesto non vedeva la necessità o l'opportunità di citare compositori che non eseguiva, gettando su di essi l'ombra di un suo rifiuto delle loro composizioni.

    E' un po' quello che Chesterton (cito a senso) fa dire a Padre Brown in un suo racconto: "La gente non risponde alle domande in modo letterale, pur senza volere mentire.Se un gentiluomo dice che in casa non c'è nessuno, di solito non intende dire necessariamente che non c'è proprio fisicamente nessuno, ma nessuno di quelli cui presume sia interessato il suo interlocutore; ma se l'interlocutore è un ufficiale sanitario che sta facendo un controllo su di una epidemia, allora il gentiluomo capirà la domanda in un altro senso,e risponderà che in casa c'è anche il maggiordomo e la cuoca".

     

    Con tutto ciò, è evidentemente interessante per noi ora cercare di sapere il più esattamente possibile come sono andate le cose..si può forse dire che al momento il primato della "Danza" non è più totalmente certo.

     

    Caro Piero, Segovia è stato un grande maestro della chitarra e un uomo eccezionale, e non ne sminuirà la memoria il fatto di constatare che diceva qualche bugia: non menzogne, ma bugie, intendendo come tali quelle omissioni di parti della verità che, se rivelate, non concorrono alla tesi che la persona vuole sostenere. Che questo sia il caso della musica di Pahissa, è evidente: nella sua autobiografia, Segovia afferma che Pahissa scriveva solo per grande orchestra, e ciò non è vero, scriveva anche per pianoforte - tra l'altro pezzi brevi.

     

    dralig

  7. Letta.

     

    Un gran bel pezzo.

     

    La Fanfara al regno dei lillipuziani è difficile, cavolaccio...

     

    Occorre verificare se la difficoltà paga. Ci sono, nella musica strumentale, e in particolare nella musica per chitarra, due generi di difficoltà: quelle che, richiedendo grande impegno allo strumentista, ripagano lui e i suoi ascoltatori con sonorità piene, caratterizzate, in sé "estetiche"; e quelle che, a fronte dell'impegno richiesto all'esecutore, danno, anche nel migliore dei casi, sonorità povere, stentate, magari antitetiche rispetto al fraseggio implicito nella forma del brano. La musica strumentale può riuscire o fallire sia sul piano puramente formale (musicale) che su quello idiomatico...

     

    dralig

  8. E il primo pezzo in assoluto credo sia stata la Danza poi pubblicata come trezo movimento della Suite Castillana di Torroba

     

    Questo è quanto disse Segovia, che omise sempre di dichiarare che aveva, tra le sue carte, il manoscritto della "Cançò en el mar" datata VII-1919, di Jaume Pahissa. Non solo non lo dichiarò mai, ma quando scrisse di Pahissa, nella sua autobiografia, non accennò minimamente al fatto che il maestro catalano aveva scritto per lui ben due lavori per chitarra, e lo presentò come un autore interessato soltanto a comporre per grande orchestra.

     

    Poiché non conosciamo la data esatta in cui Moreno-Torroba scrisse la sua Danza, e abbiamo, come prova che fu composta nel 1919, soltanto la dichiarazione di Segovia, che è una testimonianza ma non un documento, dobbiamo concludere che, allo stato delle nostre conoscenze, il primo brano scritto per Segovia fu la Canzone di Pahissa o, se proprio non vogliamo darlo per certo, che i due lavori furono scritti nello stesso anno.

     

    Al 1920 risale la Romanza di José Maria Franco, ben precedente la Fantasia Sevillana di Turina.

     

    dralig

  9. Viene riportato che Josephine Mertz abbia dato al marito una gran dose di medicina (ricordo che si trattava di stricnina, appunto), che era invece pensata di essere somministrata in 10 piccoli dosi. Com'è immaginabile non ha fatto bene alla salute di Mertz, ma non lo ha ucciso, anzi: si è ripreso (anche se molto lentamente e non del tutto). Che questo sia stato un tentativo di omicidio, invece, è fantasia dralighiana, direi; mi coregga se sbaglio.

     

    Neuland

     

    Non si sa. La stricnica gliela somministrò. Si riprese, ma poi, in due anni, morì. Si era sbagliata, certo.

     

    La mia fantasia la impiego in un altro genere di invenzioni. Qui, si tratta solo di supposizioni: non si sa niente di preciso.

     

    dralig

  10. Ci sono per esempio: J.K. Mertz (Wasserfahrt am Traunsee, Einsiedlers Waldglöcklein, Mazurka op. 40, Barcarole), di Diabelli opp. 71 e 102, e Giuliani, naturalmente.

