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Angelo Gilardino

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  1. Rispondendo a Taltomar, non ho incoraggiato la lettura di una "provocazione" nell'opera di Cage. Non credo, infatti, che Cage fosse un provocatore. Egli piuttosto proponeva una visione della musica (e della vita) diversa da quella dominante nella cultura occidentale, ma non in senso antagonistico. Voleva, io credo, far constatare che la "nostra" musica era una delle "musiche possibili", non l'unica, e che l'estrema raffinatezza del nostro ascolto era in realtà incapace di cogliere la bellezza dei fenomeni naturali, incluso il silenzio. dralig
  2. Dicendo "provocazioni" Lei ha già infilato una chiave nella toppa. Forse non è quella giusta, ma è giustissimo che Lei si ponga il problema di interpretare e si domandi come riuscirsi: questo è l'atteggiamento giusto. Su John Cage esiste una bibliografia che potrà trovare facilmente nel Web. In un forum, è impossibile mettere a fuoco la personalità del compositore americano. Però un aneddoto illuminante, si, lo possiamo riferire. Cage andò a Ferienkurse di Darmstadt, se ben ricordo nei primi anni Sessanta. La musica europea era allora dominata dai grandi nomi dello strutturalismo post-weberniano e dai loro pretoriani. Alla prima lezione di Cage, accorse una piccola folla di adepti dello stalinismo musicale, pieni di dogma e di scetticismo. Le prime parole del compositore rimarranno per sempre nella storia: "La musica è una successione di fenomeni sonori e di silenzio: per esempio, il vento tra le foglie degli alberi". Ci voleva del genio a dire una cosa del genere, in quel momento, in quel luogo e in quella situazione: Cage ebbe quel tipo di genialità in quel momento. Oggi, un brano come quello che Lei ha ascoltato, nella circostanza e nel contesto in cui è stato proposto, difficilmente può avere senso. dralig
  3. Ho realizzato la trascrizione della "Serenata española" di Joaquin Malats per la chitarrista statunitense Martha Masters, che l'ha incisa in un CD di prossima pubblicazione. Non l'ho pubblicata presso un editore commerciale, ma nella rivista "Seicorde", la quale contiene regolarmente in ogni suo numero un pezzo di musica per chitarra (che la maggioranza dei lettori non legge, salvo poi lamentarsi del fatto che la rivista è scarsa di contenuti). Ne mando copia gratuita a chi me ne fa richiesta. dralig
  4. Farà bene a non figurarsi nulla: Coste raggiunge la sua qualità musicale più alta, sia come idee che come forma, negli Studi op 38. Se ama gli Studi di Coste, non potrà detestare quelli di Sor: Coste deriva direttamente da Sor - del quale fu allievo e amico - e da Sor imparò la scrittura polifonica che adopera negli Studi. dralig
  5. Si, qualcosa: dopo quel lavoro giovanile, molto giovanile, ho cambiato secolo, e mi sono occupato del Novecento. Prima, delle musiche degli altri (stia tranquillo, Giorgio: non intendo elencare le composizioni che mi sono state dedicate, né i nomi dei loro autori), poi delle mie. Come si dice, mi sono messo in proprio. Coste? Eccellente. E' un po' come il Petrarca: quando si dedicava alle "grandi" cose, era retorico; nelle "nugae", invece (gli Studi, si), era perfetto. dralig
  6. Chiedo scusa, ho risposto in modo errato. Nel primo Sonetto, non ci sono equisoni, ma arpeggi che contengono la stessa nota da ribattere con dita diverse. dralig
  7. Ne sono lieto. Normalmente, i brani diatonico-modali sono preferiti, sia dagli esecutori che dagli ascoltatori, rispetto a quelli cromatico-atonali, ma io sono sicuro che si tratta sempre della stessa matrice poetica e stilistica, cambia solo la meteorologia: come dire, il luogo è sempre lo stesso, ma a giorni c'è il sole, a giorni la pioggia o la tormenta. dralig
