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Angelo Gilardino

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Risposte pubblicato da Angelo Gilardino

  1. Ma è un suo arrangiamento o è proprio il brano di Sanz? Mi ricordo di averla studiata qualche anno fa ma non mi ricordo i rasgueado e certe parti centrali. Magari avevo io una riduzione... non ricordo...

     

    Quando si esegue su una chitarra moderna esacorde il repertorio per chitarra barocca a cinque cori, per di più - come nel caso della musica di Gaspar Sanz - concepita per l'accordatura rientrante, si ricorre inevitabilmente alla trascrizione, e la differenza, sia polifonica che timbrica, rispetto all'esecuzione con strumento originale, è notevolissima. Il rasgueado era comunque pratica normale nella chitarra barocca, e non soltanto nelle musiche degli autori spagnoli. La "raclerie universelle" di cui si lagna il memorialista che racconta la vita alla reggia di Versailles era prodotta dai cortigiani che cercavano invano di imitare Francesco Corbetta, e "grattarola" (raclerie) definisce e qualifica, appunto, i maldestri rasgueados della nobiltà francese che impazziva per la chitarra.

     

    dralig

  2.  

    Faccio una domanda, per verificare se ho capito: è come se il compositore avesse voluto porre un'ampia legatura di fraseggio? anzi una amplissima legatura di fraseggio? Dunque, non è questione di accenti, può esserci e rimanere un accento sul 4° movimento (spero si dica così), l'importante è che la frase sia unica.

    Mentre non ho certamente capito dov'è la rilevante modifica della disposizione dei motivi rispetto alla battuta, nella prima sezione.

     

    Nella prima sezione il motivo iniziale è tetico, poi diventa anacrusico.

     

    dralig

  3. Caspita, lo avete letto in piu' di 40 e nessuno risponde!

    Delle due l'una: o la domanda è banale o è difficile la risposta.

    Cerco allora di chiarire meglio quello che intendevo chiedere.

    Se il tempo è 3/4, gli accenti sono F p p

    Se il tempo è 6/4, gli accenti sono: F p p P p p (o F p p MF p p?).

    E' corretto?

     

    Questo è vero in senso teorico, per determinare la struttura metrica basilare, ma nella pratica musicale, sia compositiva che interpretativa, le misure vengono poi modificate sia distribuendo un numero maggiore di accenti all'interno della misura medesima (o spostandoli da un tempo all'altro della misura), che raggruppando due o più misure in un unico "gesto": con un video di un concerto sinfonico puoi constatare tutto ciò osservando la mimica del direttore e il corrispondente fraseggio.

     

    HVL non ha fatto altro che "realizzare" - adottando il metro di 6/4 - il raggruppamento di una coppia di misure originariamente scritte in 3/4, al fine di suggerire un'esecuzione che "leghi" il profilo melodico, evitando una eccessiva frammentazione della linea. Vuol dire all'interprete: canta e lega, fraseggia "ampio" e non "stretto", gli accenti li crea la melodia con la disposizione dei suoi intervalli (tra l'altro, nella prima sezione c'è una rilevante modifica della disposizione dei motivi rispetto alla battuta).

     

    dralig

  4.  

    Dopo tutto questo discorso mi chiedo perchè la musica debba essere fatta solo per le persone che si fanno 30 anni di conservatorio....

     

    La musica è bella e quelle belle si capiscono al primo ascolto. Se è una cosa così complessa, mi stacco completamente...............

     

    Si, è una cosa complessa. Se vuole distaccarsene, proceda pure. Senza ulteriori annunci pubblici, auspicabilmente.

     

    dralig

  5.  

     

    Cuneo è un ameno paesello del XII secolo.

    Cinquantacinquemila abitanti, e una Fiera del Marrone.

     

    Cuneo, la città fondata sui marroni.

     

     

    Però vi nacquero Ghedini, Galimberti e Odifreddi.

    Strano...

     

    Sulla grandezza del primo, non corrono dubbi. Il secondo fu un eroe della resistenza. Il terzo è un grande di cui Cuneo debba fregiarsi? Me ne sfugge il motivo.

     

    Nella provincia cuneese, nacque, visse e morì Matteo Olivero, sicuramente un assai ragguardevole artista.

