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Angelo Gilardino

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  1. Il mio ultimo concerto ebbe luogo a Vercelli giovedi 26 maggio 1981 alla Sala Dugentesca per la Società del Quartetto. Questo era il programma: Giuseppe Rosetta: Preludi per Gilardino (Alba, Meditazione, Recitativo, Serenata, Notturno, Come un Capriccio, Modo dorico) Carlo Mosso: Quaderno II per chitarra (Sette pezzi brevi) Mario Barbieri: La Serra - 7 Preludi per chitarra (Myosotis alpestris, Viola del pensiero gigante, Ciclamino di Persia, Orchidea, Gelsomino d'India, Rosa di Gerico, Mimosa pudica sensitiva) Abel Carlevaro: Preludios americanos (Evocacion, Scherzino, Campo, Ronda, Tamboriles). Lo stesso programma era stato eseguito il 23 maggio al Teatro Marrucino di Chieti per gli Amici della Musica, il 22 maggio all'Auditorium De Cecco di Pescara per l'Associazione Musicale, l'11 maggio nella Kleine Sall del Castello di Kiel (Germania) e il giorno prima, 10 maggio, alla Musikhalle di Amburgo per società musicali tedesche, e in una dozzina di precedenti concerti (da febbraio 1981 in poi). In tutti quei concerti adoperai una chitarra di Luis Arban, tuttora sulla breccia: passata, dopo la dismissione dei miei strumenti, per varie mani, è ora di proprietà di un facoltoso collezionista, che l'ha prestata a Giulio Tampalini e, più recentemente, ad Alberto Mesirca. E' uno strumento eccezionale, in abete e acero, che io suonai per anni, nonostante un bruttissimo scherzo giocatomi dall'amica che me l'avevo ceduto (aveva introdotto nella cassa armonica, a mia insaputa, la pelle di un serpente sudamericano, che io scoprii nel fare la pulizia dello strumento con il riso, e per un paio di mesi non riuscii più a imbracciare la chitarra a causa di un inspiegabile malessere che mi assaliva ogni volta che aprivo l'astuccio). Nessuna emozione - non ho mai patito il trac in pubblico e ho sempre suonato tranquillamente. Si, la decisione di abbandonare l'attività concertistica fu presa alla fine del 1980, ma i concerti per i quali era già stato firmato il contratto vennero onorati puntualmente e furono, credo, i migliori della mia carriera. Il 31 maggio comunicai agli operatori che si occupavano della mia attività concertistica il mio ritiro e da allora non ho più suonato in pubblico, e suono pochissimo, solo durante le lezioni per fare qualche esempio (la tecnica si è appannata, ma il suono e le capacità di lettura no). Compongo per chitarra senza adoperare lo strumento. Ci sono due vecchi LP miei, che non desidero per il momento ristampare, e molte registrazioni nelle varie emittenti europee, inclusa la Rai (Frédéric Zigante ne recuperò alcune per una sua trasmissione qualche anno fa). Testimonianze? Dovrei inserire dei file di immagine, ma non so come fare. Magari qualcuno me lo spiega e, se ne sono capace, procedo. dralig
  2. Dobbiamo chiarire. C'è una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di tipo deficitario, e una mancanza di rispetto delle durate scritte, che si può definire di esuberanza idiomatica. Nel primo caso - ed è tipico in molti chitarristi dalla cultura polifonica limitata - note che dovrebbero essere tenute dalla mano sinistra per tutto il loro valore scritto, vengono abbandonate in anticipo per disattenzione, sciatteria mentale, insufficiente capacità della mano sinistra, etc. Nel secondo caso, tipico degli arpeggi su accordi da prendere con una "posizione" delle dita della mano sinistra, le note vengono tenute oltre il loro valore scritto, fino a che non è necessario abbandonare la posizione. Mentre nel primo caso l'esecutore è da deplorare, nel secondo caso fa benissimo a tenere i suoni di tutta la posizione e a lasciarli mescolare, perché questa è una delle ricchezze specifiche del lessico sonoro dello strumento, e sarebbe stolto sopprimerlo, e improbo chiedere al compositore di annotare le durate reali dei suoni lasciati vibrare: ne risulterebbe una scrittura illeggibile. Non ha senso il paragone con il pianista che, eseguendo lo stesso arpeggio, non lascia vibrare le singole note oltre la durata scritta. La tecnica e l'idioma sonoro dei due strumenti sono totalmente diversi, e ciò che risulta naturale per un pianista può risultare assai difficoltoso per un chitarrista(e viceversa). L'aderenza al testo musicale implica comportamenti diversi da parte di diversi strumentisti, non conduce invariabilmente agli stessi esiti sonori. Il caso di arpeggi con le note in successione sostitutiva è, nel lessico della chitarra, possibile (si veda ad esempio lo Studio n. 2 di HVL), ma minoritario rispetto a quello dell'arpeggio ad accumulo di suoni. dralig