     

    Saluti Neuland

     

    Mertz è molto interessante in questo genere di composizione, perché la sua musica era scritta "sul campo": aveva sposato una pianista, e suonavano in duo. L'idiomaticità dei suoi lavori per chitarra sola è quindi estesa anche al duo con pf, che funziona alla perfezione proprio come "suono".

     

    Forse, però, Frau Mertz non era del tutto convinta del valore di questo duo, e così decise di troncarlo nel modo più drastico: avvelenando il marito. Attenti, chitarristi, a suonare in duo con la moglie...

     

    dralig

  11. Fermi tutti!

     

    :)

     

    Non considero Carulli un poco di buono, quanto un compositore molto discontinuo.

    Anzi, credo non esista esempio più rappresentativo della figura del musicista in bilico fra artigianato ed arte.

     

    A pagine eccellenti se ne alternano altre talmente mediocri da far sorgere il sospetto, come scrive Dralig, che la committenza abbia avuto un ruolo determinante nella riuscita della pagine lasciateci.

     

    Non è un sospetto, è un'evidenza: scriveva per dilettanti, contesse, avvocati, e doveva servire loro la musica che questi potevano comprendere e suonare.

    Sor, che a questa committenza non guardava in faccia, era isolato nella sua superiorità, dalla quale mandava folgori incineranti, ma intanto si rodeva il fegato.

     

    dralig

     

    Sinceramente, sono molto legato a Carulli, non solo per campanilismo, ma anche perché mi ha accompagnato all'inizio della mia formazione.

    I suoi pezzi, sempre molto gradevoli, e - di regola - facili, hanno avvicinato e avvicinano i giovani alla chitarra.

    E' troppo facile, quando si possiede una tecnica superiore, sparare su chi ha rivestito l'importante ruolo di maestro di base.

    Ogni artista deve essere letto e apprezzato nel suo tempo e nel suo contesto sociale, politico ed economico.

     

    Ci sono opere di Carulli per chitarra sola in grado di mettere alla stanga anche i virtuosi di oggi e, ove questi non siano anche dei buoni musicisti, con adeguata cultura interpretativa, opere carulliane come le variazioni su Paisiello recentemente ristampate da Editions Orphée possono far fare, ai chitarristi- tutti- dita, delle gran brutte figure.

     

    dralig

  12. Una partitura eccezionale.

     

    Bellissima anche la resa scenografica e l'utilizzo di Dreyer.

     

    Ne farete un dvd?

     

    Il dvd esiste già, e quelli che Giulio ha pubblicato sono dei frammenti del dvd, che è di proprietà dello studio Quality Data di Vercelli. I titolari, Ernesto Villani e Massimo Fonsatti, Non hanno intenzione di metterlo in commercio, per ora, ma stanno registrando, da parecchi anni, tutte le esecuzioni pubbliche con musiche di AG. Le loro ragioni, per spendere fior di quattrini in registrazioni dalle quali non ricavano, al momento, nulla, devono pur averle, dato che si tratta di un'azienda privata, ma io le ignoro. Quello che temo, è che finiscano per andare in giro copie piratate.

     

    dralig

  13. Fermi tutti!

     

    :)

     

    Non considero Carulli un poco di buono, quanto un compositore molto discontinuo.

    Anzi, credo non esista esempio più rappresentativo della figura del musicista in bilico fra artigianato ed arte.

     

    A pagine eccellenti se ne alternano altre talmente mediocri da far sorgere il sospetto, come scrive Dralig, che la committenza abbia avuto un ruolo determinante nella riuscita della pagine lasciateci.

     

    Non è un sospetto, è un'evidenza: scriveva per dilettanti, contesse, avvocati, e doveva servire loro la musica che questi potevano comprendere e suonare.

    Sor, che a questa committenza non guardava in faccia, era isolato nella sua superiorità, dalla quale mandava folgori incineranti, ma intanto si rodeva il fegato.

     

    dralig

  14.  

     

     

    C'è Carulli e Carulli!

    Alcune cose cameristiche sono da ascrivere di diritto alla coeva produzione strumentale italiana (più specificatamente tardo-barocca e napoletana) ed, in ambito sonatistico, è un autore che riserva alcune sorprese: nella Sonata n.1 tratta dalle Tre Sonate op.21 tutti i temi principali dei tre movimenti derivano dal primo tema del 1° movimento, per cui si può parlare di un "monotematismo" avvicinabile ad alcuni procedimenti beethoveniani non riscontrabili, per arditezza costruttiva, in nessun altro esponente della chitarra coevo (ne ho tratto una tesi discussa all'Accademia Pescarese a conclusione del Corso di Analisi)!