     

    dralig

  6. Bè, apparte che sinceramente mi sembra molto un arrampicarsi sugli specchi ma non ne capisco la ragione, secondo punto: tu stesso confermi quello che dico, cioè l'educazione può avvenire solamente con una persona che ti guida facendoti vedere, sentire, a seconda dei casi, quello che ti sta spiegando; Anche io ho allievi e personalmente sto facendo esperienza, ma non capisco: cioè affermi che un concertista, o quantomeno la maggiorparte dei concertisti, non sa insegnare, ma un concertista le conoscenze per insegnare ed educare (come giustamente tu dici) un bambino o un ragazzo si presume le possegga, quindi quello che gli manca è l'esperienza nel farlo.

     

    Così come per diventare concertisti occorrono un'istruzione, un addestramento, un tirocinio - ai quali poi si aggiunge l'esperienza - anche per diventare insegnanti occorre prepararsi specificamente, altrimenti si rischia di caricare sulla fase della prima esperienza il prezzo di una formazione non abbastanza specifica e incompleta.

     

    Se un insegnante che suona in modo decente, e nulla più, si proponesse di colpo come concertista, gli si prescriverebbe - giustamente - di completare la sua preparazione, non lo si manderebbe nelle sale a far esperienza.

     

    dralig

     

    Certo, mi sembra che sia condivisibile quello che dice, tuttavia, di grazia, mi potrebbe spiegare quali conoscenze specifiche posseggono gli insegnanti delle scuole medie in più rispetto ad un concertista, se anch'essi nelle graduatorie salgono di 18 punti ogni anno di insegnamento, potendo presentare 1 punto a concerto, così come può farlo un concertista, e tre punti un concorso vinto?

     

    Di grazia, Glielo spiego. Il mio ragionamento è impostato sul paradigma di una realtà ordinaria, cioè su profili professionali valutati correttamente, con senso di equità e di giustizia. Nel ragionare, non assumo come paradigmi le deformazioni che, nel valutare tali profili, e nell'assegnare loro punteggi nelle graduatorie delle scuole pubbliche, si verificano come conseguenza di manovre corporative. Il fatto che io abbia insegnato in conservatorio a partire dall'età di 40 anni, dopo che le mie innovazioni alla tecnica della chitarra allora corrente erano state sperimentate per una decina d'anni, cioè solo dopo essermi accertato della loro efficacia e della loro applicabilità in generale, e non prima (benché il mio curriculum di concertista fosse, già quando avevo 25 anni, tale da permettermi di ottenere ampiamente la famosa "idoneità artistica", necessaria per guadagnarsi una cattedra), testimonia senza ombre il mio grande rispetto per l'insegnamento come attività specifica, e non genericamente accessibile a partire soltanto dal proprio status di concertista. Così come la mia uscita per dimissioni dal conservatorio, nel 2004, testimonia il mio disagio nei confronti di una situazione nella quale era divenuto impossibile continuare a insegnare onorando i presupposti e le finalità proprie di una scuola per futuri concertisti. Quindi, caro Francesco, io non ho parlato accademicamente, ma a partire dalle mie azioni, visibili a chiunque, e ho parlato in base a principi di etica artistica e professionale che stanno al di fuori (oserei dire al disopra) delle "logiche" con le quali vengono regolate le assunzioni dei docenti nei conservatori e nelle scuole pubbliche: "Io son fatta da Dio, sua mercé, tale..." etc. etc.

     

    dralig

  7.  

    "su a che" è un errore grave grammaticale moderno e decadentista, ma vedrà che col tempo la gente cambierà idea e diventerà una nuova forma grammaticale :lol::lol::lol:

     

     

    Il decadentismo ci ha dato pagine di poesia e di prosa sublimi, e non c'entra niente con gli errori di ortografia e di grammatica, che riflettono invece quella che Pier Paolo Pasolini chiamava "degradazione antropologica del popolo italiano".

     

     

     

     

     

    Il fatto è che non so come mai certe idee mi sembrano belle da subito (anche di compositori classici intendiamoci........La Cathedral di Barrios mi fa sclerare tanto è bella) e certe altre devo capire la struttura per vedere se mi sembrano belle o no.