  3. Nel decidere che cosa fare delle vibrazioni che si prolungano oltre la durata scritta dei suoni, si prende in considerazione per prima cosa l'aspetto armonico, cioè la compatibilità delle vibrazioni rimanenti rispetto a quello che segue. In secondo luogo, se si constata che il permanere delle vibrazioni non comporta situazioni armonicamente scorrette, si valuta l'aspetto fraseologico, cioè si decide se, anche in presenza di una piena compatibilità, il lasciar vibrare è conveniente rispetto al risultato che si vuol ottenere, per esempio dal punto di vista ritmico (rispetto al quale le vibrazioni rimanente possono risultare controproducenti), etc: i casi sono veramente tali e tanti da rendere molto difficile una loro enunciazione in linea di principio. Le risonanze sono percettibili come suoni reali, e come tali vanno trattate: possono risultare incompatibili, oppure compatibili e utili (per esempio, per collegare due accordi senza corde a vuoto che si vuole eseguire con effetto di legato), oppure compatibili e inutili (nel caso in cui si voglia creare l'effetto di staccato, è chiaro che le risonanze sono controproducenti). Per controllare le risonanze, bisogna esserne consapevoli: ogni volta che si suona su una determinata corda una delle note: mi, la, si, re, sulle corde inferiori - se libere - partono delle risonanze: c'è un altro, piccolo chitarrista che suona lo strumento dal di dentro. Ci si può servire di lui, oppure si può esserne intralciati e molestati: è questione, si, di tecnica. Attenzione: anche l'innocua e generosa sesta corda a vuoto è foriera di un poderoso armonico: sul diesis, in doppia decima sulla fondamentale. E' sconcertante, qualche volta, sentire un interprete creare armonie bitonali senza che il suo orecchio ne venga minimamente avvertito. dralig
  4. Il manoscritto esiste, e non c'è alcun motivo per eseguire il brano nella tonalità di la minore, dal momento che è eseguibilissimo nella tonalità originale, scelta dal compositore con ottimi motivi. MCT non preferiva affatto la versione in la, come in altri casi cedette alle pressioni di un chitarrista, ma per fortuna non tutti i chitarristi soffrono delle stesse malattie. dralig
  5. Ghe pensi mi. G Anch'io ho qualcosa a cui devo pensare. Alcuni mesi fa, ho consegnato all'editore, che subito l'ha stampata, una nuova versione di "Tenebrae factae sunt": la musica è la stessa, ma la notazione è, in questa ristampa, molto migliore. Questo comporta il preciso dovere, da parte mia, di inviare senza spese la musica a coloro che avessero acquistato in tempi recenti la vecchia edizìone. Per evitare confusioni: la vecchia edizione ha la copertina rossa, quella nuova ha la copertina azzurra. E' sufficiente richiedermela con un messaggio privato. AG
  6. Non è una sfida del futuro, ma un preciso impegno del presente, che ogni chitarrista capace di far musica deve saper affrontare, e per il quale esiste già da tempo una ben definita tecnica, o serie di tecniche. Ho trattato abbastanza a fondo l'argomento in uno scritto che fu pubblicato 30 anni fa da "Il Fronimo". Ponevo allora la questione principalmente in termini di incompatibilità armonica tra le vibrazioni, sia dei suoni prodotti dall'esecutore, sia delle risonanza per simpatia e, tracciando un quadro abbastanza ricco di casi, ne suggerivo la soluzione con diversi tipi di tecnica, sia della mano destra che della mano sinistra. Insistevo - e insisterei oggi se riscrivessi il saggio - sul fatto che le musiche dell'Ottocento, scritte con e per strumenti dalle vibrazioni molto meno durevoli di quelle degli strumenti moderni, pongono una serie di problemi tali da rendere molto più ingente il lavoro di controllo delle vibrazioni passive da parte di chi suona su strumenti nuovi. E' chiaro che le stesse tecniche si applicano non solo per evitare mescolanze conflittuali di armonie, ma anche dove, non esistendo incompatibilità armonica, l'articolazione e il fraseggio fanno preferire i suoni in successione sostitutiva all'effetto di pedale o laissez vibrer. Per esempio, anche dove il testo espone nel basso note lunghe non separate da pause, è spesso opportuno introdurre una breve pausa sull'ultima parte della nota precedente, per rendere più efficace l'entrata del nuovo basso. Queste non sono evenienze, né prossime né remote: fanno parte delle lezioni di ogni buon didatta. dralig Per pura curiosità, chi volesse trovare, in una diteggiatura pubblicata, traccia di uso controllato delle vibrazioni per simpatia, veda "Volo d'angeli" di Mario Castelnuovo-Tedesco (edizioni Bèrben, 1967), e troverà, vicino a un "la" sovracuto, l'indicazione "risonanza" (allora come oggi ritenuta enigmatica).