     

    Saluti

    Piero Viti

     

    Sono d'accordo, e propongo di puntare il mirino analitico in una direzione che mi pare promettente. Carulli può essere considerato, nella parte iniziale della sua produzione, come un autore al seguito della scuola settecentesca napoletana, e nello stesso tempo inquadrabile tra gli epigoni dello stile galante. Il mutamento del suo stile compositivo, seguito all'emigrazione in Francia, non lo ha sostanzialmente mai sradicato da questo nucleo originario, e credo che la sua musica debba essere studiata come un'estensione un po' anacronistica della musica di autori come Leonardo Leo e Cimarosa.

     

    Attenti all'evidente affinità con le opere di un altro autore italiano, anch'egli emigrato a Parigi: Filippo Gragnani. Molto meno prolifico di Carulli, presenta affinità stilistiche molto marcate con il primo stile carulliano.

     

    Erano ottimi musicisti. Carulli lavorò molto, troppo, per diversi tipi di committenza, e sembra che misurasse il suo impegno a seconda della "qualità" delle commissioni che riceveva: meglio mi pagate, meglio scrivo. Ma molte sue pagine sono belle. Richiedono esecuzioni eleganti, giuste, calibrate: non è facile da centrare, pone all'interprete un problema di "sintonizzazione" più arduo da risolvere di quello posto dai diversi stili di Giuliani.

     

    Un autore celebre, e nello stesso tempo misconosciuto.

     

    dralig

  15. Al di la di questo, lo ripeto a scanso di equivoci, trovo sia un vero e proprio sopruso ideare dei corsi, farli pagare fior fior di quattrini e darli valore nullo.

     

    Non sono un giurista, ma credo che si possa configurare diversamente da un sopruso: sembra configurare invece una violazione di diritti costituzionali e, più in là, di diritti civili.

     

    Ripeto, è questione da portare in sede europea, per svergognare uno stato mendace e fedifrago.

     

    dralig

  16. in realtà la situazione coinvolge tutti, io stesso frequento il triennio a Matera, e ti assicuro Cristiano che è tutt'altro che una passeggiata...Il presidente della consulta studentesca di napoli ci ha contattato e ci ha chiesto supporto; ora non credo serva a molto occupare, anche perchè creeremmo disagio a noi stessi, perchè io vado lì per studiare, e se il docente viene ogni due settimane, io non lo vedo per un mese se non faccio lezione in quei giorni. Ora, noi rappresentanti a Matera, stiamo pensando ad uno sciopero che coinvolga anche il liceo artistico, dato che la riforma, si presume, in un futuro li toccherà da vicino, credo che questo sarà l'apporto che daremo alla richiesta di Napoli.

     

    Ragazzi, protestare con il ministero è come arare il mare. Lo Stato, che ha istituito dei corsi nel proprio ordinamento, e che ora non riconosce valore legale ai titoli che ha rilasciato, è inadempiente nel più grave dei modi, ma se non lo scuotete dall'esterno, fare appello alla sua coscienza è vano: una coscienza, questo stato non ce l'ha.

     

    Quindi, unitevi, e fate un ricorso a un'istituzione europea: portate lo stato italiano davanti a giudici che lo possano giudicare e, in un caso come questo, svergognare. E' la sola speranza che avete.

     

    dralig

  17. Nel pianoforte, ci sono gli integrali delle Sonate di Beethoven, del Clavicembalo ben temperato, dell'Opus Clavicembalisticum di Sorabji (immenso, enorme, difficilissimo, ma terribilmente noioso).

     

    E' bello vedere che anche la chitarra e i chitarristi possano reggere un'impresa tale, che non ha nulla da invidiare agli integrali più spaventosi dei colleghi pianisti.

     

    Bravo, sono felice per te.

     

    Come vedi, caro Vladimir, senza alcuna frenesia, e fidando nella sola forza del mio lavoro, assisto al formarsi di una coscienza critica intorno alla mia musica, con la serena consapevolezza che l'intelligenza, la capacità di lettura e di discernimento degli interpreti più dotati e meglio preparati facciano, per le mie composizioni, quello che deve essere fatto, né più né meno.