     

     

    "La Catedral" è un buon pezzo (piaceva anche a Segovia), ed è normale che piaccia fin dal primo ascolto. Altri pezzi, ancora più belli ma più complessi, richiedono, per essere apprezzati, un livello di ascolto più raffinato: si affretti a raggiungerlo, così potrà usufruire dell'immenso privilegio che si guadagna imparando ad ascoltare, oltre che "La Catedral", anche i quartetti di Bartok. Così vedrà che al bello non c'è limite. La ricetta su misura per Lei? Eccola: tutto il tempo che dedica a scrivere al forum di chitarra messaggi con strafalcioni "decadentistici" o "futuristici", lo trascorra invece davanti al Suo apparecchio ad alta fedeltà e scriva solo un messaggio la settimana, breve, in cui riferirà i risultati dei Suoi ascolti: d'accordo? Allora, aspetto. Per cominciare, Debussy: tutto quello che trova in dischi con "scritto sopra" (un po' di decadentismo me lo concedo anch'io) Debussy, Lei lo ascolta tre o quattro volte. Ci risentiamo venerdi prossimo e, da qui ad allora, niente messaggi, intesi?

     

     

     

    Anche la sonata del Guadavir e Noche oscura come dicevo all'inizio del topic mi sembrano diverse da altre nel senso che l'idea delle composizioni citate viene gustata al momento proprio come per la cathedral.

     

     

    In un messaggio precedente, il Guadalquivir era diventato Guadaquivir ("al" è importante nelle parole in lingua spagnola, perché riporta davanti a un nome l'articolo "al" della lingua araba "Guad Al Quivir"), adesso si è ristretto fino a diventare Guadavir: di questo passo, me lo prosciuga, e spiazza la mia Sonata, che evoca un fiume, non un deserto. Le parole hanno un grande valore, sono belle: impari a rispettarle, non pensi che scriverle in qualche modo, storpiandole, sia indizio di disinvoltura - "tanto si capisce lo stesso" -, è invece indizio di superficialità, di pressapochismo e, in certi casi, di volgarità. Impari a scrivere bene, con pulizia, con precisione: fa parte dello stesso processo che La condurrà a capire meglio le musiche che ora non capisce. Scriva un messaggio al mese, ordinato, non tre al giorno, caotici. Si conceda questo credito.

     

     

     

    Mettiamoci anche il volo del arbatro che si sente nel sito di Porqueddu (quella è bella).

     

    Il "volo dell'arbatro" non è, come sembrerebbe se fosse così intitolato, una variante ammosciata de "il volo del calabrone", è uno studio da concerto che s'intitola "Elogio di un albatro". Per capirlo bene, legga una pagina tratta da "Moby Dick" di Herman Melville, nella quale il protagonista-narratore, il giovane marinaio Ismael, racconta del suo primo incontro con l'albatro, il grande uccello dei mari, e dei sentimenti che questo evento suscita in lui. E' una pagina meravigliosa, di una bellezza dantesca, e lo studio per chitarra intitolato "Elogio di un albatro" è stato scritto come una cortina sonora intorno alle parole di Ismael.

     

    Nel suo "Concerto dell'albatro", Giorgio Federico Ghedini, il grande compositore piemontese della prima metà del Novecento, musicò quella pagina (nella traduzione di Cesare Pavese) per voce recitante, trio di violino, violoncello e pianoforte e orchestra.

     

    Riascolti il pezzo per chitarra dopo aver letto Melville, poi, se vorrà, ne riparleremo.

     

    dralig

  8. Le stavo solo dando l'opportunità Maestro Gilardino a lei di spiegare, per far capire e comprendere meglio anche agli altri utenti del forum, su a che scheletro vengono appoggiate le sue idee.

     

    Posso assicurare che, nel mio linguaggio musicale, un'espressione corrispondente a quello che è nel linguaggio parlato "su a che" non troverebbe mai posto.

     

    Mi scuso per aver colto solo molto tiepidamente l'opportunità che mi è stata offerta. Un forum non è un luogo per conferenze sulla propria musica.

     

     

    Ho fatto una scommessa a me stesso : voglio vedere se capendo la struttura riesco a far si che anche le idee mi sembrino belle.

     

     

    Così come si impara a suonare, si impara anche ad ascoltare, e si migliora la propria comprensione di ciò che si ascolta (o si legge).