  7. Evidentemente, anche al collezionista svedese capitò di dare qualche pezzo in prestito. Personalmente, ho acquistato la vecchia edizione Ricordi della Tarantella di MCT una dozzina di volte, e a quella nuova ho messo il lucchetto... dralig
  8. e quale sarebbe? io sto ancora aspettando un chitarrista che si prenda la briga di inciderle tutte dandone una lettura convincente. E' molto difficile tenersi al corrente di tutte le registrazioni discografiche dei chitarristi. Ogni giorno vengono prodotti nuovi CD che, non potendosi avvalere della distribuzione delle etichette multinazionali, non di meno esistono e sono anche, non di rado, pregevoli. Internet rende molto più facili le ricerche, e queste, se condotte con pazienza, rivelano delle sorprese. dralig
  9. Da chi è pubblicato? Da Chanterelle, nella serie delle opere complete di Coste. In effetti, è un buon pezzo, elegante e ben costruito. dralig
  10. Io non ho notizie di una programmazione insistente delle Fantasie di Sor. Al contrario, credo che alcune di esse siano del tutto ignorate. dralig
  11. La chitarrista austriaca Brigitte Zaczek, nipote di Luise Walker, ha inciso due CD dedicati a Mertz e a Coste. Sono pubblicati da Extraplatte www.extraplatte.at e nel cd dedicato interamente alle opere di Coste, la chitarrista viennese ha adoperato una delle chitarre appartenute al maestro francese. Ottime esecuzioni di Coste si trovano anche nel catalogo Naxos. dralig
  12. scrittura impeccabile quanta altra musica non scritta lascia intra-sentire volevo chiederle...come mai secondo lei differenziò lo staccato tra quelle crocette e il punto? o le crocette indicano più un..."trattenere"...? Al di là dell'indicazione scritta nel testo - di per sé chiara -, credo che Falla non volesse impartire speciali istruzioni sul modo di suonare quelle note, ma piuttosto riflettere con la maggior aderenza possibile nella notazione quello che avviene "di per sé" nell'esecuzione chitarristica, che non è mai realmente legata, se non quando due o più note vengono date su corde diverse lasciate in vibrazione. Chi suona una normalissima successione di note singole sulla stessa corda, che lo sappia e che lo voglia o no, fa comunque un lieve e non intenzionale staccato. Falla ha voluto darne conto nella notazione. Era perfezionista fino alla paranoia. dralig
  13. Non è importante che dicesse una cosa giusta o sbagliata, è importante che credesse in quello che diceva. dralig
  14. Il manoscritto autografo dell'"Homenaje", datato 20 agosto 1920, è conservato all'Archivio Falla di Granada. La musica non richiede alcuna modifica ed è perfettamente eseguibile come Falla la scrisse. Se qualcuno, per motivi di studio, ha interesse a esaminarlo, non ha che da chiedermelo con un messaggio privato indicandomi un indirizzo di posta elettronica. Falla accettò alcune "ornamentazioni" apportate da Llobet per l'edizione, e quindi è del tutto credibile che avesse accettato anche modifiche suggerite da Segovia, ma non nel processo compositivo, che sviluppò in modo autonomo. Se si consultò con qualche chitarrista, questi potè essere soltanto Angel Barrios: era l'unico che Falla aveva a mano, tra Madrid e Granada, e fu proprio nell'anno dell'Homenaje che Falla traslocò dalla capitale castigliana alla città