  8. Equisoni tra corde diverse, con diteggiatura d'arpeggio a campanella. Pubblicazione imminente (edizioni Curci). Ascoltabili online, al momento, due dei sette pezzi: http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendid=307443128 dralig
  9. Non che sia importante per l'ascolto, ma "Elegia di marzo" è un brano diatonico-modale, non atonale. dralig
  10. Il pezzo deriva da una lettura (reiterata cento volte negli anni) della lirica di Jiménez intitolata "Oberon a marzo", due versi della quale sono citati nell'epigrafe che segue il titolo della composizione. Tradotti in italiano: "Marzo triste, le tue rose nuove/Come marciscono in fondo alla mia anima!" Precisamente, l'immagine d'avvio del brano musicale è stata quella del fantoccio di neve che si dissolve nello stillicidio della pioggia di marzo: struggente metafora dell'amore e della sua caducità. dralig
  11. Io non Le ho chiesto nessun conto di quello che Lei pensa, signor Zema, ho risposto a un Suo messaggio, che ne commentava uno mio, con il quale si è aperto il thread. Se Lei ritiene di non dover esporre le Sue affermazioni alle mie risposte (o a quelle di qualsiasi altro partecipante al forum), eviti di scrivere pubblicamente e di rispondere ai messaggi altrui. Non pretenderà, spero, di poter commentare i messaggi altrui senza che altri possano commentare i Suoi. Il rischio di essere fraintesi è sempre presente: c'è chi non sa leggere e chi non sa scrivere. dralig
  12. Se il far musica consistesse solo nel suonare la chitarra, le enciclopedie della musica pubblicherebbero i nomi dei compositori chiamandoli "teorici". Questo, per fortuna, non accade, signor Zema: i maggiori dizionari di musica contengono i nomi di migliaia di compositori e, di chitarristi, ne menzionano, dal Seicento a oggi, poche decine, con ben scarso rilievo. dralig
  13. si maestro zema,è evidente che chiunque ottenga successo,con concerti,festivals,blog e quant'altro, viene criticato per i motivi che hai scritto in questo loco!!! tu a fiuggi hai fatto un concerto incredibile in duo e vedi che si scrive che fiuggi non è credibile,l'uomo ragno....è un offesa ufficiale anche a te,ma sei adulto e vaccinato e so che come me te ne fotti (scusate la parolina poco elegante) ... e qualsiasi modo di scrivere è buono per detrarre,ma siamo vaccinati una piccola previsione: vogliamo scommettere che il festival di madrid andrès segovia è come fiuggi? magari meno credibile o forse più credibile o meglio......... Andrés si scrive con l'accento acuto, maestro. Quanto al più o meno credibile, faccia Lei: scommetterà da solo e solo con se stesso. dralig
  14. si maestro zema,è evidente che chiunque ottenga successo,con concerti,festivals,blog e quant'altro, viene criticato per i motivi che hai scritto in questo loco!!! tu a fiuggi hai fatto un concerto incredibile in duo e vedi che si scrive che fiuggi non è credibile,l'uomo ragno....è un offesa ufficiale anche a te,ma sei adulto e vaccinato ... e qualsiasi modo di scrivere è buono per detrarre a quello che si ritiene avversario,ma siamo vaccinati Io non ho detto una sola parola a carico del festival di Fiuggi, né di altri festival, né dei concerti " incredibili " che vi si sono svolti. Di offese al maestro Zema (che vorrà dire, poi, "offesa ufficiale"? rivolta attraverso un notaio o per vie diplomatiche?) rivolte in questo thread si può solo, non parlare, ma farneticare: evidentemente, non è stato inoculato, nel caso, il vaccino anti-allucinazioni. dralig
  15. Non mi è nemmeno passato per la mente: io non ho mai interrotto i discorsi altrui, e non ho mai detto che parlare è facile. La lettura di molti messaggi di questo forum dimostra invece che è facile sparlare. ag
  16. Basta leggere le parole scritte e i nomi dei rispettivi autori, per sapere chi sono. Si può andare ben al di là dell'impressione, constatando senza margine di dubbio chi ha parlato e che cosa ha detto (anzi scritto).