     

    Se io dico non mi piace e un altro mi giudica e dice che non so come è composto, quell'altro ha ragione perchè effettivamente non conosco le regole compositive.

     

    Ma se io dico (conoscendo la struttura) : "non mi piace" , allora quel non mi piace assume via definitiva perchè fondato anche da una base conoscitiva della cosa.

     

     

    Definitiva non direi. Chi è in grado di capire una costruzione può spiegare come e perché non gli piace, ma non dovrebbe attestarsi sulle sue posizioni presumendo che siano definitive. Un vecchio adagio

    dice che solo gli imbecilli non cambiano mai idea. Per stare nel piccolo mondo della chitarra, Segovia emise giudizi incineranti sulla musica di Villa-Lobos, ma, nel tempo, ebbe modo di correggerli e scrisse, per la pubblicazione dei Dodici Studi, una prefazione lusinghiera. Era un voltagabbana, una banderuola, un opportunista? No, era un uomo che stava seguitando una sua ricerca e, nelle varie tappe della medesima, ebbe modo di cambiare opinione su parecchi argomenti (naturalmente, questo accadde perché era una persona di somma intelligenza).

     

    dralig

  9. Bè, apparte che sinceramente mi sembra molto un arrampicarsi sugli specchi ma non ne capisco la ragione, secondo punto: tu stesso confermi quello che dico, cioè l'educazione può avvenire solamente con una persona che ti guida facendoti vedere, sentire, a seconda dei casi, quello che ti sta spiegando; Anche io ho allievi e personalmente sto facendo esperienza, ma non capisco: cioè affermi che un concertista, o quantomeno la maggiorparte dei concertisti, non sa insegnare, ma un concertista le conoscenze per insegnare ed educare (come giustamente tu dici) un bambino o un ragazzo si presume le possegga, quindi quello che gli manca è l'esperienza nel farlo.

     

    Così come per diventare concertisti occorrono un'istruzione, un addestramento, un tirocinio - ai quali poi si aggiunge l'esperienza - anche per diventare insegnanti occorre prepararsi specificamente, altrimenti si rischia di caricare sulla fase della prima esperienza il prezzo di una formazione non abbastanza specifica e incompleta.

     

    Se un insegnante che suona in modo decente, e nulla più, si proponesse di colpo come concertista, gli si prescriverebbe - giustamente - di completare la sua preparazione, non lo si manderebbe nelle sale a far esperienza.

     

    dralig

  10. Io mi trovo abbastanza d'accordo con Debonis86.

    Si può anche scrivere conoscendo perfettamente la grammatica, ma questo non farebbe di chi scrive un poeta o un'artista. Mi pare che la composizione dovrebbe partire da un'idea (quello che debonis chiama cuore) da trasmettere, che poi viene espressa con un linguaggio che ha delle regole da rispettare. Sicuramente la conoscenza di queste regole aiuta ad esprimere meglio ed a valorizzare la propria idea.

    Altrimenti non diventa un puro esercizio, la semplice (per modo di dire) applicazione di regole formali?

     

    Uhm... mi sembra di avere un'idea della composizione piuttosto romantica e infantile, non è così? Mumble mumble...

     

    Cordialmente, attendo il massacro.

     

    Si può scrivere musica con il possesso di una buona tecnica compositiva ma con poche idee, o con idee prese a prestito da altri. Sarà musica decente, noiosa, in fondo inutile o quasi.

     

    Si può tentare di comporre a partire da un'idea - magari fresca - senza disporre di una adeguata tecnica compositiva. L'idea non andrà al di là del proprio enunciato, e lì si fermerà: per proseguire, l'autore dovrà creare un'altra idea (che abbandonerà, come la precedente, subito dopo averla enunciata), oppure menerà il can per l'aia, con digressioni prive di senso, oppure ricercherà qualche effetto irrelato con l'idea primaria, per buttar fumo negli occhi a se stesso e ai suoi ascoltatori. E' quello che succede nella maggioranza delle composizioni scritte dai chitarristi che si improvvisano compositori: scrivono successioni di gesti "ideati" sullo strumento, ma non organizzati in una forma, non partecipi di una costruzione.

     

    Queste due posizioni sono abbastanza evidenti nel repertorio chitarristico, che è pieno di musica artigianale ma priva di creatività e di musica naif sprovvista di decenza compositiva.