andalusa, aiutato e assistito, in ciò, da Barrios. Quindi, se avesse avuto dei dubbi, il chitarrista-compositore granadino era lì pronto a scioglierli. Per imparare a scrivere per chitarra, Falla si servì comunque del Metodo di Aguado e consultò anche un metodo di chitarra flamenca. I rapporti fra Falla e Segovia non furono sempre idilliaci. La Fondazione Segovia conserva una lettera di Falla scritta a Segovia nel 1925: una bella lavata di capo. Tra i due erano sorti degli equivoci causati da una malalingua, che aveva riferito a Falla cose orrende che sarebbero state dette da Segovia riguardo il pupillo del maestro, il giovane compositore Ernesto Halffter. Ma Segovia non aveva mai detto quelle nefandezze. Credeva anche di sapere il nome del colpevole, e lo scrisse chiaro e tondo in una delle lettere indirizzate a Ponce. Comunque, dopo qualche anno riuscì a spiegarsi con Falla e a sanare il dissidio. dralig
  15. Cioè, tutta roba atta a distogliere l'attenzione dall'essenza. Ma caro Alfredo, quella che tu chiama "tutta roba" - l'architettura nella fattispecie, ma allo stesso modo la poesia, il teatro, la pittura, la musica - è lei stessa l'essenza. L'essenza di un mondo sopravvive al potere che lo ha creato e dominato: le parrucche di Luigi XIV sono ricordate solo perché qualcuno le ha dipinte, e l'essenza di Versailles è nella "Marche pour la céremonie turque" di Jean Baptiste Lully, il compositore e direttore della prima orchestra della storia della musica europea, la Musique du Roi: del monarca che la volle e la sostenne non rimane nulla. Dei buffoni che si agitano sotto i riflettori, oggi, rimarrà ancora meno, perché, a differenza del Re Sole, i potenti di oggi non sono abbastanza intelligenti da pagare un'orchestra che li celebri e li diletti. dralig
  16. perchè trattano la "melodia-polifonia" come un'armonia verticale..e quindi ne perdono il "controllo"..in situazioni "melodiche" sovrapposte.... mr Mi pare che tu lasci trapelare la convinzione che, in fondo, sono "quelli che suonano gli accordi". Di contrappunto, ne masticano pochino. Ed ecco un altro dei filtri con i quali si seleziona il repertorio. dralig
  17. ...non puramente ornamentale: l'architettura barocca segue lo spirito della controriforma, che è quello del riscatto, della revanche, della pompa, dimostrativo del potere, della regalità, dell'intatto persistere della supremazia, nonostante lo scossone luterano. L'abbellimento belliniano-chopiniano è invece canto, nel canto deve integrarsi con perfetta naturalezza, al punto da non potersi percepire come ornamento. Domanda: prendiamo, per esempio, l'innocua mazurka tarreghiana intitolata "Marieta" (perché no?, probabilmente si trattava di Maria Josefa, consorte del Vate). Contiene ornamenti melodici sia quando la linea procede insieme a un'altra linea, sia quando è da sola (nel basso). Chiedo invano da decenni, a tutti i chitarristi che la eseguono: come mai gli abbellimenti sulla monodia vengono eseguiti (secondo l'estetica romantica) in levare - togliendo valore alla nota precedente - e quelli sulla melodia accompagnata vengono eseguiti in battere, cioè con la prima nota dell'ornamento insieme al basso? dralig ps: chi volesse, può consultare il manuale EDT dedicato alla chitarra nel capitolo "la notazione".