     

    Non mi lusingo, al di là del naturale compiacimento che ogni essere umano prova nel vedere elogiato il proprio lavoro, per le lodi, né mi scompongo per le critiche, sia quelle provenienti dal versante neo-adorniano (mai del tutto sopito, nonostante la sconfitta storica dei suoi padri e la sopravvivenza asfittica dei suoi sopravvissuti ed eredi), che mi imputa la scelta di un linguaggio musicale troppo legato alla tradizione, che quelle manifestate - il più delle volte in forme estemporanee, con linguaggio da portineria o da stadio - dal chitarrume, che mi accusa di scrivere musica troppo difficile, incomprensibile, etc.

     

    Mentre gli Studi, terminati 19 anni fa, stanno ottenendo accoglienza nel repertorio di decine di interpreti, incominciano a farsi strada anche le Sonate e le Variazioni, e fanno capolino, nei programi, anche le composizioni da camera e i concerti. Tutto questo con il solo appoggio di un editore che da sempre crede nel mio lavoro - e lo dimostra non a parole, ma investendovi il proprio denaro - e senza alcuna iscrizione, né cartacea né di fatto, ad alcun partito, lobby, club, movimento di opinione, gruppo di interessi, etc.

     

    Questo ti dico, perché sei giovanissimo e perché hai talento: se vuoi che il tuo talento si consolidi e si manifesti in un'opera, pensa solo a quella, e non darti pensiero di null'altro. Ieri l'altro, mettendo in piazza l'iniziativa di uno sciagurato che ti mandava messaggi deliranti - e involontariamente comici - per screditare ai tuoi occhi non solo il mio lavoro, ma anche la mia persona, hai fatto, con le sole tue forze, giustizia di una mascalzonata e del suo autore, e hai confermato una verità più forte di tutti gli intrighi e le macchinazioni ordite dalle mezze tacche livorose: alla fine, la verità viene a galla, e le barche fradicie affondano.

     

    dralig

  18. Andromeda lo lascerei fluttuante.

     

    Su Antares aggiungerei le battute.

     

    Sirio è il più complicato.

    Dovrebbe specificare, con una indicazione metronomica, la croma.Quel "Deciso" è un po' vago.

    La parte finale (quella che precede la citazione di Strauss) è veramente difficile, con quei notevoli salti di posizione, da suonarsi con le biscrome.

    A parer mio, le due quartine dovrebbero essere in semicrome, mentre la quintina va bene così com'è.

     

    Nella Croce del sud, tutto scorre, tranne nel finale.

    Dopo quella quintina, io non farei ribattere quel mi sulla sesta corda.

    Lo immagino come un' arpa, e quel mi rallenta un po' tutto.

     

    In Leonidi metterei le battute un'indicazione metronomica e qualche indicazione dinamica in più.

     

     

    Queste sono le mie opinioni.

    E' un bel lavoro Estrellas para Estarellas, secondo me renderebbe molto di più abbinato a delle immagini.

     

    Grazie per le osservazioni, ne terrò conto nel lavoro di ristrutturazione che è lì, anch'esso fluttuante...

     

    dralig

  19. Sì, è cupo e triste, "carino" non è forse l'aggettivo migliore.

     

    Ah, Estarellas ha sforbiciato qua e là?

    Anche in Estrellas para Estarellas ha tagliato qualcosa?

     

    No, non ce n'era bisogno. Proprio in questi giorni sto cercando di "metrificare" la composizione, cioè di riscriverla con le battute, invece che senza, com'è adesso, ed è un lavoraccio. Al punto che mi sto domandando se valga la pena di andare avanti, o se non sia meglio lasciarla com'è, fluttuante...

     

    dralig

  20. Il Romancero Gitano è veramente pericoloso.

     

    Di Julia conosco solo Nostalgia.

    E' un foglio d'album carino, scorre bene.

     

    "Carino"? A me sembra piuttosto cupo e triste, nel genere della "lamentatio", come lo sono anche gli altri pezzi per chitarra dell'autore ("Tres hojas muertas"). Non è musica felice...

     

    Scorre bene perché lo ha sistemato Gabriel Estarellas, con il suo arnese preferito: le forbici.

     

    dralig

  21. Ok, anche se la possibilità di capire non è un "valore" universale, dipende dal nostro vissuto, dalla nostra cultura...quindi anche la critica che ne consegue...

     

    D'accordissimo, la critica non è altro che un aspetto del processo di comprensione dell'arte, e ho spesso fatto osservare che nessun giudizio critico ha mai un valore ultimativo: appena formulato, entra nel gioco mobile e diventa esso stesso oggetto di critica.

     

    Tutto ciò è fertile, utile, piacevole.

     

    dralig

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