     

    Un'idea che sorge da sé dà luogo a un motivo, a una successione di accordi, a un ritmo: due battute, forse una sola. Da lì in poi, immaginazione e tecnica procedono senza distinguersi: non è possibile stabilire dove operi l'una o l'altra, perché operano sempre di concerto, e quando manca una delle due, il risultato è scadente.

     

    dralig

  11.  

    A caso certamente no, ma dalla discussione che ho letto (senza capirci nulla: che brutta sensazione!) parrebbe che le note si mettano con il regolo!

    Insomma, ma il cuore è di casa tra i compositori? lo è mai stato?

    E' un dubbio che mi pongo tutte le volte che leggo una critica d'arte: bla bla bla, e mi chiedo: l'artista ha mai pensato veramente a tutte quelle regole che gli mettono in bocca? o forse l'arte è un dono di Dio che cala giù tra le cose terrene attraverso il cuore di un eletto?

    Io preferisco credere al dono di Dio!

     

    Te lo immagini un compositore che, alla domanda, rivoltagli in pubblico, di spiegare come scrive, si dichiara investito del dono di Dio? Nella legislazione italiana, esiste il reato di oltraggio al pudore, credo.

     

    Quanto al cuore, il mio è orientato al contrario, cioè verso destra, e quindi vado soggetto a terribili angine ogni volta che mi si forma una bolla d'aria nello stomaco. Quindi, deglutisco con estrema cautela. E' tutto quello che so dirti del cuore, ma - confermo - nella composizione musicale il suo apporto è indispensabile, perché, se si fermasse, temo che il compositore sarebbe costretto a interrompere il suo lavoro, temporaneamente o definitivamente.

     

    dralig

  12.  

    certo alfredo

    consideravo la tradizione scolastica dodecafonica Eimert e Krenek proprio perchè le eccezioni sono numerosissime e non possono prescindere dall'analisi delle opere dei singoli compositori...

     

    La Suite fur Gitarre allein di Krenek si presta molto bene a un'analisi esemplificativa della tecnica seriale. Ieri mattina il maestro Biscaldi, in visita, mi faceva notare un pesante errore di stampa da lui rintracciato grazie all'analisi della serie (e non rintracciabile altrimenti).

     

    dralig

  13. OK Fabio, anche se non sei stato chiarissimo.

     

    La mia domanda sulle composizioni di Gilardino, mettiamola così, era se le composizioni rispettavano una regola dall'inizio alla fine con una relazione fra le parti o senza relazione fra le parti, oppure se erano a "caso" nel senso di non avere nessuna relazione armonica ma delle parti ragionate staccate e concatenate.......

     

    sono confuso :cry:

     

    "A caso" è una locuzione che, nel lavoro di un compositore, non può esistere.

    Tutto dev'essere sotto controllo, ogni nota al suo posto, con un perché, e tutte le relazioni devono essere calcolate e controllate. Altrimenti, un buon impiego in banca o, se uno ama viaggiare, in ferrovia, sono senz'altro più adatti.

     

    dralig

  14.  

    Mi spieghi per favore che tipo di mescolanza fa con le scale modali. Voglio dire..........mischia scale diverse su scale modali appartenenti ad una tonalità ? La tonalità varia in quanto un susseguirsi cromatico ? Nelle sucessioni cromatiche le scale modali relative alla tonalità ?

     

    A volte (Sonata n. 1) sovrappongo nella stessa armonia due modi diversi; a volte - più spesso - a partire dalla stessa nota, costruisco, avvalendomi di scale modali diverse, linee simili ma non identiche.

     

    Non uso, di regola, la tonalità, se non in modo allusivo - p. es. simulo una cadenza, ma poi non ne adopero i risultati. Qualche volta però (Studio "Tema con variazioni" in omaggio a F. Sor, Sonata n. 2) adopero la tonalità con qualche licenza.

     

    Quando impiego le scale cromatiche, non mi muovo in ambito modale né, tanto meno, tonale, ma in ambito atonale, con uso di serie incomplete.

     

    dralig

  15. Mi vien in mente (dall'ultimo topic sul Biennio) di fare delle domande che dovevo fare prima o poi sulla musica del Maestro Gilardino.

     

    Si può definire dodecafonica ?