  18. Semplifichi il passaggio, eliminando l'ultimo "mi" delle ultime due quartine dell'accompagnamento e trasformando il "la" precedente da semicroma in croma. Armonicamente non cambia nulla, ritmicamente nemmeno, è solo una ridondanza scritturale per la quale non vale la pena di spendere tempo, anche perché, se il passo non riesce dopo dieci minuti di tentativi, non riuscirà mai. dralig
  19. From: "Joseph Chatillon" MUSICAL GREATNESS > Musical commentators often use the word ¨great¨ > to qualify some composers.And I would want to start a > reflexion about this use. I commentatori musicali spesso usano la parola "grande" per qualificare alcuni compositori. Vorrei avviare una riflessione su quest'uso. Q: If there are Great composers, are there also Small composers ? Se ci sono grandi compositori, ci sono anche piccoli compositori? A: Yes. Most of them, 98%. Si, la maggioranza, il 98%. Q: What could be the definition of a Great One? Quale potrebbe essere la definizione di grande compositore= A: Someone who has a high percentage of really memorable music in his output, and a low percentage of kitsch. Qualcuno che ha un'alta percentuale di musica realmente memorabile nella sua opera, e una bassa percentuale di kitsch. Q: Someone who composes great many works? Qualcuno che compone molte opere? A: That is preferable, but is not essential. E' preferibile, ma non essenziale. Q: Someone who composes long works? Qualcuno che compone opere lunghe? A: Preferable, but not essential. E' preferibile, ma non essenziale. Q: Someone who compose loud works? Qualcuno che compone opere a forte volume? A: Decibel levels in classical music are relatively low. I livelli di decibel nella musica classica sono relativamente bassi. Q: Someone who composes music for orchestra? Qualcuno che compone musica per orchestra? A: Preferable, but not essential. E' preferibile, ma non essenziale. Q: Someone who arrives at a real mastery of his art? Qualcuno che arriva a una reale maestria nella sua arte? A: Absolutely Essential. Assolutamente essenziale. Q: How can we measure mastery? Come possiamo misurare la maestria? A: By the level of envy it elicits in other composers. Dal livello di invidia che suscita in altri compositori. Q: Does the world value quantity or quality? or both together? Il mondo valuta la quantità o la qualità? O tutte e due insieme? A: Initially the first (maybe), but later the second, when the dust settles. Inizialmente forse la prima, ma più tardi la seconda, quando il polverone si dissipa. ------------- dralig
  20. Due affermazioni un po' in antitesi. La realizzazione di sé è obiettivo limitato per essere il principale di un'esistenza. Ma si entra in un campo filosofico che porta un po' lontano da Teresa De Rogatis, anche se il brano oggetto del topic si intitola "Meditazione" Butterfly Non intendo smentirLa, e non è per questo che scrivo, ma guardi che la de Rogatis era una pensatrice che infarciva le sue lettere di considerazioni filosofiche, e scrisse pure dei romanzi. dralig
  21. Scusi Giulio, forse non capisco: dieci giorni fa, Mozilla invitava a sottoscrivere l'appello per il record, assicurando che avrebbe informato i sottoscrittori dell'avvenuto rilascio. Ma non lo ha fatto - e siamo alle ore 13 del download day -, mentre i soliti furbi stanno scaricando la nuova versione non ancora ufficialmente rilasciata. Mica male! dralig
  22. Si, certo, ma si dovrebbe saper notare soprattutto la sua capacità di costruire un discorso compiuto, la sua padronanza della forma, esattamente come le si nota nella prosa e nella poesia dei bravi scrittori. Invece, la platea chitarristica è capace solo di valutare l'effetto, anzi gli effetti spiccioli, non importa se sono collocati in un discorso musicale organico, ben costruito, o se si susseguono come gesti sonori fini a se stessi, gratuiti, privi di senso. Questa superficialità nella percezione del messaggio musicale, priva di capacità di giudizio critico, causa una serie di equivoci - alcuni persino comici - che fanno mettere sullo stesso piano le opere del compositore che sa qual che fa e quelle del chitarrista che si improvvisa compositore, o addirittura preferire queste a quelle. La de Rogatis non era un genio, ma sapeva scrivere musica ben fatta, oltre che idiomaticamente propria. Purtroppo, fino a che i lettori-chitarristi scambiano gli stracci per seta, sarà ben difficile che la sua musica trovi spazio nei programmi. Lo stesso discorso, d'altra parte, vale per una lunga fila di autori, ugualmente meritevoli e altrettanto negletti. Non c'è nulla di nuovo sotto il sole, beninteso: è sempre accaduto così, in ogni epoca, e non serve dolersene o indignarsi. Prima che la differenza tra la musica di Chopin e quella di Thalberg risultasse chiara, trascorsero decenni, e a non rendersene conto erano fior di pianisti, non chitarristi. dralig