  17. Nei film western, l'eroe-tipo incarnato tipicamente da John Wayne o da un suo clone, a un certo punto interrompe la discussione e mette mano alla fondina, dove pende la sua Colt 45: "Basta con le chiacchiere!", ammonisce gli astanti - ben consci del fatto che lui è il più veloce nell'estrarre e il più bravo nello sparare. E tutti tacciono, con la coda tra le gambe. L'eroe ha ristabilito il primato dell'azione sulla parola, vile strumento di ciarlatani incapaci e di oziosi perditempo: di tanto in tanto, bisogna ricordare loro qual è la vera forza, e chi la detiene. Anche nei forum di chitarra - non escluso il presente - non di rado irrompe il pistolero, che getta sul piatto della bilancia (guai ai vinti!) la sua (presunta) bravura nel maneggiare "il nostro strumento" e sospende il vano trastullo della chiacchiera annunciando che "parlare è facile, ma suonare è difficile". Quindi, bando alle ciance, e si passi all'unico fatto che conta: il saper suonare. La parola, rispetto al "nostro strumento", non conta nulla. Si potrebbe far osservare a John Wayne, nel momento in cui minaccia di metter mano alla Ramirez-Colt 45 che, delle sue parole, i forum di chitarra sono inondati, e che ne spende non meno generosamente dei chiacchieroni ai quali si rivolge con il suo monito; che il parlare sarà anche facile, ma non per lui, dal momento che i suoi messaggi sono infarciti di strafalcioni ortografici e grammaticali, tanti e tali da far dubitare che abbia terminato la scuola dell'obbligo; che minaccia di estrarre "il nostro strumento" non dopo lunghi e meditati silenzi, ma solo quando le sue stesse parole lo hanno esposto in situazioni insostenibili e ridicole; che la sua presunzione, di essere lui quello che sa suonare, mentre gli astanti sono degli inetti tremebondi, è tutta da provare (nel forum ci sono centinaia di maestri che non hanno nulla da imparare da John Wayne, e che, sia con la chitarra che con la parola, non hanno il minimo imbarazzo); che, se il suonare è difficile, il comporre, ad esempio, è ancora più difficile, e che molti egregi compositori non sono stati, e non sono, esecutori provetti, ma che, ciò nonostante, nella scala dei valori musicali non sono certo secondi a nessun virtuoso (specialmente a quelli della cui virtuosità si può opinare con largo margine di dissenso). Si potrebbe, e non sarebbe fuori luogo. Tuttavia, si può anche spendere qualche considerazione più utile. Alla base di un comportamento del genere, c'è la convinzione intima che il saper suonare conferisca a chi ne è capace il primato in una sorta di gerarchia sociale (o chissà, antropologica) su chi non suona, ma sa "solo parlare". Calma, maestro, calma: nel panorama della storia, e nell'evidenza dell'attualità, il saper suonare la chitarra non insignisce di nessun merito particolare. Nella vita artistica, culturale, sociale, un chitarrista "classico", oggi, per bravo che sia, è figura decisamente comprimaria, conta appena un poco più di niente, e chi non è davvero molto bravo non conta proprio nulla. Ne fanno a meno le società musicali, il pubblico dei concerti di musica "colta" e quelli dei concerti rock, le case discografiche, le istituzioni culturali, le università, i mezzi d'informazione, etc. Se il virtuoso conta qualcosa - ma appena un po' - è principalmente perché, oltre a saper suonare, sa anche parlare in modo misurato e intelligente, perché sa scrivere senza ingiuriare la lingua, e perché ha abbastanza buon gusto da evitare sparate cialtronesche, divertenti solo nei film di John Wayne. In questi giorni, si svolge a Modena il festival della filosofia. Forse, a qualche chitarrista non farebbe male affacciarvisi: è quasi certo che non capirebbe nulla, ma perlomeno si renderebbe conto del fatto che, dove la parola è assoggettata al pensiero e al sapere, i punti segnati a favore dell'umanità, delle sue prospettive e delle sue speranze, sono incomparabilmente maggiori di quelli che si registrano nei festival di chitarra. dralig
  18. Ma l'arte si fa comunque da soli, non è un lavoro di squadra. Certi artisti (un compositore, un autore di teatro o di cinema, etc) hanno bisogno dell'apporto di altri artisti (interpreti, tecnici, etc.) per poter "comunicare" la loro opera al pubblico, ma la creazione è comunque un atto altamente personale. Ed è personale anche la ricerca dell'artista-interprete che lavora su un'opera altrui. Poiché il realizzare la propria opera non è un atto prometeico, ma il normale compimento della propria aspirazione, fa appello più alla volontà che al coraggio. In fondo, per un artista, l'unico modo di vivere è creare: se lo fa, ha solo il coraggio di vivere. dralig