     

    La suonata del Guadaguavir e Noche Oscura pur essendo anch'esse contemporanee seguono delle regole armoniche diverse dalle altre composizioni ? (lo chiedo perchè queste due son state "facili" al mio ascolto) Ci sono delle dodecafoniche forse tra le composizioni ?

     

    Mi aiuti il maestro a capire dato che brancolo nel buio.

     

    No, io non scrivo musica seriale in senso stretto, anche se talvolta adopero la serie, ma senza vincoli e impedimenti dogmatici. Scrivo a volte adoperando la scala cromatica, in un'area atonale, altre volte adoperando le scale modali (con eventuali mescolanze tra modi diversi), il che può far sembrare che io adoperi due stili diversi, mentre in realtà costruisco sempre con gli stessi procedimenti. Tengo molto invece a dare a ogni lavoro un carattere proprio, non ripetitivo di lavori precedenti, e per questo scrivo meno di quello che potrei se fossi più indulgente nei confronti delle repliche, che invece evito come la peste.

     

    Il mio modo di organizzare i suoni viene da uno studio scolastico e da una mia spontanea adesione al modo di comporre di alcuni maestri del primo novecento, che ho preso a modelli: Bartok, Prokofiev, Stravinskij, Ravel, Falla, Ghedini. Poi, ho elaborato un mio stile, e con quello campo, senza curarmi di due opposti tipi di critica: quella che mi rimprovera di essere troppo legato alla tradizione e quella che mi rimprovera di scrivere musica troppo difficile.

     

    Credo nei valori della forma, dell'espressione dei proprii pensieri musicali e - senza bisogno di impormelo - punto a scrivere musica ascoltabile da parte di chiunque abbia una certa dimestichezza con il Novecento. La mia musica piace molto anche ai musicisti di jazz e di rock. Compongo a memoria, controllo quello che scrivo con l'orecchio interiore, posso scrivere in qualunque condizione (anche su un treno, pur di avere carta e penna) e, per quanto riguarda la chitarra, penso e diteggio a mente, senza bisogno di imbracciare lo strumento. Adopero sia la penna che il pc, e porto avanti i lavori con entrambi i mezzi.

     

    Spero di aver risposto in modo soddisfacente per chi ha posto la domanda.

     

    dralig

  16.  

     

    Intanto se posso redervi partecipe della mia felicità, ho fatto oggi la prima lezione con il mio insegnante di composizione: Luca Cori, di cui si è resa subito palese la sterminata cultura musicale e non. Detto questo, io, nel maneggiare il nostro stumento, me la cavo, non che sia Barrueco e co., come nemmeno i professionisti presenti nel forum, ma non mi reputo nemmeno al pari di persone che hanno affrontato solamente qualche pezzettino di bach e che già sulla tarantella di MCT non fanno sentire una nota nitida e con le giuste dinamiche. Magari un giorno ad una Sua masterclass mi incontrerà e valuterà a dovere. In attesa, non le chiedo di credermi. Un caro saluto.

     

    Le credo, invece. E plaudo alla Sua decisione - saluberrima - di studiare composizione: se terrà duro, sarà senz'altro un chitarrista diverso dalla massa, e magari, chissà, un compositore.

     

    dralig

  17. Il M°Gilardino è stato concertista, e sicuramente ha ben altre conoscenze che un qualsiasi chitarrista si sogna da lontano...

     

    Si, ma se, nella scena finale, mentre risuona il Deguello, io devo battermi con un chitarrista più veloce di me nell'estrarre, come andrà a finire? Come posso difendermi io, a Dallas o a Tucson o a San Antonio o a Laredo, dove le discussioni si fanno "chitarra alla mano"? E Lei, caro Francesco, è sicuro che, dalle Sue parti, non ci sia qualcuno più veloce nel maneggiare "il nostro strumento"? (la trasparenza della metafora freudiana è crudele, ma i gagliardi suonatori la ignorano, e credono, in pubblico, di esibire solo le mani).

     

    dralig

  18. Se potesse insegnare bene solo chi suona, un maestro come Angelo Gilardino sarebbe un pessimo insegnante. In un'intervista diceva che tocca la chitarra una volta a settimana, per toglierne la polvere.