  23. Oltre il mio scritto introduttivo al volume che Lei cita, non esiste al momento alcun studio su Teresa de Rogatis. Mario Feninger, pianista di scuola napoletana che vive in California, è il figlio della de Rogatis (uno dei due), non suo marito. Questi, Paolo Feninger, era un uomo d'affari svizzero, che la Teresa conobbe al Cairo dove si era recata per dare un concerto (allora risiedeva a Napoli). Si sposarono quasi subito, e questo segnò la fine della carriera della pianista-chitarrista che - unica nella storia - si esibiva suonando mezzo programma con la chitarra e mezzo programma con il piano. Al Cairo divenne (ovviamente!) una stimatissima insegnante, e vi rimase, nonostante la vedovanza, fino a che il generale Nasser non conquistò il potere con un colpo di stato. Perdette allora la sua proprietà (una casa), e dovette rientrare, già anziana (70 anni) in Italia, dove fu accolta dal gelo e dal silenzio: erano gli anni in cui si andavano distribuendo le cattedre di chitarra nei conservatori italiani, e da alcuni si temeva la sua candidatura (un diploma di pianoforte e un diploma in composizione avrebbero pesato molto). Fui l'unico chitarrista italiano - lo dichiaro senza enfasi - che, in quegli anni, si sporse pubblicamente in una recensione del suo metodo, pubblicato dall'editore Curci. Si stabilì a Napoli (san Filippo a Chiaia) e visse di lezioni private e della sovvenzione che suo figlio Claude (manager di una grande catena di alberghi) le inviava puntualmente. Era una musicista completa, con una visione e una preparazione di gran lunga superiori a quelle dei chitarristi della sua epoca, e anche dei più giovani. Era inoltre una tipica incarnazione dell'aristocrazia napoletana, una vera dama che, anche nelle ristrettezze della sua vecchiaia, non perdette mai la sua dignità e il suo tratto signorile. Per "scuola carulliana" s'intende quella descritta nei metodi del maestro napoletano. La de Rogatis suonava con una Guadagnini e usava appoggiare il mignolo alla tavola. Il suono che ricavava era caldo e potente. Clara Campese ha una registrazione di alcune esecuzioni della de Rogatis fatta da Mario Feninger in salotto, mentre conversavano in francese, ed è sbalorditiva. Il CD con il quale Clara Campese ha fatto rivivere la sua musica è molto bello. ag
  24. La composizione può benissimo esistere come operazione ermeneutica, e in questo senso anche la trascrizione può essere considerata interpretazione. L'operazione di Sanguineti su Faust non è fondamentalmente diversa da quella di Britten che "riscrive" il song di Dowland e lo fa rimbalzare in diverse immagini sonore (usando in modo particolare la tecnica della variazione). Picasso l'ha fatto con Velazquez (Las meninas) e così pure Francis Bacon (sempre su Velazquez, il ritratto di Papa Innocenzo X). L'operazione può essere "seria", come in Britten, oppure un divertissement: "riscrivendo" il Gran Solo di Sor, ho immaginato che fosse - secondo la tesi di George Warren - non un pezzo per chitarra sola, ma la parte di chitarra della perduta "Concertante" per violino, viola, violoncello e chitarra, e mi sono divertito a "trascrivere" dal testo per chitarra sola quello che, secondo me, poteva racchiudere in potenza, cioè le parti degli archi. Quindi, in questo caso, non sono state "trascritte" note da note, ma note da spazi virtualmente pieni di musica non scritta. Forgiare le derivazioni secondarie dai temi esistenti - che sembrano delle frecce puntate verso qualcosa che non si vede - è come scrutare un orizzonte dove gli altri non vedono nulla, e scorgervi invece delle presenze. Courbet, di fronte al paesaggio, dipingeva alla perfezione gli oggetti sullo sfondo lontano, poi mandava il suo servitore ad appurare che cosa diavolo fossero... dralig
  25. La chitarrista in questione non disse mai una parola al riguardo. Fui io a trovare il manoscritto autografo con la dedica a lei; quello con la dedica a un altro chitarrista - che fu la fonte della pubblicazione - fu redatto da un'altra mano, quella del nuovo dedicatario. Che "La Serra" fosse una composizione originariamente dedicata a lei, e non al "valoroso araldo della chitarra", Eli Tagore lo apprese dalle mie parole la sera della prima esecuzione, e fu solo in quella circostanza che si rese conto di aver subito un torto, ma non protestò contro nessuno. dralig
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