  19. I "Sonetti" sono stati eseguiti dal Quartetto Santorsola al Museo Archeologico di Taranto il 23 agosto scorso. Ho ascoltato l'ottima esecuzione in un file inviatomi da Antonio Rugolo. La composizione sarà presto disponibile in un CD del medesimo Quartetto. dralig
  20. La chitarra è stata impiegata in funzione complementare negli organici di centinaia di composizioni orchestrali e cameristiche del Novecento. Le ha elencate provvidenzialmente Vincenzo Pocci nel suo catalogo, non ha che da consultarlo e, come si dice, si leverà la voglia. dralig
  21. Non si può dare una risposta che risolva tutti i dubbi del lettore ma, per quanto riguarda la casa editrice citata e gli autori che essa propone, si può osservare che il curatore delle edizioni, il maestro Bruno Giuffredi (anch'egli membro di questo forum) ha optato esplicitamente per compositori che hanno abbandonato il percorso delle "avanguardie" posteweberniane, o meglio , che (essendo giovani) non l'hanno mai imboccato, e che scrivono musica tonale o comunque assimilabile al linguaggio tonale, con un deliberato proposito espressivo. La scelta si esercita dunque tra le diverse personalità dei compositori citati: non li conosco tutti, ma sono sicuro che il filtro di Giuffredi non lascia passare musica scritta da dilettanti. In ogni caso, come si dice, "casca bene". dralig
  22. Nei miei piani di lavoro per il prossimo futuro rientra una versione - inevitabilmente riduttiva ma, credo, di grande efficacia espressiva - di una splendida pagina strumentale di Puccini: "Crisantemi", per quartetto d'archi. Me ne occuperò, spero, entro l'anno. dralig
  23. Se il nesso fosse "il solo e unico repertorio prediletto dell'esecutore" avremmo certamente e perlomeno il beneficio della sua convinzione nel proporci quel programma. Critica costruttiva: non è un programmino un po' breve per un recital? E poi, dopo il pieno Barocco e due aspetti significativi dell'Ottocento chitarristico, che ci sta a fare, isolata, la "Fantasia sobre fantasia" di Tomas Marco, un pezzo breve, che rappresenta al massimo un momento nella produzione del compositore madrileno? Sfido anche il più esperto frequentatore di concerti di chitarra a cavarne qualcosa, senza un minimo di contesto. Perlomeno, le accosti il brano al quale Marco fa riferimento, parafrasandolo, altrimenti è proprio una seggiola in mezzo al deserto... dralig
  24. Le case discografiche di oggi sembrano preferire i programmi monografici: un CD dedicato a un compositore, oppure a un'area culturale ben definita, o a un periodo storico altrettanto chiaramente omogeneo. Sta sempre più declinando il favore nei confronti del recital imperniato sulla figura dell'interprete che spazia attraverso i secoli. I programmi dei concerti chitarristici sono invece tuttora piuttosto spezzettati: lo stesso esecutore, che magari ha appena pubblicato un CD dedicato a un autore, in un recital ne include cinque o sei, senza preoccuparsi troppo degli sbalzi di qualità e delle incoerenze di linguaggi...Lo possiamo comprendere: chi acquista un CD con un determinato programma lo fa perché gli interessano quell'autore e quelle musiche, mentre chi va ad ascoltare un concerto non ha in genere una predisposizione giù determinata verso il programma, e il rischio di stancare, con un solo autore, una platea eterogenea, è molto alto. Da lì, la tendenza ad accontentare diverse categorie di ascoltatori. Personalmente, sono a favore di programmi centrati su ambienti culturalmente omogenei, ma con più autori. Ad esempio, a un intero CD dedicato a Giuliani, preferisco un CD dedicato alle musiche composte da Giuliani a Vienna, accostate a quelle coeve di Diabelli, di Matiegka, di Molitor: c'è un clima culturale comune, e vi appaiono chiare le differenze stilistiche tra i vari autori. Mi piace anche l'idea di programmi transepocali con un filo conduttore comune, per esempio quello che incise Attademo adunando compositori che avevano scritto brani ispirati alla Follia...In questo settore, si possono inventare programmi interessantissimi - per esempio un programma dedicato alla forma sonata italiana nel Novecento. dralig
  25. Il fatto è che i curatori delle principali edizioni di Barrios (Richard Stover, Jesus Benitez) hanno attinto a fonti non accessibili ai lettori, quindi non esiste una possibilità di verifica. A questo punto, le fonti più sicure sono le registrazioni dello stesso Barrios - che però coprono solo una parte della sua opera conosciuta. Va bene quindi una qualsiasi delle edizioni pubblicate, da mettere a punto derivando dai dischi le modifiche apportate dallo stesso autore. dralig
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