     

    Non esageriamo. Se suonassi la chitarra una volta la settimana, andrei in superallenamento. Una volta al mese, è il massimo che posso raggiungere, di questi tempi. Quanto all'insegnamento, mi sono ritirato da tutte gli incarichi ufficiali, sia presso il conservatorio di stato che presso le accademie private. Mi limito a tenere un corso annuale nella mia città, a numero chiuso (sei allievi, quest'anno), per rispondere ad almeno una parte minore delle richieste di lezioni che ricevo ogni giorno, pur essendo nota e conclamata la mia condizione di ex-chitarrista che molto difficilmente, durante una lezione, prende in mano lo strumento, e se lo fa, è solo per qualche istante, a supporto di una spiegazione.

     

    Essendo il "mondo della chitarra" decorato da numerosi leoni rampanti, che offrono (con buone ragioni) il loro insegnamento insieme ai loro (brillantissimi) concerti, l'idea di venire a studiare con me, che non suono più dal 1981, è davvero bizzarra, e non sono stato io a diffonderla.

     

    dralig

  19.  

     

     

    Dico un mio parere. Quello che penso in questo momento. Uno non deve basarsi su ciò che dico per acquistare o no un disco ma basarsi solo sulle sue orecchie e quello che gli piace.

    Io non mi sento di dire : "fidatevi di una mia recensione in ambito musicale" perchè uno deve sempre basarsi su se stesso e sui propri gusti.

     

    Poi scrivo sul forum e faccio "recensioni" gratuite per tutti. Non lo esercito di professione. ;) quindi non sono qui per cercare consensi e fiducia ma per dire quello che penso adesso.

     

    Io da quando vedo i teleimbonitori.........non mi fido più di nessuno......anche loro recensiscono opere d'arte......

     

    Mi permetto di fare un esempio di "recensione" su di lei fatta dal sottoscritto al momento. Se io dico "La suonata del Guadaquivir e Noche Oscura mi piacciono , le altre cosi e cosi, altre ancora non le ho ancora ascoltate" non vuol dire che sicuramente è così per tutti, ci mancherebbe altro, è così per me e basta e questa considerazione può essere contestabile e può risultare falsa per un altro che ha un gusto diverso.

    Ecco perchè nel lavoro di recensore ci trovo una pecca !!

     

    Una recensione non assoluta ma secondo me più veritiera di quella di un singolo è quella che da il pubblico appagato nel sentire tale musica.

     

    Di me la gente mi può anche diffidare, fintanto che c'è qualcun altro che osserva !

     

    Anche quella di chi scrive recensioni a titolo professionale è un'opinione, nessun esponente della categoria - per quanto arrogante possa essere - ha mai preteso di dire l'ultima parola sull'opera recensita. Anzi, è comunemente acquisito, e non da poco tempo, il fatto che il recensore o il critico non rappresentano l'ultima istanza del processo culturale che si verifica intorno a un'opera, ma si collocano essi stessi, con i loro scritti, nel flusso di un dibattito in cui, nella stessa misura in cui sono critici, automaticamente diventano criticabili. In altre parole, anche la critica e la recensione sono delle performances, o delle opere, infatti possono essere scritte bene o scritte male, con o senza stile, in modo rigoroso e coerente oppure pretenzioso e fatuo, etc. , ed essere a loro volta prese a modello oppure ignorate o stroncate.

     

    Quindi il diffidare a priori delle recensioni e dei recensori come categoria ha lo stesso senso che avrebbe il diffidare delle opinioni di chiunque, prima ancora di averle ascoltate. Cioè, a dirla in breve, non ha nessun senso.

     

    dralig

  20.  

    Perchè forse non mi fido della competenza di chiunque faccia una recensione.

     

     

    Io capisco tutto o forse niente (mi vien da dire : tutto o forse niente ma domani chi lo sa....che sarà ....sarà quel che sarà ! :lol::lol::lol: ) ma una cosa la capisco con sicurezza...cio che mi piace e cio che non mi piace

     

     

    .

     

     

    ...e lo fa sapere, qui sul forum, senza remore: dunque, recensisce, eccome. Ma, secondo Lei, dei recensori non c'è da fidarsi. Dunque, che cosa deve fare chi legge le Sue recensioni? Fare, per Lei, un'eccezione alla regola del non fidarsi, e credere a quello che scrive, oppure diffidare anche di Lei?

     

    dralig

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